Massimo Marino

Psicologo

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Centro Permanente Ricerca Scientifica dell'A.S.I.S.

 

IN COLLABORAZIONE CON IL

 

Centro Ricerche U.I.S.P. MARIO ALBANO Lega Scacchi di Roma

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SCACCO MATTO SCACCO PAZZO

a cura di

Mario Albano

Daniela FRONZI & Massimo MARINO

  

 

ricordo di..... SCACCO MATTO SCACCO PAZZO

 

 

Ricordare Mario Albano e questa esperienza è importante per i soci dell'ASIS, perché anche questa esperienza scacchistisca è stata condotta con successo a vantaggio di una popolazione emarginata e disagiata. I ragazzi reclusi di Casal del Marmo.

Questa relazione doveva essere scritta a due mani e invece Mario Albano, l' "inventore" e l'anima del progetto Scacchi Giochi per Crescere, è uscito di scena lasciandomi, mio malgrado, l'ingrato compito di documentare l'esperienza condotta nell'Istituto Penale Minorile di Casal Del Marmo dall'estate 1993 fino al novembre 1994. Dopo la morte di Mario, pensando ai risultati apparentemente ottenuti, a quello che era stato fatto, agli ostacoli trovati, alle difficoltà, al dolore provato continuamente quando uscivo dal "folle" Carcere Minorile, agli operatori "fuggiti" e mai più tornati, alle paure, al senso di solitudine che provavo e a quello che rimaneva ...... sono stato tentato di mandare tutto all'aria, idee, fantasie, ricerche progetti, tutto. Ero comunque spinto a continuare. Un po' per rabbia, un po' perché non era giusto che un lavoro così importante morisse.....

Ciò che rendeva unica e scientificamente innovativa l'opera condotta da Albano e dagli operatori UISP nell'Istituto Penale minorile è stata la capacità e l'autenticità dei comportamenti nel rapporto con i minori.

A pensarci, durante questa attività ho sempre ritenuto che fosse folle sperare di riunire un gruppo di ragazzi stranieri, tossicodipendenti, violenti, troppo vivaci, forse addirittura sociopatici, seduti con calma attorno a un tavolo a pensare come muovere un pezzo degli scacchi.

Con sorpresa ho scoperto che proprio quelli che più si erano dimostrati ostili, aggressivi e indifferenti ci tenevano a svolgere e a partecipare ai tornei ed erano quelli che amavano molto concentrarsi durante un incontro. Tutto ciò che intendo fare è ricordare un'esperienza unica per me e i miei compagni di avventura. Concludo questa breve premessa ricordando ancora una volta il mio affetto per Mario.

La nostra amicizia era sicuramente qualcosa di UNICO. La cosa particolare è che coloro che sono stati amici di Mario mi ripetono continuamente che Mario era un amico UNICO. Unico perché sapeva amarci tutti alla stessa maniera e con la stessa intensità. Con una frase Pino Daniele ha sintetizzato il dolore e la necessità di ricordare gli amici scomparsi e parlando di Massimo Troisi ha detto : " se volete ricordare un amico non c'è bisogno di niente, basta chiudere gli occhi e pensarlo ". Mi capita spesso di avere gli occhi chiusi e di ricordare Mario.

 

 

 

 

 

 

 

 

1 Il primo incontro con il Carcere Minorile. L'Accettazione.

 

 

-Una sera, a casa mia, Mario mi invitò a seguire in televisione il film 'Gioventù Bruciata' e ad ascoltare in contemporanea la radio che ne trasmetteva, per i non vedenti, la trama. Un narratore disegnava con le parole gli scenari e le sensazioni provate dai personaggi. Scoprì, attraverso questo gioco, che guardavo i film con svogliatezza e che non riuscivo a cogliere tutti quei significati, pure evidenti, che il regista, attraverso gli attori, cercava di comunicare. Ero cieco, pur vedendo benissimo. Mi piacerebbe che qualcuno attraverso questa relazione riuscisse a vedere un poco di più -

 

 

Alessandro non parlava. Si vedeva chiaramente che era arrabbiato. Alla fine non ce l'ha fatta:

 

"Sempre in ritardo. Ogni volta che ci diamo un appuntamento. Mai una volta puntuali!"

 

Io e Mario facevamo fatica a non sorridere. Alessandro aveva ragione. Ogni nostro appuntamento era caratterizzato da una qualche forma di ritardo.

 

"Siamo in anticipo. A Casal del Marmo (Carcere Minorile di Roma) ci aspettano per le tre e ancora mancano 5 minuti."

 

In fondo Mario aveva ragione mancavano 5 minuti. E in 5 minuti, con evoluzioni spettacolari Mario riuscì ad arrivare a Casal del Marmo. Gli occhi di Mario guardarono fissi quelli di Alessandro e sembrava volesse dire:

"Hai visto?" e Alessandro colmo di rabbia non sapeva più cosa dire. Io, invece, avrei voluto dire qualcosa. Seduto sul sedile davanti della vecchia 127 Rossa di Mario mi sono ben presto accorto che non solo la macchina non aveva cinture di sicurezza ma perfino il sedile non era fissato alla carrozzeria e ad ogni frenata dovevo appoggiarmi con tutta la forza al cruscotto per non andare a sbattere al vetro anteriore. Da quel giorno iniziò la mia amicizia con Mario. Avevamo parlato a lungo sugli obiettivi di quell'esperienza.

 

" Cosa ci proponiamo" chiesi a tutti

" Non è facile rispondere, - disse Mario -

giocare. Soprattutto giocare."Non so se è possibile insegnare gli scacchi, io comunque ho portato anche le dame e le carte. Vediamo cosa succede."

 

 

Forse io e Mario eravamo scettici, ma Alessandro mostrava una sicurezza invidiabile e commentava sicuro i nostri dubbi.

 

"Gli insegneremo il gioco degli scacchi!

 

Ci appariva chiaro (che ingenuità!) quello che ci accingevamo a fare quando in una giornata di fine giugno arrivammo all'ingresso del più famoso Istituto Penale per Minori di Roma?

 

"Siamo qui per insegnare scacchi! Per la UISP !"

 

Chi lo disse non lo ricordo, ma comunque ricordo che pronunciammo con un tono deciso queste prime parole. Già in altre occasioni la stessa frase ci aveva spalancato le porte di altri ingressi. Stavolta però il risultato fu imbarazzante e per poco gli agenti non scoppiarono a ridere.

 

"Scacchi? Se le inventano proprio tutte. E per chi? Questi non sono neanche capaci di leggere o scrivere e voi li volete far giocare a scacchi?"

 

Ci fu un attimo di imbarazzo non ci aspettavamo di essere accolti in questo modo proprio da coloro che ci dovevano aiutare.

 

- Ingiustamente gli scacchi, e tutti i giochi mentali, sono derisi nelle strutture scolastiche e Istituzionali. E' paradossale il fatto che il gioco nelle scuole Italiane sia praticamente bandito o sostituito dalle attività sportive, pur essendo del tutto notorio tra gli Psicologi che la personalità si forma nelle attività ludiche. Addirittura nel 1994 mi è capitato di leggere un articolo di un giornalista che attaccava duramente il Provveditorato agli studi di Roma per aver concesso dei contributi alla UISP per un progetto di gioco degli scacchi nelle scuole elementari. Pochi sono a conoscenza delle ricerche condotte in Italia a sostegno della didattica scacchistica (Marino Cnr 1993) o su altre esperienze condotte all'estero. -

 

"Scacchi certo!"

 

Ribadivamo con orgoglio: ma ci eravamo veramente resi conto di cosa significasse insegnare, qui, gli scacchi?

 

"Aspettate un attimo che ci informiamo e chiamiamo il responsabile della UISP."

 

Ci fu un break e ne approfittai per guardarmi intorno. Era una giornata calda e fastidiosa

.

 

L'entrata era come me l'aspettavo. Il portone di acciaio spesso come nei film americani, le mura alte invitavano a pensare alle fughe famose, la portineria scarna e piena di videocamere che sorvegliavano le varie uscite. Anche i sorveglianti erano come me li aspettavo. Annoiati, quasi tutti insoddisfatti, sospettosi e scorbutici ma anche noi non avevamo un bell'aspetto. Capelli lunghi, jeans e magliette sportive eravamo perfettamente intonati con l'ambiente. Ma era solo una prima impressione. Eppure ricordo, oggi come ieri, l'effetto emotivo devastante provato sia da me che da Mario e Alessandro (tutti esperti operatori della UISP) in questo primo incontro. Primo appuntamento con il reparto dell'"Accettazione".

 

"Attraverso gli scacchi si potrebbe, perlomeno, sconfiggere la noia della reclusione."

 

Spiegammo ai divertiti agenti sperando che ci capissero e osai addirittura teorizzare, proprio come uno psicologo da strapazzo, che :

 

" se è vero, come sostiene l'opinione comune, che questi ragazzi sono dentro perché "cattivi" ovvero incapaci di amare, è nell'apprendere l'arte della concentrazione che si pongono le basi per imparare l'arte di amare (Fromm)" .

 

Se non scoppiarono a ridere allora voleva proprio dire che erano davvero abituati a tutto. Comunque, lacrime agli occhi, gli agenti divertiti riuscirono alla fine a trovare Franco Piersanti, un operatore della UISP che da molti anni svolgeva, e tuttora svolge, attività sportiva all'interno di Casal Del Marmo. Verificarono l'attendibilità del nostro racconto e ghignanti ci lasciarono entrare nell'istituto. Fu quindi Franco a mostrarci la strada per andare nell'ala del Carcere riservata all' Accettazione, in cui , si dice che ci sono i ragazzi più difficili e violenti.

Franco per questi ragazzi nutriva un sentimento di tenerezza, molto paternalistico e apparentemente ingiustificato. Si vedeva chiaramente che era contento di svolgere quella attività, che credeva in quello che faceva e sapeva cosa fare. Mi fece capire che questi ragazzi non erano in grado di crescere in un'ambiente troppo duro. Paradossalmente non riuscivano neanche a capire quanto punitivo e distruttivo era il Carcere e quanto poco conviene commettere dei reati e cioè non riuscivano a capire quello che io chiamo principio della sofferenza-convenienza a non commettere reato. Secondo tale principio non conviene commettere un reato quando, se scoperti, le conseguenze conducono a subire una punizione troppo dura. Sembra che in Italia questo principio sia condiviso da molti. Prova ne è che perfino il governo ha recentemente tentato di depenalizzare, con un decreto poi ritirato, i reati legati alla corruzione, che sono reati contro la società in generale (cioè contro tutti) ma che sono in effetti reati convenienti. I reati sconvenienti, senza alcuna valenza economica sono i reati più sospetti, i più crudeli, i meno comprensibili e perciò, al di là del danno che producono, quelli da reprimere di più. Ed infatti è più facile che un vagabondo rubando un cappello si faccia due anni di carcere che un amministratore corrotto si faccia un mese di arresti domiciliari! Tale principio non è però sancito per cui il rapporto convenienza-reato non è immediatamente comprensibile per gli appartenenti a Casal del Marmo. Per noi operatori è sempre difficile far capire il motivo per cui rubare un motorino sia più grave che rubare sulle tasse. Come conseguenza i detenuti si considerano vittime di un sistema e quindi degli emarginati. Un'altra conseguenza è legata agli agenti che considerando pericolosi e incontrollabili i minori sospettano di tutte quelle attività rivolte alla loro rieducazione e al loro recupero. Le uniche attività non sospette sono quelle utili ad ammazzare il tempo. Ed è facile capirne il motivo se accettiamo per vera la teoria di Fromm (1951) secondo cui il comportamento umano legato all'"ammazzare il tempo" è un comportamento alienante tipico di una società legata ai valori "economici" (come il principio della convenienza a commettere un reato) che impedisce quel comportamento sociale teso all'amore per il prossimo. -

 

Mi impressionò l' imponente aspetto e la spiccata somiglianza dell'Istituto ad una caserma. Alla nostra destra spiccava solitaria, e forse un po' delusa, un'asta senza più bandiera

 

Al centro un piccolo cortile in cui qualcuno può anche aver eseguito degli esercizi di marcia ma che ora è proprietà esclusiva di una gelosissima coppia di oche che ogni tanto salutavano gli ospiti a colpi di becco.

 

 

Alla nostra sinistra l'edificio dell'accettazione, scarno e depresso come l'asta, ci ammiccava tenebroso con i suoi due piani.

 

Al primo, il piano più alto le celle pronte ad ospitare i singoli detenuti. Dicono siano così pericolosi che non possono assolutamente dormire assieme.

Questo primo piano dell'Accettazione la notte si riempiva di rumori e di voci. Non erano ne i fantasmi ne i detenuti, solitari e annoiati, ma i sempre presenti, pedagogici, leggendari e mitici televisori a trasmettere nel silenzio!

 

"Tutte balle , non ci credo che dei ragazzi non possono stare insieme a dormire"

 

dissi, quando Franco mi mise a conoscenza di queste dicerie .

 

"Le solite storie che sento anche a scuola"

 

mi approvò Mario e anche Alessandro era daccordo, nonostante fosse tutto preso a trasportare le scacchiere. Franco ci sorrise.

Il pianterreno, luogo del nostro lavoro, oltre a offrire bagni tristi regalava varie celle vuote e una sala ricreativa di circa 30 metri quadri dove un biliardino e un ping-pong venivano massacrati (letteralmente) per passare il tempo. Un giardino di circa 100 metri quadri rompeva l'affascinante paesaggio cementato per offrirsi come oasi estiva. L'incontro-scontro-conoscenza con i ragazzi fu molto particolare. All'inizio i detenuti iniziarono una farsa molto ben recitata in cui molti dovevano apparire brutti, pericolosi e spaventosi. Al contrario degli agenti non mostrarono ilarità quando vennero a conoscenza delle nostre intenzioni di insegnare scacchi. Anzi mi apparirono molto delusi e iniziarono a protestare imprecando la loro avversione agli scacchi. Intanto gli agenti ci osservavano tra il divertito e il preoccupato, mettendoci di fatto alla prova. Ricordo di essere stato ben presto circondato da una ventina di persone travestite di tatuaggi, capelli cortissimi, abiti trasandati. Non ci sentivamo proprio a nostro agio e in più faticavamo a distinguere tra le maschere gli agenti che di diverso avevano solo l'aspetto più datato. Il linguaggio di tutti era forzato, pieno di parolacce e bestemmie, rigido e irrispettoso, senza alcun segno di affetto. In tutti era evidente una voglia di prevalere e di competere contro l'altro. In tutti c'era la smania di dimostrarsi forti, molto più forti di come si poteva apparire. Rimasi molto turbato dall'ambiente.

 

- Già nei primi del 1900 Freud prestò attenzione alla presenza estetica delle persone cercando di definire gli eventi "perturbanti" e il "perturbante", ovvero tutto ciò che in qualche modo incute terrore o disagio alle persone. A quel tempo numerosi studiosi cercavano di spiegare l'evento perturbante come un evento nuovo, inaspettato e che proprio perché inaspettato incute disagio nella gente. Non essendo del tutto soddisfatto di tale spiegazione Freud sulla base delle sue teorie psicoanalitiche sostiene che : "(...) se la teoria psicoanalitica è nel giusto quando sostiene che qualsiasi stato affettivo pertinente a un impulso emotivo, se rimosso, si trasforma, a prescindere dalla sua natura, in angoscia, si deve allora trovare, tra gli esempi di eventi paurosi un gruppo per il quale si può dimostrare che l'evento spaventoso è costituito da qualcosa di rimosso che si rappresenta." Ciò che caratterizza la persona "perturbante" o paurosa non ha origini nuove in un gruppo ma fa riferimento a qualche stato emotivo che si rappresenta nel gruppo e che è rimosso perché crea angoscia. Sempre Freud che si è occupato di studi filologici sul significato antitetico delle parole primitive. osservava come in popolazioni poco progredite esistevano molte parole di identica scrittura che però indicavano due opposti. Un esempio poteva essere come se in italiano con la parola luce si indicasse sia la luce che il buio! Secondo Freud questo modo di indicare con parole equivalenti termini opposti è simile a ciò che facciamo nel sogno dove tutto ciò che può apparire buono può essere in realtà cattivo e viceversa. Il linguaggio dei detenuti prevede molte parole primitive e a seconda del contesto, (soprattutto le parolacce) sono usate per offendere e / o lodare. Queste osservazioni mi permettono di azzardare delle considerazioni:

1 intanto la rappresentazione perturbante nasconde un disagio emotivo (rimosso) di gruppo di cui nessuno è e vuole essere consapevole. Probabilmente il fatto di essere considerati dei mascalzoni o dei furfanti è il fulcro del rimosso. Il significato che la società da a questi termini è essenzialmente l'opposto di quello che intende il minore in carcere, ma soprattutto sono gli effetti ad essere opposti. Nella società il cattivo (o più esattamente il sociopatico) è generalmente esiliato o emarginato. Nel carcere è l'esempio, il polo di aggregazione. La risposta ad evitare l'isolamento e la solitudine (ovvero in generale come direbbe Fromm "il senso di morte sociale") è evidente e si ottiene trasformando l'angoscia e investendola di un nuovo significato. Come in un sogno dove il buono è anche cattivo e viceversa;

2 il gergo Carcerario fa pensare di essere in presenza di una popolazione primitiva (!) ove sono presenti parole di natura opposta (come "infame") che talora sono dette per offendere (massimamente) e talora per lodare (massimamente). Anche in questo caso sembra quasi di vivere un sogno e i significati (buono e cattivo) sono diversi a seconda della popolazione di riferimento.

In tale contesto (in un sogno dove ognuno sperimenta, di fronte allo stesso evento, significati diversi) l'operazione rieducativa è destinata a fallire miseramente se:

a) nessuno si rende conto della recita condotta ;

b) vengono deliberatamente ignorati i rimossi e le paure dei minori;

c) si partecipa alle gesta primitive - regressive dei ragazzi;

d) l' ambiente primitivo non permette la possibilità dello scambio delle informazioni determinando di fatto l'impossibilità di cogliere le opportunità moderne poiché si è del tutto impermeabile alle novità -

 

"Ecco questa è la stanza dove si farà scacchi"

 

così dicendo Franco ci aprì una saletta chiusa da sei mandate e da un robustissimo lucchetto.

 

"Cosa ci sarà mai?"

 

ci venne da pensare e mentre Franco apriva la stanza io Mario e Alessandro ci guardavamo intorno spazientiti e curiosi. Ed ecco il tesoro!Polvere, polvere a non finire! E tra i gioielli trovammo ben due tavoli traballanti, che potevano stare bene in casa di qualche personaggio di Walt Disney (come Pippo), e due mitiche sedie di plastica! Subito commentai:

 

" Ma che carini, hanno pensato che si può giocare a scacchi seduti! "

 

Sorpresa tra le sorprese trovammo un armadio rotto in legno molto leggero che nascondeva due mazzi di carte con 37/38 carte l'uno e un gioco dell'oca.

" Questo materiale testimonia una attività passata " - disse Alessandro rivolgendosi a Franco e agli agenti - " quindi qualcuno già ha fatto una qualche attività di gioco. Sapete chi? "

 

Nessuno però ricordava niente (e come poteva essere altrimenti!). Franco provò a ipotizzare che fosse stato il Sacerdote dell'Istituto, ma non ne era sicuro. Ben presto ci accorgemmo che la sala (lo so è un eufemismo) era un vero forno. In quell'arsura mi domandavo perché i tavolini e le scarne sedie non fossero stati messi a disposizione dei ragazzi durante le ore di libertà e magari poste nella stanza del Biliardino e del ping-pong dove ancora oggi sono costretti a stare in piedi, o seduti per terra, o sdraiati sul tavolo da gioco. Feci questa domanda a un agente, che mi rispose con un dialetto

tipico del sud e mi sentii rispondere:

 

" Si, pure le sedie oltre al Biliardino, così se le danno in testa."

 

Non commentai. Intanto mossi da spirito missionario Alessandro e Mario iniziarono a mettere ordine. Fu Alessandro però ad esagerare rivolgendosi prima a Mario poi a Franco e infine ad un Agente chiedendo:

 

"Avete uno straccio per spolverare?"

 

Questa richiesta gettò nello sconforto gli agenti che con gli occhi offesi ci sembravano urlare:

 

" Ma come vi permettete. Mica tocca a noi pulire... che ne sappiamo noi di questi attrezzi poco professionali""

 

Sono convinto che se avesse chiesto una bomba a mano l'avrebbe avuta in pochi minuti!. Mario, fantasioso come al solito, adoperò alcune scacchiere di carta come stracci e tutti noi iniziammo a fare altrettanto. Alla fine riuscimmo a rendere l'ambiente un poco più pulito ma mai avrei pensato in vita mia di poter giocare a scacchi in un tale...!

L'operazione pulizia divertì moltissimo i ragazzi, al punto da schernirci sottovoce, paragonandoci a delle signorine. Ci rendemmo subito conto che l'igiene non interessava proprio nessuno, era un opzional da dimenticare. Viste le condizioni non proprio ottimali e il caldo provammo a farci accompagnare dagli agenti nel cortile "oasi" dell'accettazione. La cosa non fu possibile, non chiedetemi il motivo perché ancora non l'ho capito nonostante una discussione tra noi e gli agenti. Continuavano però a dire ai ragazzi con atteggiamento da professori vecchio stampo:

 

" gli operatori sono qui per voi, per farvi giocare, non dovete andare in cortile - oppure - " non meritate niente non capite

come ci si deve comportare " - e ci ripetevano insistentemente - " vedete...è inutile il gioco degli scacchi non è fatto per loro...".

 

Fummo così costretti a fare scacchi in quella sala da cartone animato.

Comunque dopo un primo momento di imbarazzo determinato sia dalla nostra ansia che dalla curiosità dei detenuti, fu molto facile conoscersi e socializzare. Le prime domande dei ragazzi erano:

 

" Perchè siete qui? Vi pagano? "

 

Noi eravamo molto più interessati a scoprire le loro attitudini al gioco. In breve scoprimmo che qualcuno conosceva la dama, pochi sapevano giocare a carte e soprattutto a giochi semplici come la scopa e l'unico gioco praticato in Istituto, escludendo le varie attività sportive, era il biliardino. Il Ping Pong serviva da tavolo per sedersi!

Alcuni, i più delusi e permalosi, ci evitavano e se interrogati si presentavano dicendo di non saper giocare affatto (ma era un'evidente bugia per essere lasciati in pace). Le nostre prime osservazioni, attraverso alcuni giochi di carte come la scopa e la briscola, evidenziarono una evidente scarsa cultura in tutti i ragazzi. Infatti, come peraltro nota, molti non sapevano leggere o scrivere correttamente, prova ne era che confondevano con facilità le carte e avevano difficoltà nelle somme.

 

- Mi è capitato di assistere in un successivo intervento ad una partita a carte tra un'agente e un detenuto appena arrivato. Il ragazzo (lo chiameremo Filippo) che mostrava chiari segni di astinenza da droga, era nervoso e cercava continuamente di farsi valere nel gruppo. Era schernito da tutti. L'agente sfidò questo ragazzo ad una partita a Scopa iniziando a barare spudoratamente, tra l'ilarità generale, giocando addirittura poste in denaro, facendo vedere a tutti quanto stupido fosse Filippo che non si accorgeva dell' imbroglio (in realtà più che stupido Filippo non era in grado di concentrarsi). Andò avanti così per molto tempo, finché perfino io mi innervosii. Ricordo di essere intervenuto con molta rabbia chiedendo di sospendere il gioco e mi inimicai molti ragazzi che si divertivano e gli agenti presenti. La partita fu, dietro mia insistenza sospesa e in seguito riuscì, anche se con difficoltà, a riconquistare l'amicizia del gruppo. Ma non finì così. Successivamente il gioco si trasformò e divenne più perverso e pericoloso. Filippo, mal consigliato, fu invitato a vendicarsi dai suoi amici. Gli fu detto che l'agente era in realtà un volontario "cacasotto" e che se impaurito era capace anche di rimediare della droga. Quindi fu spinto a minacciarlo. L'agente, coinvolto nel gioco, per diverso tempo finse di essere un codardo, fino a quando, con sorpresa di Filippo, non lo denunciò a un collega. La cosa andò avanti fino a quando Filippo non fu talmente spaventato da avere quasi una crisi violenta e a quel punto, umiliato, tutti gli spiegarono la recita. -

 

"Sai giocare a biliardino? "

 

Mi chiese Marco, dopo aver giocato per un po' a scacchi con me.

 

"Certo", risposi sicuro.

 

"Allora vieni, andiamo a sfidare qualche infame".

 

Andiamo, pensai, non sapendo cosa stavo facendo. Ero animato dall'obiettivo di capire e di partecipare al mondo ludico di questi ragazzi, ai loro sogni alla loro rappresentazione della vittoria.

 

"Giochiamo a biliardino!"

- In una ricerca ho sottolineato come è importante capire il mondo ludico degli adolescenti e come nelle scuole nessuno si interessi veramente dei giochi conosciuti dagli allievi ( nota 1). La scuola può far giocare, ma non esplora il presente attraverso la conoscenza dei giochi dei ragazzi. Per tale motivo non si aggiorna, rimane vecchia ed è sempre vissuta come antiquata. Così anche le istituzioni che come finalità si interessano al recupero e alla reintegrazione sociale ignorano il vissuto giocoso delle persone. -

 

Conobbi gli "infami" avversari e con arroganza mi domandarono:

 

" Ma sai giocare? "

 

" Certo - insistei con la stessa arroganza"

 

" Bene allora ci possiamo giocare 10 "frontini!".

 

- Il frontino, nato come posta-punizione si è affermato come soluzione al problema del denaro che in carcere non esiste ed è tollerato dalla polizia carceraria perché rispetta il principio economico della sofferenza-convenienza citato prima, è uno schiaffo dato con discreta violenza sulla fronte dello sconfitto, che non ha diritto di replica ne di protesta per dimostrare, comunque anche se sconfitto, la propria forza. Se il frontino è dato con troppa forza bisogna comunque reagire con una serie di imprecazioni e far capire che ci si sarebbe successivamente vendicati. -

 

Potevo rifiutare? Potevo tirarmi indietro? Potevo fare la figura dell'infame codardo? Ero caduto in trappola! Accettai e fortuna volle (e che fortuna!!) che riuscì a vincere.

A questo punto fui io a tessere la mia trappola e rifiutai di dare i frontini agli sconfitti proponendo, come contropartita per la mia vittoria una Coca-Cola da ricevere la volta successiva.

 

" Va bene - risposero sconfitti - la prossima volta ti porteremo la 'Coca' !"

 

Ero soddisfatto. Avevo vinto due volte. Già nel primo intervento ero riuscito a modificare le poste stupide e violente. Il processo rieducativo era, secondo me, iniziato e se fossi tornato sarebbe continuato.

 

 

La lezione fu estenuante e durò un'ora e mezza. Alla fine rimanemmo a parlare e a confrontarci con Franco. Fu evidente nella discussione che Mario era rimasto attratto dall'enorme difficoltà operativa di questi interventi e parve mostrare un immediato coinvolgimento emotivo per questi ragazzi così difficili.

 

 

Comunque alla fine di questo primo incontro io, Mario e Alessandro eravamo distrutti, sorpresi e perplessi, anche perché sembrava evidente i che nonostante ce l'avessimo messa proprio tutta non eravamo riusciti graditi. Le domande che ci ponevamo erano le seguenti:

 

"Eravamo in grado di continuare quest'attività? Sarebbe servita a qualcosa? Potevamo tornare o ci avrebbero accolto tutti di nuovo con diffidenza?".

 

A queste domande Mario mi rispose:

 

" sai, all'interno ho riconosciuto un mio ex allievo delle elementari.

Era un ragazzo che a me piaceva moltissimo, ma che veniva sempre cacciato dalla classe.

Lo trovavo spesso che vagava nei corridoi mentre era in punizione, e mi intrattenevo a parlare con lui.

Ora lo ritrovo qui.

Una vera sconfitta della scuola.

Una mia grande sconfitta!".

 

Le sue parole non lasciavano dubbi. Saremmo tornati.