Il Didjeridoo

Il popolo indigeno Australiano è custode di una delle più antiche culture sopravvissute sul pianeta. Il Didjeridoo, creato e suonato dagli Aborigeni delle regioni del Kimberley nel nord dell'Australia più di 40.000 anni fa, è un filo che ci collega direttamente alla preistoria dell'uomo. Originariamente si trattava di un ramo di Eucalipto naturalmente forato all'interno dalle termiti. Successivamente, grazie alla più facile reperibilità del Bamboo, fu realizzato anche con questo materiale: il nome "Didjeridoo" sembra proprio derivare dalla fusione tra il nome di una tribù e la parola "bamboo".

Usato spesso insieme ad altri strumenti percussivi, esso accompagnava, con il suo suono profondo ed incessante, le danze ed i canti nelle cerimonie tribali e nei riti iniziatici. La precisione e varietà dei ritmi e dei suoni prodotti con questo strumento ancestrale derivano proprio dalla "necessità di conservare il mondo, ricreandolo con il canto, la danza e il cammino". L'uomo si trovava in questo modo a diretto contatto con la creazione, e l'essenza di questo atto era fedelmente riprodotta attraverso il suono del Didjeridoo: terra e uomo divenivano un tutt'uno inseparabile.

La Via dei Canti

La filosofia Aborigena è tutta incentrata sull'idea di una creazione che deriva direttamente dal canto: "cantare è esistere". Gli antenati, che avevano creato il mondo cantandolo, erano stati poeti nel significato originario di "poiesis", e cioè "creazione". Essi cantarono i fiumi, le catene montuose, le saline e le dune di sabbia. Ma ciò che fa riflettere è che la materia prima del canto erano i loro stessi sogni: gli antenati spargevano così, attraverso il canto, i loro sogni sulla terra in immaginarie "Piste del Sogno" o, se si vuole, "Vie dei Canti". Queste "Piste del Sogno" sono tutt'oggi rimaste sulla terra come "vie" di comunicazione. L'Aborigeno si sposta sempre seguendo una Via del Canto che, metaforicamente, simboleggia la "creazione del proprio Sogno" e finché resta sulla pista trova sempre persone con il suo stesso sogno.
Per l'Aborigeno, la terra deve prima esistere come concetto mentale e che solo in un secondo momento, mediante il canto, viene ad esistenza: l'uomo è fautore del proprio destino e le scelte devono seguire i propri sogni.

Rinascita

Nelle culture occidentali, fortemente influenzate dal cristianesimo, è sempre esistita la grande separazione fra anima da una parte e corpo dall'altra; solamente ciò che vi era di spirituale era degno dell'uomo mentre il corpo è sempre stato visto come un "fardello da portarsi appresso". Questo aspetto è completamente diverso nelle antiche culture orientali e dell'Australia, fra le quali quella Aborigena. Il risultato è che, nella nostra vita quotidiana, ciò che non siamo più in grado di fare è "sentire il mondo con il corpo".
Esistono svariati modi per riequilibrare spiritualità e fisicità ma uno dei più efficaci riferisce all'arte musicale tribale: negli strumenti percussivi, infatti, il ritmo è dettato prima di tutto da un "sentire le vibrazioni con il corpo". Nella cultura Aborigena tale processo è simboleggiato dal mito di un "mondo creato dal canto" che a sua volta si riferisce ai propri sogni. La "terra" esiste solo se cantata e quindi fa parte dell'uomo, non è un elemento estraneo.
Ecco che il didjeridoo, come gli stessi aborigeni avevano intuito, permette una piena immersione nella propria fisicità: esso non esaurisce le sue funzioni nella produzione di un suono, ma riveste anche quelle funzioni terapeutiche e pedagogiche necessarie a tale riequilibrio.
La relativa facilità di apprendimento permette a chiunque si avvicini al didjeridoo di relazionarsi, ad esempio, alle tecniche di meditazione. In particolare la tecnica della Respirazione Circolare, imponendo una respirazione ritmica, è assimilabile alle tecniche di respirazione yoga tanto che, suonando lo strumento ininterrottamente mediane tale modalità di respirazione, non è raro raggiungere veri e propri stati di trance che permettono un completo rilassamento dell'insieme mente-corpo. Altre capacità messe in gioco sono, ad esempio, la concentrazione necessaria nel seguire un dato pattern ritmico o le capacità di ascolto e di comunicazione che sono subito apprezzate anche da chi non ha mai suonato uno strumento.
Queste ed altre capacità, prima ancora che musicali, sono proprie dell'essere umano e riferiscono sia al corpo sia alla mente: con il didjeridoo esse possono essere sviluppate, o se si vuole "cantate", facilmente e naturalmente.