maria gabriella

Ho ripreso in mano un vecchio libro di mio padre (B. Aschero, Teoria e tecnica della indicizzazione per soggetto, 1988)che parla del ricercare le informazioni, ovviamente dal punto di vista di informazioni “cartacee”, contenute in un luogo fisso, e ho buttato giù alcune considerazioni, rivolte soprattutto al risvolto didattico della questione.
Reperire informazioni è un processo che si basa -  in prima istanza – sulla fiducia del/nel lavoro degli altri: nella realtà pratica riesco a reperire un dato solo se questo è stato precedentemente immesso, controllato, indicizzato, in rete succede l’identica cosa se mi baso su una ricerca per directory ( Yahoo) e simile se mi baso sull’indicizzazione automatica (Google), perché in questo caso comunque qualcuno deve aver immesso  nella rete il dato stesso (M. Ferraris, Navigare nel WWW a scuola: ma per andare dove?).
In realtà, però, il mio problema, a livello di scuola di base, non è tanto il reperire un dato, ma come riuscire a trovare un metodo attraverso il quale insegnare a reperirlo: devo quindi insegnare a scomporre il meccanismo per riconoscerlo e per difendermi da esso.
Nella pratica didattica questo è un “metalavoro” quotidiano; a scuola per lo più si insegnano/ trasmettono, attraverso dei processi, contenuti ed abilità che vengono immagazzinate nella memoria: importante è riuscire a recuperare in modo veloce ed accurato il dato richiesto per utilizzarlo nel nuovo contesto (che può essere lo stesso, simile o completamente diverso).
Ciascun dato, concetto, classe viene rappresentato da una parola (è una parola): si può quindi ipotizzare di partire dalle parole stesse, per comprendere il meccanismo, di cui non si può fare a meno, come non si può trascurare di insegnare a scuola guida il significato dei cartelli stradali.
Non è un processo immediato e naturale perché la key-word singola porta necessariamente a ridondanza e a massima generalizzazione: non per nulla esiste una scala per misurare il grado di recupero (100 documenti su 5000) e il grado di precisione (di 100 documenti 10 utili).
Mi devo quindi muovere in una specie di spirale al contrario: linearità nella ricerca cartacea, labirinto nel web, spirale nei riguardi di entrambi): per passi, per parole successive devo avvicinare il gruppo di alunni sempre di più al contesto corretto usato da chi ha costruito la base dati.
Non sempre però, soprattutto nel primo ciclo, l’alunno è in grado di specificare un concetto; nei primi approcci mi concentrerò, quindi sul “dato noto”, su un elemento già conosciuto e determinato: quanti e quali sono i libri scritti da J. K. Rowling e quali fra questi posso trovare in modo da leggerli in classe?
In realtà mi sarebbe più facile contestualizzare l’apprendimento in un luogo reale, con del materiale manipolabile con le mani, per passare da un’astrazione (parole su un cartoncino) a una realtà (libro), ma la correttezza di questo processo viene controbilanciata dalla difficoltà logistica : uscire da scuola, salire e scendere da uno o due autobus, arrivare alla biblioteca….
E’ l’aspetto logistico, insieme all’abbondanza, che però è un’arma a doppio taglio, uno dei fattori preponderanti per la ricerca in rete.
Ne secondo ciclo, invece, posso iniziare a concentrarmi su domande più complesse: stiamo lavorando su un argomento e vogliamo approfondirlo, ricerchiamo quindi insieme il materiale necessario, attraverso la classe, la voce di soggetto.
Adesso i ragazzi sono in grado di definire sempre di più da soli la parola chiave, di trovare le parole legate alla principale, di stabilire connessioni fra queste parole, di utilizzare queste connessioni (and, not, or…)per formare una frase.
L’accento passa quindi dal come reperire l’informazione al come esaminarla ed utilizzarla, cioè sono ora logicamente in grado di trovare una serie di documenti, ma trovo comunque pagine e pagine scritte (se stampate ho davanti una montagna di libri o di fascicoli, se sul monitor devo decidere velocemente quali salvare e quali cestinare): devo stabilire se sono pertinenti, se potrebbero interessarmi in un secondo momento, se le parole mi possono depistare (le radici fissano la pianta al terreno vuol dire che le radici guardano la pianta? Isabella, 8 anni).
Devo quindi esaminare il documento, individuare le informazioni in esso presenti, selezionare i concetti e salvarli/trattenerli in una forma a me compatibile: è un processo che devo svolgere in modo veloce, ma il più possibile preciso perché se sono in rete non è detto che riesca a tornare in quel preciso sito, se sono in una biblioteca prima o poi mi sbattono fuori e comunque devo tornare a scuola/casa.
Non posso leggere interamente il documento (contrariamente a ciò che predichiamo quasi giornalmente), devo imparare a ricercare i punti chiave, titolo, indice, introduzione o prefazione, conclusioni, frasi iniziali e finali di ogni capitolo, parole scritte in modo diverso…. e a comportarmi come un programma di indicizzazione automatica, soffermandomi solo se trovo la key-word o le parole ad essa collegate (mappa concettuale).
Devo sviluppare abilità di lettura veloce, di ricerca degli indizi (scannering), di deduzione del significato generale (skimming).
Una volta individuato il tema del documento devo selezionarne i concetti, il tema principale e quelli secondari ( che potrebbero essermi utili in un secondo momento più approfondito e circostanziato della ricerca) e infine devo tradurre il tutto in un linguaggio facilmente accessibile alla mia fascia d’età (cosa che se svolgo una ricerca libera sia in rete sia in una biblioteca, a meno che non sia una biblioteca per ragazzi, può rivelarsi il compito più arduo).
Tradurre un linguaggio adulto, o un linguaggio non scritto a parole ( dalla mappa alla statistica al video)in qualche cosa di comprensibile, utilizzabile e fruibile dagli altri è il processo finale (precedente, ma complementare e soprattutto base all’eventuale prodotto)della ricerca : ho cercato ed ho trovato le mie informazioni, le posso utilizzare per formare qualcosa di nuovo.
Nella scuola, quindi, possono e devono coesistere tutte e tre le impostazioni: ricerca in una biblioteca reale, ricerca nel web considerato come un’enorme, quasi infinita, biblioteca, ricerca come processo di conoscenza proprio “per insegnare a domandare” (anche se per Gadamer ciò non è insegnabile).
Nella scuola possono e devono coesistere molteplici linguaggi, molteplici fonti informative, molteplici sussidi: l’avvento del personal computer non deve mandare in pensione la lavagna o il libro di testo.
Ogni oggetto deve essere assimilato nella prassi didattica e utilizzato per ciò che può dare e fornire: solo in questo modo i nostri alunni continueranno a porsi e a porre a noi delle domande.
Non è l’ oggetto o il  metodo che possono da soli sviluppare il pensiero creativo o la curiosità, ma la molteplicità degli stimoli proposti, la libertà di scegliere fra differenti modalità di scoperta del mondo (forse è proprio per questo che ad un certo punto i ragazzi rinunziano a fare domande…le risposte che ricevono sono sempre le stesse).

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