Notizie dalla lotta di classe

Gennaio 2001

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Unire quello che il capitalismo divide.

 

02 gennaio ’01

 

IDI FARMACEUTICI DI POMEZIA

Licenziamenti con la benedizione della Congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione, a Pomezia, a pochi chilometri da Roma. L’Idi Farmaceutici, azienda di proprietà della Congregazione, e proprietaria di cliniche e ospedali un po’ dappertutto, ha deciso di disfarsi di sedici lavoratori, tra i quali una invalida civile e due rappresentanti sindacali. Motivo? Problemi di bilancio, dicono i "fratelli" dirigenti. Ma i lavoratori replicano: "Quell’azienda scoppia di salute!". Insomma, tra i principi umanitari della Congregazione rientra sicuramente il profitto, ma non la salvaguardia dei diritti dei lavoratori. E così i circa cento dipendenti si preparano a lottare contro il padrone. L’idea è quella di effettuare lo "sfoltimento" su base "volontaria". Dal ’92 ad oggi il polo di Pomezia dell’Idi si è ingrandito e da poco la Congregazione ha concluso un accordo con una ditta tedesca per la commercializzazione dei suoi prodotti. Da poco ha comprato un ospedale nella capitale ed è attualmente impegnata ad impiantarne uno in Albania. E nonostante tutto nella lettera in cui annuncia la mobilità parla di costi aziendali per investimenti effettuati in ricerca. "Parlano dei due miliardi di consulenze?", chiede un lavoratore. Insomma, c’è il sospetto che i "fratelli" della Congregazione intendano scaricare sui lavoratori costi sfuggiti di mano e sofferenze bancarie. E non rinunciano alla possibilità di liberarsi dalla tentazione di lasciare a casa gli "elementi indesiderati". I lavoratori ricordano, oltre ai finanziamenti pubblici di cui gode, che l'IDI negli ultimi anni ha potuto incrementare in modo considerevole il proprio patrimonio immobiliare grazie anche alle generose concessioni edilizie rilasciate dal Comune di Pomezia, senza che tutto questo fosse in alcun modo vincolato a concrete prospettive occupazionali ed a reali innovazioni tecnologiche. Nell’anno che si è appena chiuso sono state ben otto le procedure di mobilità che hanno interessato il solo settore farmaceutico. Il bilancio è nettamente negativo. Ben 500 i licenziamenti se si considerano anche quelli del settore metalmeccanico. Tutt’intorno a Roma cresce la deindustrializzazione e il degrado sociale. Proprio a Pomezia pochi mesi fa i carabinieri della task force del ministero del Lavoro hanno scoperto in uno scantinato una decina di lavoratori, immigrati e non, che confezionavano scatole di cartone per appena 3 lire al pezzo.

 

MCDONALD'S

Lo sciopero proclamato dai sindacati del commercio di Cgil, Cisl e Uil nei 40 McDonald's di Milano e provincia è durato due giorni, l'ultimo del 2000 e il primo del 2001. La sera di San Silvestro alcuni McDonald's milanesi hanno tirato già la saracinesca in anticipo, mentre è stata chiusura totale solo al Mc di piazzale Loreto, il più sindacalizzato. Secondo le prime stime, su 1.200 dipendenti dell'area milanese hanno scioperato in 200. Pochi secondo i parametri tradizionali, ma un risultato buono e incoraggiante trattandosi della prima volta e, soprattutto, trattandosi della McDonald's, sinonimo universale di lavoro flessibile e precario, molta ideologia, bassi salari e possibilmente zero sindacato.
Per attutire gli effetti dello sciopero i ristoranti Mc Donald's - sei a gestione diretta, i restanti in franchising - hanno ridotto gli orari d'apertura e spostato personale. Quelli che il pretenzioso lessico aziendale definisce "manager", capiturno a un milione e 600 mila lire al mese, hanno svolto le mansioni della "crew", la ciurma.
La rivolta contro i ruvidi metodi Big Mac è partita qualche mese fa da Firenze. Cgil-Cisl-Uil mirano ad un accordo valido per tutti i 15 mila dipendenti dei 295 ristoranti della catena, dei quali solo una trentina gestiti direttamente dalla multinazionale della polpetta. McDonald's usa la divisione tra gestione diretta e franchising come alibi per non trattare.
Tre i punti fondamentali della piattaforma: inquadramento del personale (può succedere che in ristoranti diversi un manager stia allo stesso livello di un addetto alla friggitrice), gestione della flessibilità (gli orari cambiano in continuazione e con preavviso di poche ore), tutela della dignità. Dove per dignità si intendono cose semplici come poter bere un bicchier d'acqua o andare in bagno nelle ore di lavoro. L'8 gennaio l'attivo nazionale dei delegati McDonald's farà il punto della mobilitazione in corso.

IN ATTESA DI CONTRATTO

Sono circa tre milioni i lavoratori in attesa del rinnovo del contratto di categoria nel 2001; dai metalmeccanici ai ferrovieri ai lavoratori delle Poste a quelli delle imprese di pulizia e dei domestici oltre ai lavoratori del settore gas, acqua, elettrico e della vigilanza privata. Per i metalmeccanici a metà gennaio dovrebbe partire il "tavolo" di confronto tra Federmeccanica e Fiom-Fim e Uilm, ma le posizioni sono decisamente lontane. Si profila uno scontro sociale molto duro ed una vertenza lunga per il milione e mezzo di dipendenti di aziende metalmeccaniche. Quanto alle imprese di pulizia, il confronto tra i sindacati e le associazioni imprenditoriali per il rinnovo del contratto nazionale, che interessa circa 450.000 lavoratori, è da ritenersi - secondo i sindacati - "sospeso". Lo stato di agitazione della categoria - in maggoranza donne con contratti part-time - porta come conseguenza il blocco del lavoro straordinario e del lavoro supplementare. I sindacati hanno chiesto una mediazione del ministro Salvi.

 

03 gennaio ’01

 

PRECARI DELLE POSTE ITALIANE

Protesta sotto la sede Rai di Milano, in corso Sempione dei circa 700 precari delle Poste italiane spa che una recente sentenza della Cassazione condanna irrevocabilmente al licenziamento definitiva. La loro battaglia nell’ultimo mese ha subito una forte accelerazione. E per sottolineare le loro ragioni alcuni hanno cominciato da 21 giorni uno sciopero della fame.

ASSITALIA

Diciottesimo giorno di assemblea permanente all'agenzia generale di Genova dell'Ina-Assitalia. I lavoratori hanno passato all'interno degli uffici le festività. L'iniziativa è partita in seguito alla rottura delle trattative con l'amministratore delegato e presidente dell'Ina, Fabio Cerchiai. La data della ripresa del negoziato, fissata per l'11 gennaio, è sembrata indicativa della volontà di porre i dipendenti davanti al fatto compiuto: lo scorporo dell'agenzia genovese in più micro-agenzie. E infatti ieri mattina ben cinque nuovi agenti generali si sono presentati in sede per prendere servizio. Ma sono stati invitati dai lavoratori a restare fuori dell'edificio. La richiesta è quella di salvaguardare le garanzie normative ed economiche previste dal contratto; che andrebbero invece a rischio se, come nel progetto di scorporo, l'agenzia genovese venisse smembrata in sub-agenzie con meno di 15 lavoratori ognuna (la quota sotto cui può non esser più applicato lo statuto dei lavoratori).

TASSE IN SCIOPERO

E' stato confermato lo sciopero di tre giorni da parte dei lavoratori del Consorzio nazionale dei concessionari. I circa ottocento dipendenti sono stati obbligati a questo passo dalla "sottovalutazione politica" con cui il ministero delle finanze ha affrontato la questione della ristrutturazione del servizio e dalla "mancanza di progettualità" da parte delle società concessionarie (in genere istituti bancari). Lo sciopero - che parte oggi e durerà fino a venerdì - potrebbe rallentare la stampa delle cartelle e dei bollettini per la prossima rata dell'Ici. Già nei mesi scorsi i lavoratori del consorzio avevano fatto presente come il "piano di riforma" del servizio di riscossione metteva in forse l'omogeneità della raccolta dei tributi a livello nazionale.

MCDONALD'S OCCUPATO A PARIGI

Boulevard Saint Germain, quartiere Latino. E' la zona della Sorbona, frequentata da studenti che vengono da tutte le parti del mondo. Molti dei quali, ormai, lavorano anche da McDonald's. Proprio loro stanno cercando di cambiare le regole del lavoro imposte dalla multinazionale. Nel cuore della capitale, nel locale su due piani che si affaccia sul boulevard Saint Germain, è stata sperimentata - cosa mai accaduta in Francia e all'estero - l'occupazione giorno e notte di un McDonald's.
Dal 14 al 27 dicembre - per ben due settimane - solo una ventina di clienti ha avuto la possibilità di accedere all'agognato bancone. Tutti gli altri - e si tratta di parecchie migliaia - sono stati bloccati da una trentina dei 70 dipendenti del locale.
L'occupazione è stata realizzata in trenta. Ogni sera, alle 18.00, si stabiliva chi si sarebbe fermato a dormire. Gli occupanti al piano di sotto, la direzione ha dovuto accontentarsi del piano di sopra. Da lì, tentava di riavviare continuamente le attività facendo venire dei sostituti da altri ristoranti, ordinando loro di lavorare comunque alle cucine, ha tentato più volte di far entrare i clienti. Ma senza risultati.
L'occupazione è stata fatta anche per problemi salariali: i lavoratori hanno il minimo contrattuale (12.700 lire lorde l'ora), e ultimamente i premi sono stati ridotti. La McDonald's tratta solo per i 65 locali che gestisce direttamente, e non vuole rispondere per i locali in franchising. L'organizzazione del lavoro e le gerarchie, però, sono controllate direttamente dalla Company.
Molti di questi problemi sono identici a quelli dei lavoratori italiani. Per il momento è stato ottenuto soltanto un premio più alto per Natale e impegni generici su anzianità e sicurezza. Il risultato più importante è stato il sostegno della gente del quartiere e dei turisti - la nostra petizione è stata firmata da 15.000 persone - oltre all'appoggio dell'associazione degli studenti Unef, e di Atac, che difende i diritti umani e del lavoro. Si cerca di incontrare anche i contadini, sensibilizzati dalla protesta di José Bové.

 

04 gennaio ’01

 

12 MORTI IN SPAGNA: ERANO LAVORATORI IMMIGRATI

Ogni giorno migliaia di immigrati, soprattuto ecuadoregni e marocchini, solcano quelle stesse strade della Spagna meridionale, si recano nelle serre a raccogliere frutta e verdura per guadagnarsi da vivere. Ma un gruppo di loro - dodici immigrati originari dell'Ecuador - la vita su quelle strade l'hanno persa. Il furgone su cui viaggiavano si è scontrato con un treno, nei pressi della città di Lorca, non lontano da Murcia. Nell'incidente, avvenuto alle 7.40 del 3 gennaio, è rimasta ferita anche una ragazzina ecuadoregna di appena tredici anni che, insieme ai suoi compagni, si dirigeva alla fattoria Venta ceferino a raccogliere broccoli in cambio di una paga che spesso è a mala pena sufficiente per sopravvivere. La regione di Murcia si trova nella zona sudorientale della penisola iberica, famosa per le serre. In questa zona gli immigrati vengono considerati "ben inseriti" - nonostante i bassissimi salari, tra le 25 e le 50 mila lire per un'intera giornata di lavoro - ma non sono mancati negli ultimi anni episodi di violenza e razzismo.
Una violenza razzista in qualche modo legittimata dalle stesse autorità: se infatti negli ultimi anni sono aumentati a vista d'occhio gli impresari che in queste zone utilizzano mano d'opera africana (con un "risparmio" del 50% sul costo dei salari), secondo le principali organizzazioni sindacali il 60% dei lavoratori immigrati è ancora senza regolare permesso di soggiorno. E dunque senza diritti.

TRIESTE: FERMI GLI AUTOBUS PRIVATIZZATI

Dal primo gennaio è la prima azienda di trasporti pubblici privatizzata. Ha funzionato 24 ore, poi, da martedì, l'ex municipalizzata Act appaltata alla Trieste Trasporti ha chiuso ogni attività. Da due giorni picchetti di lavoratori bloccano, giorno e notte, i depositi, chiedendo che vengano riconosciuti gli accordi aziendali preesistenti. "Abbiamo fatto il possibile per invitare i manifestanti a rimanere nell'ambito della legalità - rimarca il segretario della locale Filt-Cgil - ma, anche se la protesta ha assunto forme spontanee al di là del previsto, il sindacato sostiene i lavoratori". Insomma, pompieri ma anche un po' opportunisti quelli della CGIL! A Trieste, con la sostanziale disdetta degli accordi aziendali, è l'esempio di cosa significa affidare il trasporto pubblico a un'azienda privata e quanto accadrà qui potrà condizionare le future scelte della Federtrasporti. Qualche avvisaglia di un attacco alle conquiste sindacali si era già avuto nelle scorse settimane a Venezia.
Il vertice convocato d'urgenza dalla Prefettura tra sindacati, Assindustria e rappresentanti di comune e provincia nel tardo pomeriggio non era ancora concluso. In linea di massima, sembrava prevalere la tendenza ad accettare la "salomonica" mediazione del presidente della provincia, Renzo Codarin (già sindacalista Cisl nel settore del credito e ora "grande" esponente del Polo), ossia di mantenere in vigore gli accordi precedenti e rinegoziarli nei termini previsti dalla legge nazionale.
Solo oggi l'utenza saprà se gli autobus torneranno a circolare, rimanendo assodato l'aumento del 5% delle tariffe, frutto di un "papocchio" regionale che omologa Trieste - dove il trasporto è, in assenza di entroterra, praticamente tutto urbano - a Udine, dove i servizi coprono l'intera vasta provincia.
Comunque si concluda la vicenda, si è in presenza dell'ennesima privatizzazione, peggiorata dalla sua "variante triestina". Ciò implica la presenza di uno staff dirigenziale ripescato tra gli "esperti" di "pubbliche" privatizzazioni, abili nel ridurre i trattamenti dei lavoratori per "garantire" la qualità di un servizio pagato dai cittadini. L'Act ha palesemente violato la legislazione vigente e il contratto nazionale.

 

06 gennaio ’01

 

MCDONALD'S IMPEDISCE UN'ASSEMBLEA

Pur di non far svolgere un'assemblea sindacale nel ristorante di piazza Duomo, la McDonald's era disposta ad affittare a sue spese uno stanzone. Pretendeva che l'assemblea si tenesse lì, a debita distanza. Lavoratori e sindacato hanno ovviamente rifiutato la "generosa" offerta. E McDonald's ha chiamato la polizia. Nel tardo pomeriggio, i lavoratori dei McDonald's milanesi hanno fatto un presidio di fronte al locale di piazza Duomo. Prima, una cinquantina di loro si erano trovati all'Anpi per fare il punto della situazione dopo lo sciopero milanese di fine anno e in vista dell'attivo nazionale di lunedì a Roma.
L'obbiettivo è portare a casa il contratto integrativo per tutti i 15 mila dipendenti della McDonald's: ciò significa rifiutare la condizione capestro messa da McDonald's Italia che, dopo aver impiegato 3 anni per considerare "ricevibile" la piattaforma sindacale, ora è disposta a trattare, ma solo per la trentina di ristoranti che gestisce direttamente. Non per gli altri 264 in franchising, "giuridicamente indipendenti", in realtà legati mani e piedi alle direttive della multinazionale.
Nel salone dell'Anpi un piccolo spaccato dei lavoratori McDonald's: parecchi extracomunitari, alcune facce da bambino, qualcuno con relativa anzianità di servizio. Massimo, 26 anni, indossa la giacchetta McDonald's da 2 anni e mezzo, part time di 30 ore per un milione e 200 mila lire al mese. Lavora al ristorante di piazzale Loreto, il più sindacalizzato, l'unico che il giorno di San Silvestro è stato costretto a chiudere per sciopero. "Pur di non ammetterlo, hanno inventato una chiusura per inventario". Il mondo McDonald's è una grande bugia: "sembra tutto rose e fiori e invece ti sfruttano ben volentieri. Appena possono, ti mettono i piedi in testa. I diritti li fanno passare per favori". Si resiste "in mancanza di meglio".
Il turn over è altissimo, attorno al 40%. E la cosa va benissimo alla McDonald's perchè chi si ferma per poco costa meno, non accampa "pretese". Questo è forse l'ostacolo maggiore che l'universo McDonald's, puntellato dall'ideologia della "grande famiglia", oppone alla sindacalizzazione. Il modello continua a tenere sul versante dello sfruttamento del lavoro, mentre dà segni di cedimento il franchising. Crescono i licenziatari che buttano la spugna, strangolati dai prezzi stracciati e dalle royalties. McDonald's, invece, continua a prosperare, lucrando sugli immobili più che sulle polpette.

 

07 gennaio ’01

 

MORIRE A MALPENSA 2000

Malpensa non è solo una fabbrica di polemiche e di brutte figure. E' un luogo di lavoro, e di lavoro si muore. Venerdì notte il primo omicidio bianco nella storia del tanto discusso e bistrattato aeroporto della brughiera.
Si chiamava Dario Comerio, aveva 31 anni e faceva l'elettricista, era dipendente della Sea da tre anni, secondo i colleghi "il mestiere lo conosceva". Aveva i guanti e le scarpe contro gli infortuni. Non sono serviti. E' morto mentre stava sostituendo una lampadina in un pannello segnala-pista: c'era alta tensione, e non doveva esserci, in una trasformatore. E' rimasto fulminato. Dario Comerio e un collega più giovane, Giuseppe Tassoni, erano usciti per rimpiazzare una lampadina fulminata su uno dei pannelli che segnalano il tracciato della pista. Un intervento di routine, ripetuto anche venti volte nell'arco della giornata. Sono lampadine da 40 candele, alimentate da corrente a basso voltaggio. Secondo le prime ricostruzioni di fonte sindacale, Tassoni, svitando la lampadina, ha avvertito una scossa. Per questo, Comerio ha staccato la spina che collega il pannello al trasformatore ed è stato investito da una scarica ad alta tensione che, in quel punto, non doveva esserci. E' spirato mezzora più tardi all'ospedale di Gallarate.
A mezzogiorno, un migliaio di lavoratori della Sea ha partecipato all'assemblea con sciopero convocata dai sindacati. Rabbia e tensione contro la Sea, ma anche critiche ai sindacati confederali per lo scarso impegno sulla sicurezza. Subito dopo c'è stato un incontro tra sindacati e Sea.
Tutti i commenti convergono sul sistema degli appalti. In passato, si erano verificati guasti e anomalie nei pannelli per la segnalazione luminosa delle piste. Sette mesi fa era stato necessario sostituire cavi, prese e spine in un tratto lungo 300 metri; c'era dispersione di corrente. Il Sulta-Cub sciopererà il 19 gennaio per protestare contro una morte "frutto di una logica aziendale finalizzata solo al profitto, basata sull'improvvisazione degli appalti ad aziende esterne che lavorano male e al ribasso".
I lavoratori della Sea non godono di buona stampa, in molti imputano le magagne della Malpensa a un loro presunto corporativismo. Ma passeggeri e opinione pubblica devono sapere che da quando è stata inaugurata la grande Malpensa 600 dipendenti Sea se ne sono andati. Se fossero dei privilegiati, farebbero a botte per restare. E invece scappano.

 

9 gennaio ’01

 

COOPERATIVE: LA PUNTA PIU' AVANZATA DELLO SFRUTTAMENTO?

Da un incontro tra il responsabile della "cooperativa" che ha preso l'appalto delle pulizie delle "scuderie papali" del Quirinale con i lavoratori che fin qui erano alle dipendenze di un'altra ditta emerge il quadro di rapporti che hanno ben altri scopi che quelli della "cooperazione" tra uguali figure. Lo scopo di questo "padrone" è esplicito: devono diventare "soci lavoratori", altrimenti non verranno assunti. Qualcuno tra i lavoratori si è organizzato e registra.
"Voi non avete neanche il nullaosta dell'ispettorato che voi effettivamente lavorate là alle scuderie. Certo, dite che ci sono i registri delle presenze. Ma non contano niente. Qui ci muoviamo in un contesto cooperativo. Il mondo va così, una mano lava l'altra. Ormai si fanno le gare e si abbassano i prezzi, si manda la gente in mezzo alla strada. Ed è inutile dire 'ma c'è la legge".

Ecco quindi il pensiero cooperativo espresso da questo individuo!
E ancora: "Se lavori guadagni, se non lavori non guadagni. Le cose cambiano, in Italia in particolare. Perché c'è la privatizzazione? Perché la gente è stanca. C'è chi sta 4-5 mesi in malattia, il malcontento... Da dipendenti ce se ne approfitta. Questo è ormai il futuro del lavoro, le cooperative. Si fanno società che non superano i 15 dipendenti e ogni volta che il lavoro diminuisce voi vi attaccate al tram. [...] Però, quando vi ho chiamati, è arrivata la lettera del sindacato Fatemi capire". Ecco quindi, dopo una banale valutazione sulla necessità di privatizzare, arrivare al sodo: niente sindacati.
Questa la situazione per i lavoratori da diversi anni in servizio di pulizia presso le "Scuderie papali" del Quirinale e un consorzio di cooperative (il Cis, con sedi ad Anzio e Roma). Il Cis, denuncia la Cgil, si è aggiudicata l'appalto tramite licitazione privata, senza nessuna gara pubblico. La nuova società, sulle prime, sembra non voler assumere nessuno dei lavoratori in servizio (un obbligo normalmente previsto dai capitolati d'appalto in virtù dell'art. 4 del contratto nazionale del settore). I lavoratori da assumere sono solo 7.
Però o "soci lavoratori" o niente lavoro. Perché? Un dipendente, anche se di una cooperativa, ha diritto alle garanzie contrattuali, alla rappresentanza sindacale, alla contrattazione su ferie, malattie, maternità, ecc. Un socio-lavoratore no, perché è equiparato a un imprenditore. Quindi avrebbe anche diritto di parlare e votare nelle assemblee (obbligatorie per diversi adempimenti formali societari). Ma è un diritto che può essere esercitato solo in cooperative "vere", ossia tra quanti condividono praticamente un progetto economico-sociale. Altrimenti, per negarlo, basta che gli organismi dirigenti rendano incomprensibili le pratiche gestionali, incentivino la pratica della delega in massa... E il gioco è fatto. Sei privo di ogni diritto, ma nessuno te li ha negati.

PIPPO RUSSO ANCORA IN SCIOPERO DELLA FAME

Dall'11 dicembre c'è una tenda in piazza Missori a Milano. Dentro c'è Pippo Russo, coordinatore milanese dello Slai Cobas, che fa lo sciopero della fame contro i licenziamenti alle poste. Da un mese va avanti a spremute e integratori, ha perso una decina di chili, ma non perde i colpi.
Il licenziamento non minaccia personalmente Pippo, che alle Pt lavora da 21 anni. Pende su 657 dipendenti (300 a Milano, 200 in Liguria, una sessantina nel Veneto, il resto nel Lazio). Reclutati come precari alla metà degli anni '90, avevano ottenuto l'assunzione a tempo indeterminato grazie ai ricorsi fatti alle preture del lavoro. Nel '96 il governo Prodi aveva emesso un decreto legge con effetto retroattivo che vanificava quelle assunzioni. La Corte costituzionale ha riconosciuto legittimo quel decreto e all'inizio di dicembre il Tribunale di Milano ha riformato le sentenze di primo grado. Significa che le Poste possono licenziare i 657 ex precari, in gran parte portalettere. Per il momento non l'hanno ancora fatto; privarsi sotto Natale di un quarto dei postini a Milano sarebbe stato autolesionismo. La direzione centrale ha assicurato che non spedirà lettere di licenziamento prima di incontrare, a metà gennaio le organizzazioni sindacali. Ma da quella trattativa lo Slai Cobas è tagliato fuori. La tenda in piazza e il digiuno di Pippo Russo servono a dire che lo Slai Cobas non si fida dei "messaggi tranquillizzanti", vuole pesare sulla trattativa, battersi contro la precarizzazione.
"Licenziare quando il lavoro c'è, è una cosa dell'altro mondo", afferma Russo, "di questi 657 lavoratori le poste hanno assoluto bisogno e le direzioni provinciali sono le prime ad ammetterlo. A voler fare la faccia feroce è l'amministratore delegato, il privatizzatore Passera. Per ragioni d'immagine e per punire questi giovani che perché fosse riconosciuto il proprio diritto all'assunzione stabile non si sono presentati con il cappello in mano, hanno rifiutato i canali clientelari dei padrini politici e sindacali".
Licenziare 657 persone quando ogni giorno si ha bisogno di almeno 6 mila precari è un controsenso. Precariato e straordinari sono i nemici dell'occupazione, si legge nell'ultimo volantino redatto sotto la tenda. Ogni anno alle Poste si fanno straordinari per 93 miliardi, pari a 2.300 posti di lavoro. Al Centro meccanizzato postale di Peschiera Borromeo (Mi) negli ultimi due mesi del 2000 sono state fatte 18 mila ore di straordinario. Al Centro di smistamento di Linate è diventato normale aggiungere un'ora e mezza di straordinario a ogni turno. Il volantino allude a casi "incredibili": gente che lavora per 18 ore consecutive o che totalizza più di 100 ore di straordinario in un mese. E oggi lo Slai Cobas presenta due esposti penali (alla procura e ai carabinieri presso la Direzione provinciale del lavoro) per straordinari oltre i limiti di legge e altri mai fatti e però pagati.

ALFA ROMEO: REINTEGRATI I LAVORATORI DELLA PALMAR

 

All'Alfa di Arese sono stati reintegrati nel posto di lavoro 13 dipendenti della Palmar, la società che fa le pulizie in tutti gli stabilimenti Fiat. Il licenziamento di 13 lavoratori, ha sentenziato il giudice milanese Taraborelli, è stato discriminatorio, non motivato da criteri oggettivi, in presenza di centinaia di ore di straordinario e, se non bastasse, antisindacale nei confronti dello Slai Cobas e dalla Filcams Cgil, le due organizzazioni che erano ricorse alla magistratura. La Palmar, associata alla Total service e all'Onama, è una delle società a cui la Fiat ha terziarizzato i servizi. I nomi cambiano, i comportamenti discriminatori restano sempre gli stessi.

 

 

10 gennaio ’01

 

CONTRATTO PULIZIE

I dipendenti delle imprese di pulimento, siano cooperative o ditte, devono combattere ogni anno per conservare il posto, per una maggiore sicurezza sul lavoro, retribuzioni più eque e orari più umani. Il tutto, nell'attesa di un nuovo contratto per il settore, già scaduto da 20 mesi.
Il contratto nazionale si è arenato, lo scorso dicembre, perché, secondo Confindustria, avrebbe dovuto avere soltanto validità di "riferimento", e non, quindi, un'applicazione certa a tutti i lavoratori del settore. Insomma, un contratto-non contratto, e così i sindacati lo hanno respinto.
Per questi lavoratori ha importanza particolare firmare un nuovo contratto, stabilire regole certe, soprattutto sul passaggio da un appalto all'altro.
Stefania Del Vecchio, che lavora per un'impresa di pulizie in servizio negli uffici dell'Istat, può spiegare cosa significhi il passaggio, anno per anno, da un appalto all'altro: "Fino al 1997 avevo un contratto di 40 ore settimanali. Passata a un'altra impresa, ho avuto il taglio delle ore e improvvisamente mi sono trovata a lavorare per 32 ore. Con le gare che premiano le offerte più convenienti va così: si risparmia tagliando le ore di servizio, e quindi il salario ai lavoratori. Dopo mille peripezie, finalmente, dallo scorso aprile lavoro con un contratto di 38 ore".

 

11 gennaio ’01

 

PETTINATURA BIELLESE: MORTE SUL LAVORO

La Pettinatura Biellese di Vigliano, azienda specializzata nella cardatura della lana, è rimasta chiusa. Nella palestra del centro, alla periferia del capoluogo laniero, si sono riuniti tutti i 350 lavoratori della storica fabbrica. Non è stata un'assemblea come le altre. E non solo per la grande partecipazione dei dipendenti. Otto compagni di lavoro ricoverati in ospedale in condizioni disperate. Un reparto intero distrutto dall'incendio, che si è sviluppato a causa di un'esplosione nell'area delle caldaie. A testimoniare la solidarietà nei confronti dei feriti, sono arrivate decine di lavoratori da tutta la zona, ex dipendenti e tanti cittadini di Vigliano. Due ore a riflettere sulla più grave tragedia sul lavoro in questa zona degli ultimi venti anni.
Martedì sera, nel tardo pomeriggio un'esplosione nel reparto delle caldaie ha generato un incendio che ha distrutto un reparto e scoperchiato parte del tetto. Il bilancio è pesante. Otto operai vengono ricoverati negli ospedali di Torino in gravissime condizioni, cinque in pericolo di vita: in particolare Renzo Triban, 45 anni e Carlo Coletta, 49 anni hanno l'85% del corpo ustionato; Graziano Roccato, 42 anni, il 70%.

Carlo Coletta muore il giorno dopo.
Lo stabilimento della Pettinatura Biellese, centenaria azienda di proprietà dei marchesi Fracassi, ieri è stato posto sotto sequestro. Ma gli inquirenti non sono stati in grado di stabilire le cause dell'esplosione. I sopralluoghi, effettuati con i vigili del fuoco, sono difficili. Anche di giorno nell'azienda c'è poca luce. Il pubblico ministero del tribunale biellese, Rossella Soffio, pur non potendo dire molto, prima ha escluso il sabotaggio: "Per quello che abbiamo potuto verificare non c'è un cratere. Difficile dunque pensare ad una bomba". Poi, però, ha parlato "concause, magari non tutte accidentali". Tra queste potrebbe esserci la diffusione di biogas dall'area di stoccaggio dei residui di lavorazione. Non si esclude comunque nemmeno la possibilità di un guasto alle macchine.
In tarda serata sono stati tolti i sigilli su una parte dello stabilimento. Ma gli impianti sono talmente danneggiati che la produzione non riprenderà prima di una settimana. Per capire l'importanza di questo stabilimento, basti pensare che il fermo della Pettinatura "rischia di paralizzare gran parte del settore tessile, non solo di Biella ma dell'Italia intera", secondo l'allarme lanciato dal presidente dell'Unione industriale della città della lana, Massimo Marchi".

 

PLASMON: MORTE "BIANCA"

Un operaio di 31enne è deceduto, ieri, allo stabilimento di Latina della Plasmon, schiacciato da un macchinario. L'uomo è stato soccorso dai suoi colleghi mentre si trovava a terra con gravi lesioni al torace e all'addome. La dinamica dell'infortunio mortale non è ancora stata chiarita, tuttavia sembra che sia avvenuto mentre il giovane operaio si apprestava a verificare il funzionamento della macchina che serve a confezionare gli omogeneizzati.

 

ESUBERI ALLA LEAR

Da quando la Lear, multinazionale americana, ha assorbito l’indotto che forniva la Fiat di selleria per le auto, è stato un susseguirsi di piani di ristrutturazione con riduzione di occupati, immediatamente seguiti da nuove assunzioni. E’ così che, in pochi anni, la Lear ha svecchiato gli stabilimenti torinesi di Orbassano e Grugliasco. Con estrema disinvoltura, dopo l’assunzione di centinaia di giovani nella prima metà del ’99, ad ottobre del 2000 vengono dichiarati in eccedenza 130 operai proprio in quegli stabilimenti. La Lear propone alle rappresentanze sindacali il ricorso alla mobilità per, bontà sua, quei lavoratori che volontariamente vogliono accedervi. A rendere più scoperto il giochetto della Lear è la constatazione che la riduzione degli occupati è la condizione per nuove assunzioni. In tal modo si riversa sulla collettività il costo di quegli operai e quelle operaie che in poco tempo sono stati resi inidonei ai lavori di sellatura per i traumi da sforzo ripetuto dalle articolazioni degli arti superiori. Poi con nuove assunzioni, la Lear disporrebbe di nuova mano d’opera meno costosa perché situata nella categoria più bassa, senza tutti i diritti perché assunta con contratti precari. Oltre alla concessione del part-time e dei trasferimenti in altri stabilimenti a chi lo aveva già richiesto, la Rsu ha individuato nel ricorso ai "Contratti di solidarietà" lo strumento per superare la difficoltà. Si tratta di una riduzione temporanea dell’orario di lavoro, con l’integrazione dell’Inps di una parte del salario perso. Per la Rsu è anche un modo per preservare la mano d’opera esistente senza dover ricorrere in seguito ad assunzioni affrettate e precarie come è accaduto per l’avvio di nuove lavorazioni con l’assunzione di contratti a termine e interinali. La Lear è disposta a ricorrere ai contratti di solidarietà, coinvolgendo tutti i lavoratori come imposto dalla determinazione della Rsu, onde evitare che su pochi ricadesse il peso delle difficoltà occupazionali. Si è inoltre convenuto che una parte dei lavoratori attualmente in eccedenza, siano utilizzati per avviare un programma che permetta una rotazione continua tra mansioni pesanti e mansioni più leggere, onde limitare l’incidenza degli sforzi ripetuti sulle salute. La riduzione dell’orario di lavoro, anche se in modo spurio, si è confermata uno strumento utile per difendere l’occupazione e per evitare che gli adattamenti della produzione al mercato ricadano sempre a sfavore di chi lavora.

Il problema, che però non sembra trasparire dalla posizione della RSU è che si va sempre incontro alle necessità del padrone, seppure addolcendo i problemi: la perdita del salario c'è comunque, perchè l'INPS reintegra solo una parte, e la LEar non è una azienda in crisi. E comunque è ora di porsi il problema di far saltare questa cogestione, per cui la cosa principale è la salvaguardia dei profitti, anzichè il potere degli operai di decidere proprio contro la logica del profitto.

 

 

12 gennaio ’01

 

LA TOSI CERCA OPERAI AL SUD

La Franco Tosi, società meccanica di Legnano, prevede di assumere nei prossimi mesi 1.500 lavoratori. Le assunzioni riflettono una fase di sviluppo abbastanza positiva dell'azienda venduta dall'Ansaldo (cioè dallo stato) e acquistata dall'imprenditore varesino Gianfranco Castiglioni, che sul piano di rilancio ha stanziato 170 miliardi. Una parte degli investimenti aggiuntivi della Tosi sono stati fatti nel centro Italia (a Spoleto), un'altra parte nello stabilimento di Dongo, sul lago di Como. A Legnano, nel core-business, le nuove assunzioni. Secondo la proprietà "non si trovano operai" al punto che l'azienda "chiede aiuto al ministro dell'Industria". Sul caso si sono immediatamente espressi politici, ministri, sindacalisti e industriali, tutti rilevando così il problema: a Sud non c'è lavoro, a Nord non si trovano operai. Da più parti - tutte confindustriali - si è sollecitato un intervento pubblico per agevolare l'emigrazione dei meridionali a Nord.
In realtà il confronto tra Castiglioni (Tosi), il ministero dell'industria e la Fiom regionale sulle nuove assunzioni procede da mesi (da 3 ottobre del 2000) e stava andando in porto prevedendo un pacchetto per attrarre i 1.500 operai richiesti: costo dell'alloggio a carico dell'azienda, contratto a tempo indeterminato, ciclo di formazione continua. Il tutto senza sussidi pubblici. Una soluzione (quasi) raggiunta nell'ombra. Perchè nell'ombra si covano le peggiori intenzioni: infatti il lavoro di cui si parla è precario. Si offre uno stipendio normale per i metalmeccanici (1 milione e mezzo al mese o poco più) e un contratto a tempo determinato. In zona, sembra, chi non ha un lavoro cerca qualcosa di più solido. Chi, al sud, potrebbe essere interessato al trasferimento, trova un ostacolo nello stipendio troppo basso rispetto agli affitti medi della bassa padana, ma anche nel carattere "temporaneo" del contratto.
Il segretario della Fim-Cisl, Caprioli espone il concetto della "trattativa ombra": "si favorisca una mobilità dal sud al nord, ma con forti agevolazioni, quali la casa per chi sceglie di andare a occupare quei posti vuoti". E il segretario della Cisl siciliana, Paolo Mezzio, trova la soluzione: se le aziende si sposteranno nel meridione il suo sindacato offrirà "la totale disponibilità su flessibilità e sostegno alle imprese settentrionali che volessero impiantare al sud". Per il segretario della Cgil Cofferati è meglio lo spostamento delle aziende e non degli operai,
Ma nessuno sembra interessato alle "condizioni di lavoro": perchè chi cerca lavoro dalle parti della Tosi non ci vuole andare? E perchè questo lavoro che viene rifiutato al nord può invece andare bene al Sud?

 

LAVORATORI STRANIERI NELLA PIANA DEL SELE

Nella Piana del Sele, dove si registrano circa 2000 presenze, le attività lavorative sono prevalentemente svolte in nero con una retribuzione giornaliera che è anche al di sotto della paga sindacale. Qui uno stipendio mensile equivale in genere a 600 mila lire. La penetrazione nel sistema economico locale di forza lavoro straniera è schiacciante, e il mercato del lavoro clandestino è una risorsa importante della camorra dei campi. Secondo il rapporto, sul solo territorio di Eboli, il 67% delle presenze è di origine nordafricana, il 18,3% proviene dall'Europa orientale, il 7,1% dall'Asia, il 5% da Senegal e Somalia, il 2,7% dall'America latina. Senegalesi e tunisini sono occupati in parte nell'edilizia ma il grosso dell'immigrazione marocchina, senegalese e algerina che giunge in quest'area è impiegata invece in agricoltura. Rumeni ed ucraini, principalmente donne, lavorano nell'assistenza domiciliare agli anziani o come colf.
In Campania, dove pesa ancora l'incubo del caporalato, l'immigrato, sia esso regolare o clandestino, non si ferma. Le terre del sud sono solo un luogo di passaggio, al seguito dei flussi di raccolta dei prodotti agricoli. Mete successive sono le vicine Calabria e Puglia, per la raccolta di uva e arance. Vera e propria caratteristica della regione è la predominanza di lavoro disponibile di tipo stagionale e non stabile. Il trasferimento nelle aree del centro nord, alla ricerca di condizioni lavorative più stabili, diventa così un passaggio obbligato.
Lo sfruttamento della manodopera, qui, è ancora il compromesso fondante nel rapporto tra i padroni di terre, fabbriche e case da una parte, e i lavoratori immigrati dall'altra. Necessari, proprio perché clandestini e proprio perché senza diritti, all'aumento dei profitti grazie alla riduzione del costo lavoro. Ma il rapporto parla anche di un'offerta di lavoro che nella Piana del Sele punta, seppur in misura minore, su alcuni settori del terziario non qualificato, come i servizi alle persone, la ristorazione, il turismo e l' ambulantato.
Dall'analisi svolta dall'Osservatorio sui conflitti etnici dell'università di Salerno e sfociata nel testo Nuovi conflitti metropolitani (a cura di Vittorio Cotesta) emerge una forte "cooperazione tra camorra e immigrati malavitosi". Il reclutamento per molti avviene giornalmente in punti prestabiliti. Spesso gruppi nazionali diversi hanno creato propri clan criminali sul territorio che gestiscono lo sfruttamento della manodopera immigrata. "La Campania - si legge nell'analisi - subisce un doppio sfruttamento e un doppio dominio: quello della malavita emergente tra gli immigrati e quello della camorra locale. Lo spaccio di droga, con lo sfruttamento della prostituzione, è il circuito più redditizio e organizzato. Mentre le forze criminali mirano ad avere l'egemonia di aree sempre più vaste, la popolazione, come assopita, ignora o assiste indifferente. In Campania l'immigrato si accetta perché utile all'economia del posto, del quartiere, del solo clan. Il dominio delle forze malavitose nell'economia include la capacità di gestire i problemi posti dalla presenza di un così alto numero di immigrati".

CONTRATTO POSTE

Nuovo contratto per i 175 mila dipendenti delle Poste. L'accordo è stato firmato al ministero del Lavoro. Prevede un aumento medio a regime pari a 162.000 lire mensili, con un recupero dell'inflazione di 6,9 punti per il quadriennio 1998/2001. I dipendenti riceveranno subito un importo di 840.000 lire medie (corrispondenti agli arretrati del 1999 e del 2000) pari a un aumento di 30.000 lire mensili. Gli altri aumenti sono scaglionati in diverse tranches, a partire dall'1 gennaio 2001 fino all'1 ottobre 2002. All'aumento medio mensile di 162.000 lire, inoltre, vanno aggiunte altre 12.500 lire destinate alla previdenza complementare. Nel contratto sono anche state introdotte innovazioni nell'organizzazione degli orari e del lavoro, per far fronte all'ammodernamento dei servizi. E si è deciso di costituire il contratto di gruppo, per omogeneizzare tutte le aziende che si sono costituite o si costituiranno all'interno di Poste spa.

 

 

13 gennaio ’01

 

OPERAI MORTI

In un cantiere di Busto Arsizio, provincia di Varese, è morto un edile di appena 24 anni, proveniente dalla provincia di Catanzaro, precipitato mentre stava lavorando sul tetto con altri due edili. I suoi compagni di lavoro sono rimasti gravemente feriti. E' il terzo infortunio mortale dall'inizio dell'anno che si registra in provincia di Varese. All'ospedale di Lecco è deceduto un giovane operaio di 30 anni che era rimasto gravemente ferito sei giorni fa ed era arrivato in ospedale già in condizioni critiche. Non si conosce la dinamica dell'incidente. E' morto folgorato da una scarica elettrica di 3.500 volt un operaio specializzato delle Fs alla stazione di Collegno mentre stava aggiustando una motrice con altri due colleghi. Motivo della morte, il fatto che non è mai stata interrotta la fornitura di energia elettrica sulla linea, visto che in quel tratto "doveva" rimanere "sempre" attivo un altro binario. A Teramo un operaio di Ascoli Piceno, di 58 anni, è morto cadendo da un'impalcatura mentre stava lavorando presso un'azienda di calzature di Colonnella. Il lavoratore ha perso l'equilibrio mentre stava installando il materiale di isolamento, a circa 5 metri di altezza.

 

BREDA

Due giorni fa hanno occupato gli uffici della direzione generale. Tutti uniti, operai ed impiegati. Anche nell'assicurare che la protesta continuerà fino al 18 gennaio, giorno dello sciopero generale provinciale del settore metalmeccanico. Questo succede alla Breda costruzioni ferroviarie, storico gioiello dell'economia toscana, dove pure l'ultima commessa da un migliaio di miliardi è arrivata prima di Natale.
Novecento lavoratori in fabbrica, altri quattromila in un indotto altrettanto avanzato tecnologicamente, che assicura parti meccaniche così affidabili da conquistare anche gli esigenti scandinavi. Eppure il futuro del "cervello" di Breda, la direzione della Divisione veicoli, potrebbe essere altrove. A Napoli, dove entro poco sarà battezzata la nuova società Ansaldo-Breda che Finmeccanica ha voluto per competere sui mercati internazionali.
Ieri l'amministratore delegato Giuseppe Bono ha ribadito la conferma del piano industriale del 1999 nel quale sta scritto nero su bianco che "nell'ambito del previsto processo di integrazione di Ansaldo-Breda in un unico soggetto, si configura a Pistoia la sede della direzione Divisione veicoli, che assicura l'indirizzo e il coordinamento dei due centri d'eccellenza elettrico-elettronico di Napoli e meccanico di Pistoia".
In più alla vicenda Breda si innesta il caso dell'attesissimo polo tecnologico ferroviario, che secondo gli accordi tra Fs, governo ed enti locali deve essere realizzato a non più di 20 chilometri da Pistoia.

 

14 gennaio ’01

 

SCIOPERO ALLE FERROVIE

E' iniziato il 13 sera alle 22 lo sciopero di 8 ore indetto dall'Ucs, il sindacato dei capistazione che - dopo la rottura con l'Orsa - si è trasformato in struttura che prova a raccogliere il malcontento di tutti i lavoratori Fs, indipendentemente dalle mansioni svolte. L'agitazione si concluderà alle sei di questa mattina. L'Ucs denuncia anche intimidazioni dell'azienda per far fallire o contrastare lo sciopero: la mobilitazione dei "quadri" aziendali per sostituire gli scioperanti, l'intervento dei genieri dell'esercito, la minaccia di sanzione per chi aderirà secondo le modalità decise dal sindacato. La protesta è diretta contro la riduzione del costo del lavoro di circa il 18%, la fuoriuscita di circa 20.00 dipendenti dall'azienda, il doppio regime salariale tra vecchi e nuovi assunti, l'introduzione di forme di "flessibilità" come l'apprendistato, le privatizzazioni selvagge. L'obiettivo resta quello di un contratto unico per tutti i ferrovieri.

 

Caporalato in Friuli

Ammonterebbero a circa 11.000 unità i posti di lavoro "scoperti" nella regione che sono o possono finire nelle mani dei gestori del lavoro nero. Una "fetta di mercato" che si crea a cavallo della carenza di manodopera e della ricerca di flessibilità esasperata da parte delle aziende. La denuncia viene dalla Cgil friulana, che nota come persino il "lavoro interinale" - che certo non può essere descritto come il massimo delle garanzie per i lavoratori - "stenta a decollare perché costa di più" rispetto al lavoro nero. I casi più frequenti si verificano "nella cantieristica, nella carpenteria e nell'edilizia", dice Paolo Populin, segretario regionale della Cgil. Il meccanismo privilegiato sarebbe costituito da imprese che si presentano formalmente come di "collocamento interinale", ma senza possedere i requisiti previsti dalla legge (un miliardo di capitale sociale e operatività in almeno 4 regioni per poter essere iscritte all'albo regionale).

 

16 gennaio ’01

 

SCIOPERI AEROPORTUALI

Scioperano il 17 e venerdì 19 gli assistenti di volo e lavoratori di terra degli aeroporti italiani. Sciopero nazionale del personale Enav e del personale Sea di Linate-Malpensa. Gli uomini radar paralizzeranno il traffico aereo il 16. In una lettera aperta al ministro dei trasporti, i sindacati di categoria sottolineano che "questo sciopero", cui "siamo stati costretti", "poteva facilmente essere evitato: bastava applicare gli accordi già esistenti". Le nostre controparti - proseguono i sindacati - si sono dimostrate completamente inaffidabili. L'accordo del 13 dicembre 2000, il così detto 'patto sociale', è stato uno dei presupposti per la trasformazione dell'Ente in SpA, citato nelle premesse del parere sulla trasformazione espresso dalla Commissione trasporti della camera. La stessa notte, con il commissario dell'ente ed il 'patrocinio del governo, fu sottoscritto un impegno sempre per offrire garanzie e sicurezza al personale che transitava alla società per azioni, sull'applicazione del contratto collettivo. Trasformato l'Ente in società per azioni, gli impegni sottoscritti a tutela dei lavoratori non sono stati rispettati, né dal governo tantomeno dalla società; nei confronti dei rappresentanti sindacali questa adopera atteggiamenti provocatori, gli incontri sono volutamente inconsistenti ed artatamente dilazionati, è esplicita l'intenzione - conclude la "lettera aperta" - di non dare applicazione al contratto collettivo.

DATI SU SALARI E PROFITTI

Il rapporto economico tra le classi mostra il crollo dei salari: Nel 1980, anno dei licenziamenti alla Fiat e della marcia dei quadri, la quota del reddito nazionale lordo destinata ai salari sfiorava il sessanta per cento (56,4% per la precisione), mentre alle rendite e alle pensioni spettava il 22,5% e ai profitti il 21,3%. Nel 1999 la quota dei salari si è attestata sul 40%, le rendite e le pensioni insieme sono arrivate al 31,3%, i profitti 28,6%. Sommando rendite e profitti arriviamo quindi intorno al 60%. Vent'anni fa il rapporto era 60 a 40. Oggi è 40 a 60.
E mentre la quota dei salari sul reddito nazionale lordo complessivo continua a scendere inesorabilmente, il salario netto risulta congelato, ovvero le buste paga degli operai sono molto più leggere. I dati statistici li fornisce il CorrierEconomia che ha confrontato la situazione del 1980 con quella del 2000. E tocca all'economista Geminello Alvi dimostrare che "la quota dei salari crolla: statisticamente l'Italia può dirsi fondata non più sul lavoro, ma sulle rendite e i profitti".
D'altra parte anche nell'ultima relazione di Bankitalia si poteva trovare il film della discesa. Le retribuzioni medie dei lavoratori dipendenti sono diminuite, in dieci anni, dall'89 al '98, dell'8,7%. E se non vogliamo fermarci alla media del pollo, scopriamo che nello stesso periodo le retribuzioni dei "fortunati" del sud, ovvero dei lavoratori dipendenti, sono diminuite del 16,2%. Nello stesso periodo sono cresciute le pensioni (non l'entità della pensione, ma il numero complessivo perché è cresciuto il numero dei pensionati) e delle rendite finanziarie, dovuta alla profonda trasformazione del risparmio. Cambia totalmente il rapporto tra volume della ricchezza finanziaria e volume annuo dell'attività economica. Si è trasformata la struttura economica. Da un capitalismo industriale (magari coadiuvato dallo stato) si è passati a una prevalenza del capitale finanziario, mentre l'entrata di migliaia di piccoli e piccolissimi risparmiatori nel tempio della Borsa ha contribuito a cambiare il quadro generale. Crescono, sempre secondo i dati del CorrierEconomia, le differenze e le diseguaglianze nella distribuzione della ricchezza, ma in linea con quel che accade nel resto d'Europa. Geminello Alvi spiega che applicando l'indicatore della concentrazione della ricchezza ai dati disponibili si scopre un altro punto di svolta nel '93, quando "la concentrazione riprende a tendersi indietro, ai livelli degli anni Settanta". Cambiano i rapporti, cambia il quadro ma si approfondiscono le diseguaglianze. Il reddito continua a essere "meno equamente distribuito" rispetto a ciò che avviene in Germania e in Danimarca. Solo un po' meglio del Regno unito e del Portogallo. In Italia ci sarebbero 260 mila famiglie miliardarie con un patrimonio superiore a un miliardo e mezzo per una quota di 670 mila miliardi, pari al 14% della ricchezza privata complessiva. Ma un dato spicca su tutti gli altri, un dato che ci spedisce molto al di là di tante dotte interpretazioni: il 7% degli italiani possiede il 44% della ricchezza.

 

17 gennaio '01

 

COOPERATIVE AL QUIRINALE

Sviluppi importanti, nella vicenda dei lavoratori addetti alle pulizie del museo delle "Scuderie papali" del Quirinale, dopo che era stata resa nota la registrazione del "colloquio" tra un paio di responsabili del consorzio di cooperative Cis e alcuni dei lavoratori, in cui si chiedeva loro, in sostanza e senza alcuno spazio di "contrattazione", di aderire come soci a una delle cooperative del consorzio. Altrimenti avrebbero perso quel posto di lavoro che occupavano da anni, sempre in regime di alta precarietà, passando di anno in anno alle dipendenze di qualche cooperative che si aggiudicava l'appalto. Il ricatto è grave perché contravviene sia all'art. 4 del contratto di settore che alla regola seguita da tutti i bandi per appalto pubblico: tutti i lavoratori debbono conservare il posto che occupavano, indipendentemente dalla forma con cui vengono assunti (dipendenti o soci di cooperativa). Anche perché l'adesione alle cooperative è sempre volontaria, visto che nel ruolo di socio si rinuncia al diritto di "aprire vertenza" per assumere quello di voto.
Sulla base della denuncia proveniente dai lavoratori e da noi pubblicata c'è stato un incontro al ministero del lavoro tra i responsabili della Filcams-Cgil (D'Andrea e Castronovi) e un rappresentante del ministro Salvi. Il ministero si è detto preoccupato e si è impegnato a intervenire presso l'Agenzia del giubileo, che ha gestito la licitazione privata conclusasi con l'assegnazione al consorzio Cis.
Si prepara anche una manifestazione davanti al museo delle scuderie, se l'intervento del ministero dovesse tardare o non produrre risultati.

PRECARIATO GRANDI ALBERGHI

"La Fiat, a Roma, sono gli alberghi!". L'immagine funziona, ma con qualche differenza. Qui non c'è mai stata "una" azienda, ma la più straordinaria frammentazione immaginabile. Ma anche in questo tessuto puntiforme il movimento operaio era riuscito a imporre regole, contratti, riconoscimento della presenza sindacale. Diritti e salari certi, insomma. Poi i tempi sono cambiati, e la "flessibilità" è diventata una tentazione irresistibile in un settore dove la piccola-media dimensione è la norma, e l'oscillazione stagionale dell'occupazione una condizione naturale. L'ultimo rinnovo contrattuale ha concesso agli albergatori l'estensione dei turni di lavoro degli apprendisti, maglie più larghe per la chiamata diretta, ampliamenti della stagionalità, la possibilità di impiegare studenti degli istituti alberghieri sotto la copertura del "tirocinio".
Il sindacato, insomma, ha dato molto, seguendo la politica della coogestione. In cambio, la controparte, sembra volere tutto, come è ovvio quando il sindacato cede su tutto!. E così in molti grandi alberghi romani hanno fatto la comparsa il lavoro interinale, le "cooperative" (25%), la chiamata per due o tre giorni, il lavoro nero (5-6%). Circa il 30% dei "contratti" sarebbero ai limiti della "regolarità". In un primo momento queste forme di lavoro "atipico" hanno investito mansioni esterne alla struttura di "trattamento del cliente": pulizie esterne, giardinaggio, parcheggi, ecc. Ormai, però, hanno invaso i ruoli classici: pulizia delle camere, facchini, camerieri ai piani e nelle sale, addetti alle cucine.
Fanno da capofila nella distruzione di ogni garanzia il Ritz, il gruppo Roscioli (Royal Santina, Universo, ecc) e il Quirinale che procedono speditamente verso la deregulation totale dei rapporti di lavoro. Al Quirinale, dove il lavoro interinale è in mano all'agenzia Adecco (lo sponsor delle ex "scarpette rosse" milanesi, nella pallacanestro) e la direzione non ha alcuna intenzione di confrontarsi col sindacato, è stato proclamato uno sciopero. Scarsa la partecipazione (15%), vista anche la pesante divisione tra lavoratori "garantiti" e "in affitto"; ma il bilancio, a sentire i lavoratori più attivi, è comunque positivo: "L'unica soluzione è essere conflittuali, quindi ricominciare con gli scioperi. La situazione attuale è terribile, e anche le confederazioni hanno diverse responsabilità. Ormai qui bisogna ripartire da zero, perché tutte le conquiste del passato sono state azzerate. Dobbiamo semplicemente riconquistarle".

SCIOPERO NELLA FABBRICA INTEGRATA

Con i tre giorni di sciopero (giovedì, venerdì e lunedì) proclamati dalle Rsu di fabbrica, riprende il lungo braccio di ferro tra i lavoratori della Fma, il settore motori del segmento medio alto della produzione automobilistica e la direzione Fiat. Un braccio di ferro, nella fabbrica di Pratola Serra gemella di quella di Melfi, che ha preso di contropiede l'azienda abituata a un eccesso di collaborazione in passato e oggi invece spiazzata da una volontà di lottare che qui non ha precedenti.
Le tre giornate di sciopero sono state confermate dalle assemblee dei lavoratori molto combattive. Gli operai non si sono fatti intimidire né dalle richieste di moderazione che vengono non solo da parte confindustriale, né dall'arroganza della direzione Fiat che si è presentata con le solite chiusure all'incontro di Roma del 9 gennaio scorso. E così, rimarcando i punti principali della piattaforma (equiparazione del salario agli altri lavoratori del gruppo, messa in discussione dei massacranti turni notturni, revoca dei licenziamenti per rappresaglia di due avanguardie sindacali), gli operai Fma continuano questa partita consapevoli del ruolo che la loro lotta sta assumendo ben al di là delle mura della loro fabbrica.
La scelta della data del 19 ha anche valore simbolico: è infatti il primo giorno di udienza in tribunale per la causa di licenziamento delle due avanguardie di fabbrica Antonio Di Capua e Donato Ceccarelli.

MORTI SUL LAVORO ALLA LUCCHINI

Infortunio mortale al laminatoio Lucchini di Sarezzo. Domenico Ciaramella, 28 anni, stava eseguendo lavori di manutenzione al raddrizzatore di colata. Rimasto incastrato tra il braccio leva e il tubo di raffreddamento, è morto nel giro di pochi minuti per lo schiacciamento del cranio. Ciaramella, originario della provincia di Napoli era alla Lucchini dallo scorso luglio come dipendente della Carpenteria Collina che ha in subappalto dalla ditta Taini-Guerini una parte della manutenzione. La scorsa estate in soli due mesi alla Lucchini si erano verificati una decina di infortuni, in gran parte tra i lavoratori "esterni". Ad ottobre, dopo l'incidente più grave, alla Lucchini c'era stato uno sciopero di protesta. E le Rls avevano sollecitato un intervento dell'Asl che non c'è ancora stato.
Dopo la morte di Ciaramella, avvenuta alle 8 di mattina, tutti i 180 lavoratori dell'acciaieria e quelli degli appalti hanno iniziato uno sciopero di 24 ore che si conclude con l'assemblea di oggi. Seguiranno due ore di sciopero contro il lavoro che uccide dei metalmeccanici della Valle Trompia e di Lumezzane. I siderurgici faranno altre due ore di sciopero nel giorno dei funerali di Ciaramella. Fim, Fiom e Uilm di Brescia sottolineano "ancora una volta" come la catena degli appalti faccia aumentare i rischi. "Nelle fabbriche le norme di sicurezza o sono inesistenti o sono carenti", afferma il segretario della Fiom Osvaldo Squassina, "è la conseguenza di un'organizzazione del lavoro che insegue solo la produttività e la competizione a scapito della tutela dell'integrità fisica delle persone. Il ricorso agli appalti e ai subappalti è una scelta che mette il risparmio di poche lire davanti alla vita dei lavoratori".

Sono cose ovvie, i lavoratori le conoscono: ma perchè i sindacati confederali fanno a gara con i padroni e i governi per nascondere ovattare questa verità del capitalismo?

 

 

18 gennaio ’01

 

IL NORD E I SALARI

Al nord mancano i lavoratori: e tutti invocano il governo perchè faccia qualcosa (incentivi all'emigrazione da sud a nord, oppure allo spostamento di lavorazioni da nord a sud, oppure ancora: costruisca case per chi vuol migrare). Confindustria ne approfitta per chiedere un'estensione degli strumenti della flessibilità, della mobilità e quant'altro suggerisce la logica miope della compressione esasperata del costo del lavoro. Anche la Cna (artigianato) piemontese getta la sua spada sulla bilancia dei media: "offriamo sei milioni di stipendio, ma non troviamo operai!". A stretto giro risponde la Cgil torinese: "La Cna offre soldi per soddisfare le esigenze di personale specializzato nelle proprie imprese, ma nega i diritti salariali e normativi" a chi già lavora per loro.
Ma quali tipi di professionalità operaie sono diventate rare, in questo momento, al nord? Si tratta soprattutto di manodopera qualificata: e c'è una ragione salariale e di durata dei contratti. Se si offrono salari adeguati e contratti a tempo indeterminato, i lavoratori arrivano.
Come sembra da molti segnali, tutto questo discutere è finalizzato solo a spremere al governo altri contributi per le imprese, in cambio di qualche posto di lavoro in più. La via dell'impresa italiana al profitto, in questo caso, resterebbe sempre la stessa: bassi salari, incentivi e defiscalizzazioni statali, zero innovazione.

 

SUCCESSO DELLO SCIOPERO A PRATOLA

Grande successo dei lavoratori Fiat della Fma: l'adesione allo sciopero, prima delle tre giornate di lotta degli operai Fiat irpini, ha fatto registrare adesioni tra l'80 e il 90% di adesioni. E, di conseguenza, va messo in rilievo un nuovo, secco smacco per la direzione aziendale della Fiat che si ostina nel suo braccio di ferro con i lavoratori. I cancelli erano presidiati da una imponente e spropositata presenza di forze dell'ordine.

CGIL-CISL-UIL SI ACCORDANO CON CONFINDUSTRIA

Il testo "non c'è", è la risposta della Cgil nazionale a chi chiede di conoscere l'ipotesi d'intesa raggiunta tra le confederazioni sindacali e la Confindustria sul lavoro a termine. Strutture territoriali e categorie hanno ricevuto al suo posto due note informative da corso Italia, dove però sono riportate frasi tra virgolette, segno che il famoso testo esiste. E la prima cosa che se ne evince è che i contratti a termine, che finora vedono stabilite per legge (l. 230) le cause precise e circostanziate caso per caso, che consentono di "porre un termine al contratto di lavoro", riceverebbero nell'ipotesi di intesa tra Cgil, Cisl, Uil e associazioni padronali, una possibilità di estensione ad libitum.
Sarebbe infatti soppresso l'articolo che contiene il lungo elenco di "causali" consentite dalla legge, e sostituito dal seguente: "E' consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato quando questo sia determinato da ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo, o sostitutivo". Come si vede, la dizione è sufficientemente generica per poter contenere qualunque pretesa padronale. Dopo la sconfitta nel referendum radicale che chiedeva di liberalizzare i licenziamenti individuali, i padroni troverebbero qui un'autostrada per aggirare lo Statuto dei lavoratori, e poter licenziare liberamente, e legittimamente.
Pare intanto che la confezione ulteriore dell'accordo sia stata affidata alla Confindustria: saranno i padroni a scrivere il testo finale e lo consegneranno ai sindacati in un appuntamento già fissato: mercoledì prossimo.
Il giorno prima, soltanto, il 23, c'è la riunione nazionale del dipartimento Mercato del lavoro della Cgil per discutere di una materia tanto bruciante, in tempi di flessibilità spinta e di smantellamento dei diritti nel lavoro, della quale i vertici nazionali non hanno ritenuto di dover trattare prima con strutture e categorie. Hanno trattato direttamente e semplicemente con la Confindustria, e ora dentro il sindacato si dovrebbe discutere a cose quasi fatte. Quasi. Perché già dalle note informative la pericolosità di questa ipotesi di intesa è risultata chiara a più d'uno. Ci sono richieste perché alla riunione di Roma partecipino i segretari generali. E due giorni fa il leader della Fiom, Claudio Sabattini, ha dichiarato che i segretari metalmeccanici ritengono che i contratti a termine sono già stati sufficientemente contrattati, e che Fim, Fiom, Uilm non accetteranno alcuna "ipotesi peggiorativa".
Ma c'è chi, come la segreteria della Camera del lavoro di Brescia, ha messo nero su bianco, in una nota ufficiale a Sergio Cofferati, e al segretario regionale lombardo Mario Agostinelli, le critiche circostanziate sui punti illustrati nelle "note" inviate da corso Italia, concludendo con un avvertimento. "Apprendiamo che si sarebbe nell'imminenza della sigla di un'intesa: una discussione che avvenissre a posteriori e a 'commento' di un accordo sostanzialmente già raggiunto, sarebbe del tutto superflua". Perciò Brescia chiede che "si sospenda il confronto" con la Confindustria, e si apra "un'approfondita discussione in Cgil a ogni livello e a partire dal prossimo direttivo nazionale".

SCIOPERO A MIRAFIORI E RIVALTA

Scioperano per 4 ore i lavoratori di Mirafiori e Rivalta nel quadro delle 6 ore di sciopero articolato decise dal coordinamento sindacale Fiat, da realizzare entro la fine del mese. Nelle altre fabbriche del gruppo gli scioperi seguiranno, sempre entro il 31 gennaio. Oggi sarà il "turno" anche per i lavoratori della Teksid di Carmagnola e dell'Avio. Al centro dello sciopero, la questione del negoziato sull'integrativo, interrotto dall'azienda, e di cui Fim, Fiom, Uilm e Fismic chiedono la riapertura. Tanto più che, nel solo Piemonte, stima la Fiom, sono già stati realizzati 343 accordi aziendali, che riguardano sia l'aumento del premio di risultato, sia temi normativi e le condizioni di lavoro. In tutto, oltre 55 mila metalmeccanici hanno potuto ottenere l'accordo aziendale, anche in imprese importanti come Pininfarina e Alenia. Ma, da sola, la Fiat dà lavoro a 65 mila metalmeccanici in Piemonte; il suo "no" all'integrativo, quindi, pesa, e molto, sulla situazione sociale della regione. Per la Fiom, tale attitudine vuol dire due cose, "rifiuto di discutere del futuro degli stabilimenti e dell'occupazione nel gruppo dopo l'accordo con la Gm, e rifiuto di concedere ai lavoratori Fiat quell'integrazione salariale, senza la quale le loro paghe subirebbero un colpo durissimo". Lo Slai Cobas degli impianti Fiat di Termoli, intanto, ha indetto uno sciopero ad oltranza dalle 20.00 alle 22.00 di ogni sabato a partire da domani. Sull'onda dello slogan "riprendiamoci il sabato", contestano il regime di orario di lavoro in vigore a Termoli, frutto dell'accordo tra Confederali e azienda del 1994.

PERONI: OCCUPATO STABILIMENTO A NAPOLI

Da 9 giorni lo stabilimento Birra Peroni di piazza Madonna dell'Arco, quartiere Miano di Napoli, è occupato dagli operai. I lavoratori si sono mobilitati contro una serie di licenziamenti che ritengono illegittimi. I dipendenti Peroni vorrebbero esporre domenica prossima, nel campo del S. Paolo, durante la partita Napoli-Udinese, uno striscione con la scritta "Contro i licenziamenti alla Peroni", ma il comune non li ha autorizzati. Da parte sua, l'azienda aveva denunciato gli operai e chiesto alla magistratura di far sgomberare la fabbrica dalla polizia. Il tribunale non ha concesso lo sgombero e ha convocato lavoratori e azienda per una udienza d'urgenza martedì prossimo.

 

19 GENNAIO '01

 

DUCATI: LA PRODUZIONE MOTORI RESTA A B. PANIGALE

Licenziati per rappresaglia. Glielo aveva detto il caposquadra: "Guarda che se continui a farti vedere che frequenti il sindacato questi ti sbattono fuori". Ma Roberto, 25 anni, ex-lavoratore interinale dell'agenzia Manpower non si è mai fatto convincere. Era ottobre quanto è stato assunto alla Ducati con un contratto trimestrale, si è iscritto al sindacato Nidil-Cgil, e il 12 dicembre è stato eletto rappresentante dei lavoratori interinali. Arriva la fine dell'anno e la Manpower telefona a tutti i ragazzi inviati alla Ducati per confermare il contratto per altri tre mesi. A tutti, ma non a Roberto. "Non è colpa nostra - spiega l'impiegata dell'agenzia - la Ducati ci ha mandato la lista delle persone da richiamare".
La stessa scena si ripete per un altro dei 6 interinali. "La cosa più assurda - spiega Roberto - è che non possiamo accusare la Ducati perché di fatto non siamo mai stati suoi dipendenti". L'accaduto si sovrappone a quello della chiusura della vertenza sulla "terziarizzazione" che si è conclusa lo scorso 16 gennaio. Da ottobre ad oggi i lavoratori dipendenti e interinali della Ducati si erano mobilitati insieme contro la proposta della multinazionale Tpg, azionista di maggioranza della Ducati, che aveva proposto di spostare all'esterno la maggior parte delle produzioni.
Contro questa ipotesi si era mobilitata tutta la fabbrica. Nella sede di Borgo Panigale (Bologna) rimangono ora le produzioni degli elementi centrali del motore. Per i sindacati "un buon accordo soprattutto": l'azienda si è impegnata a fare 113 assunzioni entro il 2001. "Ma non c'è nessun vincolo preciso - dice ancora Roberto - e con quello che è successo a noi ho l'impressione che si sia salvata la fabbrica ma accettato il principio che chi è lavoratore interinale se ne deve stare zitto a lavorare senza mai poter far valere i suoi diritti".

Come si può non notare l'assoluta veridicità di questa osservazione?

 

20 gennaio ’01

 

SCIOPERI A MIRAFIORI E RIVALTA

Allo sciopero di quattro ore per ottenere la ripresa del negoziato sul contratto integrativo per il gruppo Fiat, la partecipazione è stata, come in dicembre, massiccia. A Mirafiori e Rivalta hanno aderito mediamente il 70%-80% dei lavoratori di Fiat auto e Tnt e delle altre aziende terziarizzate.
Alla carrozzeria di Mirafiori l'adesione è stato dell'80% e la Fiat ha dovuto aprire tutti i cancelli per consentire l'uscita, dopo aver tentato, in un primo momento, di far defluire i lavoratori solo dalle uscite pedonali. Alle carrozzerie di Mirafiori il grande successo dello sciopero è legato anche alla scadenza, il 31 gennaio, di oltre 150 contratti a termine, per i quali è stata chiesta la conferma in pianta stabile. Alle presse, lo sciopero ha fermato la produzione e l'adesione è stata, dice il sindacato, tra il 70% e l'80%. Anche alle officine meccaniche di Mirafiori ha incrociato le braccia oltre il 70% degli operai, nonostante il "ricatto della Cig" -questa settimana 1500 lavoratori sono in cassa integrazione. Bene anche a Rivalta dove le percentuali si tengono attorno al 70-80%. Il lavoro è stato sospeso anche nelle aziende terziarizzate che operano nel comprensorio di Mirafiori e Rivalta: Marelli, Comau e Tnt.

BIELLA ANCORA A FUOCO

Ancora uno scoppio. Ancora feriti. Dieci giorni dopo il rogo alla Pettinatura Italiana di Vigliano, dove un operaio è morto e otto sono rimasti ustionati, ieri mattina c'è stato un altro grave incidente all'interno di una fabbrica tessile biellese. Alle 5.40, una esplosione nel reparto di floccaggio elettrostatico della Sinelvo di Occhieppo Superiore ha ferito due lavoratori marocchini. L'azienda, una della maggiori fornitrici della casa automobilistica tedesca Bmw, produce filati in poliammide sintetico per i sedili delle auto.
Le fiamme hanno avvolto i due fratelli Rachid e Yousef Shimi, di 33 e 27 anni, nati a Casablanca; il primo è ricoverato nel reparto di rianimazione dell'ospedale degli infermi di Biella, con una ustione di terzo grado al collo e al volto, mentre leggermente meno preoccupanti sono le condizioni di Yousef. Per entrambi, i medici si sono comunque riservati la prognosi; al momento dell'incidente, nel reparto dove si fissano i fili c'erano solo quattro operai. Alcuni testimoni hanno udito un boato improvviso. Pochi secondi dopo sono divampate le fiamme, che hanno distrutto tutto il reparto. Come per il rogo della Pettinatura Italiana, è, per ora, impossibile risalire alle cause dello scoppio. La magistratura ha sequestrato lo stabilimento. Per i 55 dipendenti i sindacati presenteranno la richiesta di cassa integrazione.
Il prossimo 31 gennaio il biellese si fermerà per quattro ore. E' stato infatti indetto uno sciopero generale a favore della sicurezza, in una provincia dove dal 1999 al 2000 i morti sul lavoro sono raddoppiati e i feriti sono passati da 2400 a 3300.

 

21 gennaio ’01

 

FERRIERA DI TRIESTE

"Mi fanno lavorare come un bianco, pretendono ogni giorno di più, mi pagano come un negro. Io me ne vado. Meglio una corsa in gommone per guadagnare. Altro che qui! Tanta fatica, poca paga". La fonte di questo florilegio, apparso giorni fa sul quotidiano di Trieste, è ignota, ma in linea con le affermazioni del responsabile delle relazioni esterne della Ferriera di Servola-gruppo Lucchini, Francesco Semino. Quest'ultimo lamenta l'emorragia di lavoratori extracomunitari dagli spazi di una Ferriera che, in cambio di turni di 7 giorni su 7, festività comprese, li remunera, con regolare contratto, a un 1.350.000 lire al mese. "E' una questione soprattutto culturale - sostiene Semino -, qui non c'entra lo stipendio". Gli ingrati, insomma, non apprezzano la generosità con cui la Lucchini si sacrifica assumendoli regolarmente e, così facendo, impediscono all'azienda di formare quelle professionalità da lei stessa allontanate all'acquisto della Ferriera.
Il problema è emerso con l'ultimo esodo, 40 prepensionamenti in seguito al riconoscimento dei benefici per l'esposizione all'amianto. La Lucchini non s'è persa d'animo e s'è rivolta all'agenzia interinale "In Time" di Brescia, che prontamente ha fornito 30 operai con esperienza e 20 periti provenienti dalla Sardegna. Dal momento che "In Time" possiede anche un'agenzia immobiliare, i nuovi arrivati (il primo contingente di 16 lavoratori sarà a Trieste il 5 febbraio) avranno a disposizione un tetto gratuito e una paga di due milioni mensili. Per 5 mesi rimarranno alle dipendenze dell'agenzia, poi - "se si troveranno bene", dicono i capi di "In Time" -, verranno assunti in pianta stabile alla Ferriera.
Se ne vanno dunque i kosovari (forse memori del loro ultimo morto, ritrovato in fabbrica con una decina di giorni di ritardo) e arrivano i sardi. I triestini, invece, in Ferriera non ci vanno più.

 

RICHIESTA DI SOLIDARIETA'

I lavoratori di PIZZA HUT in sciopero in Francia. I giovani lavoratori della catena internazionale Pizza Hut (come la Mac Donald) sono entrati in sciopero per le condizioni di lavoro precarie e di basso salario. Lo sciopero è organizzato dalla Union Local de Massy. Sarebbe importante spedire ai lavoratori, che sono per lo più giovani e studenti, messaggi di solidarietà di altri lavoratori, e in specialmodo di Pizza Hut di altri paesi. I messaggi possono essere inviati alla seguente direzione: ul.cgt.massy@wanadoo.fr

Unione delle Opposizioni Sindacali di Classe

 

REPRESSIONE ANTIOPERAIA

Oggi in fabbrica e su tutti gli oragani di stampa è iniziata una campagna contro le voci di dissenso dentro la Ducati-Motor, che si formalizza nel foglio autonomo Senza Freni (che aderisce alla Collettivo RETE OPERAIA). Per i padroni e i sindacalisti siamo deliquanti, la storia si ripete...A questo si agginge la presenza continua delle Digos davanti alla sede del CRO e continui controlli ai militanti. Contro il potere delle aziende per il potere operaio
Collettivo RETE OPERAIA

 

LEGGE SMURAGLIA

Sulla vicenda della Legge smuraglia, come CONFEDERAZIONE COBAS PENSIAMO sia necessario sviluppare una mobilitazione. Abbiamo probabilmente peccato di superficialità ma E' CHIARO SECONDO NOI CHE QUESTA LEGGE RAPPRESENTA UNO DEGLI ULTIMI ANELLI della liberalizzazione del mercato del lavoro. Regolarizzare una situazione tipo "ATESIA" - sulla quale abbiamo appreso pesa una indagine dell'Ufficio Provinciale del lavoro, inviata poi alla Procura della Repubblica, indagine che definisce il lavoro svolto ad atesia "lavoro nero" e di tipo subordinato - questo è l'obiettivo. Ora pur riconoscendo i ritardi è chiaro che questa legge NON DEVE PASSARE.
Stiamo tentando di costruire una prima mobilitazione Mercoledì 31 in occasione della conferenza nazionale sul lavoro che si svolgerò al PALAZZO DEI CONGRESSI - EUR - ROMA Martedì 30 e mercoledì 31 (leggere anche programma pagina finale del Manifesto dove è presentato il programma) Vi invitiamo alla massima mobilitazione e a contattarci per costruire le iniziative. La cosa più grave è sicuramente il fatto che tale legge passa grazie al lavoro della maggioranza di centro sinistra.

CONFEDERAZIONE COBAS COBAS TELECOMUNICAZIONI CASSA INTEGRATI/E TELECOM

 

23 gennaio '01

 

ANCORA SCIOPERO ALLA FIAT DI PRATOLA

Alla terza e ultima giornata di sciopero alla FMA di Pratola Serra più dell'80% degli operai ha messo di nuovo in ginocchio la produzione dei motori Fiat, rimasta a circa il 10%, poco meno di 200 motori (in gran parte inutilizzabili perché prodotti da lavoratori interinali inesperti) contro i 2.100 abituali. Dopo tre mesi di mobilitazione e 50 ore di sciopero il sindacato si prepara a febbraio a mettere in cantiere altre forme di mobilitazione e di lotta.Si va probabilmente verso la manifestazione nazionale, come aveva già fatto intendere Claudio Sabattini, che nell'incontro serale con i lavoratori sul suo libro sulla lotta e la sconfitta alla Fiat di Torino nel 1980, aveva messo in guardia su un comportamento brutale della Fiat che ha radici nella storia della formazione del capitalismo italiano. I punti discriminanti della vertenza alla FMA prevedono l'equiparazione del salario a quello di tutto il gruppo Fiat e la messa in discussione della cosiddetta 'doppia battuta', cioè delle due settimane consecutive di lavoro notturno. Da registrare, in una lotta che è partita dalla base e che ha visto finora un'unità sindacale 'imposta' dalla determinazione delle Rsu, l'ambiguità del comportamento della Fim, che aveva rotto l'unità un mese fa e poi era stata costretta dai lavoratori a ritornare sui suoi passi. In prima fila davanti ai cancelli della FMA, ieri, anche le due avanguardie sindacali, Donato Ceccarelli e Antonio Di Capua, licenziati per rappresaglia dalla Fiat: il processo a loro carico riprenderà il prossimo 5 febbraio.

CHRYSLER LICENZIA

La Daimler-Chrysler ha annunciato che entro febbraio procederà al licenziamento di 20.000 lavoratori degli stabilimenti statunitensi. Seimila saranno colletti bianchi, mentre quindicimila posti di lavoro saranno sottratti alla produzione. In tutto, sei dei ventuno impianti del paese saranno chiusi. La notizia è stata confermata dal responsabile esecutivo della società, Dieter Zetsche, che ha aggiunto che il taglio avverrà in tre anni, riducendo progressivamente gli investimenti. Intanto, dall'economia Usa arrivano segnali sempre più concreti che il paese potrebbe incorrere nella recessione. Ieri, sono stati pubblicati i dati riferiti all'indice del Conference board (principale indicatore dell'economia), che è sceso per la seconda volta. Alla terza flessione di questo indice, è abitudine parlare di recessione, non di rallentamento.

 

24 gennaio ’01

 

VIBERTI: DANNI DA LICENZIAMENTO

La disoccupazione provoca danni morali e materiali che devono essere risarciti da chi ha la responsabilità dell'azienda. La V sezione del Tribunale di Torino, presieduta dal giudice Franco Giordana, ha emesso una sentenza pilota. Un segnale per migliaia di cassintegrati, di dipendenti in mobilità costretti a trascorre intere, alienanti, giornate senza fare nulla, senza portare a casa lo stipendio: Enzo e Lorenzo Calabrese, noti imprenditori pugliesi, ex-titolari della "Viberti veicoli industriali" di Nichelino, dovranno risarcire per danni morali i loro 253 operai che nel 1995 persero il lavoro da un giorno all'altro dopo il fallimento della società. Due milioni a testa come anticipo. La causa civile potrebbe portare altri soldi.
Bisogna ancora leggere le motivazioni della sentenza ma, da quello che si è potuto già capire, la sentenza Viberti può diventare uno strumento da utilizzare anche in altre situazioni. Questa è una vittoria del consiglio di fabbrica della Viberti e della sua tenacia. E' stata una vertenza lunghissima.
La Viberti, fondata da Candito Viberti nel 1922, è stata per trent'anni leader in Italia nella produzione di veicoli di trasporto e rimorchi. Una fabbrica storica nel Torinese che agli inizi degli anni Sessanta si trasferì dal capoluogo alla vicina Nichelino. Occorrevano stabilimenti più grandi per stare dietro alle commesse. Nel 1984 la società viene acquistata dai fratelli Calabrese, imprenditori pugliesi. I conti erano sani. Poi, all'inizio degli anni Novanta, alcuni dicono a causa delle mancate commesse (ma i giudici non hanno creduto a questa tesi), cominciò la crisi. Il 24 gennaio del 1995 la Viberti fu dichiarata fallita. Seicento lavoratori, buona parte dei quali già in cassa integrazione da quattro anni, venne mandata a casa. Fu una tragedia che portò al suicidio di un lavoratore. Numerose furono anche le separazioni coniugali. Per lunghi mesi, gli operai non hanno più avuto fonti di reddito. Nel '96, la Itainvest di Alessandria acquistò dal liquidatore la fabbrica. Allora i debiti nei confronti dei lavoratori, fra stipendi arretrati e liquidazioni, ammontavano a 25 miliardi. Nel giro di pochi mesi l'azienda ricominciò a produrre reddito. Vennero riassunti circa trecento lavoratori. La magistratura aprì immediatamente un inchiesta. Vennero rinviati a giudizio i fratelli Calabrese e l'ex amministratore delegato Giovanni Ripa. Alla fine si scoprì che i fratelli Calabrese "avevano sottratto fraudolentemente fondi alla Viberti per finanziare illecitamente altre società".

INTERNET SINDACALIZZATA IN USA

Ormai i licenziamenti nella net economy sono quasi all'ordine del giorno, e molti dipendenti, da un anno, hanno cominciato a iscriversi ai sindacati. Fino al 1999 il mondo della Rete sembrava un paradiso, dei profitti e del lavoro. Con il nuovo secolo sono arrivati i primi tonfi in Borsa e la bolla si è sgonfiata: troppe scommesse su utili "virtuali", gli introiti pubblicitari sono minori del previsto. E via coi tagli al personale.
Gli ultimi posti a saltare sono stati quelli dei dipendenti dell'americana Altavista, uno dei motori di ricerca più noti. Sconfitta dalla rivale Yahoo nel mercato della pubblicità online, Altavista ha dovuto ridurre il personale di un quarto, licenziando 200 lavoratori. Senza dimenticare i 400 licenziamenti alla Cnn, e i 69 al sito del New York Times. Ma chi rimane, da chi potrà essere tutelato?
Le battaglie sindacali nel mondo high tech e Internet hanno una storia breve. La mobilitazione più memorabile è quella che coinvolto in agosto 86.000 dipendenti del colosso Usa delle tlc Verizon Communication, un terzo dei 260 mila lavoratori. La posta in ballo: l'ingresso dei sindacati Cwa e Ibew nel settore vergine della telefonia mobile, che conta, in azienda, la non trascurabile cifra di 32.000 impiegati. Dopo 6 giorni di sciopero, Cwa e Ibew hanno potuto condurre finalmente la campagna di tesseramento. Secondo la legislazione Usa, infatti, è indispensabile che tutti i lavoratori di un'impresa o un settore votino la sindacalizzazione: solo dopo questo passaggio, ogni singolo impiegato può decidere se iscriversi o no.
Alla Verizon, per i sindacati è stato più semplice penetrare, visto che già i lavoratori degli altri rami dell'azienda erano sindacalizzati. Più difficile è l'ingresso nelle imprese nate per la Rete. E' il caso del primo sito mondiale di commercio elettronico, Amazon.com. A novembre, il management ha avuto la sorpresa di veder nascere, tra i 400 dipendenti del servizio clienti, il Day2@Amazon.com, che diventerà costola del sindacato WashTech, già affiliato al Cwa. La risposta aziendale è la solita: "Grazie alle stock options che offriamo ai dipendenti, ogni lavoratore è anche azionista e può parlare dei propri problemi, senza bisogno che si iscriva al sindacato". Dunque, "Iscrivervi al sindacato non vi conviene: dovrete pagare le quote associative e sarete coinvolti in possibili disordini interni".
Ma sono ragioni che convincono sempre meno questi lavoratori. Il veloce passaggio da un lavoro all'altro, checché se ne pensi, fa paura anche ai "flessibilissimi" americani, sempre meno disposti a rinunciare a pensioni dignitose e assistenza sanitaria. Ultimi tentativi di sindacalizzazione: una quarantina di dipendenti californiani addetti al servizio clienti di etown.com e ShopAudioVideo.com, hanno deciso di mettere ai voti l'adesione al Cwa.

 

25 gennaio ’01

 

MORIRE ALLA MICHELIN

Morti per aver lavorato in Michelin o perché erano impiegati precedentemente in una fabbrica di zucchero? La perizia presentata dal dottor Gianluigi Discalzi, propende, almeno per uno dei morti della Michelin di Spinetta Marengo, verso la seconda ipotesi. La Filcea Cgil annuncia battaglia: "Il perito avrebbe dovuto prendere in esame la situazione degli anni '70, quando le lavorazioni dello stabilimento spinettese erano analoghe a quelle della fabbrica di Torino al centro di un'indagine del procuratore Guariniello, conclusasi con il patteggiamento da parte dei dirigenti e un risarcimento di 7 miliardi".

 

LUCENT TAGLIA 10.000 POSTI

Lucent, colosso statunitense che produce tecnologia per le telecomunicazioni, ha annunciato che licenzierà 10.000 dipendenti, l'8% della propria forza lavoro. L'obiettivo, tagliare le spese di 2 miliardi di dollari. La company ha recentemente perso parecchie quote di mercato, a causa, secondo gli analisti, del ritardo nell'ideazione di nuovi prodotti.

 

SUPERMERCATI CARREFOUR: PROTESTANO I LAVORATORI

La multinazionale francese dei supermercati aumenta la propria visibilità in Italia e da oggi impone la propria insegna a un recente acquisto, la catena "Continente". Ma la festa per l'inaugurazione delle nuove insegne, verrà "guastata" da alcuni dipendenti dell'ipermercato romano di Via Longoni. Un volantinaggio di fronte ai locali renderà note ai clienti le richieste dei dipendenti: essere adeguati in termini normativi ai dipendenti di "Euromercato", un'altra catena italiana della Carrefour.

 

FERROVIERI IN LOTTA

Sembra finita prima di cominciare la "pace sociale" nelle ferrovie (ex) dello stato. Tutti i sindacati presenti nella categoria, dai confederali ai sindacati di base - per quanto divisi tra loro - stanno preparando iniziative di sciopero più o meno drastiche. Segno certo che i fragili equilibri del settore trasporti - fin qui garantiti più a colpi di divieto di sciopero che con la costruzione del consenso dei lavoratori - stanno saltando definitivamente.
Sull'atteggiamento indifferente dell'azienda Fs pesano le divisioni tra i diversi sindacati, che si muovono per proprio conto o per piccoli gruppi.
Confederali e Ugl rompono un anno di tregua, da parte loro, per chiedere il rispetto degli accordi sottoscritti col "patto di Natale" '99. L'azienda ha fatto chiaramente intendere di ritenere quegli accordi poco più che carta straccia, tranne per le parti che rendevano assai più problematico il ricorso all'arma dello sciopero.
Contro quegli stessi accordi e per un contratto meno sfavorevole avevano scioperato più volte l'Orsa (che aveva riunito tutti i sindacati di base) e l'Ucs (che ha recentemente rotto l'unità con l'Orsa e indetto un primo sciopero nazionale nella notte del 13 gennaio, confermandone un altro per il 17 febbraio). Ora la logica delle divisione vuole che le diverse sigle stiano cercando ognuna una data per azioni di lotta che dovrebbero testare, fra l'altro, anche il grado di adesione della categoria a ciascuna "linea" sindacale. Una sola cosa è certa: la "privatizzazione" delle Fs ha fatto crescere le tariffe, il malcontento della categoria e la conflittualità anche in quei sindacati che si erano mossi sul piano della "concertazione" a qualunque costo.

 

BIELLA: MUORE IL TERZO FERITO

Da Biella arriva un'altra notizia di morte: il terzo, nel rogo alla Pettinatura Italiana di Vigliano. All'ospedale Cto di Torino è morto Renzo Triban, 45 anni, di Candelo. Il suo corpo era ustionato per il 70 per cento. In queste due settimane, i medici lo hanno sottoposto a un doppio intervento. Ma le cure non sono bastate a salvargli la vita.
Martedì la stessa sorte, a due settimane dall'incidente, era toccata a Graziano Roccato, 49 anni, di Valdengo (Biella). Due giorni dopo lo scoppio era già deceduto Carlo Coletta. E purtroppo, restano sempre gravissime le condizioni degli altri lavoratori feriti, Marco Debernardi e Mario Falla, ricoverati a Torino, e di Pasquale Carà, trasferito subito dopo lo scoppio a Cesena. I medici non possono sciogliere la prognosi, perché i lavoratori feriti sono ancora in coma farmacologico. Se si salveranno, hanno spiegato i chirurghi, nei prossimi otto anni la loro cute dovrà comunque essere sostituita con almeno cinque operazioni.
Per quanto riguarda le indagini, invece, ci si scontra soltanto con un muro di gomma. Lavoratori, sindacati e titolari dell'azienda non riescono a ricevere informazioni dalla magistratura. La Magistratura ha deciso il dissequestro di parte della fabbrica, che ha permesso ad alcuni operai addetti alla manutenzione di entrare nello stabilimento accompagnati dai vigili del fuoco.

CGIL-CISL-UIL NON SANNO PIU' CHE FARE?

Cgil, Cisl, Uil sono andate a ritirare il testo finale dell'"ipotesi di intesa" sui contratti a tempo determinato, scritto dalla Confindustria. Come si ricorderà, le confederazioni avevano trattato da sole, inviando poi alle proprie strutture semplici note informative - quelle della Cgil, per esempio - su una "ipotesi d'intesa raggiunta", di cui si citavano passaggi tra virgolette ma non si forniva il testo. Messa così sembra che ci sia una qualche forma di "sovradeterminazione" tra le "confederazioni" e Cgil-Cisl-Uil: ma non sono forse la stessa cosa? O che significano che sono Confederate? Proviamo a scoprirlo.
Il testo in questione era un capovolgimento totale delle attuali norme di legge, e insieme del rinvio alla contrattazione nazionale che le norme indicano, sì da cancellare alcuni punti fondamentali. Gli articoli di legge che definiscono minuziosamentre le "causali", i casi in cui si può "porre termine" a un rapporto di lavoro, sarebbero abrogati. Al loro posto una definizione generica ("ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo") che permette all'impresa un uso senza limiti delle assunzioni (tranne che se ci sono lavoratori in sciopero, licenziati o cassintegrati); abrogazione del rinvio ai contratti nazionali per deroghe, ma con fissazione dei "tetti" massimi d'uso dei contratti a termine. E una loro durata (compresa eventuale proroga) fino a 3 anni. L'unico riferimento per "causali" e altro sarebbe il "contratto individuale" - che certo non consente molta libertà personale, laddove non si collimi perfettamente con le "esigenze dell'impresa".
La contrattazione "collettiva", vista la politica concertativa delle Confederazioni governative, in alcuni casi ha concesso non pochi abusi, o meglio non poche "libertà" all'impresa: ma allora bisognava intervenire limitando, invece di aprire a una logica che rende il contratto a termine di uso normale, ossia il potere di scelta sulle persone in mano all'impresa. Il referendum dei radicali sul licenziamento individuale in questo caso sarebbe stato inutilmente sconfitto.

Vale la pena ricordare che pochi giorni dopo la sconfitta di quel referendum, già padroni e sindacati si sedevano attorno al tavolo per decidere queste modifiche. Per altro, siccome la giustificazione per questo tipo di trattativa con la Confindustria è la direttiva europea 1999/70 che l'Italia deve recepire va ricordato che la Corte costituzionale respinse un referendum sui contratti a termine giudicando la legislazione italiana già adeguata all'Europa.
Tutti questi motivi, e altri, sono stati sottolineati per respingere l'"ipotesi di intesa" confederazioni-Confindustria da parte di categorie, territori, dirigenti sindacali di diversi orientamenti, nella affollata riunione nazionale del mercato del lavoro della Cgil martedì. E reazioni critiche hanno investito anche Cisl e Uil: i tre leader di Fim, Fiom, Uilm, ad esempio, hanno scritto insieme ai tre segretari confederali, contro la "liberalizzazione".
Quindi c'è una frattura trasversale ai sindacati istituzionali, ma che coinvolge i singoli e alcune strutture "territoriali".

I sindacati ora chiedono il rinvio alla contrattazione per "tetti" e "causali". Stupore del consigliere della Confindustria Guidalberto Guidi: "siamo disponibili a trattare ancora, a breve, ma questo testo degli imprenditori corrisponde testualmente ai punti sui quali l'11 gennaio gli stessi sindacati avevano dichiarato che era stato raggiunto un pre-accordo". Dice il vero.

 

 

26 gennaio '01

 

CALA L'OCCUPAZIONE NELLE GRANDI IMPRESE...

L'occupazione nelle grandi imprese industriali non aumenta. Anzi, diminuisce: dello 0,2% in ottobre sul mese precedente - ha comunicato l'Istat - e del 2,2% rispetto all'ottobre '99, una percentuale che corrisponde a 18 mila dipendenti in meno. Le due variazioni sono, tuttavia, al lordo della cassa integrazione. Al netto delle Cigc la caduta è più pesante: rispettivamente lo 0,5 e il 2,7 per cento. Stabile invece l'occupazione dipendente nelle grandi imprese dei servizi: -0,1% il dato congiunturale; +0,1 la variazione tendenziale.

... E CRESCE LA PRODUZIONE

Tra dicembre e gennaio la produzione industriale media giornaliera destagionalizzata ha registrato un aumento dello 0,6% mensile. Rispetto alla media dell'ultimo trimestre 2000, l'incremento è pari allo 0,7%. Lo rileva il centro studi della Confindustria.

 

SCIOPERO DEGLI INSTALLATORI

Manifestazione nazionale dei lavoratori delle installazioni di reti e apparati di telecomunicazione in occasione dello sciopero generale di 8 ore indetto da Fim, Fiom, Uilm in tutte le imprese del settore, con corteo a Roma da piazza Fiume fin sotto la sede del ministero dell'industria. I sindacati dei metalmeccanici hanno deciso l'iniziativa di oggi per la grave situazione che si è determinata nel settore. Si è infatti creato un esubero di oltre 7000 posti di lavoro in un settore che già da anni registra una contrazione degli investimenti soprattutto a causa della riduzione di attività della Telecom.

 

LAVORO ATIPICO ALLA "CARREFOUR


La multinazionale francese di ipermercati, supermercati e hard discount - prima in Europa, seconda nel mondo soltanto al colosso americano Wal Mart - accresce la propria visibilità in Italia: a Roma è stata abbattuta un'altra insegna della catena "Continente" ed è nato il "Carrefour Raffaello". I dipendenti, però, non partecipano al party: "fanno la festa" all'azienda, essendo in agitazione, ormai, da oltre un mese. Tranne l'anello più debole dei lavoratori, i cosiddetti merchandisers, che continuano a sgobbare all'interno.
Nata in Francia nel 1960, la Carrefour possiede oggi 9000 supermercati in Europa, America e Asia. Fattura 100.000 miliardi all'anno, dà lavoro a 340.000 persone. Il "ramo" italiano, con 985 negozi, 10.000 miliardi di fatturato e 21.000 dipendenti, è uno dei mercati più importanti per la multinazionale, e insidia da vicino il primato della Coop: possiede, oltre ai "Continente" e agli "Euromercato", anche i circa 800 supermercati Gs, comprati nel marzo scorso dal gruppo Benetton-Del Vecchio per 5000 miliardi di lire.
"Il motto dell'azienda - spiega Shabir Mohammad, pakistano, delegato sindacale della Filcams Cgil - è: "Dobbiamo aprire un punto vendita al giorno". Quando noi lavoratori avanziamo delle richieste, ci rispondono che in questo periodo non è possibile innalzare i costi del lavoro e ci rimandano al rinnovo del contratto aziendale nazionale. Noi vorremmo essere equiparati ad altri dipendenti del gruppo, per esempio quelli di Euromercato: avere come loro una pausa retribuita di 15 minuti e un ticket per la mensa".
"La Carrefour - continua Vittoria Ceccarelli, della Fisascat Cisl - sta puntando molto sull'immagine. Presto unificherà le cosiddette "testate": tutti gli ipermercati, cioè, avranno un'identica disposizione dei diversi settori, e il cliente si potrà orientare facilmente. Ma se accade per uniformi e "testate", perché non parificare anche le condizioni dei dipendenti?"
Se i dipendenti normali si possono permettere di scioperare o fare assemblee, esclusi da questi "privilegi" sono i giovani merchandisers. I fornitori li annettono ai pacchi dei prodotti, come se fossero merce. Il loro lavoro consiste nel sistemare, per conto del Tonno X o della Marmellata Y, i vasetti sugli scaffali. In pratica sostituiscono, a costo zero per i supermercati, molti dipendenti.
"Non sono tutelati come i dipendenti - spiega Mohammad - ma lavorano, come noi, sei-sette ore al giorno. Dipendono da un'agenzia, pagata a sua volta dai fornitori. Il Tonno X, insomma, dà 18-20.000 lire, per ogni ora di lavoro, all'agenzia, che a sua volta li paga 10.000 lire lorde. Il supermercato prende così forniture e lavoro gratuito, non ha bisogno di fare molte assunzioni, e i merchandisers lavorano anche per anni con contratti temporanei. Se si ammalano non vengono pagati, possono perdere il lavoro da un momento all'altro. La nostra battaglia, soprattutto a livello nazionale, è quella di farli assumere obbligatoriamente dalle aziende che fanno ricorso al loro lavoro per una quota superiore al 5% del personale".

 

GENERAL MOTORS: 40MILA IN SCIOPERO

Migliaia di lavoratori dell'auto europei hanno aderito alla giornata di agitazione contro la General Motors, promettendone altre contro la decisione della casa americana, proprietaria del marchio Opel, di eliminare 5.000 posti di lavoro in Europa, per effetto di una grande piano di ristrutturazione. Circa 15 mila operai hanno manifestato per un'ora fuori dai cancelli di quattro fabbriche Opel in Germania, mentre 8.500 lavoratori britannici di altri quattro impianti GM dell'isola hanno scioperato, anche loro, per un'ora - con il pensiero rivolto ai programmati 2 mila licenziamenti alla Vauxhall di Luton.
Brevi astensioni dal lavoro anche alla Opel di Saragozza (Spagna) e alla fabbrica di Anversa (Belgio), con una protesta davanti ai cancelli che ha coinvolto circa 5 mila operai. In tutto si sono mobilitati, in varie parti della giornata, circa 40 mila dei 90 mila dipendenti della GM in Europa, ha detto Günter Lorenz, portavoce dell'Ig Metall; una grande manifestazione di solidarietà verso gli operai bersaglio della "ristrutturazione".

 

27 gennaio '01

 

LAVORO DOMENICALE AL MERCATONE

Per molti lavoratori del Mercatone Uno - impresa di dimensioni nazionali, che vende principalmente mobili, ma anche telefonini, abbigliamento e altro, con 70 negozi e circa 4000 dipendenti - la domenica è un giorno di lavoro come gli altri, retribuito, in alcuni casi, solo poco di più dei feriali, pressoché obbligatorio.
Alla radice del mutamento, ci sono le deroghe alla chiusura festiva decise dai comuni, sulla scia della riforma degli orari del commercio, nota come "decreto Bersani" (DL 114 del 31 marzo 1998). Il peso è scaricato sulle spalle dei lavoratori. A parlare sono i dipendenti del Mercatone Uno Mdp, di Via del Fosso di Tor Tre Teste, che da giorni stanno attuando il blocco degli straordinari contro la direzione.
"Il direttore - dice una lavoratrice - non vuole trattare su nessuna nostra richiesta. Noi vorremmo sapere se è la Mercatone Uno Service (la centrale) a dare indicazioni in questo senso, o se la sua è una decisione autonoma. Quello che non ci sta bene è la maggiorazione del 30% per il lavoro domenicale. E' la cifra minima stabilita dal contratto nazionale, ma in altri Mercatone ci sono accordi per maggiorazioni dell'80% o del 50%: perché queste differenze tra dipendenti dello stesso gruppo?".
E' un fiorire di cifre diverse, con l'azienda che tende ormai generalmente a riportare la percentuale di maggiorazione verso il limite minimo consentito, quello del 30%. Una lenta e inesorabile squalificazione del lavoro, più grave di quanto sembri, perché avviene proprio nel periodo in cui tutti i lavoratori delle grandi catene commerciali, volenti o nolenti, devono adattarsi a sacrificare le proprie domeniche. A Torino e Verona le domeniche natalizie sono maggiorate del 70% e del 60%, più altri benefit. In altri 6 locali, dove c'è stato un accordo, per esempio a Rimini e Cesena, sono dell'80%. Le altre domeniche sono pagate il 50% in più. A Pesaro c'era solo un accordo di fatto, e l'azienda ha deciso di rimangiarselo. Così, il negozio romano è tra quelli oggi "presi a modello" dai vertici del Mercatone per quello che dovrebbe essere il futuro domenicale dei commessi: tutti al minimo.
Ma sono parecchi i soprusi: "Vorrebbero che i nostri riposi cadessero in giorni fissi della settimana. Se coincidono con una festività, noi non possiamo spostarli e, di fatto, perdiamo diritto al giorno festivo. A questo fine, vengono utilizzati anche i permessi orari, con il paradosso che la direzione ha piazzato ad alcuni di noi riposi e permessi in giorni come il 25 e il 26 dicembre, rispondendo alle nostre proteste con la frase "rivolgetevi al tribunale"".

FERROVIE: SCIOPERO

Traffico più che dimezzato sui binari italiani: lo sciopero dei ferrovieri proclamato dai sindacati confederali, che ha raccolto punte di adesione elevatissime, ha bloccato la circolazione dei treni tra le 10 e le 18.
Il contratto scaduto da due anni, i processi di ristrutturazione e esternalizzazione che minacciano i livelli di occupazione (conseguenza anche della politica del governo che seguita a privilegiare il trasporto su gomma) impongono risposte decise.
Secondo i dati comunicati da Cgil, Cisl, Uil, Sma e Ugl (ex Cisnal), le adesioni allo sciopero generale del personale (l'adesione riguardava tutti i comparti di lavoro e quindi sia il personale viaggiante che quello dei servizi a terra) hanno raggiunto l'80%, con punte di oltre il 90% in diversi impianti importanti. A livelli elevatissimi l'adesione del personale delle biglietterie (Roma e Palermo al 95%).

 

30 gennaio '01

 

CONTRO LA TAV SCIOPERANO SINCOBAS E CONFEDERAZIONE COBAS

Manifestazione blindata contro il vertice che ha ieri ha visto nascere l'accordo per l'alta velocità. In corteo hanno sfilato i centri sociali insieme agli abitanti e i lavoratori della val di Susa: in tutto erano circa 2000.
I manifestanti sono stati bloccati in piazza San Carlo, anche se i partecipanti avrebbero voluto proseguire, arrivare fino in piazza Castello dove si stava svolgendo la riunione. Ma oltre non era possibile andare. L'ha fatto capire con i fatti un doppio cordone di polizia e una carica non appena si è tentato un avvicinamento .
Per le vie nobili di Torino hanno sfilato tanti volti, tante persone. Perché il fronte del no all'alta velocità è vasto: 60mila abitanti della valle che si vedranno passare sotto casa una linea ferroviaria da 20mila miliardi, come se non bastassero già l'autostrada, le due statali, le migliaia di tir, le centrali idroelettriche. Una valle ferita, che sarà squarciata, sforacchiata e invasa dal rumore assordante dei treni stracarichi di tir, stracarichi di merci.
Via Roma , piazza San Carlo, e Palazzo reale in piazza Castello erano blindati. Più di duemila agenti, servizi segreti compresi, hanno vigilato sul vertice. In mille non hanno mai perso di vista il corteo: i partiti (Rifondazione Comunista, gli Umanisti e i Verdi), i sindacati (la Confederazione unitaria di Bas Cub e Cobas) i comitati della valle (istituzionali, di pace, di lotta) le associazioni di categoria (la Coldiretti).
Le scuole, gli uffici pubblici si sono fermati. Sciopero generale contro la violenza ad alta capacità.

 

FOSSA SI VENDICA A MALPENSA: LICENZIATO UN LAVORATORE

Fosse successo prima della figuraccia di Natale - la Malpensa in tilt per un palmo di neve - la Sea gli avrebbe comminato qualche giorno di sospensione. E' successo dopo, e la società che gestisce i servizi aeroportuali gli ha inflitto la massima punizione: il licenziamento. Vittima del giro di vite, un lavoratore che facendo inversione di marcia con un trattorino portabagagli ha urtato la ruota di un aereo. "Un provvedimento inaccettabile e offensivo", affermano i sindacati aziendali e territoriali dei trasporti, certi che la decisione è stata ispirata dall'alto. Cioè dal presidente della Sea Giorgio Fossa che, per allontanare da sé la responsabilità per fatti che "hanno scredidato Malpensa agli occhi di tutto il mondo", ha cercato di scaricare la colpa sui lavoratori, tra i quali si anniderebbero - a suoi dire - "vandali" e "sabotatori". I lavoratori hanno invece dato l'anima per sopperire alla disorganizzazione aziendale e in cambio nemmeno un grazie.
Di certo non è un menefreghista il licenziato: in due anni di lavoro alla Malpensa quel tamponamento è stato il suo primo sbaglio. L'incidente è avvenuto quando sul piazzale non c'era nessuno, il lavoratore si è premurato di segnalarlo ai superiori. E' stato sostituito un pneumatico all'aereo e il volo è decollato con un'ora di ritardo. Tutto qui, cose che succedono in tutti gli aeroporti, con una frequenza analoga a quella della Malpensa, e che da nessuna parte comportano il licenziamento. Contro il licenziamento è già partito il ricorso alla magistratura del lavoro e in pochi giorni sono state raccolte 500 firme di solidarietà tra i dipendenti della Sea.

 

31 gennaio '01

 

SCIOPERO ALLA MAGNETI MARELLI

Dopo mesi di mormorii sulla possibile vendita da parte della multinazionale torinese della neoacquisita Magneti Marelli, i 26.500 dipendenti del gigante italiano della componentistica sparsi in tutto il mondo hanno potuto leggere che effettivamente sono stati messi sul mercato. E ieri mattina, a mercato aperto (delle fabbriche e della forza lavoro), la Fiat ha comunicato anche ai diretti interessati e ai sindacalisti la decisione di vendere l'intera Magneti Marelli, attraverso la lettura del cominicato diffuso alla stampa il giorno prima. La comunicazione non è piaciuta ai mille addetti della divisione illuminazione di Venaria, che si sono fermati in massa per protestare contro il metodo e il merito della decisione. E c'è da prevedere che a questo sciopero nell'area torinese, nei prossimi giorni ne seguiranno altri (la società è presente in sette regioni italiane e in Sudamerica, Asia, Turchia, Polonia).
Quello che la Fiat vuole vendere è in realtà solo ciò che resta della Magneti Marelli: negli ultimi mesi erano già stati alienati pezzi importanti e che in passato la Fiat definiva strategici, come la climatizzazione, che davano lavoro a 7-8 mila dipendenti.
Chi potrebbe essere interessato a tanto ben di dio? Naturalmente le società leader mondiali della componentistica, a partire dalla Visteon, maggior fornitore di Ford, che aveva già puntato gli occhi su una parte consistente di Magneti Marelli, si vocifera con un'offerta intorno ai seimila miliardi di lire. Poi c'è Delphai, la società da poco alienata da General Motors per cui continua a lavorare, senza trascurare i giganti europei Valeo e Bosh. Ma c'è un problema: la Valeo, solo per fare un esempio, è azienda leader nei fari e se acquisisse l'intera Magneti Marelli compreso il settore illuminazione si porrebbe un problema di antitrust.

 

BIELLA SCIOPERA CONTRO GLI OMICIDI SUL LAVORO

Sciopero generale di quattro ore a Biella, indetto da Cgil, Cisl, Uil contro la catena di incidenti di lavoro e di incendi e scoppi in varie aziende nel corso dell'ultimo mese. Il tema centrale della manifestazione sarà quello della sicurezza nei luoghi di lavoro e della tutela dell'ambiente. A distanza di dieci giorni si sono verificate due esplosioni in due fabbriche tessili.

 

SALARI TROPPO BASSI...

I salari nel corso del 2000 sono cresciuti molto meno dell'inflazione. Lo dicono le rilevazioni Istat. E sembra molto probabile che tale andamento si ripeta identico nell'anno in corso.

 

... MENO SCIOPERI

Si sono ridotte nel 2000 le ore non lavorate per conflitti di lavoro. Complessivamente si sono registrate 5,9 milioni di ore non lavorate con una riduzione del 7,6% rispetto all'anno precedente. Nel rilevarlo l'Istat sottolinea che anche il numero di ore non lavorate per conflitti estranei al rapporto di lavoro si è molto ridotto scendendo a circa 76 mila ore.