sommario
avanti
UN VIAGGIO NEI RICORDI
L'INCONTRO
29 gennaio 1989
A Giavera del Montello, dove si sta svolgendo l'annuale Commemorazione
dei Caduti in Russia, sto girando in mezzo a una folla di Penne Nere. La
data ricorda l'anniversario di Nikolajevka, gloria e dolore degli alpini;
inoltre erano in gran parte alpini quelli di questa zona che sono stati
mandati in Russia e poche volte, anche negli anni scorsi, mi è riuscito
di intravedere qualche bustina da fante. Oggi, per mia fortuna, ne vedo
una proprio vicino a me. Gli guardo il numero sul fregio: è un fante
dell’89°.
Mi avvicino e chiedo conferma: "Sì,- mi risponde
- e anche tu, vedo".
"Di che compagnia?".
"Quinta, e tu?".
"Terza".
"Terza? - domanda - di quale caposaldo?".
"Caposaldo «L»".
"E’ il mio caposaldo - mi dice stupito - è il
caposaldo che ho tenuto fino al 9 dicembre 1942 quando ho passato le consegne
al S.Ten. Canessa della 3a compagnia che mi ha dato il cambio con il suo
plotone".
E così è finalmente successo. Quarantasette
lunghi anni che cerco qualcuno dei mio reggimento, mi sarei accontentato
anche dell’ultima "mezza cartuccia" dell'ultimo reparto e invece
il caso ha voluto darmi molto di più di quanto mai avessi potuto
sperare: mi ha fatto incontrare l'ex sottotenente Giuseppe Bortoluzzi,
ora capitano della riserva, che aveva vissuto nel ricovero comando di quel
caposaldo "L" dove ho trascorso i giorni più sofferti
della mia guerra.
C'è una subitanea affinità di sentimenti che
mi rende istintivamente simpatico questo signore, ancora giovanile, che
mi guarda con occhio schietto e che io intanto cerco di immaginare seduto
a quel piccolo tavolo, al posto del mio tenente Canessa, dove due telefoni
a manovella erano tutto quello che ci legava al mondo dei vivi.
Mi chiama a sé e mi dà la prova di quanto mi
ha detto: è una nota con la quale il S.Ten.
Bortoluzzi lascia in consegna al S.Ten. Canessa, mio comandante di plotone,
il materiale esistente nel caposaldo "L". La nota è firmata
dal mio tenente e porta la data del 9 dicembre '42. È anche la dimostrazione
di quali miserevoli cose fosse dotato un caposaldo in prima linea: barili
per l'acqua, pentole per confezionare il rancio fatte con due mezzi bidoni
di benzina e relativi coperchi.
Quarantasette anni.
Dalla fine della guerra non ero riuscito a trovare nessuno
di quelli che avevano vissuto nel caposaldo "L". Dopo così
tanto tempo stava forse per diventare un incubo vissuto da me solo? E sarebbe
stato ancora legato alla realtà?
O non c'era il pericolo che questa mia realtà, per
il trascorrere del tempo senza averla potuta confrontare con nessuno, diventasse
incredibile e immaginaria?
Invece eccolo qua il mio caposaldo "L", tutto intero,
scritto nero su bianco su un foglietto di carta quadrettata e firmato dal
mio tenente Canessa!
"Sai, Scarpel - sta dicendomi il capitano - quando ho
potuto lasciare il caposaldo «L» ho avuto la certezza che mi
sarei salvato e che sarei tornato a casa, perchè io lo chiamavo
il caposaldo della morte. Per la sua posizione e la scarsa difendibilità
era una trappola sicura. In tutti questi anni ho sempre fermamente creduto
che il S.Tenente Canessa e i suoi uomini fossero tutti morti".
Gli racconto brevemente come ci siamo invece salvati e poi
durante il rancio organizzato dalla Associazione Reduci di Russia e che
di solito chiude questa cerimonia, abbiamo modo di ricordare alcuni momenti
di quella nostra avventura.
"Ti manderò - mi dice - anche una copia della
relazione che avevo fatto al comando di battaglione per denunciare la pericolosità
della situazione e la carenza di uomini nel caposaldo".
Poi il discorso passa all'oggi e un altro motivo si aggiunge
a rendere particolarmente gradito questo incontro: il capitano è
di Belluno, città tanto cara a me per avervi vissuto gli anni spensierati
e felici della fanciullezza e della prima giovinezza. Parliamo di conoscenze
e amicizie comuni e al momento di salutarci ci auguriamo di avere altre
occasioni per rivederci.
E ci rivedremo in una delle più belle occasioni della
mia vita.
sommario
avanti