Recensione di "Fire and Ice" da Metal Shock (marzo 1992)
Recensione di "Fire and Ice" da Metal Shock (marzo 1992)
YNGWIE MALMSTEEN - "FIRE AND ICE" (ELEKTRA)   Voto: 3 / 5 (Discreto)
Dopo l'incredibile insuccesso di "Eclipse" ed il conseguente licenziamento
da parte della Polygram, Yngwie 'Cicciobello' Malmsteen è riuscito nel
breve volgere di qualche mese a trovare un altro vantaggiosissimo deal
discografico in un momento in cui le etichette americane hanno
drasticamente ridotto gli investimenti. Per giunta Yngwie è approdato
all'Elektra, che non è una indie e garantisce al virtuoso scandinavo la
possibilità di poter lavorare su livelli decenti, parlando di budget
operazionale (spese di produzione e promozione). Altro grande punto a
favore di Malmsteen è stato il fatto di aver conservato la medesima lineup
del precedente disco, con l'eccezione del drummer Michael Von Knorring,
passato ai Blue Murder di John Sykes. Sicuramente, c'è un sensibile passo
avanti dal punto di vista compositivo rispetto al fallimentare "Eclipse",
ma la formula è clamorosamente standardizzata. Sotto un certo punto di
vista, sembrerebbe che il chitarrista sia voluto tornare indietro nel
tempo, cercando di ricreare qualcosa del tipo "Rising Force" con
l'impostazione neoclassica che aveva evidenziato un certo stile
storicamente definito Malmsteeniano e che era servita, durante gli anni '80,
come termine di paragone per l'incredibile miriade di nuovi axe heroes.
Per aspettare qualcosa di veramente diverso dall'approccio usuale, dobbiamo
far scorrere l'advance-tape sino a metà inoltrata della b-side quando
arriviamo a "All I Want Is Everything", dove si ha l'impressione di
coronare quel sogno che fino ad adesso è stato solo una chimera: ascoltare
Malmsteen in una band hard rock, nell'ambito cioè di un'impostazione
musicale quanto possibile lontana dai cliché mistificati della propria
consumata musicalità. Peccato che la collaborazione con Joe Lynn Turner sia
durata lo spazio di un solo album ("Odyssey") che, non a caso, rimane il
miglior episodio di Yngwie. "Fire And Ice" si apre in entrambe la facce con
due strumentali e, per ciò che riguarda la seconda, chiude in bellezza con
la dolce "Golden Dawn" e "Final Curtain". Si conferma su livelli più che
discreti il vocalist Goran Edman, la sua timbrica tipicamente alta sembra
disegnata apposta per gli scopi compositivi di Yngwie. "Fire And Ice" è un
disco anche brillante, se vogliamo, ma le cui composizioni sembrano
imprigionate in un castello dorato, su un'isola deserta. Yngwie ne è al
tempo stesso dominatore e custode gelosissimo, con la conseguente mancanza
o perdita di aderenza del prodotto al mercato. Deliziano brani come "No
Mercy", dove il neoclassicismo dilaga imperiosamente lasciando spazio ad un
testo interessante, o la stessa title-track dove Goran sembra volare in
alto a catturare idealmente le note più 'tirate' dell'assolo di Malmsteen.
Un grosso limite è sicuramente costituito dall'apporto di tastiere che
inevitabilmente gioca un ruolo di primo piano nello stabilire cliché e
situazioni scontate. Il discorso va avanti, ma entro limiti strettissimi
almeno sino a che Yngwie non la smetterà di costruirsi lineup e
composizioni al solo scopo di soddisfare il proprio istinto musicale e
dimostrare la sua incredibile tecnica. Il sogno non si avvera: Yngwie suona
sempre più per sè stesso che per gli altri.
(Paolo Maiorino)
Trascrizione di Valeria Guarnieri.
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