WHEN ANGELS SINGS - CAPITOLO 3

 

IO VAGABONDO

 

 
La notte era giunta nuovamente. I raggi lunari si riflettevano sul torrente che scorreva, mentre Liv era ancora sveglia.
<<La luna. Com'è bella questa sera>>
Continuò ad ossevare quella sfera luminosa, così lontana, eppure così vicina.
<<Dimmi tu cosa fare>>
Sperò in una risposta da parte dell'astro, ma invano. L'aria di mezzanotte era gelida. Mancavano pochi giorni ormai all'inverno. Tutti dormivano, ma lei no. L'insonnia. Una delle poche cose che non riusciva a fare: dormire. Forse l'inquietudine, forse l'atmosfera notturna, forse la pace o la strana tensione in quel momento del giorno. Per uno di questi motivi, o per altri che non si possono neanche immaginare, lei non riusciva ad abbandonarsi al sonno che prendeva tutti. Da piccola dormiva solo per le ore indispensabili, poi, da dopo lo sviluppo, non ne sentiva più il bisogno. Eppure non sembrava in cattiva salute. Benché fosse magra, non mangiava che quel poco per saziarsi. In casi eccezionali, per non far preoccupare Lucia, mangiava più di quello a cui era abituata, e così di notte si sentiva male. L'oscurità era il suo rifugio. L'ipocrisia che mostrava durante il giorno e quando era in compagnia la faceva vergognare di sé stessa. Lei non era come appariva. La sua allegria, la sua disponibilità, la sua gioia di vivere erano solo invenzioni. La Liv sempre sorridente, era solo una finzione. La sua persona, che poteva sembrar covare solo amore, provava esattamente l'opposto: odio. Odiava tutto di quel mondo a cui apparteneva: le guerre, la fame, l'indifferenza, l'incoerenza, la menzogna... Alla fine, odiava anche se stessa, perché anche lei era ipocrita, bugiarda, lo stesso provare odio era diventata la sua colpa. Lei voleva solo vivere come una normale ragazza di sedici anni, con problemi, cotte adolescenziali, amiche con cui confidarsi... Voleva tutto tranne ciò che aveva, perché nessuno le aveva insegnato ad apprezzare la propria fortuna. Se suo fratello fosse stato ancora vivo...Sì, se Ryan fosse stato lì, probabilmente tutto ciò che le stava attorno le avrebbe suscitato solo un'immensa felicità. Ma Ryan non c'era più, e tutto ciò che provava ora guardandosi intorno era disprezzo. Guardò Lucia: l'unica amica che abbia mai avuto, oltre a Anya. Le dispiaceva farla preoccupare. Lei era così piena di vita, amava tutto di ciò che aveva intorno. Aveva i suoi difetti, certo, come tutti del resto, ma era..., sì, lei era speciale: le aveva fatto apprezzare una delle cose più belle del mondo, che forse avrebbe guardato con indifferenza, se non l'avesse incontrata: l'amicizia. Lucia era la sua migliore amica. Forse solamente quando loro due rimanevano sole, riusciva a sorridere sinceramente, cosa che non le era più capitata da quando quel ragazzino se n'era andato...
Sì, quel ragazzino doveva essere per forza Kei. La sua sciarpa bianca, i suoi occhi malinconici, il suo voler stare isolato...tutto tornava. Da lì in poi, non aveva desiderato altro che aprire il suo cuore alla gente, dimostrare agli altri che persona era veramente dentro...perché lei l'aveva capito, che persona era Kei in realtà. Lei capiva subito come erano le persone.
Non riusciva a capire come era se stessa.
Chi sono io, si ripeteva ogni notte. Non trovava la risposta. E ora aveva un altro problema a cui pensare: si doveva innamorare di Kei? Forse Anya aveva ragione, forse era troppo tardi: forse si era innamorata davvero. Lui era un nemico, uno contro cui combattere, l'avrebbero buttata fuori dalla Paradise se avessero saputo cosa provava, e lei si era ripromessa di restare lì fino a che non fosse diventata maggiorenne.
Sospirò. Che doveva fare? Sfiorò il suo ciondolo, il suo portafortuna. Volse nuovamente lo sguardo alla luna.
<<Dimmi tu cosa fare>> ripeté piano la ragazza.
Un attimo di silenzio, poi...
<<Non dovresti stare sveglia a quest'ora>>
La ragazza si voltò, e vide Kei. Nascose il ciondolo sotto i vestiti, gesto che , a causa dell'oscurità, Kei non poté percepire.
<<Non ho sonno>> si giustificò Liv.
<<E non avevi sonno neanche ieri notte?>>
<<Sarà un periodo>>
La quiete.
<<E tu, perché sei sveglio?>>
<<C'è una strana tensione nell'aria; ho un brutto presentimento>>
<<E non dormi solo per quello?>> rispose Liv in tono scettico.
<<Sei così sicura di tutto?>> Kei la guardò,
<<Potrebbe anche essere>>
Kei distolse lo sguardo da lei e lo volse al cielo. Che cosa le era successo? Sembrava un'altra. E se non fosse stata lei?
Fece per guardare nuovamente la ragazza, ma lei non c'era. Si voltò verso l'albero alle sue spalle. Si era arrampicata sull'albero e ora, seduta su un ramo aveva lo sguardo perso nel vuoto. Provò compassione per lei. Era evidente che soffriva dentro di sé. E lui lo sapeva, poiché anche lui aveva sofferto.
Si girò, e fece una cosa che attirò l'attenzione della ragazza.
<<Io un giorno crescerò, e nel cielo della vita volerò, ma un bimbo che ne sa, sempre azzurra non può essere l'età...poi, una notte di settembre mi svegliai, il vento sulla pelle, sul mio corpo il chiarore delle stelle, chissà dov'era casa mia, e quel bambino che giocava in un cortile...io vagabondo che son io, vagabondo che non sono altro, soldi in tasca non ne ho, ma lassù m'è rimasto Dio...>>
Liv guardò il ragazzo. Non aveva parole. Non si sarebbe mai immaginata che un ragazzo come lui sapesse cantare e, soprattutto, che avesse una voce così bella. Kei ricambiò lo sguardo, serio e calmo. Ma quello sguardo suscitò nella ragazza un sorriso. Cos'era quella sensazione? Si sentiva leggera, liberata da ogni peso o preoccupazione. Quel ragazzo...anche se per un solo istante, l'aveva fatta sentire felice.
Abbassò lo sguardo. No, non doveva, non poteva farsi vedere così da lui. No.
<<Cosa c'è che non va?>> Kei si avvicinò all'albero.
<<Questi non sono affari tuoi>>
<<Ma guarda te...rispondiamo persino allo stesso modo>>
Kei sembrava nervoso, assillato da un dubbio.
<<Kei, se hai qualcosa da chiedermi spara, non mordo>>
Lui esitò. Ma poi si decise.
<<Tu sai dove posso trovare...>>
<<...trovare?>> lo incitò Liv.
<<...le Crazy Angels?>>
Liv sospirò. Ecco, lo sapeva. Gli importava solo del suo lavoro.
<<Come mai hai tutta questa fretta? Prenditela comoda, tanto loro non si fanno prendere>>
<<Mi meraviglia che un agente dica "prenditela comoda">>
<<Oh, come l'avrai mai capito?>>
<<Non scherzare...vuoi sapere davvero perché voglio concludere in fretta il mio lavoro?>>
<<Beh, ad essere sincera, sì, se per te non è un problema>>
Kei sospirò.
<<Sò che una delle due ragazze è per metà ebrea...>>
Il cuore di Liv cominciò a battere. Come poteva saperlo?
<<...e mio padre e mia madre sono stati uccisi da un'emissario ebreo della DH>>
<<E...che c'entra quella ragazza con l'omicidio dei tuoi genitori?>>
<<Sò per certo che è la figlia dell'emissario. In altre parole, mi voglio vendicare>>
Il cuore della ragazza pianse, ma il suo volto era segnato da un indifferente interesse.
<<Sei sicuro di quello che vuoi fare. L'omicidio genera l'omicidio, e questa non è una bella cosa>>
<<Lo sò, ma non mi importa. Anche se dovesse venire qualcuno a vendicarla, non mi farò ammazzare. Appena terminata questa missione, ho un'altra impresa che non ha niente a che fare con il mio lavoro>>
<<E cioè?>>
<<Devo...>> Kei abbassò lo sguardo <<devo trovare una persona, anche se in verità, penso di averla già trovata>>
Liv si agitò nuovamente.
<<Liv, ti devo fare un altra domanda>>
<<Ti ho già detto che non ho problemi a rispondere a delle domande>>
<<Ok>> Kei sospirò <<tu...ti ricordi per caso se da piccola sei stata baciata da un ragazzino...?>>
<<Se mi devi chiedere qualcos'altro, fallo ora>>
<<... e se da quest'ultimo hai ricevuto un ciondolo a forma di ballerina?>>
Liv si stava facendo prendere dal panico. Non poteva, non doveva dirgli di sì. Ma aveva ritrovato colui che l'aveva fatta sorridere sinceramente da piccola...Ed ora doveva rinunciare ad amarlo?
Si voltò, poiché lacrime amare stavano scendendo sulle candide gote.
<<Mi spiace deluderti, Kei, ma non sono io colei che stai cercando>> riuscì a stento a mantenere il tono sicuro.
"Accidenti, proprio questa volta mi sono sbagliato, quando sarebbe stata la cosa più bella del mondo sapere che lei era quella ragazza".
Silenzio, poi...
Un rumore. Passi nella notte. Il fruscìo dei rami. C'era qualcuno.
Kei rimase bloccato, mentre Liv saltò giù dall'albero e cominciò a scuotere Lucia e Anya.
Il ragazzo fece lo stesso con Takao e Yuri.
Appena i quattro aprirono gli occhi, venne fatto cenno loro di non parlare.
Una dozzina di uomini si sparpagliarono per la radura. Controllarono i dintorni, frugarono nei cespugli. Niente, niente di niente. Scomparvero. Passarono pochi minuti, quando qualcosa vicino alle rocce si mosse.
<<Ci è mancato davvero poco>>
I ragazzi sbucarono fuori da sotto dei mantelli.
<<Siete ben attrezzate, ragazze>>
Anya, Lucia e Liv avevano tirato fuori dei lunghi mantelli mimentici, nel senso che avevano lo stesso colore delle rocce.
La prima aveva coperto Yuri, la seconda Takao e la terza Kei. Non si sa se i loro cuori battevano per il nervosismo a causa della "visita inaspettata", o per la compagnia.
Lucia raccolse un foglio di carta, su cui erano stampate le loro foto e, sotto di esse, c'era una nota scarabocchiata:
"Ragazzi da portare al quartier generale dell'Ovest, VIVI. Fare attenzione ai primi due della lista"
E chi erano i primi due della lista?
La lista si trovava dietro il foglio. I primi due nomi? Liv e Kei.
Il foglio passò velocemente da un membro all'altro del gruppo.
<<Qualcuno ci cerca, Liv, siamo molto richieste in quest'ultimo periodo>>
<<Già, vogliono tutti a noi>>
<<Che cos'è questa storia?>> chiese Takao.
<<No, niente...non ti preoccupare>> Lucia lo rassicurò: non era da lei rassicurare la gente.
<<Kei, io penso che dovremmo andare al rifugio>> disse Yuri.
<<Sì, lo credo anch'io>>
<<Che rifugio?>> domandò Anya.
<<Una vecchia baracca che era usata come magazzino>> spiegò Yuri.
<<Forza andiamo>> i ragazzi si incamminarono.
Le ragazze restarono lì.
<<Che fate, non venite?>> chiese Takao.
<<Perché, dobbiamo venire?>> Liv fece per allontanarsi <<vi abbiamo rotto abbastanza. E' ora che ce la caviamo da sole>>
<<Non fare la stupida, vi prenderebbero dopo cinque minuti>> Kei si era voltato verso la ragazza.
<<Non ci conoscete>>
Silenzio.
<<Liv, penso che ci convenga andare con loro>> disse Anya a bassa voce. Non voleva mettersi contro di lei.
Liv la guardò, sospirò e rispose:
<<Va bene, andiamo>>
Il gruppo si incamminò.

<<Signore, non abbiamo trovato niente>>
Un uomo si avvicinò con passo felpato alla finestra.
<<Nessuna traccia?>> chiese.
<<Nessuna>> fu la risposta.
Vi fu un attimo di silenzio, poi...
<<Lo sapete che non mi piacciono gli incompetenti>> si voltò lentamente; il suo viso era nascosto dall'ombra.
L'altro che si trovava nella stanza cominciò ad agitarsi.
<<Ma Signore, non abbiamo visto niente, né un rumore sospetto, né un prova della loro presenza...>>
<<Vuoi dire che le mie indicazioni sono sbagliate? Che vi abbia presi in giro?>>
<<No, Signore, mai. Mai penseremmo che voi ci abbiate preso in giro, ma chiunque può sbagliare...>>
<<Io non sono chiunque>> l'Uomo alzò il braccio, puntando una pistola contro il ragazzo <<Io sono colui che cambierà il mondo>>
<<..E io potrei aiutarvi a-a cambiare il mondo, se so-solo voi m-me lo permetteste...>>
<<E' l'ultima volta che lo ripeto...>> partì un colpo. Un corpo si accasciò a terra.
<<...non sopporto gli incompetenti>>
Dopo qualche secondo, degli uomini entrarono nella stanza e, dopo il cenno dell'Uomo, portarono via il cadavere.
Entrarono due giovani, sui diciotto anni, con i capelli corti bianchi, evidentemente tinti, e degli occhi tendenti al rosso. Erano gemelli, e avevano un aspetto a dir poco diabolico.
<<Ragazzi miei>> l'Uomo si diresse verso i figli, e il suo viso, illuminato dalla luce lunare, si scoprì avere gli stessi caratteri somatici dei suoi successori.
<<Come procedono le ricerche, Padre?>> un ragazzo si fece avanti.
<<Non bene, Esteban, non bene. Siamo circondati da una massa di incapaci>>
<<Sapevo che avresti detto così, Padre>> anche l'altro si avvicinò <<ci pensiamo noi>>
Schioccò le dita, e comparvero dal nulla una decina di uomini.
<<Dionigi, spiega a tuo Padre>> disse l'Uomo.
<<Questi, Padre, sono gli agenti migliori di cui si può disporre. Quei cinque li ho contattati io: sono i maggiori esperti di arti orientali, neanche un lottatore di sumo potrebbe sconfiggerli>> spiegò esso indicando gli uomini alla sua destra.
<<E questi Padre, sono le migliori spie del mondo. Li ho fatti venire direttamente dalla Pennsilvenya>>
L'uomo sorrise compiaciuto.
<<Eccellente, ragazzi, sono fiero di voi. Dimmi cosa desiderate, e io ve lo darò, poiché dovete essere ricompensati per il vostro aiuto in questa missione>>
I due gemelli si allontanarono, discussero, e finalmente risposero.
<<Vogliamo gli Angeli>> disse Dionigi.
L'uomo rifletté, poi disse:
<<Sarete accontentati, ma ad una sola condizione...>>
<<Non temere, Padre>> rispose Esteban <<ti aiuteremo a creare un nuovo mondo, generando una nuova stirpe>>
I ragazzi uscirono dalla stanza, seguiti a ruota dagli agenti, e l'Uomo rimase solo.
<<Esteban vuole Liv, la Luna, e Dionigi Lucia, il Sole>> il suo viso pensieroso assunse un'espressione spaventosa, come se il diavolo stesso bruciasse in quel corpo.
<<La fine di questa realtà si avvicina. Con l'unione tra Angeli e Diavoli, comincerà una nuova era>>
Volse lo sguardo al cielo.
<<L'Era degli Déi>>
 

CAPITOLO 4