WHEN ANGELS SINGS - CAPITOLO 7

 

GOCCE DI MEMORIA
 

L'Uomo se ne stava tranquillamente seduto, sfogliando un libro, ma pensando a cosa stavano facendo i suoi ragazzi, provando orgoglio.

Aveva raggiunto il suo scopo. Aveva generato due anime di pura malvagità. Sembravano venuti direttamente dall'Inferno; quanti notti aveva passato ringraziando Il Sommo di quel dono. Avevano superato le sette prove senza alcun problema, persino il sacrificio umano, e ciò dimostrava che erano degni figli dell'Uomo. Non sapeva ancora chi dei due l'avrebbe succeduto nel prendere le redini della DH, ma era convinto che presto avrebbe deciso.

<<I miei ragazzi...>>

La porta sbatté contro il muro. Dionigi attraversava la stanza tremante dalla rabbia, dirigendosi verso il Padre.

<<Che succede, ragazzo mio?>>

<<Lucia, quella stupida non vuole stare con me: deve restare con il "suo" Takao>>

<<Non puoi pretendere di sottoporla a te immediatamente: dovresti lavorartela come fa tuo fratello Esteban con Liv>>

<<Lei deve essere mia con tutta se stessa, e lo deve essere ora. Non sono uno di quelli che può aspettare>>

<<Beh, se non puoi aspettare, devi trovare un modo per farla cedere>>

Dionigi rifletté, poi ebbe come un'illuminazione, e si rivolse al padre.

<<Grazie, Padre mio, i tuoi sono sempre ottimi consigli>>

Si inchinò, poi uscì con passo affrettato.

<<Dionigi è molto instabile, è una delle sue debolezze più grandi>> l'Uomo chiuse di colpo il libro <<forse sarà Esteban>>

Liv, inginocchiata a terra, ansimava. Il sangue ancora le colava sulla schiena da lunghi graffi, opera dei colpi di frusta. Sul pavimento, i pezzi si stoffa della camicetta macchiati dello stesso sangue. Gli occhi spalancati, lo sguardo fisso a terra, e l'espressione di chi ha visto morire la persona che amava di più.

Kei la guardava. Respirava a fatica.

Esteban assisteva alla scena soddisfatto.

Dopo quel momento di silenzio, Liv riuscì a parlare.

<<M-mi...mi hai baciata!?>>

Lui non rispose. Non sapeva cosa dire. Non sapeva cosa fare. Non sapeva cosa aveva fatto e perché lo aveva fatto.

<<Bene, Kei, ti sei risparmiato le frustate. Te lo avevo detto, il prezzo della libertà non è così alto>>

Esteban rise.

<<Chiudeteli tutti e due nella cella>>

Gli agenti eseguirono gli ordini. I polsi di Liv furono liberi dai bracciali di metallo. I due vennero spinti in quella stanza di umida roccia.

Kei si alzò di scatto, mentre Liv si appoggiò al muro. Cercò di sollevarsi, ma non ci riuscì. Kei, a quel punto, la aiutò. Appena fu in piedi, lei scansò il ragazzo.

<<Non preoccupatevi, non starete qui ancora per molto. E' questione di poche ore: tu, Kei, sarai libero e tu, angelo, sarai mia>>

Esteban si allontanò con gli agenti al seguito.

<<Da..dannato bastardo>> disse Liv con la mano poggiata sulla spalla destra.

Kei non parlò. Era straziante vederla in quelle condizioni. Si era già nel terzo millennio, ma lì si era usato un metodo di tortura medievale.

Liv si rivolse a lui.

<<Perché l'hai fatto? Perché mi hai baciata?>>

Kei finalmente rispose:

<<Ti stavano frustando; è una cosa orrenda, ho solo cercato di aiutarti>>

<<Ma accidenti, mi credi così debole? Non sono il tipo che cade a terra dopo quattro frustate>>

<<Perché non accetti l'aiuto che ti sto offrendo? Tu hai bisogno di essere aiutata!>>

<<Allora tutto ciò che dovevi fare era non baciarmi!>> Liv aveva alzato la voce, per poi ricominciare a parlare lentamente <<da piccoli, con quel bacio mi hai rovinato la vita...io, il giorno dopo averti incontrato, rifiutai di tornare a casa con mio fratello per aspettare te, volevo essere lì nel caso tornassi>>

<<E come avrei fatto, io, a rovinarti la vita, con un solo bacio?>>

<<Quello stesso giorno è stato ucciso mio fratello!>> gli occhi di Liv cominciarono a riempirsi di lacrime <<se fossi tornata a casa con lui, non sarebbe andato alla sfida lanciatagli da un agente della DH, e ora sarebbe ancora vivo>>

La ragazza si voltò, non riuscendo più a sostenere lo sguardo di Kei.

Kei non parlò, non si mosse, non pensò...in quell'istante, era come se non vivesse.

Anya tossì di nuovo. La polvere gli dava troppo fastidio.

Prese dalla tasca il fazzoletto di stoffa; mentre tossiva nuovamente, sentì uno strano suono, qualcosa di metallico cadere a terra. Allora si voltò, e vide una specie di torcia elettrica non più lunga di dieci cm. La prese in mano, la osservò un attimo, poi rammentò.

<<Yuri, tieniti pronto>>

Il ragazzo, sorpreso, la fissò. Era passato del tempo, non sapeva quanto, da quando non si rivolgevano più la parola.

Anya sfilò la parte superiore dell'oggetto, rivelando una piccola lampadina rossa a forma conica.

<<Cosa hai intenzione di fare?>>

<<Di scappare, mi sembra ovvio>>

Premette un piccolo pulsante rosso, e la lampadina si illuminò. Anya fece scivolare il fascio di luce scarlatta sulle sbarre.

La ragazza spense la "torcia".

<<Cosa dovrebbe succedere, ora?>> chiese Yuri scettico.

Un calcio di lei fece staccare le sbarre nel punto in cui precedentemente era passato il laser.

<<Certo che con voi non ci si annoia mai!>>

<<Smettila di fare stupide battute e andiamo: dobbiamo liberare gli altri>>

Yuri eseguì l'ordine senza fiatare. Uscirono e si ritrovarono in un corridoio.

Lo percorsero di corsa e, dopo poco, si ritrovarono davanti due agenti. Non vi erano spazi dove nascondersi, o stanze in cui rifugiarsi, perciò:

<<Sono scappati! Dai l'allarme!>>

<<Sì, subito>>

<<No, io non credo>> Yuri con un calcio li stese.

<<Cominci a farmi paura, Yuri>> disse Anya passando oltre correndo.

Yuri la seguì.

Il silenzio regnava in quella stanza. Nessuno aveva più parlato da quando Lucia aveva cantato. Quest'ultima era ancora voltata, poiché aveva paura di guardare in faccia Takao.

Ma, ad un tratto, sentirono un gemito lontano, una porta aprirsi, e videro Anya e Yuri pararsi davanti lla porta della cella.

<<Anya!>>

<<Ciao, Lucia>> la ragazza tirò nuovamente fuori il laser <<state indietro>>

Infatti la ragazza dietro le sbarre indietreggiò, finendo direttamente tra le braccia di Takao, ma non si accorsero di questo. Sembrava che tutto fosse tornato come poche ore prima.

Il fascio di luce rossa scivolò sulle sbarre, e con un calcio di Yuri, esse caddero a terra.

Lucia corse ad abbracciare l'amica.

<<Non sai quanta paura ho avuto>> disse.

<<No, non ci credo che hai avuto paura>> rispose Anya.

<<Allora ho fatto bene a darti quel coso>> continuò Lucia.

<<Non ti ha mai detto nessuno che sei la provvidenza fatta persona?>> si staccarono <<dobbiamo sbrigarci>>

Intanto Takao era uscito.

<<Dobbiamo contattare Liv e Kei>> precisò.

<<Ci penso io>> Lucia portò il braccialetto di metallo che aveva al polso alla bocca, premette un pulsante e: <<Liv, Liv ci sei?>>

In un altro punto dei sotterranei, una ragazza mora rispose al richiamo.

<<Sì, Lucia, ma ti sento male>>

<<Posiziona il trasmettitore fuori dalla cella>>

Liv eseguì l'ordine: ora, il segnale era perfetto.

<<Noi siamo scappati: tenetevi pronti, adesso veniamo da voi>>

<<No>> Liv parve allarmarsi <<Noi siamo dall'altra perte dell'edificio, è troppo rischioso, facciamo da soli, non preoccupatevi>>

<<Per una volta ascoltaci!>>

<<Ascoltate voi: diamoci appuntamento. Avete presente l'unico quadro la cui cornice è nera, quello nel corridoio?>>

Lucia rifletté un secondo, poi rispose:

<<Sì, ho capito>>

<<Andate lì, appena potremo io e Kei vi raggiungeremo>>

Anya si avvicinò al trasmettitore di Lucia: <<Liv, sicura di stare bene?>>

Liv abbassò lo sguardo.

<<Sì, va tutto bene. Ci vediamo lì, allora>>

<<Sì, a dopo>>

I quattro ragazzi cominciarono a correre.

Intanto Kei prendeva qualcosa dalle tasche.

<<Che..che vuoi fare?>>

Il ragazzo tirò fuori una piccola pallina nera, con un filo rigido che sporgeva.

Una bomba a mano, che però avrebbe solo distrutto la porta, per il suo raggio d'azione.

<<Aspetta Kei>>

Il ragazzo stava per sfliare la sicura, quando Liv incrociò le mani dietro la nuca, poi si diresse verso di lui e gli mise in mano un cosa.

Kei aprì il palmo: vide una catenina dorata, e un ciondolo a forma di ballerina.

<<Ma cosa...>>

<<Mi dispiace di averti mentito, Kei>> lo interruppe <<quell'oggetto non mi appartiene. E d'ora in poi, ti prego di ritener chiusa questa faccenda>>

A sguardo basso, Kei mise la collana in tasca, e sfilò la sicura.

Mentre l'oggetto esplosivo veniva lanciato, Liv si avvicinò involontariamente al ragazzo, che fece segno di prendere qualcosa dal proprio collo.

L'esplosione fu più più vasta del previsto e Liv cadde all'indietro, ma Kei la sorresse.

L'uscita comparì davanti a loro, e non persero tempo: uscirono subito.

Tutti e sei i ragazzi si ritrovarono al punto prestabilito.

<<E adesso?>>

<<Lucia, ora tocca a noi. Vedi il soffitto?>> Liv volse lo sguardo il alto.

<<A meno che non sia diventata ceca, sì>>

<<Ti piace ancora prendere a calci il muro?>> disse Anya.

<<Certo, ho capito, sostegno prego>>

Anya e Liv incrociarono le braccia in modo da formare una pecie di "sgabello" per così dire.

Lucia ci salì sopra e, con un calcio, sfondò il soffito.

<<Accidenti, ma quello è il cielo>>

<<Possiamo uscire da qui>>

Si sentì un fischio.

<<No, io non credo proprio>>

La vode stridula risuonò nel corridoio e una donna vestita di nero comparve dinanzi ai ragazzi.

<<Ma tu sei...>>

La figura si tolse il velo nero che indossava, e rivelò il viso di una trentenne, dai tratti belli e lineari, ma segnato da un'orrenda cicatrice che le attraversava la guancia destra.

<<...Clizia>> Liv, inorridita, pronunciò quel nome con assoluto terrore.

<<Sì, sono io, sono quella a cui hai rubato il posto nella Paradise>>

<<Non ti ho rubato proprio un bel niente; lo sai che le arti magiche sono proibite nella Compagnia, è solo colpa tua se ti hanno cacciata>>

<<No, è colpa tua, ed è colpa tua anche questa>> indicò la cicatrice <<è colpa tua, se nel tentativo di sabotare il computer generale per reinserirmi mi hanno beccata e mi hanno segnato a vita. Se non mi avessi denunciata....>>

<<Un po' ripetitiva, questa qua>> osservò a bassa voce Lucia.

Mise le mani una sopra all'altra, coi palmi uniti, e poi, lentamente, li allontanò.

<<Le frustate non ti sono bastate: sarò io a farti veramente del male>>

Una sfera nera con delle sfumature rosse si ingiganti sempre di più nelle sue mani.

All'improvviso, essa si diresse a gran velocità verso Liv che si girò di fianco proteggendosi la testa con le braccia.

La sfera toccò la tasca dei jeans di lei e, cosa che stupì tutti, tornò indietro, riducendo ad un cumulo di polvere la sua creatrice.

Mentre una nube scura di dissolveva, Liv si era inginocchiata per lo spavento.

"Non ho mai avuta tanta paura in vita mia" pensò.

Si sentì un gran trambusto non molto distante da lì: qualcuno stava cercando di forzare la porta, precedentemente bloccata da Kei.

<<Dovete andarvene subito>> Yuri si rivolse alle ragazze.

<<Ma non possiamo lasciarvi qui da soli...>> Anya non terminò la frase.

Yuri l'aveva presa per i fianchi e lanciata, in modo che lei potesse arrampicarsi ed uscire.

"E' più leggera di quanto pensassi" pensò lui.

<<No, non possiamo farvi combattere al posto nostro>> Lucia guardava Takao.

<<Non fate storie, dovete andare>> rispose il ragazzo, avvicinandosi a lei per aiutarla <<Non dimenticarmi>> le sussurrò all'orecchio.

Anche Lucia, aiutata da Anya, riuscì ad arrivare sopra il tetto.

Lei si strofinò le mani, e si accorse che l'anello d'argento le era stato sfilato dal dito; sapeva da chi.

<<Non lo farò>> rispose.

Liv e Kei si guardarono negli occhi, poi la ragazza disse:

<<Addio, Kei>>

Saltò, le altre due la presero al volo.

Anya e Lucia salutarono con lo sgruardo Yuri e Takao. Liv non si voltò.

Corsero via.

Kei, tenendosi pronto come gli altri due allo scontro, pensò:

"Non ti dimenticherò mai, Liv"

<<Eccoci>>

Anya aprì la porta dell'appartamento.

Erano scappate. Erano sane e salve.

<<Io..comincio a mettere a posto>> Anya si diresse verso la camera da letto.

<<Io preparo qualcosa da mangiare>> Lucia andò in cucina.

<<Io...se mi cercate, sono in terrazza>>

Liv, infatti, si ritrovò ad osservare il sole che sorgeva.

Si sedette. Cominciò a piangere. Perché?

Stava uscendo da quella crisi. Stava cominciando a vivere la sua vita. Perché Esteban aveva rovinato tutto?

Pianse. Non seppe perché, ripensò a quella sfera nera, e si chiese cosa l'avesse fatta deviare.

Tastò la tasca. Vi era qualcosa dentro. Ne tirò fuori una medaglietta.

La osservò.

Nome: Kei

Cognome: Hiwatari

Sesso: M

Gruppo sanguigno: D+

Grado: Sergente

Ordine: Primo

Ma come ci era finito quell'oggetto lì dentro?

Rammentò: durante l'esplosione della bomba a mano, probabilmente Kei glielo aveva infilato in tasca.

Aveva restituito il ciondolo a forma di ballerina proprio per non avere più legami con lui,e adesso si ritrovava con qualcos'altro di suo.

Ma non sarebbe cambiato niente, anche se quella medadaglietta non fosse stata nelle sue mani.

Ormai lei lo amava, e non poteva farci niente.

le lacrime cominciarono a scorrere sulle gote pallide. E l'angelo:

<<Sono gocce di memoria queste lacrime nuove, siemo anime in una storia incancellabile, le infinite volte che mi verrai a cercare nella mie stanze vuote inestimabile, è inafferabile la tua essenza che mi appartiene, siamo indivisibili, siamo uguali e fragili, e siamo gia così lontani...>>

Liv si alzò e afferrò la ringhiera.

<<Con il gelo nella mente sto correndo verso te, siamo nella stessa sorte, che tagliente ci cambierà, aspettiamo solo un segno, un destino, un'eternità, e dimmi come posso fare per raggiungerti adesso, per raggiungerti adesso, per raggiungere te.........................siamo gocce di un passato che non può più tornare, queto tempo ci ha tradito, è inafferrabile, racconterò di te, inventerò per te quello che non abbiamo...le promesse sono infrante, come pioggia su di noi, le parole sono stanche, ma sò che tu mi ascolterai, aspettiamo un'altro viaggio, un destino, una verità, e dimmi cosa posso fare per raggiungerti adesso, per raggiungerti adesso, per raggiungere te...per raggiungerti adesso, per raggiungere...te>>

Liv si asciugò le lacrime. Ora aveva compreso. sarebbe cambiato tutto. Lei sarebbe cambiata.

D'ora in poi, avrebbe vissuto la sua vita.

Mentre pensava ciò, il sole era sorto: un sole di speranza.

 

CAPITOLO 8