Dalla catalogo della mostra Tralci, Corpi, Varie Geologie a cura di Aldo Gerbino

 Una valenza tecnica ed espressiva, ma tutta votata alla poetica, sostiene il lavoro di Paolo Chirco , immerso quasi in una gabbia di sensazioni, di larvali emozioni, di indefinite modulari ricerche sullo spessore della materia. E a questo spessore, sia che esso appare votato alla pregnanza dell'acquaforte o alla malleabilita' incisoria della xilografia, si rivolge il volere aniconico di Paolo, il suo dilemma, la sua continua interrogazione, non tanto sugli effetti formali, quanto sulle ombre che popolano le quotidiane incertezze. Attraverso queste incertezze egli si ricollega in un dialogo costante con le neoavanguardie, sottolineando , con forte consistenza, la sua problematica informale, la sua analisi spostata verso umori cari alla antropologia, fortificata dalla tensione combustiva della sua ricerca.

 


 

Per una genealogia della forma a cura di Aldo Gerbino

Affiora quasi un eccesso di tracce, di umbratili modulazioni, d'informi `oggetti' declinati dal tempo, di superfici costantemente attraversate dall'incedere implacabile della erosione. Perché, poi, è questa erosione interiore, il suo continuo rovello agente sulle cose e sulla loro identità, a destinare tali `nuove' immagini sorte da un caos primigenio, nel baratro delle assenze per arricchire la memoria. E ciò, anche, per accogliere luce, linfa, in una volontà estrema di rigenerazione, di autogiustificazione. Ecco, forse, alcuni elementiguida di questo percorso incisorio elaborato da Paolo Chirco, sospinto verso una discesa alla matrice dei fatti per i quali la suggestione della "lettura facile" viene bandita quasi ad accogliere, così, nella propria visibilità espressiva, il chiaro rovello dell'analisi. Chirco ama, nelle sue modulari sensazioni incisorie (dalla acquaforte alla xilografia), essere presente con tutto il carico delle sue problematiche, attingendo, sia alla tecnica, ma, particolarmente, alla poetica, momenti di lievito spirituale. In questo dettato, per altro, il sentimento viene escluso, per consentire di raccogliere tensioni e suggestioni ideali della esistenza umana. Allora le sue visioni geologiche e strutturali, sottese tra la fisicità della terra e la organizzazione morfologica della materia organica, tra i sogni in apparenza piatti e uniformi del bianco e nero, tracciano il visibile e germinante solco, che rappresenta per Chirco l'area di frontiera per una deflagrazione all'interno dell'icona. Ecco allora che il contrasto offerto dalla tecnica diventa tensione psicologica e linguistica, capace di denunciare il registro d'una comunicazione estetica già protesa verso una definibile identificazione informale. Ed essa si configura con la dignità del valore spirituale - come avvenne per la grandezza espressiva di un Burri, la cui lezione non può non destare interesse e sollecitazioni al lavoro di questo artista siciliano, - che consegna fresca materia e pensieri; e come, quasi in un'unica soluzione, far emergere i confini rappresentati dall'usura, dalla possibilità di necrosi col materiale biologico, dalla combustione, in attesa di una probabile rinascita. In ogni caso il lavoro di Paolo Chirco si amplia oltre i confini dell'emotività tecnica, attestandosi sul piano sì della ricerca, ma sempre fortemente alimentata da una poeticità che, al di là della personale visione del mondo, ama collegarsi con i segni delle avanguardie più equilibrate, ove, appunto, la misura costituisce emblema caratteriale e forma trasparente di virtù.

 


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