Articolo pubblicato nel gennaio-giugno
1994
PIER
FRANCO DONOVAN
da
Nell'arco
teso di un respiro
(raccolta inedita)
Gli alberi si inchinano al suo
passaggio
l'agile quercia, il crudele frassino,
il rozzo abete, il cortese pino,
il sereno tiglio, il funesto cipresso.
Per lei sbocciano i fiori,
i frutti maturano solerti,
gli uccelli cantano dai nidi,
la terra muore e rinasce.
Io sono lei e lei è in me
quando davanti al foglio immacolato
ascolto la voce del silenzio.
* * *
Questa poesia è stata ispirata
dalla lettura de La dea bianca del poeta
britannico Robert Graves (Adelphi, Milano 1992). Nel libro, Graves
parte dal presupposto che il linguaggio del mito poetico fosse,
anticamente, una "lingua magica" che si basava su un alfabeto
arboreo segreto. Attraverso questa lingua, egli sostiene, i poeti-sacerdoti
tramandavano i principî della magia alle generazioni future di iniziati
all'arte poetica.
Oggi purtroppo non siamo più
in grado di "leggere" quei versi antichi. Si è dunque
persa la magia? Niente affatto, questo che Graves descrive è solo
uno degli aspetti magici della Poesia, quella con la "p"
maiuscola. La Poesia infatti continua a sopravvivere, nonostante
il nostro progresso tutto votato alla razionalizzazione, e continua
a far vibrare le corde più sottili, remote e sconosciute della più
intima essenza dell'uomo. Per questo motivo la Poesia è ancor oggi
sinonimo di Magia: contiene in sé quell'elemento inconoscibile che
celebra e avvicina alla vita; è un vero e proprio miracolo che,
attraverso l'economia (vale a dire, l'uso essenziale) delle parole,
rende manifesti e assolutamente reali i mondi esistenti appena oltre
i confini di quella quotidianità che troppo spesso viene considerata
come l'unica realtà a nostra disposizione.
Pier
Franco Donovan |