18 aprile siciliano

Nicola Cipolla

Liberazione 1998

Lo scontro politico e sociale alla vigilia del 18 aprile 1948 assunse in tutta Italia livelli e toni altamente drammatici.. "Costi quel che costi" come disse De Gasperi, bisognava non solo bloccare ma far retrocedere definitivamente le sinistre unite sotto il segno di Garibaldi, non tanto per impedire, come la propaganda di destra andava affermando, il passaggio dell'Italia nella sfera di influenza sovietica (nessuno meglio di Togliatti e De Gasperi sapeva che questo non era neanche proponibile) quanto quello di fermare - come nei fatti poi avvenne - il processo di rinnovamento della società e della stato, aperto con la guerra di Liberazione e iscritto nella Costituzione.

In Sicilia il dramma diventò tragedia. Già meno di un anno prima, il 1° maggio 1947, si era consumata la strage di Portella della Ginestra a pochi giorni dalla vittoria elettorale del blocco del popolo, con l'effigie di Garibaldi, espressione di una profonda unità di comunisti, socialisti e antifascisti sul progetto di autonomia per le riforme proposto da Togliatti a Messina nel 1946 e ispirato alla visione meridionalistica di Gramsci. In Sicilia più che altrove non solo l'estensione del latifondo, per ragioni storiche ben note, ma anche il potere economico e politico che da queste strutture si esercitava sulla società intera era soffocante e ne impediva lo sviluppo. Questo dominio assoluto era tanto più insopportabile in presenza di un forte movimento organizzato.

La Sicilia di quegli anni ha più iscritti alle leghe bracciantili, più Camere del Lavoro, più cooperative agricole concessionarie di terra di ogni altra regione del Mezzogiorno e da questo scaturiva la lotta per l'applicazione delle leggi Gullo che rappresentano la prova della mutata situazione politico-costituzionale determinatasi con la Liberazione e con i comunisti nel governo.

Questo movimento sostiene l'asse Pci-Psi (il Blocco del popolo che vince le elezioni regionali del 1947 e che si riproporrà in quelle del 1951), è aperto a tutte le possibilità di dialogo e confronto con le forze cattoliche, tradizionali o nuove, che si collegano agli operai e ai contadini, allarga la sua alleanza agli strati intermedi e alle forze della cultura.

La strage di Portella, come è noto, costituisce l'annuncio di una rottura politica che porta nell'Assemblea regionale siciliana all'alleanza tra la Dc e la destra monarchica e liberal qualunquista, e dopo poco alla rottura del governo nazionale di unità a Roma. Ad un anno di distanza altri tre delitti politici insanguinano le campagne della Sicilia occidentale. Il primo marzo cade, in Contrada "Raffo" (Petralia Soprana sulle Madonie) il capolega della Federterra Epifanio Li Puma, mezzadro e socialista, assassinato mentre lavora le terre del feudo. Il 2 aprile, a campagna elettorale già ampiamente iniziata, viene assassinato a Camporeale, al confine tra le province di Trapani e Palermo, il segretario socialista della Camera del lavoro Calogero Cangelosi. Ma già prima, il 10 marzo, a Corleone viene rapito ed ucciso da Luciano Liggio e dai suoi complici Placido Rizzotto, segretario della Camera del Lavoro, anch'egli socialista.

È questo un episodio centrale anche per quello che Corleone rappresenta nella storia del movimento contadino: i fasci siciliani, il primo contratto agrario la vita e la morte di Bernardino Verro capo dei contadini di Corleone e della Sicilia, la cooperativa agricola Unione, rimasta aperta anche sotto il fascismo, con la sede costruita sera per sera portando una pietra per uno al ritorno dal lavoro. Alle prime elezioni comunali a Corleone concorrono due soli partiti, il socialista e il comunista.

Risulta subito chiaro il carattere di intimidazione elettorale dei tre delitti e, nella scelta dei luoghi e delle persone, un disegno sottile di discriminazione e di rottura delle alleanze politiche e sociali del movimento. Quei tre comuni appartengono infatti a zone nevralgiche per i contadini e la sinistra: le Madonie, il Corleonese, l'area a cavallo tra Alcamo e San Giuseppe Iato. L'assassinio di dirigenti socialisti (ci sono decine e decine di dirigenti comunisti altrettanto impegnati in quelle zone) è una scelta mirata all'obiettivo politico dell'eliminazione dei punti fermi dell'unità politica e di classe, per permettere la trasmigrazione dei voti degli strati più elevati di contadini, di artigiani, di piccoli commercianti dal Psi al partito scissionista di Saragat che riceve in queste zone un insperato successo eleggendo a deputato nazionale un avvocato penalista che era stato vice del sindaco di Palermo Lucio Tasca, imposto dagli americani e fortemente legato al gruppo filoamericano dei Lupis.

Certo anche in Sicilia il 18 aprile segna un arretramento specialmente se confrontato alla grande avanzata di un anno prima. Ma già nell'autunno-inverno del '48 e '49 i braccianti riprendono la lotta per l'imponibile di manodopera e tra l'autunno del '49 e la primavera del '50 si scatena a partire proprio da Corleone, Petralia Soprana e Camporeale, una nuova ondata di lotte per la terra. A Corleone il padre di Placido Rizzotto, assieme a Pio La Torre, guida i contadini ad occupare e seminare, tra le altre, le terre del gabelloto Luciano Liggio. A Petralia viene occupato, tra gli altri, il feudo Verdi dove è stato assassinato Epifanio Li Puma. Anche se la giustizia dello Stato tarderà la giustizia sociale di massa segna un punto. È la spallata decisiva per ottenere dall'Ars la legge di riforma agraria e con essa, pur attraverso procedimenti non lineari, assestare un duro colpo sociale e politico alla grande proprietà fondiaria. Quelle lotte creano anche le condizioni politiche per la sconfitta nel '53 della legge truffa, non solo attraverso l'avanzata delle sinistre ma anche con la rottura dello schieramento di centro-destra in Sicilia.

Così la Sicilia e il sud attraverso i suoi sacrifici e i suoi morti e le sue lotte contribuì a conservare e difendere la democrazia nel nostro paese.

Certo i frutti di quelle lotte e di quelle riforme non furono tutti colti, anche se alla base di qualsiasi progresso economico e sociale che nelle campagne siciliane si è determinato in questi decenni c'è sempre la rottura e la liberazione del peso opprimente del latifondo. Il movimento contadino subì poi delle cadute storiche di tensione e di forza; ma il nemico ormai era un altro. Dalle zone forti dell'Europa e dell'Italia il grande sviluppo industriale post bellico pompava dalle campagne le energie migliori e più combattive e contemporaneamente la crisi agraria bloccava ogni prospettiva di sviluppo specie nelle zone interne. Si poteva costituire così, un nuovo blocco di potere soprattutto nelle grandi città e specialmente a Palermo, una "nuova feudalità" come la definì il giudice Chinnici, basata sulla speculazione edilizia e sulla dilapidazione delle risorse della regione, della Cassa del Mezzogiorno e della Cee, in cui la nuova mafia esercitò un ruolo fondamentale (Ciancimino e Riina scendono da Corleone a Palermo e sono parte organica di questo blocco di potere).

Oggi la situazione è di nuovo in movimento. Mafiopoli e Tangentopoli hanno segnato la caduta del blocco di potere creatosi dopo il 18 aprile e allargatosi ad altre forze con il centro-sinistra. I sindaci e le amministrazioni comunali progressiste di Corleone e di Camporeale espressioni di un rinnovato movimento di lotta contro la mafia e per lo sviluppo democratico hanno voluto meritoriamente dare particolare solennità alla ricorrenza coinvolgendo le popolazioni e soprattutto i giovani. La memoria delle lotte passate può servire per tracciare assieme ai vecchi e nuovi soggetti dello sviluppo agricolo e sociale ed alle forze progressive delle grandi città nuove vie per il futuro. Per tracciare queste nuove vie però non si può prescindere dal pensiero politico e sociale che quelle lotte ha animato dando prospettive ed obiettivi concreti ad esigenze fondamentali di progresso e di democrazia delle masse lavoratrici di 50 anni fa.