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BUDGET UE: DALIAGRYBAUSKAITE | ||||||||||||
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Il Consiglio Europeo del 16-17 giugno prenderà in esame la delicata questione delle prospettive finanziarie 2007-2013, meglio conosciute come la "Finanziaria Europea". Al loro interno, anche gli importanti fondi strutturali, di cui beneficiano attualmente sei regioni italiane. In vista del vertice, Sergio Nava ha intervistato la Commissaria Europea al Bilancio Dalia Grybauskaite, lituana, uno dei personaggi-chiave delle trattative. Abbiamo calcolato che con le regole attuali circa il 40% del bilancio europeo, soprattutto i fondi strutturali e dicoesione, resterebbe bloccato dal primo gennaio 2007, in caso di mancato accordo al Consiglio Europeo di giugno. Abbiamo infatti bisogno di 18 mesi di preparativi per determinare le basi legali: la storia insegna che le precedenti prospettive finanziarie -negoziate in ritardo- hanno fatto affluire il denaro dei fondi strutturali agli Stati membri solo dopo tre anni. Prendiamo l'Italia: senza un accordo di tempi rapidi, le regioni del Mezzogiorno riceveranno aiuti economici nel 2009 o nel 2010. Quali sono i maggiori capitoli di spesa? Ci sono due settori tradizionali: la politica di coesione, che eroga contributi alle aree più disagiate e i pagamenti per l'agricoltura, che costituiscono il settore più tradizionale. Ma è anche vero che con questo bilancio stiamo provando a finanziare l'Agenda di Lisbona. Per i cittadini ciò significherà più fondi per i settori dei trasporti e dell'energia, delle reti transeuropee, della ricerca e dell'innovazione, dell'educazione e delle politiche fiscali. Queste sono le aree dove intendiamo raddoppiare gli sforzi di finanziamento. Secondo la proposta della Commissione. Ma i fondi destinati alla competitività non sono ancora troppo bassi in rapporto all'importanza di questo settore? Sono in parte d'accordo con lei. Mi piacerebbe vedere una struttura differente del bilancio europeo, una struttura che rifletta le reali esigenze dell'Europa del 21esimo secolo. E' chiaro che le priorità dell'Unione nei campi della competitività e della crescita sono ricerca, innovazione, educazione, trasporti e reti transeuropee. Mi aspetto e spero un maggior finanziamento in futuro per queste aree. Ma come è possibile rendere efficienti i fondi europei in un settore, come quello dell'Agenda di Lisbona, dove le responsabilità primarie restano degli Stati membri? E' vero, la responsabilità di questi programmi è degli Stati membri: noi possiamo solo proporre e incentivare gli sforzi. Ma se gli Stati non capiscono che su questo si gioca il loro futuro, non succederà nulla. Si parla molto, ma si fa ancora troppo poco. Bisogna comiciare a fare qualcosa, altrimenti sarà troppo tardi. Non c'è tempo da perdere, bisogna cominciare a lavorare. Uno dei capitoli più controversi resta quello agricolo. Lei pensa che sia possibile -come chiedono alcuni Paesi- ridiscutere il tetto di spesa deciso nel 2002? In generale questa domanda non è stata ancora così esplicitata. Ma una parziale ridiscussione dell'accordo è già sul tavolo. Mi riferisco all'inclusione dei fondi agricoli per Bulgaria e Romania: se venissero compresi nell'accordo del 2002 ciò significherebbe una parziale riapertura. Questa proposta è sostenuta da alcuni Stati membri e dal Parlamento Europeo, ma la Commissione non ne ha finora tenuto conto, poiché rispettiamo l'accordo di tre anni fa. Ma se si profilasse una modifica, certamente noi saremo ben felici di tenerne conto. Vogliamo arrivare a un accordo, siamo pronti a qualsiasi discussione per raggiungere il risultato. Capitolo Fondi Strutturali. Come bilanciare le esigenze dei nuovi Stati membri, le cui regioni sono quasi tutte in ritardo di crescita, con le regioni già obiettivo 1 dei Vecvhi Paesi, che potrebbero veder sfumare gradualmente i fondi di cui hanno finora goduto? Non si rischia una guerra intestina? La guerra è già iniziata, ma vorrei sottolineare che il 50% dei fondi per la coesione -secondo la nostra proposta- andrebbero ai vecchi Paesi membri, solo il 42% ai nuovi, mentre il 7% è destinato a Bulgaria e Romania. La fetta più grossa resta quindi appannaggio dei vecchi 15 Paesi. Ma se prevalesse la rigidità di alcuni Stati, che non vogliono sborsare all'Europa più dell'1% del Pil complessivo, tutti ne soffrirebbero, anche le regioni dei vecchi Paesi membri che dipendono in buona parte dai fondi strutturali. Qualsiasi approggio rigido nei confronti del bilancio europeo va considerato attentamente. E poi il costo dell'Europa è così ridotto, se paragonato a quello dei bilanci nazionali... l'1% contro il 30-40% del Pil. E stiamo a discuterne così a fondo e con tale rabbia... |
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Dalia Grybauskaite, Commissaria Europea al Bilancio | ||||||||||||
LA SECONDA PARTE DELL' INTERVISTA |
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