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FLEXICURITY: MODELLO SCANDINAVO ESPORTABILE A SUD? | ||||||||||||
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Flexicurity: un termine che sta sempre più spopolando in Europa, al punto che la stessa Commissione, in una comunicazione dello scorso 22 novembre, ha lanciato un dibattito sulla riforma della legislazione in materia di lavoro, mirata sopratutto ad adattarla alle esigenze moderne. L'obiettivo, scrive Bruxelles, è quello di arrivare a un mercato del lavoro più flessibile, massimizzando al tempo stesso la sicurezza per i lavoratori. L'esecutivo comunitario varerà al proposito una comunicazione nel giugno 2007. Ma non è tutto: a gennaio il tema del mercato del lavoro sarà di attualità anche in Italia, con l'avvio di un confronto tra Governo e parti sociali. "Babel" ha quindi pensato di andare alla fonte del tanto decantato modello scandinavo di "flexicurity" e Welfare State. Iniziamo quindi un viaggio in due dei Paesi più significativi: Danimarca e Finlandia.
Il Ministero del Lavoro danese, sul suo sito internet, dedica persino un'intera pagina al termine flexicurity. Il Ministro per il Lavoro Claus Hjort Frederiksen ce lo descrive così in questa intervista esclusiva. FREDERIKSEN: "In Danimarca abbiamo un mercato del lavoro altamente regolato: l'80% dei dipendenti lavorano con un contratto nazionale, mentre il restante 20% lavora in aree dove i sindacati e gli imprenditori non hanno firmato accordi. In questi accordi sono scritte le regole per assumere e licenziare, oppure sul salario minimo (infatti non abbiamo un salario minimo regolato per legge, ma lo stabiliscono le parti sociali caso per caso). Il nostro sistema si basa su tre pilastri: in primo luogo da noi è molto semplice assumere e licenziare; il secondo pilastro è che se perdi il lavoro ottiene sussidi di sicurezza sociale di un tale livello che puoi mantenere il tuo standard di vita... i sussidi possono durare fino a quattro anni. Il terzo e ultimo pilastro è il nostro sistema di riqualificazione dei disoccupati, che li rende più appetibili per il mercato del lavoro. Riassumendo: flessibilità nelle assunzioni e licenziamenti; alti sussidi in caso di disoccupazione; incentivi alla ricerca del lavoro. Noi siamo una società con un esteso settore pubblico, e con uno dei sistemi fiscali più elevati. Io mi sono recato negli Stati Uniti alcuni mesi fa per studiare il loro sistema del mercato del lavoro. E ho visto come oltreoceano sia l'economia di mercato a regolare il mercato del lavoro. In Danimarca invece paghiamo sì un livello elevato di tasse, abbiamo sì un'elevata regolazione normativa, ma abbiamo anche un tasso di disoccupazione inferiore a quello americano". Ma quanto è sostenibile nel lungo periodo, e con un'Europa che sta invecchiando, un modello che cerca di combinare una costosa rete di protezione sociale con la crescita economica? Ancora il Ministro danese Frederiksen... FREDERIKSEN: "Abbiamo due sfide di fronte a noi: quella demografica, con l'invecchiamento della popolazione, e la delocalizzazione, coi minori costi di produzione nell'Estremo Oriente. A giugno il parlamento danese ha raggiunto un accordo sulla riforma delle pensioni, che ha ritardato l'età di pensionamento da 65 a 67 anni, con un'analogo posticipo dello schema di pensionamento anticipato, da 60 a 62 anni. Il tutto su un orizzonte di 20 anni, in vista del 2025, quando ci attendiamo arriveranno i maggiori problemi demografici. Con questa riforma abbiamo incrementato la nostra forza lavoro del 4%. E ciò ha reso il modello attuale di flexicurity sostenibile fino al 2040". |
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La Sirenetta, simbolo di Copenhagen | ||||||||||||
LEGGI LA SECONDA PARTE DELL' INCHIESTA |
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