RISCHI TERRORISMO IN UE
INTERVISTA A MICHAEL CHERTOFF (USA)
Il rischio terrorismo in Europa, la cooperazione antiterrorismo tra UE e Usa, gli accordi per lo scambio di informazioni tra Washington e Berlino, la guerra in Iraq e la crisi dei visti Usa-UE: questi i temi affrontati nell'intervista esclusiva di Sergio Nava con il segretario di Stato americano alla Sicurezza Nazionale Michael Chertoff.
Lo abbiamo incontrato a Brdo (Slovenia), al margine della Conferenza UE sulle strategie per l'immigrazione (12 marzo 2008).


NAVA: Lei ha lanciato un allarme terrorismo in Europa, poche settimane fa, sostenendo che al contrario gli Stati Uniti sono ora un luogo più sicuro. Lo confermerebbe anche adesso?

CHERTOFF:
Non intendevo dire che negli Usa siamo protetti al 100%, siamo ancora preoccupati della nostra protezione. Siamo certamente però più sicuri rispetto a prima dell'11 settembre, e continuiamo a prendere misure per la nostra sicurezza. Sono comunque preoccupato in particolare dalla possibilità che i terroristi di Al Qaeda -addestrati al confine tra Pakistan e Afghanistan- possano prendere di mira l'Europa, o guardino all'Europa come "rampa di lancio" verso gli Stati Uniti. Nello scorso anno abbiamo visto attacchi a Londra e Glasgow, fortunatamente senza successo, c'è stato un complotto sventato in Germania, abbiamo visto arresti in Spagna (nelle ultime settimane). Tutto ciò suggerisce che esiste ancora una minaccia terroristica viva: noi vogliamo rendere tutto il mondo più sicuro, non vogliamo proteggere solo l'America, alle spese dell'Europa. Vogliamo assicurarci che americani ed europei lavorino insieme, per alzare il livello di protezione.

Intende quindi dire che esiste una minaccia terroristica reale in Europa?

E' evidente che l'Europa resta un obiettivo, anche se non l'unico: gli europei non possono certamente considerarsi al di fuori di un'area di attività terroristica.

Qual è il livello attuale di cooperazione tra UE e USA in materia di antiterrorismo?

Abbiamo svolto un grande lavoro di scambio di informazioni: abbiamo cooperato nelle indagini che hanno portato a sventare l'attentato pianificato in Germania, abbiamo collaborato anche con altre autorità nazionali in Europa. Ma ora mi trovo qui in Europa per parlare di scambio di informazioni: come ci proteggiamo? Come ci aiutiamo a vicenda? Lo facciamo -per l'appunto- passandoci informazioni. La cosa peggiore sarebbe quella di avere informazioni sparse tra i vari Paesi: alla fine, se si compone tutto il puzzle, si può anche arrivare a scoprire il complotto per un attentato. Ma se tutti hanno paura di condividere questi dati, non si arriva fare alcuna scoperta. E se alla fine avviene un attentato, se muoiono delle persone, come potremo poi guardarci allo specchio, sapendo che avremmo potuto evitarlo, se solo avessimo lasciato da parte la nostra burocrazia e paura di scambiarci delle informazioni?

Ci sono resistenze, in Europa, alla cooperazione sullo scambio di informazioni in chiave antiterrorismo?

Non c'è resistenza tra i Ministri europei con cui ho rapporti di lavoro, tra cui il Ministro dell'Interno italiano Giuliano Amato, Wolfgang Schaeuble in Germania o il Ministro dell'Interno britannico. Abbiamo una visione molto simile e ci scambiamo informazioni. Ma ci sono "elementi politici" in Europa che non vogliono condividere queste informazioni, sia perché hanno una visione negativa di come noi proteggiamo la privacy, sia perché pensano che ogni scambio di informazioni sia -a priori- sbagliato. Il problema è che ciò ci impedisce di evitare nuove stragi: purtroppo a pagarne il prezzo sono poi le stesse vittime degli attentati.

Il segretario di Stato Usa
Michael Chertoff
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LA
SECONDA
PARTE
DELL'
INTERVISTA