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di Fortunato Pietro Muraro, Presidente Nazionale U.N.U.C.I. - Rivista UNUCI, nr. 5/6 (maggio/giugno) 1998
E' un mare di notizie, di sollecitazioni di richiami quello che ci giunge, ogni giorno e in ogni luogo, a casa, sul lavoro, in viaggio, da parte di giornali, radio, televisioni, i cosiddetti media. Riguardano i più disparati argomenti: superati alcuni tabù, non c'è settore che sfugga alla caccia frenetica degli operatori dell'informazione. Ascoltiamo, talvolta distrattamente, perchè non tutto ci interessa. Ed è logico che sia così perchè c'è il rischio di restare rintronati dal continuo martellante bombardamento.. Siamo però per così dire, sempre in vigile attesa, pronti a cogliere tutto ciò che può riflettersi in qualche modo su quanto rientra nella nostra sfera. Ciò ci consente spesso di individuare connessioni anche di eventi lontani e disgiunti apparentemente gli uni dagli altri.
A queste riflessioni ci hanno indotto eventi a livello nazionale ed anche a più ampio raggio che in qualche modo si collegano al nostro tema, già sfiorato nell'ultimo numero. Ma è veramente utile parlare di ciò che non c'è? Il dubbio è legittimo riferendosi alle Riserve, che non solo non ci sono, ma non hanno costituito finora neppure argomento di dibattito, per lo meno al di fuori di UNUCI. Ne parliamo qui perchè la nostra idea che alle Riserve bisognerà comunque arrivare sta ricevendo conferma da eventi che consolidano la nostra convinzione.
Primo evento: agli inizi del mese l'Italia è entrata nell'Europa della moneta unica. é un traguardo prestigioso, che sembrava irrealizzabile appena qualche tempo fa. Gli Italiani, gli europeisti più convinti dicono i media, I'hanno voluto con convinzione, a costo anche di sacrifici non lievi. Ora però dobbiamo diventare europei: I'unità monetaria è sì un traguardo ma è anche l'avvio di un processo che riguarderà le istituzioni, le strutture dei soci membri e la stessa politica, che dovranno diventare almeno compatibili. Se così non fosse, se non si realizzasse questa crescita,è facile ipotizzare che gli entusiasmi attuali si affievoliranno e le difficoltà, che pur ci sono, prenderanno il sopravvento.
Pertanto anche le Forze Armate dovranno adottare moduli similari, ognuno mutuando ciò che c'è di meglio sul piano organizzativo. E qui entra il secondo evento: nell'ambito degli Stati Maggiori sono in fase di costituzione gruppi di lavoro incaricati di esaminare anche il problema delle Forze di riserva. E' solo l'inizio, ma proprio per questo è significativo e meritevole di rilievo.
D'altra parte è logico che se ne parli ora, nel momento cioè in cui, con la svolta del sistema di reclutamento, ci si avvia verso un drastico ridimensionamento del grande serbatoio di addestrati, un tempo disponibili con la leva obbligatoria. E se ne deve parlare anche considerando che le Forze Armate non sono mai state così impegnate (Libano, Mozambico, Somalia, Albania, ecc, senza contare gli interventi in ambito nazionale) come dalla cessazione della minaccia massima salutata come lo ñscoppio della pace, che ha indotto ad un universale ridimensionamento delle forze a vantaggio di altre pressanti esigenze. Finora l'Italia ha fatto fronte onorevolmente anche a più esigenze contemporanee; ma sarà in grado di farlo in prospettiva, con le sole forze attive, qualora le necessità si moltiplicassero? E non mancano certo i focolai di tensione etnica, economica, demografica, ideologica che rendono plausibile tale ipotesi. La soluzione tra tutte la più economica, è proprio nelle Forze di Riserva. é una strada già tracciata e collaudata da altre Nazioni industrializzate, non meno di noi attente al rapporto costo-efficacia. Siamo alle soglie del duemila, in presenza di un vero e proprio capovolgimento epocale, e dobbiamo cogliere dalla realtà che ci circonda ogni segnale utile per le nostre decisioni. Sembra che il segnale sia stato raccolto dagli Stati Maggiori; e ciò è importante; lo ribadiamo, in un paese del tutto privo di quella cultura delle Riserve (quando mai se n'è parlato, anche nei dibattiti a più qualificato livello?) presente e radicata invece altrove. U.N.U.C.I., con la partecipazione attiva alla CIOR (Confederation Interalliee' des Officiers de Reserve), ha tenuto accesa la fiaccola con la speranza che giungesse qualcuno ad alimentarla.
Forse è giunto il momento; noi comunque siamo fiduciosi anche se si tratta, per ora, soltanto di approccio al problema e cioè di Riserve ... ma con riserva.