LA TERZA VIA

Per una rilettura del pop italiano dei settanta

Diciamo la verita': se c'e' una cosa che si da' per acquisita e' che in Italia negli anni settanta la musica passa giocoforza per due vie: o quella del folk impegnato cantautorale (Guccini, De Gregori, Lolli, ecc.), o quella altrattanto impegnata del rock progressivo (PFM, Banco, Area, ecc.). Basta leggersi intorno: storie della musica, enciclopedie delle sette note e altri repertori, tutti molto autorevoli, non fanno che confermare questa tesi. O di qua o di la'. Qualcuno ci prova a dire che c'era anche la solita canzonetta oramai di maniera, liquidata con un giudizio tipo quello che ci e' toccato sentire a scuola per i 'secoli bui' o per il 'barocco', macchie di fango che una Storia bizzarra ha spruzzato tra due secoli d'oro.

Ma siccome noi siamo di quelli che andiamo dove ci porta il cuore, ed anche dove ci suggerisce la memoria, noi tutti ricordiamo bene che non era cosi'. Niente affatto. Chi non ha presente i "Dischi caldi" di quei mezzogiorno domenicali, o la "Hit Parade", oppure i Festival di Sanremo dell'epoca, ridotti ad un'unica serata trasmessa alle 22 in differita, pero' non meno utili per capire il contesto musicale di allora?

Si' e' vero, il beat era passato. L'Equipe era allo sbando, i Dik Dik non erano un gran che, i Rokes erano spariti. Pero' qualcosa sopravviveva nella band che piu' di ogni altra fece trend nei settanta: i Camaleonti, cioe' quel tanto di rock e melodia italiana che divenne il verbo per i gruppi del decennio, e non solo per i gruppi. Se mettiamo nel calderone questi ingredienti, con un pizzico di Pooh, che nel '73 toccano il punto piu' alto della parabola lirico-sinfonica con "Parsifal", abbiamo la ricetta vincente.

E cosi' il testimone passa ai Cugini di Campagna, geniale compromesso tra il look proto-metallaro dei gemelli Michetti ed il falsetto del platinato Flavio Paulin, angelo in tuta di pelle nera. "Anima mia" diventa un classico, e cosi' "Innamorata" dell'anno dopo. Dello stesso anno e' la rivelazione di un altro mito, "Jenny e la bambola" degli Alunni del Sole, in cui al falsetto si sostitusce il mugolio struggente di Paolo Morelli, maestro di melodie in piena tradizione operistica.

"Campagna" e "Sole", abbiamo detto, due concetti chiave del nostro essere italiani. Ma in Italia siamo anche artisti, ed ecco infatti la Bottega dell'Arte, che in "Come due bambini" ci racconta i turbamenti di due giovani che si stringono sotto le coperte, cercandosi le mani, carezzandosi i capelli, e restando stretti "proprio come due bambini / che la paura sempre trovera' vicini."

Dai due bambini ai "Ragazzi nel sole" dei Collage il passo e' breve. La voce di Piero Pischedda e' sottile, ingenua, e vola in alto sopra le righe del pentagramma. Parla di sentimenti, di anime rubate e di tenerezze, accompagnando il cantato con efficaci giri di basso. Perche' la figura del vocalist e' oramai in pieno sviluppo. Non e' piu' solo un virtuoso dell'ugola, ma un musicista completo che determina insieme agli altri l'impasto timbrico del gruppo. Suona chitarra, basso, e perfino la batteria, come Claudio Lumetta degli Homo Sapiens, che accompagnandosi con le bacchette canta "Bella da morire" al Festival di Sanremo del '77, convincendo pubblico e critica che ne decretano la vittoria.

E poi chi non ricorda la torrida estate del '74, con "Tornerai tornero'", tradotta in sei lingue, reincarnazione languida del tema 'stessa spiaggia stesso mare', dove Lumetta ci fa sapere che "la piazzetta del mercato e' ancora la' / le magliette sono uguali a un anno fa, / mi ricordo che / la volevi tu / quella con 'ti amo' scritto su"?

Ma il 'ritorno' e' anche il tema dei Santo California, che dalla piscina di uno dei primi video-clip in assoluto, immersi fino al petto, lanciano il grido del ragazzo che parte militare: "un anno non e' un secolo / tornero'!" La metafora e' evidente. Il motivo del ritorno denota una chiara volonta' di recupero della tradizione melodica italiana (il coro muto che accompagna il cantato), proprio mentre i tanto progressivi cantautori rimpiangono le osterie di fuori porta (Guccini) o antiche Veneri di Rimmel (De Gregori), oppure piangono la triste fine di Lilly devastata dalla droga (Venditti). Il ritorno e' invece speranza, ed e' costruttivo.

Lo dimostrano anche le operazioni di gruppi come il Giardino dei Semplici, che con "Tu ca nun chiagne" tentano con successo di rinnovare la tradizione napoletana. I Beans ci provano invece con "Come pioveva", riportata dalla voce inconfondibile di Franco Murgia ai fasti di una volta. L'abbandono di Murgia arresta prematuramente il cammino dei Beans, nonostante la sostituzione del pur valido fratello Ciccio.

Da oltre Oceano vengono invece gli stimoli per gli Opera, interpreti del gusto per il musical mistico-religioso alla "Jesus Christ Superstar" riletto per˜ in chiave latina. Impasti vocali, costumi e teatro sono la formula dello spettacolo "Aria, acqua, terra e fuoco" a meta' del decennio, prima di portare la formula sul palco di Sanremo con uno dei refrain piu' struggenti mai sentiti: "Noi parliamo dell'amore / quando non c'e' piu' / ogni foglia che perdevi / era una virtu'."



Nella prima parte abbiamo cercato di seguire il cuore e la memoria. Qualcuno ci ha rimproverato di ricordare soltanto gli episodi piu' melensi, piu' usuali per il nostro pop. Il cuore si sentiva, ci hanno detto, ma la memoria un po' meno.

E' vero, in quegli anni non c'e' solo malinconia e sentimenti, ma anche trasgressione, innovazione, coraggio. C'e' l'imbarazzo della scelta. Da dove vogliamo cominciare? Dai Romans, campioni del 'glam capitolino', con pantaloni a pelle, camicie di raso aperte, pelo arruffato, catene d'oro, e facce da periferia pasoliniana? Oppure dal duo pomicione Julie & July, formato dalla grande Angela Cracchiolo (che i piu' attenti ricorderanno anche come solista) e da un partner disinibito che mugola con lei alla maniera di Jane Birkin e Serge Gainsbourg?

E poi chi non ricorda i Nuovi Angeli, inventori del filone demenzial-melodico con "Donna felicita'" e "Sugli sugli / bane bane / tu miscugli le banane", proseguito dai Bull Dog di "Doggy doggy", e dagli stessi Oliver Onions di "Sandokan" e di "Furia cavallo del West / che beve solo caffe' / per mantenere il suo pelo / piu' nero che c'e'"?

C'e' la Strana Societa' che con "Pop Corn" scrive a chiare lettere che la musica italiana e' pronta per il pop strumentale, che non ha bisogno di testi, ma che sopravvive anche di sola armonia. Lo strumentale va in classifica con "Amore grande amore libero" del Guardiano del faro, "Pao Pop" del jazzista Enrico Intra, con Piergiorgio Farina e il suo violino, con i cori muti degli Albatros e dei Daniel Santacruz Ensemble.

E' tutto in gran movimento, altro che secoli bui.

I cantautori ci sono, e' vero, ma non soltanto gli sfigati. C'e' una controparte che pensa positivo, che intravede vie di uscita, speranze possibili. Si diffonde un clima di ottimismo del cuore, un filone iniziato da "Una chitarra, cento illusioni" di Reitano. Paolo Barabani canta "Hop hop somarello / trotta trotta il mondo e' bello". La canzone d'autore e' piu' vicina alla poesia che al proclama o al manifesto politico.

Ha ragione Franco Simone a definirsi "Il Poeta con la Chitarra", ha ragione Paolo Frescura, faccia pulita e capelli cotonati, a vedere la propria donna "Bella dentro", priva di quei tratti spigolosi che caratterizzano le figure femminili incazzate o depresse tipiche del repertorio degli altri cantautori. E le 40 settimane di classifica gli danno ragione. Leano Morelli, dotato di una analoga capigliatura espansa, gli fa il coro con "Nata libera", prima di infognarsi nell'egalitarismo socio-musicale di "Cantare, gridare, sentirsi tutti uguali".

Umberto Napolitano cerca e trova la spensieratezza nei versi tronchi di "Ora il disco va" e "Con te ci sto", quasi che le finali lasciassero aperto il discorso a beneauguranti sviluppi futuri. Piu' torbidi invece i toni di Sandro Giacobbe, che passa dal "Giardino proibito" alla bella tardona di "Signora mia", allo scandalo de "Gli occhi di tua madre", in cui una somiglianza galeotta tra madre e figlia lo induce in tentazione, e non si ferma li'. Come non si ferma Umberto Balsamo, censurato per "Natali'" in odore di aborto, ma che continua a scandalizzare con "L'angelo azzurro".

Comunque il personaggio piu' rappresentativo del decennio e' Patrizio Sandrelli, un grande interprete di pop intimista d'avanguardia. In "Rosa" sperimenta il refrain a due voci, con canto e controcanto, portatori di due stati diversi di coscienza, quasi uno sdoppiamento tra sentimento e ragione. In "Fratello in amore" celebra la memoria di Alessandro Momo, scomparso prematuramente in un incidente stradale, offrendo una reinterpretazione pop del genere epitaffio. In "Piccolo fiore nero" segue il filone sensual-morboso, mentre in "A letto senza cena" quello sado-maso. Eclettismo, sperimentazione e tradizione trovano in Sandrelli un raro ma efficace equilibrio.

La grinta espressa tra le righe da Sandrelli conosce poi piena applicazione nel repertorio di Ciro Sebastianelli, piu' aggressivo e rauco, di Santino Rocchetti, regolare presenza sanremese, e di Mino Vergnaghi, che un Sanremo l'ha vinto con "Amare" nel '78. Qualcuno ha voluto addirittura vedere in Vergnaghi un Masini quindici anni prima.

E le donne? Troppo occupate a fare da protagoniste nelle canzoni, non trovano il tempo di dire la loro. Non ancora affrancate dal fortunato modello Zanicchi-Fratello-Cinquetti-Berti, rispondono con Claudia Mori al "Buonasera dottore" dell'amante clandestino senza disturbare piu' di tanto il suo tranquillo menage familiare. Il modello positivo e' quello di Gilda, vercellese, che con "Ragazza del Sud" e "Nina la bionda" prende a cuore i problemi delle donne nello straziato meridione. Inizia poprio con "Ragazza del Sud" la linea delle esordienti sfigate che vincono Sanremo e poi scompaiono, come accadra' piu' tardi a Tiziana Rivale e, molto probabilmente, a Giorgia.

Il vero scossone per le donne sara' a fine decennio, con il ciclone Berte'-Rettore-Oxa, che sconvolgera' non poco gli equilibri del pop italiano. Nel mezzo c'e' il settantasette, c'e' la rivoluzione punk, e con essa una valanga di rompiballe che invade la musica dei buoni sentimenti.

Ma questa e' un'altra storia.