Notizie dalla lotta di classe

Agosto 2000

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Unire quello che il capitalismo divide.

 

01 Agosto 2000

 

ALCUNI DATI

Più 0,5% nel mese - quello di giugno - più 6,9% sul giugno '99: i prezzi alla produzione aumentano. L'Istat non fornice un "core index" (si chiama così l'indice depurato delle componenti più volatili, come l'energia e i prodotti alimentari) ma le variazioni disaggregate sulla base dei settori di attività economica mostrano, in ogni caso, che i prezzi dei prodotti industriali salgono quasi esclusivamente a causa del caro-petrolio. In particolare il settore energia elettrica, gas e acqua segna un aumento mensile dell'1,4% e un balzo del 29,8% su base annuale. La componente energetica tende a influenzare i beni intermedi che su base annua sono cresciuti dell'11,2% (0,9% nel mese), mentre i beni finali di consumo e quelli di investimento nel mese sono rimasti fermi e rispetto al giugno '99 hanno segnato +2,1% e +1,1%.

Lavoro interinale con cifre record nella provincia di Milano dove si è registrato un + 417,4% (da 4.655 lavoratori temporanei a 24.085) nell'ultimo anno. I dati, frutto di una ricerca della Camera del commercio di Milano, evidenziano che tra il 1998 e il 1999 il ricorso al lavoro interinale è cresciuto anche in Lombardia (+185%) e in Italia (+ 272,4%). Milano, con oltre 24 mila avviamenti, rappresenta il 12,3% del totale degli interinali nazionali.

Fatturato e ordinativi crescono in modo significativo rispetto allo stesso mese dello scorso anno: +21,2% il primo, +16,9% i secondi. Rispetto al mese precedente (aprile del 2000) si conferma il segno positivo per il fatturato, +1,5%, mentre diminuiscono del 5,9% gli ordinativi. Ma questo calo non segna un'inversione di tendenza e non preoccupa gli analisti, che lo spiegano con i risultati straordinari realizzati dall'industria italiana nel mese di aprile. Il trend relativo ai primi cinque mesi dell'anno in corso si conferma positivo: un aumento del fatturato dell'industria nazionale del 14,2%, rispetto ai primi cinque mesi del '99 e un più 13,2% negli ordinativi.
L'Istat precisa che il contributo maggiore alla crescita è stato dato dal mercato estero, salito da maggio a maggio del 24,4%, contro il pur significativo +19,8% del mercato domestico. Nei primi cinque mesi del 2000 la crescita del fatturato è del 13.2% nel mercato domestico e del 16,4% in quello estero. In questo quadro roseo, va comunque precisato che nel mese di maggio i beni intermedi (+29,5%) sono cresciuti più dei beni di investimento (16,7%) e di quelli di consumo (13,9%). Da gennaio a maggio, infine, le variazioni positive sono state, rispettivamente, del 21,1% (beni intermedi), del 13% (beni di investimento) e del 6,3% (beni di consumo).
L'incremento del fatturato industriale e degli ordanitivi riguarda comunque tutti i settori dell'attività economica. In testa - per ragioni ovvie legate all'aumento del prezzo del petrolio - il fatturato delle raffinerie, che è aumentato in un anno del 39,9%. Seguono il settore della produzione di metalli (27%), quello della fabbricazione di prodotti chimici (25,8%), della gomma (25%) e del pellame e calzaturiero (+22,5%).

Questi dati, nella loro freddezza, mostrano che il capitalismo raccoglie i frutti di un mercato del lavoro sempre più deregolamentato, quindi di uno sfruttamento in crescita. Sappiamo bene che ad ogni aumento di ordinativi e di fatturato corrisponde una crescita del profitto. Il profitto non è altro che il frutto dello sfruttamento del lavoro, che oggi viene aumentato sia con l'utilizzo di processi lavorativi sempre più rapidi e pesanti, sia con il sottosalario delle varie forme contrattuali non garantite e non regolari.

 

SCAINI

Dopo 10 giorni davanti alla sede dell'Agip di via Laurentina, i lavoratori della Scaini, la fabbrica di Villacidro in Sardegna, hanno tolto il presidio, sottolinenando che ritorneranno se sarà necessario.Gli operai si sentono abbandonati, dal governo e dal sindacato nazionale. Ma non torneranno indietro - promettono - a mani vuote. Hanno poco da perdere. Il 16 settembre scatteranno i licenziamenti.

"Torneremo, prestissimo, ma cambieremo albergo. Andremo all'hotel cinque stelle Eni". Una vicenda drammatica quella della Nuova Scaini di Villacidro (Cagliari), l'azienda che produce batterie per auto, messa in liquidazione nell'aprile '99. I 153 lavoratori, senza reddito da quasi un anno (sono finiti anche gli anticipi sulla liquidazione), stanno lottando contro il tempo e la volontà di un gruppo, l'Eni, che da anni ha programmato la fuoriuscita dai "business" non primari ricorrendo anche, come per la Scaini, a privatizzazioni. I lavoratori tornano a casa con in tasca un comunicato del ministero dell'industria in cui si promette un nuovo incontro a fine agosto, al ministero, e in cui l'Agip petroli - detentrice del 20% della Scaini ed ex proprietaria al 100% prima della "privatizzazione" del 1997 - sarà rappresentata da Enisud.
E' già qualcosa dopo le tante porte in faccia, dicono i rappresentanti dei lavoratori. Consapevoli comunque che il timer corre veloce. Il 28 giugno il liquidatore ha aperto la procedura di mobilità e, in linea di principio, se entro il 16 settembre non si troverà un acquirente la Nuova Scaini chiude e i dipendenti saranno licenziati.
Il rischio più grande per i lavoratori della Nuova Scaini è che, se un compratore davvero esiste, questo si farà vivo tra un mese e mezzo, senza l'"ingombro" dei lavoratori, tutti in mobilità. Potrà quindi scegliere in un secondo momento chi ripescare. E' uno degli scenari più combattuti dai delegati di fabbrica. I lavoratori hanno una media di 45 anni, si sono formati e sono cresciuti tutti in Scaini, che è nata nel 1979. E per tutti loro si cerca una soluzione dentro la fabbrica. Alternative alla Scaini nella campagna bruciata di Villacidro non ce ne sono.

(VEDERE COMUNICATI SU WWW.GEOCITIES.COM/ATHENS/2753/HOME.HTM)

 

IKEA

I dipendenti Ikea hanno dichiarato lo stato di agitazione contro la proprietà svedese. La protesta è nata a Grugliasco (Torino) e si è sviluppata in tutti i padiglioni del gruppo presenti in Italia. La questione più spinosa è quella del lavoro festivo, che, per i dipendenti, dovrebbe essere facoltativo e pagato al 130%, ipotesi non accettata dalla proprietà. "Se la questione non verrà risolta nei prossimi giorni faremo uno sciopero nazionale", ha detto il delegato sindacale Cgil a Gugliasco, Aziz Ezzaaf.

 

MORTE NEI CANTIERI

Aumentano i morti sul lavoro, specie nel settore delle "costruzioni": nei primi sei mesi del 2000 hanno perso la vita, soltanto nei cantieri edili, 110 lavoratori, 13 in più rispetto ai 97 del primo semestre '99 (+12%).
La percentuale quasi raddoppia, se si guarda al dato generale nei settori "industria e servizi" e "agricoltura": sono in tutto 621 i morti da gennaio, 99 in più rispetto ai 522 del primo semestre '99, con un aumento di quasi il 20%. Le cifre, dell'osservatorio infortuni Inail, confermano quelle allarmanti, diffuse qualche settimana fa, sugli incidenti del '99: quasi 960 mila, con oltre 1200 morti e 30 mila inabili permanenti.
L'Inail Ha firmato con l'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici una convenzione con la quale si impegna ad effettuare il monitoraggio dell'intera filiera degli appalti pubblici. "Ogni tre-quattro mesi - spiega Billia - faremo verifiche a tappeto e realizzeremo, con Regioni e Comuni, specifici archivi per mettere sotto la lente d'ingrandimento gli appalti". Oggi, l'incidenza media della sicurezza è pari a circa il 3,7% del costo di costruzione.
All'indomani del rapporto'99, Carlo Smuraglia, presidente della commissione Lavoro del Senato e coordinatore di un'inchiesta sul tema (del 1997), denunciava: "La sorveglianza degli incidenti è affidata principalmente alle Asl, ma ancora adesso solo l'1% degli addetti sono dedicati alla prevenzione. E poi c'è il problema dell'Ispettorato del lavoro, sotto organico di mille ispettori".
Una denuncia concreta arriva da Matilde Provera, segretaria della Fiom di Torino: "Negli ultimi tre mesi alla Comau service e in altre aziende minori, terziarizzate dalla Iveco, c'è stato un incremento degli infortuni. Alcuni operai hanno lavorato per 7 giorni consecutivi senza alcun riposo e altri hanno prolungato la propria prestazione senza attuare la pausa prevista di 11 ore tra un turno e l'altro. A tutti viene fatto firmare un foglio di "autoresponsabilizzazione"". Molti sono operai ex Iveco "terziarizzati": ceduti cioè ad aziende minori, che però lavorano, in subappalto, per la principale.

L'incidenza dello sfruttamento sulle condizioni di vita dei lavoratori è evidente agli occhi di tutti. Si deve certamente lottare per impedire che il lavoratore muoia per queste cause, ma siamo certi che, fintanto che qualcuno dovrà sfruttare qualcun altro le possibilità di morire in questo ambito aumenteranno, come lo provano i fatti. Infatti, a fronte di una modernizzazione delle apparecchiature, di una maggiore "sensibilizzazzione", di legislazioni almeno teoricamente protettive, i lavoratori continuano a pagare un alto tributo di sangue ai padroni di ogni genere. Il perchè è sempre quello: l'imperativo dei capitalisti è farti lavorare il più possibile non il meglio possibile, ad un costo minore, non ad un costo di sicurezza maggiore.

 

02 Agosto 2000

 

AL SUD SEMPRE PIU' LAVORO INDETERMINATO

Probabilmente il modo migliore per indicare quelli che forse in modo troppo semplicistico vengono chiamati contratti o lavori atipici potrebbe essere quello di "indeterminati". Quando ci raccontano che il limite dell'Italia è l'eccessiva rigidità della manodopera, una manodopera ancorata all'antico e improponibile sogno del posto di lavoro a tempo pieno e a vita, non c'è differenza tra destre e sinistre e centro, tra sindacati e padroni e anche tra certi intellettuali della sinistra cosiddetta antagonista, che pensano che le trasformazioni del capitale possano tornare utili alle classi sfruttate. Al Sud la flessibilità è decisamente maggiore che al Nord. Ma se flessibile vuol dire moderno, allora dovremmo concludere che la parte moderna dell'Italia è quella sotto il Tevere a ovest e sotto il Tronto a est. L'ideologia genera contraddizioni. I dati di Bankitalia dicono che negli ultimi quattro anni il 90% dei posti di lavoro attivati è di tipo temporaneo o a tempo parziale. I lavoratori a termine sono raddoppiati persino nell'industria, e anche in questo caso soprattutto nel Mezzogiorno d'Italia.
E' ovvio che la maggiore flessibilità al Sud è determinata da una grande fame di lavoro, e dalla disponibilità soggettiva dei giovani e meno giovani ad accettare quei contratti di lavoro a termine e a part-time che nelle regioni più ricche incontrano maggiori resistenze, nonostante la crescente diffusione del lavoro interinale ovunque, dai ministeri alla grande industria meccanica e manifatturiera in generale. La Svimez ci dice che sono oltre 5 milioni gli irregolari in Italia (il 22,4% delle unità di lavoro totali), ma nel Sud rappresentano il 33,4% contro il 18% del Nord. E mentre nel settentrione quelli irregolari sono prevalentemente doppi lavori, nel meridione sono quasi esclusivamente lavori neri e unici (78%). Il sommerso, precisa la Svimez, resta un indicatore di disagio economico e sociale. Ed ecco ricollocato il Sud al suo posto. Solo per fare un esempio, il tasso di irregolarità nell'industria è il 41,8% del totale al Sud e il 12,1% al Nord.
Come conseguenza della "ripresa" economica, nelle regioni settentrionali torna a crescere il numero di lavoratori con contratti a tempo pieno e indeterminato. Complessivamente, in tutto il territorio nazionale i contratti a termine sono 1,4 milioni.

Quindi modernità e sviluppo per i padroni vanno a braccetto con condizioni di lavoro peggiori e salari minori. Lo sapevamo.

 

CASSA INTEGRAZIONE PER PIU' DI 2000 LAVORATORI TELECOM

Un bel regalino a Colaninno quella cassa integrazione a zero ore per due anni per 800 persone dal quattro settembre e per altre 1382 che molto probabilmente scatteranno da ottobre. E se a ciò aggiungiamo i prepensionamenti per altri 5300 lavoratori, frutto di un accordo con i sindacati della comunicazione Cgil, Cisl e Uil e il ministero del lavoro del 28 marzo scorso, arriviamo a circa metà strada di quel piano di 12 mila esuberi annunciato dalla direzione. Stiamo parlando di un'azienda decotta, sull'orlo della liquidazione? No, di Telecom Italia Spa, una macina-fatturato con utili alle stelle.
I 5300 prepensionati e i circa 1440 lavoratori in Cigs da ottobre sono tutti d'accordo nel lasciare l'azienda. Si tratta nella grande maggioranza dei casi di persone cui manca non più di tre anni dalla pensione. Il punto che i Cobas respingono è che sia l'Inps, cioè lo stato, a pagare per lo sfoltimento del personale, quando potrebbe Telecom mettere mano al portafogli.
I Cobas delle telecomunicazioni hanno respinto il più recente accordo del 20 luglio che prevede la Cassa integrazione per 818 persone. In questa tornata, invece, i volontari scarseggiano e sarà di fatto la direzione a decidere chi lasciare a casa per due anni (non viene contemplata alcuna rotazione). Entro la fine della settimana saranno comunicati i "prescelti" e dentro molte centrali Telecom la tensione è molto alta. L'ultimo accordo sulla Cigs è avvenuto poi in un contesto che presenta sgradite novità per i lavoratori Telecom. A fine giugno è stato firmato dai confederali il contratto di settore per le telecomunicazioni, che ovviamente si applicherà a Telecom. Su salario, flessibilità, scatti di qualifica l'intero panorama segna un deciso peggioramento rispetto al regime contrattuale vigente in azienda. E contro il quale i Cobas hanno fatto, con buoni risultati, uno sciopero il 28 luglio scorso e nel quale è rientrata anche la protesta contro il programma di cassa integrazione.
La Telecom inoltre prosegue col suo programma di esternalizzazione. Possiede una società, la Atesia Spa, cui convoglia parte del lavoro di call center. Lavoratori, soprattutto giovani, pagati a ritenuta d'acconto o con partita Iva coprono, tra l'altro, i picchi di traffico del 187 e vengono pagati a telefonata "andata a buon fine".

 

5 agosto 2000

 

TLC/USA: ALLA VERIZON SCIOPERO

Sono circa 85 mila gli impiegati della Verizon, la compagnia telefonica americana nata dalla fusione tra Bell Atlantic e Gte, che minacciano di incrociare le braccia. I sindacati pretendono un nuovo contratto che tuteli i dipendenti non solo per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro, le pensioni e gli stipendi. Chiedono maggiore concertazione nell'organizzazione con una diminuzione dei carichi di lavoro e, in particolare, un aumento di stipendio per coloro che si occupano di installazioni di collegamenti Internet ad alta velocità. Chiedono inoltre un migliore trattamento per i rappresentanti del servizio clienti. Entro la mezzanotte di domenica l'azienda e i due sindacati - il Communications Worker of America e l'International Brotherhood of Electrical Workers - devono trovare un accordo, altrimenti sarà sciopero. L'impatto sui consumatori dovrebbe essere comunque piuttosto limitato: il 98% delle telefonate è automatizzato. Gli unici problemi che potrebbero verificarsi riguardano la richiesta di nuove linea telefonica e il servizio riparazioni.

 

IL CIPE APPROVA SEI CONTRATTI DI PROGRAMMA

Dei 1.150 miliardi di investimenti approvati ieri dal Comitato interministeriale per la programmazione economica, e cofinanziati con 467 miliardi, 750 miliardi saranno operati da gruppi esteri. Sei i contratti di programma approvati dal Cipe: complessivamente dovrebbero portare alla creazione di 3.258 nuovi posti di lavoro, ma altri 1.150 posti dovrebbero arrivare con la trasformazione di contratti di formazione lavoro e il recupero di lavoratori in mobilità.
Tra le multinazionali che scendono a Sud o potenziano la loro presenza, c'è la tedesca Bosch. Il progetto finanziato (380 miliardi di investimenti e 390 posti di lavoro) è una fabbrica di accessori elettronici per automobili (pompe a iniezione e sistemi frenanti). Con questo investimento, la Bosch Italia concentrerà gran parte della sua attività in Puglia. E in Puglia si rafforza la taiwanese Evergreen, che realizzerà e gestirà un terminal di movimentazione container nel porto di Taranto dove peraltro già opera: 350 i miliardi investiti, ma 100 saranno di contributo statale e 30 della regione. 670 i nuovi posti di lavoro che potrebbero salire a 1.050 entro il 2009. Più l'indotto. A Palermo, invece, arrivano gli inglesi della 7C Italia che realizzeranno un call-center pulifunzionale. L'investimento è piccolo (30 miliardi, 13 finanziati) mentre l'occupazione dovrebbe essere elevata: 1.400 posti di lavoro. L'Alitalia, socia dell'iniziativa, sarà tra i primi clienti, come questo giornale ha già raccontato.
Tra gli investimenti "made in Italy", il principale riguarda quello che sarà realizzato dalla Pirelli. In realtà si tratta di due distinte unità produttive. Un impianto a Battipaglia (Salerno) per la produzione di cavi in fibre ottiche per 175 occupati (100 però dall'ex stabilimento cavi) e un secondo a Arco Felice (Napoli) per la produzione di cavi sottomarini, con 105 addetti e 35 nell'indotto.
Sempre in Campania, investirà 100 miliardi (34 finanziati dallo stato e 34 dalla regione) la Società Aereospaziale mediterranea. Occupazione prevista: 298 dipendenti, più 150 nell'indotto. Ultimo contratto siglato è quello per la E-Sud, commercio elettronico per piccoli esercizi commerciali.

 

SISMA

Sono 315 i lavoratori lasciati a casa dalla chiusura della Sisma di Villadossola, nell'Alto novarese, decisa nello scorso ottobre dal gruppo Leali di Brescia. Finora soltanto un'ottantina di dipendenti della fabbrica siderurgica piemontese avevano mantenuto il lavoro, grazie al rilevamento dei reparti di laminazione da parte della Società profilati dell'Ossola. Ora, la nuova società ha chiesto un incontro al ministero dell'industria per verificare la possibilità di rimettere in moto anche l'acciaieria. In questo caso, un'altra sessantina di lavoratori oggi in cassa integrazione potrebbero tornare in attività.

 

CONTRATTO OMNITEL

I risultati ufficiali del voto dei lavoratori di Omnitel sul contratto integrativo firmato da Fiom, Fim e Uilm e dalla direzione il 18 luglio saranno dati a settembre, ma emergono fin da ora vaste zone di dissenso, soprattutto nei "vecchi" call center, quelli con meno precarietà; al customer care di Roma avrebbero stravinto i no, che si sono affermati anche a Napoli e Padova. E a Milano i sì l'avrebbero spuntata, ma di un soffio. Nelle altre 4 sedi, Pisa, Bologna, Catania e Ivrea, i voti positivi sarebbero stati più consistenti. E poi c'è chi lamenta - senza rivelare la propria identità - che il voto è stato organizzato in fretta e furia e l'assemblea annunciata con una sola giornata d'anticipo.
Insomma, l'integrativo non piace o, nella migliore delle ipotesi, scalda poco gli animi a suo favore. "I no hanno avuto un bersaglio, la flessibilità", dice Ferrara della Fiom. Il punto di maggior attrito del contratto riguarda infatti un pacchetto di 42 ore aggiuntive per i lavoratori full time. Ad essi potranno venir chieste 6 ore di prestazione nel sesto giorno lavorativo per 7 settimane, con un recupero da effettuarsi nell'arco dei successivi 12 mesi. L'articolazione della flessibilità e dei recuperi dovranno essere definiti insieme da azienda e rsu.
"In realtà la trattativa si stava svolgendo a un livello a noi più favorevole - racconta Ferrara. Almeno finché sindacati e azienda scoprono che i confederali e Confindustria hanno stipulato un contratto di settore per la new economy in cui si introduce la flessibilità tempestiva (cambiamenti d'orario comunicati con sole 48 ore di preavviso, senza accordo sindacale), una buona fetta di contratti atipici sul totale, possibilità del part time anche solo serale e via abbondando. Omnitel rientra nel quadro contrattuale dei metalmeccanici.

6 agosto 2000

 

SCHIAVE IN ROMAGNA

Pietro Mallone Spallazzo, il padrone, ora è indagato per il reato di immigrazione clandestina e sospettato di un secondo reato, non meno grave: la riduzione in stato di schiavitù di sei lavoratrici e quattro lavoratori, tutti provenienti dall'Ucraina. Svetlana, per fortuna sta meglio, è uscita dall'ospedale e potrebbe tornare a casa sua, in Ucraina, nonostante sia indagata per occultamento di cadavere: Qualche giorno fa era stata ricoverata con febbre alta e i medici hanno scoperto che aveva abortito da poco, e per paura di perdere il lavoro aveva seppellito il feto nel giardino della casa dove viveva in condizioni di semi-prigionia.
Svetlana, trent'anni, era reclusa con gli altri suoi compagni di lavoro in una casa di Maiano Monti, nella campagna di Lugo di Ravenna. Qui cucivano borse, in nero e in clandestinità, per dieci ore al giorno e 900 mila lire al mese. Tapparelle giù, sempre nella casa-bottega, tanto che i vicini raramente avevano visto qualche ragazza uscire dal lager. A portare Svetlana all'ospedale di Lugo era stato il padrone: lunedì era salito nella sua stanza perché da alcuni giorni non la vedeva e aveva saputo che aveva la febbre molto alta, ha detto agli inquirenti. Dal racconto della donna era venuta fuori la verità: la paura delle conseguenze sul lavoro della gravidanza, l'aborto (spontaneo, ha precisato l'operaia), il seppellimento del feto. E il feto è stato trovato esattamente nel posto indicato da Svetlana e sottoposto ad autopsia.
Parte dei lavoratori-schiavi sarebbero stati reclutati da Mallone Spallazzo direttamente in Ucraina, dove lavoravano in un'azienda intestata a sua moglie, gli altri attraverso un'organizzazione di reclutamento di lavoratori stranieri che avrebbe sede a Porta Portese, a Roma, città originaria dello schiavista. Spallazzo Mallone negherebbe di aver ridotto in schiavitù i dieci lavoratori ucraini, che avrebbero potuto riscattare la libertà solo dopo il pagamento di due mila dollari.
Nei dintorni di Lugo sono concentrati molti laboratori calzaturieri, soprattutto artigianali, per la produzione di tomaie e scarpe di bassa qualità. Un settore che ciclicamente va in crisi e poi riparte. Dopo l'ultima crisi molti hanno chiuso i battenti, o trasferito la produzione a Est, nei Balcani, in Cechia, in Ucraina, dove il costo del lavoro è più basso. Anche quel Mallone Spallazzo, che era registrato alla Camera di commercio di Ravenna, aveva trasferito la produzione in Sardegna e in Ucraina, il laboratorio vicino Lugo era clandestino.

 

8 agosto 2000

 

Verizon, lotta di classe nella net economy

Dal 6 agosto hanno incrociato le braccia 86.000 dipendenti della compagnia telefonica Verizon Communication, formatasi quando a giugno la Bell Atlantic ha comprato la Gte. A scioperare sono gli iscritti ai sindacati Communication Workers of America (Cwa) e International Brotherhood of Electrical Workers (Ibew). La Cwa rappresenta 72.000 tecnici, riparatori, operatori e personale amministrativo nella costa orientale, la Ibew 15.000 lavoratori nel New England. La direzione della Verizon aveva fatto le ultime offerte respinte dai sindacati. Appena iniziato lo sciopero, la Verizon ha mandato 30.000 dirigenti a sostituire impiegati e operai per ridurre le interruzioni di servizio. A questi 30.000 manager/crumiri è stato imposto un turno di 12 ore al giorno, e molti di loro hanno già detto che non sanno quanto resisteranno. In questo modo la Verizon ha evitato l'interruzione del flusso telefonico automatico sulla sua rete nella costa orientale: Verizon controlla il 40% delle reti telefoniche locali degli Usa. Sono sospesi i servizi a mezzo operatore, e di manutenzione e installazione. In alcuni stati gli scioperanti hanno messo su picchetti, come nel Delaware, o in Pennsylvania, dove nella sede di Philadelphia hanno impedito ai manager di entrare.
La causa dello scontro riguarda la sindacalizzazione nella divisione di telefonia mobile, un settore cruciale della cosiddetta new economy. E' un tipo di conflitto abbastanza comune negli USA, dove a causa del sistema sindacale e della legislazione in materia di conflitti di lavoro possono scioperare solo gli iscritti ai sindacati: ma come in altri conflitti, i "sindacalizzati" lottano in realtà per diritti di tutti, per l'estensione delle tutele, per la fine della precarizzazione. Questa lotta aprirà la via alla sindacalizzazione nel settore high-tech, rimasto finora precluso alle Unions (con una vera e propria politica antisindacale da parte, per esempio, della Microsoft).
La Verizon ha in tutto 260.000 dipendenti, tra dirigenti, reti locali, telefonia senza fili e rete generale. Ma mentre i 120.000 dipendenti delle unità locali sono sindacalizzati all'80%, tra i 32.000 lavoratori della telefonia senza fili, solo in 46 hanno la tessera sindacale. Bisogna ricordare che, mentre nel nostro continente, se un operaio si sveglia la mattina e decide di iscriversi a un sindacato può farlo, negli Stati uniti non può se prima tutto il personale di quel settore, di quell'impresa e di quell'unità produttiva non ha votato la sindacalizzazione: dopo di che, ognuno è libero di prendere la tessera o meno. La prima battaglia che perciò i sindacati devono condurre è quella per poter arruolare lavoratori. Il centro delle chiamate della Verizon Wireless a Woburn (Massachusetts) ha vietato la distribuzione di opuscoli sindacali e ha chiesto ai lavoratori d'indicare chi fra loro propagandasse la sindacalizzazione. E si capisce perché: mentre i dipendenti sindacalizzati guadagnano 26 dollari (lordi) l'ora, i non sindacalizzati guadagnano 12,75 dollari l'ora. Mentre i primi hanno l'assistenza sanitaria gratis, i secondi devono pagare un premio assicurativo da 600 a 3.500 dollari l'anno per famiglia, a seconda della copertura. I primi hanno diritto alla pensione, i secondi no. I sindacalizzati sono protetti dai licenziamenti per la durata del contratto, i non sindacalizzati sono indifesi.
I sindacati hanno già ottenuto il diritto sindacale con altri aziende della telefonia senza fili, come la At&t Corp. e la Sbc Communications Inc.

Il 12 agosto la lotta ha ottenuto che il sindacato avrà diritto di cittadinanza e potrà iniziare la campagna di tesseramento. E' questo il risultato sostanziale di un durissimo sciopero, durato sei giorni e che ha coinvolto 85 mila dipendenti del gigante dei telefoni della costa Est americana. La Cnn ha annunciato che un accordo in tal senso è stato raggiunto dai sindacati e dal management, anche se l'intesa dev'essere ancora completata in vari altri punti. Gli analisti finanziarihanno storto il naso alla notizia; la "sindacalizzazione" del comparto mobile, quello che produce più utili, viene giudicata alla stregua di un costo aggiuntivo per la società. Ora, a parità di qualifica un lavoratore sindacalizzato del settore telefonia fissa prende in media 13 dollari in più all'ora del collega del settore mobile. L'ingresso dei sindacati dovrebbe permettere, in prospettiva, di colmare il divario.

 

STATALI: IN AFFITTO E A TERMINE

Dal mercato delle braccia nelle campagne alla assoluta deregulation (outsourcing, dumping sociale, ecc.) nei porti, dai porti alla grande industria manifatturiera, da questa ai servizi pubblici, compresi quelli essenziali. Flessibilità e precarietà del lavoro sono entrati ufficialmente nella sanità e negli ospedali, nella scuola, nei ministeri, negli enti locali e in quelli previdenziali non economici. Con l'accordo siglato dall'Aran (Agenzia per la contrattazione nelle strutture pubbliche) con Cgil, Cisl e Uil il 7% delle assunzioni di questi comparti dello stato potrà passare attraverso il lavoro interinale. Mancano infermieri alle Molinette di Torino o al San Camillo di Roma? Nessun problema, una telefonata a un'agenzia che affitta lavoratori e il gioco è fatto. Infermieri stagionali, per il periodo necessario, e poi tutti a casa. Siccome i dipendenti totali della pubblica amministrazione sono 2 milioni e mezzo, saranno 150 mila i contratti di lavoro interinale autorizzati dall'accordo appena siglato.
I sindacati, naturalmente, insistono sul fatto che la compravendita di forza lavoro manuale e intellettuale debba essere da essi autorizzata, e dovrebbe essere concessa solo in casi particolari di carichi di lavoro straordinario e a termine ("abbiamo messo dei paletti", cerca di tranquillizzare Paola Agnello Modica, della Funzione pubblica Cgil). Che vuol dire "casi particolari", o "situazioni strordinarie"? Il criterio non è molto diverso da quello previsto per l'industria: la Fiat ha una commessa speciale di vetture? Per smaltire in tempo la domanda non ha che da affittarsi 500 operai per tre mesi. Provate a riportare lo stesso meccanismo in una scuola, nelle corsie di un ospedale, e poi chiedetevi se i servizi alle persone potranno in questo modo migliorare, o se al contrario peggioreranno.
L'introduzione di questo ulteriore livello di flessibilità in settori di pubblica utilità, oltre a peggiore il servizio all'utenza (ai proletari in particolare), blocchi se non definitivamente quasi, l'assunzione regolare di manodopera a tutti i livelli, persino il normale turnover. Perché non affittare anche insegnanti, magari in situazioni straordinarie come gli scrutini? Finora, le uniche critiche all'accordo siglato giungono dall'Ugl, che poi è la fascista Cisnal con nome cambiato, e dalle Rappresentanze sindacali di base. Le Rdb/Cub, che non hanno firmato l'accordo, denunciano il fatto che già precedentemente molte amministrazioni pubbliche avevano utilizzato "lo strumento interinale proprio per sopperire alle carenze d'organico".

 

AUMENTA LA FLESSIBILITA'

Negli ultimi anni, il 90% dei nuovi contratti di lavoro attivati nel nostro paese è precario, a tempo determinato, in affitto. Dalla società interinale Manpower si apprende ad esempio che in un anno, dal '99 al 2000, il numero dei lavoratori in affitto passerà da 250 mila a 700 mila. Le aziende - e in questo caso parliamo di quelle private - chiedono soprattutto operai generici (69%), poi anche amministrativi (31%) e specializzati (27%). L'interinale piace alle aziende perché consente di risolvere "problemi urgenti". Al tempo stesso, la Manpower si lamenta per le tasse che deve pagare allo stato e per l'eccesso di burocrazia che regola il settore. Agli interinali si aggiungono i lavoratori precari e a termine ormai in tutti i settori di lavoro, produttivi e riproduttivi. Per non parlare dei parasubordinati - autonomi solo a chiacchiere, che secondo alcune stime superano il milione e mezzo - e, naturalmente, dei lavoratori in nero. L'alibi che spinge i sindacati ad accettare livelli sempre crescenti di precarizzazione è l'esigenza di "far emergere" il lavoro nero.

In Italia un occupato su cinque è impiegato in lavori cosiddetti atipici con contratti part time o a tempo determinato oppure nel lavoro interinale, per un totale di 4 milioni di lavoratori. Lo rivela l'Ires, Istituto di ricerca della Cgil, che ha rielaborato gli ultimi dati Istat e Inps. Emerge la fotografia di un paese nel quale il contratto meno garantito di quello "tradizionale" è sempre di più l'unico modo di entrare nel mercato del lavoro, e spesso, soprattutto per le fasce più deboli, l'unica strada per restarci. Al Sud per esempio il lavoro a tempo determinato rappresenta il 10,2% dell'occupazione complessiva (l'11% per Bankitalia) a fronte del 5,3% del Nord (Bankitalia stima un 7% nel Nord-Est e un valore compreso tra l'8% e il 9% nel Nord-Ovest).
Gli occupati con un contratto di collaborazione (iscritti alla gestione del 13% dell'Inps) - ricorda lo studio - nel 1999 erano l'8,6% degli occupati per un totale di circa 1,8 milioni di persone. I lavoratori a tempo determinato sono 1.4 milioni mentre gli occupati part time 1.6 milioni. Questi ultimi due dati non possono essere sommati perché una parte dei lavoratori a tempo determinato (circa il 20%) non lavora a tempo pieno. All'interno dei contratti a termine diminuiscono i contratti di formazione lavoro (372.000 nel '99), mentre crescono quelli di apprendistato (437.000 nel '99). Un vero e proprio boom ha poi avuto il lavoro interinale (238mila) triplicando il numero del 1998.
Le donne rappresentano la parte più consistente sia degli occupati part time (15,6% contro il 3,5% dei maschi) sia di quelli a tempo determinato (8,9% contro il 5,6% degli uomini), mentre le percentuali si equivalgono per i contratti di formazione lavoro (1,8% contro l'1,7% dei maschi) e apprendistato (2,3% contro il 2%). Le donne sono più degli uomini in percentuale nel lavoro interinale. Tra il "popolo del 13%" le donne sono circa 800mila (su 1,8 milioni), ma superano gli uomini in percentuale sull'occupazione (10,5% contro il 7,5%). Tra i 30 e i 40 anni le donne con un contratto di collaborazione sono il 16,9% delle lavoratrici, contro l'11,6% dei maschi della stessa fascia di età. E il dato scende di poco tra i 40 e i 50 con il 14,5% del totale.
Oltre l'83% dei collaboratori ha un solo committente - e questo maschera molto spesso un rapporto di lavoro subordinato. Ma la percentuale sale al 90% per le donne del Sud. Oltre la metà di coloro che lavorano con contratti di collaborazione ha un diploma di scuola superiore (il 17% anche quello di laurea) ma vi è un 43% di persone con titolo di studio basso (il 13% ha la licenza elementare).

AUGUSTA

Un giorno di sciopero e una manifestazione silenziosa davanti ai cancelli della fabbrica in cui due giorni fa era rimasto ucciso Sebastiano Sortino, un operaio di 23 anni bruciato nell'incendio dell'azienda di detergenti Condea. Sebastiano lavorava da meno di un anno in quella fabbrica chimica: a ottobre aveva preso il posto di suo padre, andato in pensione. Tutti gli operai del primo turno hanno partecipato alla protesta silenziosa davanti i cancelli della Condea, nell'area del Petrolchimico di Augusta dove gli incidenti sono piuttosto frequenti. Il problema della sicurezza è centrale al Petrolchimico così come nell'intera provincia di Siracusa, in cui negli ultimi 51 giorni si sono verificati 9 incidenti gravi che hanno provocato due morti e nove feriti.

 

SCIOPERO ALLA COOP ADRIATICA

Sciopero di sabato nei tre ipermercati bolognesi della Coop Adriatica. Alla base della protesta, spiegano Cgil, Cisl e Uil e le Rsu della società cooperativa, c'è il deficit di relazioni sindacali. Pura "fantasia", risponde la Coop Adriatica che accusa i sindacati di praticare "la peggiore demagogia", scegliendo la strada di una "insensata conflittualità". La società cooperativa ha imposto l'anticipo dell'apertura del lunedì dalle 14 alle 12,30, spiegando che così fa tutta la concorrenza (falso, rispondono i sindacalisti: "l'anticipo del lunedì riguarda meno della metà dei lavoratori del settore"). Insomma, se si vuole stare sul mercato, è la filosofia di Coop Adriatica, bisogna accettarne le regole. Il segretario della Filcams-Cgil di Bologna - il sindacato a cui aderisce la metà dei 2.500 dipendenti della Coop Adriatica - sostiene le ragioni dei lavoratori e dunque dello sciopero e denuncia l'atteggiamento della società e l'introduzione di deboli contratti a termine.

 

17 agosto 2000

Coca Cola: repressione antisindacale in Colombia

Le imprese transnazionali presenti in Colombia impediscono il libero esercizio sindacale". La denuncia arriva dal Sindacato nazionale dei lavoratori dell'industria alimentare, Sinaltrainal, che mette sotto accusa in particolare la Coca Cola e la Nestlé. "All'interno delle fabbriche gli operai vivono in un clima di repressione, controllati a vista da videocamere e personale armato. E' sufficiente partecipare a una riunione sindacale per ricevere la notifica di licenziamento e, se il lavoratore lo impugna, è costretto a fare i conti direttamente con le minacce dei capi della sicurezza, di regola pagati dall'impresa".
Negli ultimi cinque anni, con il beneplacito del governo colombiano, dai diversi stabilimenti della Coca Cola sparsi per il paese, sono stati licenziati oltre 10.000 operai, 13 dirigenti Sinaltrainal assassinati, le sedi locali date alle fiamme. I violenti attacchi contro il sindacato hanno ridotto del 50% gli iscritti, passati da 4 mila a poco piú della metà. In Colombia, solo tre lavoratori su cento sono sindacalizzati, rispetto a una popolazione economicamente attiva di 23 milioni, mentre il tasso di disoccupazione raggiunge il 29,5%.
Lo stato colombiano sta consegnando nelle mani del capitale transnazionale privato tutte le imprese produttive, arrivando anche all'eliminazione di quel 7% che le transnazionali pagavano per far uscire i loro guadagni dal paese. Concessioni e benefici in cambio di posti di lavoro, in zone economiche speciali, zone franche o "maquillas", con contratti di lavoro senza alcuna garanzia sociale per i lavoratori.
Tutti motivi per continuare ad opporsi al finanziamento internazionale del "Plan Colombia" - un piano da 7,5 miliardi di dollari, finalizzato allo sradicamento della produzione di droga, il rilancio dell'economia e la fine della guerriglia - con il quale Pastrana dice voler consolidare i meccanismi democratici e lottare contro il narcotrafico. Un piano troppo militarizzato e americanizzato persino agli occhi di una parte dell'occidente, al punto che l'Unione europea ha recentemente deciso di congelare il finanziamento di un miliardo di dollari nel contesto del Plan Colombia. In realtà, il finanziamento di 1.3 miliardi di dollari ormai concesso dagli Stati uniti, "servirà soprattutto a soffocare le proteste sociali", che però non si fermano: l'ultimo grande sciopero è di una decina di giorni fa e ha visto come protagonisti i lavoratori del settore pubblico. La Colombia sta attraversando la crisi economica forse più grave della sua storia. Nel 1999, la crescita economica del paese ha registrato un risultato negativo del 7%.

 

19 Agosto 2000

 

MILANO: MANOVRE D'AGOSTO IN AEM

Con la tattica sempre usata quando bisognava far passare un contratto bidone o una legge certamente impopolare, la giunta Albertini ha scelto il ferragosto per cambiare status contrattuale a una parte dei lavoratori dell'impresa energetica. Nonostante i 250 miliardi di utili ramazzati nel '99, infatti, l'azienda ha deciso di passare 187 lavoratori delle sezioni fatturazione, commerciale e letturisti in una divisione "esternalizzata" chiamata Aem Service. La fregatura? Saranno inquadrati col contratto del commercio, mentre fin qui erano trattati secondo quelli del gas e degli elettrici. Pronta la risposta dei lavoratori. Lunedì sciopero dei dipendenti della Aem Spa di Milano e Cassano, dalle 8,30 alle 12. Martedì, con gli stessi orari, quelli del settore gas. Mercoledì, infine, con identiche modalità, quelli dell'elettricità.

 

GAP, NIKE: MADE IN CAMBOGIA

E'arrivato alla conclusione lo sciopero delle fabbriche cambogiane dell'abbigliamento. Le lavoratrici sono tornate al lavoro senza aver ottenuto tutto quello per cui lottavano: almeno due dollari al giorno, ritmi un po' meno intensi, un settimo giorno libero, 10 o al massimo 12 ore consecutive di lavoro e non le 14 attuali. Ufficialmente il lavoro è di 48 ore e il sindacato vorrebbe ridurlo, sempre ufficialmente, a 44. "Non torneremo al lavoro se le paghe non cresceranno da 40 a 70 dollari al mese", avevano promesso i sindacalisti che però erano davvero presenti in 27 fabbriche soltanto. "Questo non vuol dire che abbiamo perso" ha dichiarato la leader della lotta, Chea Vichea. E non è davvero una sconfitta.
Non è la prima volta che vi sono scioperi in Cambogia, nel settore dell'abbigliamento che è praticamente l'unica produzione industriale esportabile sui maggiori mercati mondiali. E' però la prima volta che gli scioperi, con il normale seguito di cortei e dimostrazioni, avvengono dopo negoziati triangolari tra sindacato, imprese e governo. E' la crescita stessa del settore che oggi assume un'importanza notevole, non solo se si guarda alla modernizzazione della Cambogia, alla sua entrata nel mercato globale, ma anche dal punto di vista del rifornimento mondiale di abbigliamento di marca.
Gli scioperi si sono diffusi in un settore industriale decisivo, per contrattare condizioni di lavoro migliori e paghe più elevate. Il regno di Cambogia è il limite estremo del lavoro sottopagato e non specializzato; e quindi le imprese proprietarie e i committenti finali, i "distributori" degli Usa, le famose marche di abbigliamento casual non avevano altri posti dove smistare il lavoro, non avevano ulteriori ricatti da fare: dovevano soltanto affidarsi alle proprie forze, e con intimidazione, violenza, assalti di polizia, avere ragione del sindacato che tirava gli scioperi: il Sindacato per il lavoro libero del regno di Cambogia, in sigla, Ftuwkc. Ha fatto notizia in giugno, quando le lotte erano in fase di sviluppo, il ferimento di Chao Chanda, un'operaia che stava dimostrando fuori della June Textile Co. Le guardie di fabbrica sono uscite per caricare, le operaie hanno tirato sassi e hanno cercato di scuotere il cancello; le guardie hanno sparato in aria e poi abbassato il tiro; e Chao è stata colpita alla testa.
In Cambogia si discuteva di aumenti e il padronato riteneva che 40/45 dollari al mese in un paese in cui il guadagno per chi lavora è inferiore ai 25 dollari, fossero un esborso eccessivo. L'agenzia Ap che ha coperto l'avvenimento, nota che 40 dollari sono il prezzo consigliato al dettaglio di un solo paio di calzoni Bugle Boy fabbricati in Cambogia.
In Cambogia negli ultimi 5 anni si è arrivati a 178 fabbriche (dalle circa 30 esistenti) per la produzione di indumenti per l'esportazione. Vi lavorano ormai in centomila persone, soprattutto donne. Il fatturato è cresciuto in fretta, tutto merito dell'esportazione in Usa: da 25 milioni di dollari scarsi nel 1995 ai 378 nel 1998 ai 6/700 del 1999. Le marche vanno da Gap a Nike, da Fruit of the Loom a Ralph Lauren, da Calvin Klein a Columbia Sportwear, a Oshkosh. Ce n'è per tutti i gusti, insomma.

4 LICENZIAMENTI IN ALITALIA

dalla lettera dei licenziati per i quali è stato indetto uno sciopero di 24 ore l’8 settembre.

"...siamo l’equipaggio (o meglio quello che sarebbe dovuto essere) della AZ 1475 del 13 luglio scorso. Si proprio noi, tristemente noti per la sospensione immediata a tempo indeterminato subita quel giorno, provvedimento di sospensione che si è trasformato purtroppo, sabato 12 agosto, in lettera di licenziamento. [...]Colleghi, noi quel 13 luglio andavamo a lavorare come milioni di persone fanno ogni giorno, cercando di farlo nel modo più sereno possibile, perché noi sappiamo quanto è importante la tranquillità in questo lavoro e nessuno ha voglia di accumulare più stress di quanto già non ne abbia.

Ebbene la nostra azienda ha pensato che bisognava colpire duro chi per professionalità, onestà e dignità chiedeva l’applicazione del contratto che lei stessa ha firmato, un contratto che ha deciso di stracciare facendo delle vittime in modo che il messaggio sia chiaramente recepito dalla categoria. [...] Non importa quante vittime serviranno e se a rimetterci saranno persone con famiglie da mantenere. Ma noi non vogliamo essere delle vittime, noi PRETENDIAMO il rispetto che questa azienda ha calpestato. [...] Ricordiamo che tutti potremmo essere domani vittime di questo gioco al massacro a meno che non decidiamo di opporci ALZANDO la testa.

Per la nostra dignità di lavoratori, per la nostra dignità di uomini

Francesco Nicoletta Alessandra Emanuela
---->SOLIDARIETA' DALLA GENERAL 4

Cari Nicoletta, Alessandra, Emanuela e Francesco ci sembra che tra le nostre vicende seppure così diverse, ci siano delle forti assonanze; voi come noi siete vittime di coloro i quali non guardano in faccia nessuno pur di dimostrare la loro arroganza. A questo genere di "persone", non interessa se poi anche le nostre famiglie paghino il prezzo di queste situazioni e vengano inevitabilmente coinvolte. Non fatevi trattare come delle vittime sacrificali, l'esempio che la vostra azienda sbandiera davanti ad altri lavoratori come noi, per incutere timore e paura. Nel piccolo della nostra esperienza, possiamo dirvi di tenere duro perchè queste lotte sono lunghe, logoranti e vanno a minare anche la serenità familiare. Vi ringraziamo di avere avuto un pensiero per noi in questo momento così duro, aspettiamo vostre notizie e vi salutiamo, ciao a presto...

I lavoratori e le lavoratrici della General 4.

 

 

NO AI LICENZIAMENTI POLITICI ALLA POSTE

Nonostante la sconfitta subita con i referendum antisociali dove i padroni hanno investito sostanziose risorse per abbattere gli ultimi diritti rimasti ai lavoratori, cioè il licenziamento con giusta causa, continuano imperterriti nella loro linea di repressione e sfruttamento creando artificiosamente le condizioni per potersi sbarazzare di quei lavoratori scomodi che non intendono sottoporsi alle logiche del profitto. Esemplare la risposta che i lavoratori del gruppo Elettrolux (Zanussi) , a proposito di flessibilità, hanno dato al rinnovo del contratto aziendale dei gruppo, respingendo a forte maggioranza il lavoro a chiamata.

Il processo in atto di privatizzazione nelle Poste italiane introduce una forte accelerazione delle flessibilità, della precarizzazione, della diminuzione salariale, dell'aumento dei carichi di lavoro e dei ritmi con un consistente aumento degli infortuni e non ultima la ricerca esasperata della flessibilità in entrata e soprattutto in uscita.

Riteniamo che il comportamento tenuto dalle Poste Italiane S.p.a. - sede di Padova - in merito alla vicenda del licenziamento di Maria Josè Olivastri sia di inaudita violenza, perché colpisce una lavoratrice e nello stesso tempo una dirigente sindacale; la strategia di questa società mostra il suo vero volto barbaro attuando e ricercando, attraverso il licenziamento, di intimidire e reprimere all'interno dei luoghi di lavoro gli altri lavoratori...

Come lavoratori non accettiamo questi atti intimidatori ed intendiamo sin d'ora dare una risposta generale contro il peggioramento generale delle condizioni di vita dentro e fuori dei luoghi di lavoro.

MOBILITIAMOCI PER IMPEDIRE TUTTO CIO'

Seguono firme dei delegati (vedere su sito del Coordinamento Nazionale RSU http://www.ecn.org/coord.rsu/

 

24 agosto ’00

 

NELLA GRANDE INDUSTRIA 19.000 POSTI DI MENO

La grande industria - imprese con almeno 500 dipendenti - continua a perdere colpi sul fronte dell' occupazione. Dai dati Istat di maggio risulta che, rispetto al mese precedente, ha bruciato un altro 0,2 per cento, mentre sull'anno la perdita secca è del 2,3. In termini assoluti appunto 19.000 posti in meno (a marzo erano 16 mila).
Le cose sono andate particolarmente male nel settore dell' energia elettrica, gas e acqua per via della ristrutturazione in corso (il calo rispetto al maggio ' 99 è stato del 7,3 per cento), nell'editoria che ha visto scendere l'occupazione del 7,9 a causa dei numerosi prepensionamenti e nelle grandi industrie alimentari, delle bevande e del tabacco (meno 6,2 per cento). Meno peggio è andato il settore manifatturiero (che ha ceduto l'1,6 per cento), mentre nei servizi vanno bene alberghi e ristoranti e commercio (dove i posti di lavoro in un anno sono aumentati del 10 e del 6 per cento).
Nonostante questa tendenza, i fabbisogni delle nuove dimensioni occupazionali vengono ancora ignorati e gran parte delle politiche, degli interventi e dei servizi al sistema rimangono tarati sul modello fordista della grande industria".
Secondo uno studio di Bankitalia dal quale risulta che negli anni '90 il tasso di crescita dell'economia italiana è stato il più basso del dopoguerra ed ha toccato le sue punte minime nel Meridione. La ricerca non tiene conto dei dati degli ultimi mesi e delle previsioni di crescita di oltre il 3 per cento per il Pil del 2000, facendo invece il punto sugli ultimi dieci anni e rilevando che in quel periodo il tasso di sviluppo medio del prodotto interno lordo nelle regioni del Sud si è ridotto di 1 punto e mezzo rispetto al decennio precedente (passando dal 2,4 per cento del 1980-'89 allo 0,9 del 1990-'99). Nel centro- Nord, invece, il calo è stato di 0,9 punti.

 

A MITROVICA GLI OPERAI PERDONO DI NUOVO.

Comunicato

Gli operai serbi della fabbrica di Trepca si sono ribellati il 15 d’Agosto al tentativo di chiusura della fonderia, da parte delle forze della Kfor, cioè la forza d’occupazione dell’imperialismo euro-americano che scatenò l'aggressione mascherata da ‘missione di pace’ contro la Serbia. I 600 operai e i proletari della zone di Mitrovica hanno cercato di impedire alle forze militari d’occupazione, di mettere i sigilli alla fabbrica con la scusa del suo alto inquinamento atmosferico che nuoceva alla salute degli abitanti della zona!!

Chi può inquinare di più di una guerra? Le bombe radioattive lanciate sulle persone, nei fiumi, nei laghi sono meno inquinanti tanto per dirne una? Non crediamo. La fabbrica doveva essere chiusa perché dietro questo ‘nobile’ gesto di occuparsi della salute dei proletari e della popolazione della zona ci sono interessi molto grossi ovviamente. [...]Dietro i militari ci sono i paesi europei e gli USA da cui essi dipendono compreso il contingente italiano. La ricostruzione delle zone colpite dalla ‘guerra umanitaria’ e il controllo delle fabbriche e del sistema industriale della zona (Kosovo, Serbia indirettamente e la zona dei Balcani) è un ‘Grande affare’ per gli stati imperialisti a cominciare dal "nostro".

[...]Questa guerra, come tutte le guerre vede operai contro operai: operai serbi contro operai Kosovari operai russi contro operai Ceceni e così via senza soluzione di continuità. Tutti divisi sotto bandiere diverse. Ora a Mitrovica gli operai serbi rischiano di essere cacciati dalla loro fabbrica e dai loro luoghi così come nel non lontano ’89 moltissimi operai kosovari furono licenziati e cacciati dalla Trepca dove lavoravano fianco a fianco degli operai serbi, perché avevano inscenato scioperi e manifestazioni. Gli operai allora come adesso hanno perso due volte, perché si sono fatti adoperare per interessi che non erano e non sono i loro. Gli interessi per cui sono stati fatti lottare non erano i loro ma erano quelli delle frazioni di borghesia (di Stato o privati), che li hanno tenuti sempre o come schiavi salariati o come carne da cannone. Gli interessi degli operai sono quelli di non farsi più sfruttare e di liberarsi dalla schiavitù del lavoro salariato come era scritto nel programma della prima internazionale degli operai e nel loro Manifesto.

Solidarietà con gli operai di Mitrovica !
Solidarietà con tutti gli operai a livello internazionale !
Combattiamo i padroni cominciando da quelli che sono in casa nostra!
Costruiamo l’Internazionale Operaia !

I LAVORATORI DEL COMITATO DI SOLIDARIETA’ CON LE LOTTE OPERAIE

Roma, 21 agosto 2000

 

26 agosto ’00


DATI INAIL

L'Inail ha registrato 2.187.660 lavoratori assunti dal 16 marzo del 2000, la data di avvio dell'obbligo per i datori di lavoro di comunicare all'ente il codice fiscale dei dipendenti che iniziano o terminano un rapporto di lavoro (è il dlgs 38/2000). Tra i nuovi assunti vi sono stati anche 15.855 incidenti di lavoro, di cui 13 mortali. Tra le assunzioni registrate, quelle a tempo indeterminato sono state 1.665.122; quelle a tempo determinato 522.538. Nello stesso periodo sono stati licenziati 1.462.261 lavoratori, di cui 1.052.754 avevano un rapporto di lavoro a tempo indeterminato e 409.487 uno a tempo determinato. 538.359 lavoratori hanno cambiato azienda. Vi sono in particolare 181.320 assunti che provengono da paesi esterni all'Unione europea e 28.819 altri che sono invece provenienti da altri paesi dell'Ue. Risulta quindi che dal 16 marzo vi sarebbe un saldo attivo, a livello nazionale, di 725.339 persone in più al lavoro. Bisogna solo aggiungere la parola "regolarizzate" e tutto prende un'altra piega. Gli obblighi di legge hanno fatto emergere un notevole numero di persone che erano già al lavoro.

 

29 agosto 2000

I BAMBINI PRODUCONO PLUSVALORE

Proteggere i polli americani, sfruttare i bambini cinesi. Sembra questa la nuova politica di McDonald's. Negli Stati uniti, la multinazionale del fast food impone ai produttori di uova di migliorare le condizioni di vita delle galline. Sacrosanto, per carità. Peccato che in Cina si rivolga a fornitori che non esitano a impiegare bambini di 12 anni.
Negli impianti della City Toys, fabbrica di Shajing, città della zona economica speciale dello Shenzen, sono prodotti, per conto della Simon Marketing di Hong Kong, fornitore ufficiale di McDonald's, i gadgets venduti (o regalati) insieme con gli hamburger nei fast food della multinazionale. Tra i suoi 2000 dipendenti, almeno 400, in gran parte donne, hanno tra i 12 e i 15 anni, quando la legge cinese proibisce il lavoro dei minori di 16.

Le paghe sono ridicole: 1,5 yuan l'ora, circa 380 lire. Gli orari infernali: 16 ore filate, sette giorni su sette. Dopo una giornata trascorsa a cucire Winnie the Pooh, Hallo Kitty e altri pupazzetti che fanno la felicità dei ragazzini nei fast food di tutto il mondo, i bambini cinesi rimangono a dormire nella fabbrica, in camerate da 16 persone, su panche di legno senza materassi. Per questa "sistemazione", ogni mese pagano l'equivalente di due giorni di lavoro. Non possono nemmeno allontanarsi dal distretto industriale dove si trovano gli impianti. Per farlo, dovrebbero pagare 350 yuan, il costo del permesso di soggiorno.
Pessime anche le condizioni di lavoro. "Le macchine sono rumorose - dice una ragazzina - e anche l'aria è pesante. Ma non ci danno né maschere né tappi per le orecchie e io sono piena di allergie".
Per McDonald's, che da sempre si vanta di applicare con rigore i codici contro il lavoro minorile, è una grossa grana. Anche perché, appena un mese fa era stato fatto un controllo alla City Toys e non era emersa alcuna anomalia. La multinazionale americana ha deciso di aprire un'inchiesta. Se le accuse del Sunday Morning Post verranno confermate, il contratto con la fabbrica cinese sarà rotto. Nel frattempo, a Shajing i bambini continueranno a cucire.

Il lavoro minorile è insieme alla precarizzazione generalizzata e legalizzata dell'impiego di forza lavoro, uno dei sistemi che il capitale multinazionale usa per recuperare profitti. Ma non è una novità, perchè la giornata di 8 ore, i contratti nazionali, età minime per lavorare ecc. sono conquiste strappate dalle masse popolari soprattutto nei paesi più sviluppati e non concessioni del capitale o una qualche forma di progresso automatico.

FIAT

Mirafiori e tutte le fabbriche della Fiat hanno riaperto i battenti dopo la pausa estiva. Si ricomincia il lavoro dopo l'accordo con l'americana General Motors, che dovrebbe fondere Fiat e Opel . La multinazionale torinese ha costituito due joint venture: l'assemblea straordinaria degli azionisti ha deliberato per la scissione del ramo d'azienda motori e cambi e la sua confluenza nella Power train e l'aumento di capitale sociale fino a un massimo di 2 miliardi di euro, interamente sottoscritti dalla Fiat Auto Holdings B.V., la società olandese all'80% Fiat e al 20% Gm). Attività e dipendenti nel settore dei motori e cambi e in quello degli acquisti sono dunque formalmente trasferiti nelle due joint venture; quando anche l'Opel avrà terminato la stessa procedura (si diceva entro dicembre, ma si ventila uno slittamento), si procederà alla fusione. Naturalmente nel rispetto del principio alla base dell'accordo: alleati nei risparmi, concorrenti nei mercati. Ma in fin dei conti, quel che gli operai italiani della Fiat e quelli tedeschi della Opel-Gm si chiedono, è chi sarà a costruire motori e cambi. Per ora un piano industriale non esiste.
L'11 settembre la direzione aziendale si incontrerà con i rappresentanti di Fim, Fiom, Uilm e Fismic, per iniziare il confronto sulla piattaforma sindacale per il contratto integrativo del gruppo. Una piattaforma che ha già raccolto il consenso della stragrande maggioranza dei lavoratori Fiat, consultati per via referendaria, così come l'eventuale testo dell'accordo con l'azienda sarà sottoposto a referendum. Paolo Cantarella ha mandato a dire che è ora di finirla con i due livelli contrattuali, mentre il giovane Pinifarina (Andrea) sostiene che l'unica trattativa possibile è sul premio di risultato. Si tratta di un approccio che non può non preoccupare i lavoratori.

 

30 agosto ’00

 

INFLAZIONE E PUBBLICO IMPIEGO

Ricomincia la discussione sul rinnovo contrattuale del pubblico impiego. Il contratto è scaduto il 31 dicembre dell'anno scorso e l'approdo ancora non si vede. La data di scadenza è importante perché servirà a valutare le eventuali "concessioni" governative.
Il punto dolente è la consistente differenza tra l'inflazione "programmata" per l'anno in corso - 1,2%, secondo le stime contenute nella scorsa finanziaria; nonché l'1,7% per il 2001 - e quella reale: 2,6%, secondo i dati Istat per il 2000. A coprire il recupero del potere d'acquisto dei lavoratori pubblici, eroso dall'aumento dei prezzi, la scorsa finanziaria destinava 690 miliardi. Troppo pochi ora, a fronte di aumenti che sono in molti a giudicare ben al di là delle caste cifre ufficiali. L'Adiconsum ha diffuso i calcoli sulla crescita delle tariffe energetiche nel corso dell'ultimo anno: l'aumento del costo dell'energia elettrica, ad esempio, sarà sì dell'1,5% per il prossimo bimestre, ma si aggiunge agli altri incrementi stabiliti per i conque semestri precedenti. Per un totale, dunque, rispetto allo stesso mese del '99, del 10,5% per la luce e del 20% per il gas.
Con questi dati alle spalle Cofferati, D'Antoni e Angeletti avrebbero gioco facile nel giustificare richieste di aumenti anche consistenti. I confederali incontreranno Amato con l'intenzione di spuntare una cifra di almeno 700 miliardi da destinare, nella finanziaria 2001, a coprire quel differenziale inflattivo. L'incertezza residua riguarda il periodo di copertura: partirà dal 1 luglio 2000 o dal 1 gennaio? In altri termini: quel misero 1,2% di incremento salariale sarà calcolato su 12 mesi o soltanto su 6, come chiedono i sindacati (e come sarebbe dovuto, semplicemente, visto che il contratto è scaduto da quella data)?
Totalmente contraria a qualsiasi recupero salariale la Confindustria, che pure con i dipendenti pubblici non c'entra nulla. Sotto il tiro di Guidalberto Guidi sono proprio "quegli incrementi retributivi che, pur nel rispetto dell'inflazione programmata, potrebbero avere efficacia retroattiva a partire da gennaio e non dal momento in cui saranno siglati i contratti". Curiosa visione dei vincoli contrattuali, quella per cui sarebbe "retroattivo" ciò che viene pattuito per un nuovo periodo contrattuale (come se potesse esistere una "vacanza" tra un contratto che scade e uno nuovo che viene firmato). Ma Confindustria pensa evidentemente ai suoi contratti e a sfruttare ogni minimo appiglio per ridurre ai minimi termini il costo del lavoro, l'unico elemento su cui riesce a concepire "la competitività del sistema-paese".
Tra tanta moderazione sindacale e critiche padronali spicca il durissimo comunicato delle Rappresentanze di base secondo cui l'accordo che si profila tra governo e sindacati è "un trucco pre-elettorale". "Di fronte a un aumento dei prezzi del 2,6% stanno decidendo di finanziare il rinnovo dei contratti solo con l'1,2% di incremento. La scadenza naturale del contratto vogliono farla passare come una conquista".

 

31 agosto 2000

 

CORNIGLIANO, LA RABBIA DEGLI OPERAI

Hanno presidiato per oltre 3 ore la Prefettura, paralizzando il centro di Genova, per protestare contro l’ipotesi di spegnimento dell’altoforno senza garanzie sul loro futuro occupazionale. Questa la risposta di circa mille lavoratori dell’Ilva, lo stabilimento siderurgico genovese, all’ultimatum del ministro dell’Ambiente Willer Bordon, che martedì scorso aveva intimato la chiusura dell’altoforno, come previsto dall’accordo di programma siglato tra ministeri, enti locali e proprietà il 29 novembre scorso. Il problema è che per concludere l’attività della linea integrale a caldo il gruppo Riva chiede di poter costruire un forno elettrico, progetto fortemente osteggiato dagli abitanti di Cornigliano, dagli ambientalisti e da diverse forze politiche sia di centrodestra sia di centrosinistra. "In questa situazione - ha dichiarato durante il corteo un delegato di fabbrica dell’Ilva - gli unici che rischiano sono i lavoratori, che potrebbero trovarsi domani con lo stabilimento chiuso e senza alcuna prospettiva occupazionale". "Questo è un gioco politico sulla nostra pelle - afferma un vecchio operaio dell’Ilva -. Il centrosinistra ha dato un contentino ai Verdi ben sapendo che qui la situazione è più complessa e che non sarà facile chiudere l’altoforno da un giorno all’altro". "Il governo ha intimato la chiusura - afferma Nicodemo Vigliarolo - ma non ha specificato cosa faremo noi subito dopo". "Noi non vogliamo fare il gioco del padrone che sappiamo bene essere, come ha detto il ministro, un padrone "vecchia maniera" - osserva un altro operaio - noi chiediamo soltanto di poter lavorare". I metalmeccanici della Cgil chiedono dunque l’attuazione degli impegni previsti dall’accordo di programma, e in particolare la contestualità tra dismissione del vecchio impianto e apertura del nuovo.

Altre volte lo sviluppo capitalistico ha messo di fronte le esigenze della vita umana, dell'ambiente con quelle della sopravvivenza stessa dei lavoratori, giocando quindi, per ottenere il mantenimento delle proprie speculazioni e dei profitti su questa contraddizione. Fatte salve le lotte per migliorare le condizioni di lavoro, la sicurezza ecc., resta il problema che tali situazioni a rischio sono insite non solo in certi tipi di produzione, ma soprattutto in certi tipi di produzioni fatte con l'attenzione solo al profitto.

 

SALARI E INFLAZIONE

Crescono le retribuzioni a luglio rispetto al mese di giugno, ma gli stipendi degli italiani alla fine del 2000 sprofonderanno al di sotto dell'inflazione. Per l'Istat, la crescita dei salari su base annua tendenzialmente è pari al 2%, quella del costo della vita è del 2,6%, come hanno indicato i dati delle città campione. E anche il boom di luglio degli aumenti per singolo dipendente - pari allo 0,8% rispetto a giugno - non debbono trarre in inganno. Il rialzo è solamente provocato dall'approvazione del contratto del personale dirigente della sanità, come pure dall'entrata in vigore di quello del commercio.
Questi dati confermano che la forbice tra retribuzioni e costo della vita si allarga, mettendo a rischio sia il patto concertativo sia la strategia del governo pronto a varare la finanziaria del 2000. Ma con i conti di un anno fa, quando l'inflazione viaggiava intorno al 1,7%. Per il segretario regionale della Fiom piemontese, Giorgio Cremaschi "i dati Istat sono inequivocabili e dimostrano che ormai quella dei salari è una vera e propria emergenza sociale, considerato che è da un anno le buste paga risultano più basse dell'inflazione; nonostante un miglioramento dei conti pubblici e l'eccezionale exploit dei profitti. L'unica via d'uscita è la ripresa del negoziato sindacale a livello aziendale, come sarà fatto nelle fabbriche piemontesi".
Del resto, una approfondita analisi dei dati Istat mette in evidenza che non solo aumenta la forbice salari-prezzi, ma che i contratti appena conclusi (solo 47 sugli 80 ancora sotto negoziazione) hanno accentuato le distanze tra settore e settore. Con l'approvazione della riforma Bindi - quella della scelta unica obbligatoria - i medici prenderanno un aumento medio mensile pari a circa 1.500.000. Dello stesso tono l'aumento medio retributivo del personale tecnico-amministratico, circa un milione. Variazioni significative anche nel commercio (più 3,6%), nei servizi alle imprese (più 3,0%) e nel settore del'edilizia (più 2,9%); margine di miglioramento che potranno essere risucchiati dai rialzi delle tariffe pubbliche previste per il prossimo autunno. Mentre, tolti i pochi "privilegiati", gli altri lavoratori dovranno accontentarsi di scatti retributivi vicini allo zero. Come nel caso dell'energia elettrica, del gas, della acqua o dell'agricoltura per i quali si registrano variazioni pari solo a più 0,1%. A conferma del fatto che da circa un anno le battaglie contrattuali non bastano a recuperare il tetto di inflazione programmata. Anche perché per i conflitti di lavoro il numero di scioperi è diminuito del 40% nei primi 7 mesi rispetto al 1999. Ieri l'Istat ha reso noto un altro dato emblematico, quello relativo alle "ore di lavoro perse per conflitti di lavoro": gli scioperi nel primo semestre 2000 sono stati il 40% in meno rispetto allo stesso periodo del '99. Il conflitto è calante, come il salario reale; chissà perché.
Ossia meno scioperi meno salario, sintomo del fatto che solo il conflitto di classe condotto dai lavoratori contro i padroni produce avanzamenti salariali e normativi.