Anna Maria Mozzoni
(1837 – 1920)
Cresciuta in una famiglia dell’alta
borghesia milanese, ricevette un’istruzione superiore a quella delle altre
donne dello stesso periodo.
Collaborò alla rivista “La Donna”, nata negli anni ’70, che agitava i
problemi dell’emancipazione femminile, delle maestre delle impiegate e delle
operaie e fondò la “Lega promotrice degli interessi femminili” nella quale
venne affiancata da alcune giornaliste e scrittrici.
L’unificazione del regno d’Italia comportò anche l’unificazione dei
codici e delle legislazioni degli ex stati italiani; tale unificazione venne
effettuata da una Commissione guidata da Pisanelli. La mediazione fu fatta
al ribasso, accogliendo nel nuovo codice unitario le norme più repressive,
rispetto alle donne, invece che le più avanzate, appartenenti ai codici
austriaci in vigore in Toscana, nel Veneto ed in Lombardia. Nel codice austriaco
le donne erano: “parificate all’uomo nella facoltà di disporre delle
proprie sostanze in ogni contrattazione anche senza tutela maritale
nell’esercizio dei diritti di proprietà”, veniva perciò riconosciuta loro
piena capacità giuridica.
Nell’ottocento il diritto di voto era legato oltre che al censo, alla capacità
giuridica, ossia al pieno esercizio dei diritti allora riconosciuti ai sudditi.
Il Codice Albertino negava questa capacità alle donne ed il Codice Pisanelli,
adeguandosi a quello Albertino, accoglie le limitazioni alla capacità giuridica
delle donne, aprendo così il problema dell’esercizio del diritto di voto.
L’opera di Anna Maria Mozzoni è una delle prime e più coerenti
impostazioni del movimento per i diritti e l’emancipazione femminile.
Cosciente del cambiamento epocale dovuto alla rivoluzione industriale, già
nel 1864 notava come la scarsa considerazione delle donne nella società
aggravasse la loro condizione di lavoratrici senza alcuna forma di tutela.
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Riteneva che il riconoscimento della
capacità giuridica alle donne e quindi di una propria autonomia, espressa
nella forma più alta della democrazia, cioè l’espressione del voto, fosse la
pietra basilare su cui costruire la piena liberazione femminile.
Nel 1877 presenta al Parlamento Italiano la prima petizione per il voto
politico alle donne. Il sasso lanciato dalla Mozzoni viene raccolto da Salvatore
Morelli, deputato di Sessa Aurunca. Che presenta una propria proposta di legge.
Mozzoni dovette presentare altre petizioni al Parlamento e il dibattito sul
diritto di voto alle donne si trascinò per lunghi anni in Parlamento.
Il voto alle donne venne approvato dal Parlamento italiano con votazione segreta
il 6 settembre 1919, con una clausola che, a causa degli avvenimenti politici,
ne avrebbe impedito di fatto l’attuazione e cioè che le donne avrebbero
iniziati a votare non nelle elezioni che si preannunciavano ma in quelle per la
successiva legislatura.
Alla presenza di una Anna Maria Mozzoni, ormai prossima alla fine, il Parlamento
accolse la richiesta da lei avanzata nel 1877.
La questione del riconoscimento del diritto di voto alle donne si è risolto
solo nel 1946.
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