TAR VENETO, SEZ. III - Ordinanza 5 settembre 2000 n. 1365 - Pres. Franco, Est. Springolo - Ericsson telecomunicazioni Spa c. Comune di Venezia, con intervento ad opponendum di Verdi ambiente e società O.N.L.U.S.

Impianti provvisori di telefonia mobile - Delibera della Giunta comunale - Domanda cautelare - Periculum in mora - Non sussiste.

Non è lesiva attualmente degli interessi del ricorrente la delibera del Comune che regola gli impianti provvisori, essendo un provvedimento di carattere generale (1).

TAR VENETO, SEZ. III - Sentenza 24 maggio 2000 n. 1120 - Pres. ed Est. Zuballi – Telecom Italia Mobile S.P.A. c. Comune di Venezia, intervento "ad opponendum" del Codacons (per il testo integrale della sentenza formato pdf clicca qui).

La legge n. 249/1997 affida al Ministero dell’Ambiente il potere di determinare i tetti di radio-emissioni compatibili con la salute umana, condizione per il rilascio delle concessioni di installazione degli impianti di stazioni radio base per sistemi di telefonia mobile.

Non spetta al Comune dettare le linee guida in materia di limiti delle emissioni degli impianti radio base di telefonia cellulare, in sede di disciplina del procedimento di rilascio delle relative concessioni edilizie.

La relativa delibera di Giunta, che assume natura regolamentare, è illegittima per incompetenza assoluta del Comune.

Il Sindaco in materia sanitaria può adottare provvedimenti a tutela della salute pubblica solo attraverso la decretazione d’urgenza, ai sensi della legge n. 142/1990 art. 38 (2).

(1-2) Tutela della salute umana, inquinamento da onde elettromagnetiche e competenze del Comune.

di FRANCESCO VERGINE

Sommario — 1. Il fatto 2. Le ragioni del ricorso 3. Gli interessi pubblici coinvolti. 4. La sentenza del TAR VENETO n.1120 del 15 maggio 2000. 5. Considerazioni sulla motivazione della sentenza. 6. I poteri del Comune.

 

1. Una notissima società di telefonia mobile, concessionaria dello Stato, impugna davanti al giudice amministrativo, chiedendone l’annullamento, una deliberazione di Giunta Comunale recante "Installazione di impianti radiobase per telefonia mobile. Applicazione del Principio di giustificazione".

La ricorrente assume che il Comune intimato aveva già deciso con precedente atto deliberativo di disciplinare il procedimento di rilascio della concessione edilizia per la installazione di impianti di telefonia radiomobile, inserendovi il parere obbligatorio dell’ISPESL, Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, nonché il parere della AUSL locale.

All’ISPESL in particolare veniva affidato dal Comune, in sede di istruttoria amministrativa, il compito di accertare il rispetto del principio di minimizzazione delle esposizioni della popolazione ai campi elettromagnetici.

Il rilascio della concessione edilizia per gli impianti di telefonia veniva così subordinato al parere favorevole dei citati organi tecnici.

Il gestore della telefonia mobile contesta la successiva delibera della Giunta sulla materia in quanto il livello di esposizione che l’ISPESL intende imporre a tutti i gestori (0,5 V/M) è di molto inferiore al livello previsto dall’art.4 c.2 D.M. n.381/1998 (6 V/M) in corrispondenza di edifici adibiti a permanenze non inferiori alle quattro ore.

Afferma in particolare che nel 1999 l’Istituto superiore di sanità aveva espressamente escluso effetti acuti di natura termica sull’uomo in conseguenza di esposizione ai campi elettromagnetici generati dalle stazioni radio base, ritenendo altresì dubbia la necessità di adottare valori inferiori a quello suggerito dalle organizzazioni sanitarie nel mondo, pari a 41 V/M.

Si costituisce, svolgendo intervento ad opponendum, il Codacons, coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e la tutela dei diritti di utenti e dei consumatori, per sostenere le ragioni del Comune resistente.

 

2. La società ricorrente espone in diritto una serie di motivi, tra cui assume specifico rilievo la asserita incompetenza del Comune sulla materia in generale e della Giunta in particolare, trattandosi di atto di indirizzo spettante come tale al Consiglio Comunale.

Spetta allo Stato, secondo la ricorrente, la tutela della salute pubblica e dell’ambiente, secondo il disposto della legge n.59/1997 art1 c.4, nonché del decreto leg.n.112/1998, artt.83 c.1,112,115 e del D.M. n.381/1998.

Le ragioni del mantenimento di tali compiti nella competenza statale si collegano alla necessità di una uniforme disciplina sul territorio nazionale della tutela della salute e dell’ambiente, attraverso criteri e parametri eguali per tutti.

In particolare, le norme citate, secondo la società di telefonia, attribuiscono allo Stato la competenza esclusiva circa la fissazione dei limiti delle radio frequenze compatibili con la salute dell’uomo. Alle Regioni ed alle Province autonome compete, invece, la disciplina della installazione degli impianti.

Ne consegue, secondo il gestore ricorrente, che le Regioni non possono derogare ai criteri e limiti di legge statale e del D.M.n.381/1998. Inoltre, sarebbe escluso ogni potere dei Comuni in materia, ancorché l’esercizio di detti poteri venga fondato sulla pretesa di proteggere la salute pubblica.

Si contesta, d’altro canto, la applicazione del principio di minimizzazione dell’esposizione operata dal Comune mediante la delibera impugnata.

Il ricorrente conclude affermando che il D.M. n.381/1998 già prevede l’applicazione di detto principio stabilendo il valore massimo di 6 V/m.

Ne consegue l’illegittimità dell’atto deliberativo del Comune che fissa un limite del tutto diverso e sensibilmente inferiore, cui devono attenersi i gestori delle stazioni radiobase.

 

3. La questione proposta ai giudici amministrativi concerne nella sostanza la tutela della salute della collettività rispetto alle emissioni radio dei cd ripetitori per telefoni cellulari, che si stanno moltiplicando sul territorio, grazie anche all’aumento del numero dei gestori concessionari del relativo servizio.

Si ritiene oramai indubbio che gli impianti in questione debbano essere assoggettati a concessione edilizia , poiché non si tratta di impianti tecnologici posti a servizio degli edifici su cui vengono installati, in quanto è di tutta evidenza la loro funzione nei confronti di vaste aree del territorio interessato, dovendo appunto garantire il servizio alla generalità degli utenti che in quell’area gravitano.

In generale, la giurisprudenza amministrativa ritiene che gli impianti di ripetizione di segnali radiotelevisivi e per i servizi teleradiotelefonici hanno rilevanza edilizia quali elementi di trasformazione del territorio.

In tal senso si sono espresse diverse pronunce dei tribunali amministrativi (TAR Emilia Romagna, sez. II, 4 aprile 2000 n.432; TAR Emilia Romagna, sez. di Parma, sentenza 17.4.2000 n.229; TAR Veneto ,sez. II, ordinanza n. 1010 del 14.6.2000) ed il Consiglio di Stato (CdS, V sez., 6 aprile 1998 n.415).

Deve però ritenersi che il profilo edilizio ed urbanistico in genere non possa esaurire i molteplici aspetti coinvolti dalla vicenda, tra i quali almeno altri due devono essere tenuti in considerazione:

- la tutela della salute, come detto, che costituisce il fondamento della azione delle associazioni portatrici di interessi collettivi;

- l’assetto normativo delle competenze nella materia, relativamente alla installazione di stazioni radiobase per la telefonia mobile, alla disciplina del relativo procedimento amministrativo volto al rilascio del titolo concessorio, nonché alla determinazione dei limiti delle radio emissioni.

In definitiva, l’interesse pubblico in ordine alla tutela del diritto alla salute garantito dalla Costituzione art.32, l’interesse pubblico urbanistico - edilizio, l’assetto delle competenze dei diversi soggetti pubblici coinvolti sembrano gli aspetti di rilievo della vicenda che ci occupa.

 

4. Proprio con riferimento all’aspetto sanitario il TAR Veneto, con la sentenza che si annota, ha ritenuto che la Giunta comunale non può adottare un regolamento che detta le linee guida in materia di concessioni edilizie di nuovi impianti radiobase.

Si tratta infatti nel caso di specie di un provvedimento di natura regolamentare in materia di sanità, che definisce i parametri di esposizione ai campi elettromagnetici, rapportandoli a standards più rigidi rispetto a quelli fissati a livello statale.

In tal senso il TAR Veneto ricorda che la legge attribuisce al Sindaco e non al Comune potestà in materia sanitaria, potestà esercitabile tramite le ordinanze contingibili ed urgenti, emanabili in relazione ad un grave pericolo di danno imminente, che deve essere oggetto di adeguata motivazione.

Inoltre, la situazione di danno o di pericolo deve constare al Sindaco attraverso inequivoci accertamenti tecnici.

Secondo i giudici veneziani è certo che non era tale la situazione presupposta dalla delibera impugnata, che era volta invece a regolare in via ordinaria le installazioni in questione.

Risulta tuttavia assorbente, nel ragionamento seguito dall’estensore, la considerazione secondo cui la competenza a fissare i tetti delle radio-emissioni spetta secondo la legge n.249/1997 al Ministero dell’Ambiente d’intesa con altri Ministeri, mentre spetta al Comune solo il compito di verificare il rispetto dei limiti in sede di rilascio delle concessioni edilizie.

Tali limiti sono stati in effetti determinati nel Decreto interministeriale 10.9.1998 n.381 che, al contempo, con l’art.4 affida alle Regioni la disciplina dell’installazione e modifica degli impianti di radiocomunicazione.

Appare pertanto decisivo constatare che la delibera impugnata verte su materia che spetta allo Stato ed alle Regioni per alcuni profili, ma non ai Comuni.

Inoltre, risulta indubbio che trattandosi di atto avente natura di regolamento esso, qualora ne ricorresse la competenza secondo legge, spetterebbe al Consiglio Comunale, ai sensi della legge n.142/1990 art.32 e non alla Giunta, cui spettano solo i regolamenti di organizzazione degli uffici e dei servizi.

Conclude il TAR Veneto dichiarando, conseguentemente, la incompetenza assoluta del Comune e quindi disponendo l’annullamento della delibera di Giunta impugnata.

 

5. Deve in effetti constatarsi che la legge n.249/1997 ha affidato la determinazione dei tetti di

radiofrequenze compatibili con la salute umana al Ministero dell’Ambiente, d’intesa col Ministero della Sanità e delle Comunicazioni, sentiti l’Istituto Superiore di Sanità e l’Agenzia Nazionale Ambiente.

Il Decreto 10 settembre 1998 n.381(Regolamento recante norme per la determinazione dei tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana) adottato in attuazione della legge, è in effetti un atto interministeriale volto a disciplinare in termini generali la materia dei valori di esposizione della popolazione, esclusi i lavoratori esposti per ragioni professionali, nonché a definire il quadro delle competenze normative e di vigilanza.

Esso è stato preceduto da autorevoli pareri tecnici, tra cui quello espresso dall’I.S.S.

L’Istituto nella circostanza condivise l’esigenza di una politica di cautela, manifestando però "perplessità in considerazione dell’attuale stato di conoscenza scientifica, nei riguardi dell’adozione di misure più restrittive specifiche… " , come recita la premessa del citato D.M. n.381/98.

Con l’art.4 il Regolamento affida poi alle Regioni la adozione di norme in tema di installazione e di modifica degli impianti al fine di garantire il rispetto dei limiti di cui all’art.3 e dei valori di cui al comma 2 dello stesso articolo 4.

La norma attribuisce alle Regioni, inoltre, le attività di controllo e vigilanza, anche in collaborazione con l’Autorità per le comunicazioni.

Il quadro normativo che ne risulta sembra in effetti evidenziare che gli Enti locali non sono titolari di alcuna competenza normativa regolamentare di carattere autonomo nella materia de qua.

Residua tuttavia forse la potestà regolamentare dei Comuni sotto il profilo urbanistico ed edilizio degli impianti radiobase, che dovrà essere però coerente con la disciplina regionale e statale in materia.

Sebbene siano per tali ragioni condivisibili le conclusioni del Collegio giudicante, fondate sostanzialmente sull’assetto normativo delle competenze dei diversi Enti nella materia, risultano poco chiare le argomentazioni utilizzate.

Rilevano a tal fine due profili: l’interesse a ricorrere del gestore; i poteri del Sindaco e del Comune in materia sanitaria.

In ordine al primo profilo, ritiene il giudice amministrativo che "…vi è la precisa indicazione nell’ impugnata delibera giuntale, oltre che nel parere I.S.P.E.S.L. di utilizzare limiti inferiori a quelli di cui al decreto ministeriale. Ciò di per sé comporta una lesione della sfera giuridica della ditta ricorrente".

Non si comprende come possano avere effetto di immediata e diretta lesione della sfera giuridica della società ricorrente le disposizioni generali di un regolamento in cui si rinviene la mera volontà della Giunta comunale di applicare limiti alle radioemissioni, sebbene inferiori a quelli previsti dal Decreto interministeriale n.381/1998.

Inoltre, la delibera si limita ad introdurre una disciplina generale del procedimento amministrativo di rilascio della concessione edilizia, inserendovi il parere obbligatorio della I.S.P.E.S.L. e della .A.U.S.L.

La delibera di Giunta così assume il ruolo di atto presupposto rispetto all’atto conclusivo del procedimento concessorio edilizio.

Secondo i principi, la lesione della posizione soggettiva attiva vantata dalla ricorrente può derivare di regola solo dall’eventuale diniego della concessione, o prima ancora dal parere contrario adottato dagli organi tecnici. A tal punto potranno essere impugnati insieme l’atto sfavorevole ed il regolamento presupposto.

Infatti,con una recentissima ordinanza cautelare n.200001365 del 5.9.2000, lo stesso TAR Veneto ha affermato che non sussiste pericolo di danno per il ricorrente in ordine ad una delibera di Giunta comunale, che subordina l’utilizzo di impianti provvisori di telefonia mobile alla presentazione di una relazione tecnica da parte del gestore.

Trattandosi di "…provvedimento di carattere generale, non lede attualmente l’attività della società ricorrente".

Il giudice veneziano ha così respinto la domanda incidentale di sospensione di una delibera comunale che regola gli impianti provvisori ,altrimenti privi di qualsiasi disciplina ,non essendo richiesto neanche un titolo edilizio.

L’ordinanza cautelare citata è quindi di segno esattamente opposto, in punto di interesse a ricorrere del gestore di telefonia mobile, rispetto alla sentenza n.1120/2000 del medesimo TAR.

 

6. In ordine ai poteri del Comune,poi, non sembra che essi siano così rigorosamente limitati alle sole ordinanze d’urgenza del Sindaco , ex art.38 legge n.142/1990, attesa la funzione di autorità sanitaria locale che a questi la legge attribuisce, come lo stesso giudice ricorda espressamente in motivazione, citando il T.A.R. Lombardia sentenza n.378/1998 (cfr. legge n.833/1978 artt.13 e 32; legge n.180 /1978; legge n.142/1990 art. 38 c.1 ,lett. b).

In disparte la ovvia considerazione che il DPR n.915/1982, citato dai giudici amministrativi, risulta abrogato a suo tempo dal decreto legislativo n.22/1997, c.d. decreto Ronchi, occorre qui rilevare che la tutela della salute della collettività amministrata, residente sul suo territorio, spetta senz’altro al Comune.

Anzitutto, il Sindaco svolge funzioni di Autorità sanitaria locale. Queste non si esercitano solo mediante l’emanazione di ordinanze urgenti ex art.38 essendo oramai il Sindaco, anche secondo le recenti leggi di riforma della sanità, considerato "garante" della salute pubblica sul territorio.

In secondo luogo, la giurisprudenza ha riconosciuto che quale ente esponenziale degli interessi della comunità residente il Comune è legittimato ad agire anche in giudizio ai fini di tutela della salute pubblica.

In tal senso si è pronunciato il Tribunale di Parma con ordinanza 22 luglio 2000, in causa civile tra il Comune di Parma e la società TIM, anche qui con l’intervento del Codacons Emilia – Romagna ed altri.

Il giudice parmense ha stabilito, in sede di reclamo ad ordinanza cautelare resa ex art.700 cpc, che la tutela della salute delle popolazioni residenti sul proprio territorio a fronte di installazioni che generano campi elettromagnetici costituisce funzione propria del Comune, espletabile attraverso due strumenti:

- il ricorso alla giurisdizione ordinaria anche in sede cautelare allo scopo di inibire o far cessare il funzionamento delle installazioni pericolose;

- l’adozione di misure amministrative che diano piena attuazione al "principio di cautela", anche più restrittive di quelle imposte dalla legislazione statale.

Appare quindi evidente che i Comuni sono preposti alla tutela della salute collettiva in via ordinaria e non solo a fronte di urgenti e necessitate situazioni di pericolo presidiate mediante le ordinanze contingibili del Sindaco.

E’ auspicabile in definitiva che la futura legge nazionale quadro sul fenomeno dell’elettromagnetismo generato dalle stazioni di telefonia mobile e da impianti simili possa definire con precisione il ruolo dei Comuni in una materia dove convergono diversi rilevanti interessi pubblici che devono essere unitariamente presidiati dall’amministrazione.

FRANCESCO VERGINE

Dirigente Polizia Municipale di Venezia




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