Abbattere il muro dell'incomunicabilità Paolo Ferrero (segreteria nazionale Prc) |
Liberazione 1 aprile 1998
Venerdì 27 marzo Edoardo Massari si è suicidato in carcere a Torino. Questa morte non riguarda solo chi l'ha subita direttamente ma riguarda noi. Questa morte ci dice dell'impossibilità di stabilire canali di comunicazione reali all'interno della società torinese. Questa morte chiede ascolto e ci obbliga a trovare possibili percorsi di confronto.
La classe operaia torinese aveva saputo negli anni Settanta costruire un gigantesco processo di protagonismo sociale che aveva trasformato la condizione di sfruttamento in leva di un processo di liberazione collettiva.
Da quando quella classe operaia è stata battuta sul campo, sconfitta, disarticolata e disgregata Torino è diventata muta, senza futuro, senza canali in esprimere la giusta rabbia dentro un percorso di cambiamento, senza possibilità di comunicazione tra diversi soggetti.
Sotto la cappa perbenista della normalizzazione del conflitto di classe non esiste più un linguaggio comune che permetta la comunicazione; la differenza diventa occasione di esclusione e ci parla attraverso i simboli primordiali della tribù e della paura.
Il problema di Torino non è il disagio dei giovani ma la disgregazione sociale complessiva, la proliferazione di tante società incivili in cui la guerra tra i poveri rischia di essere la forma più significativa in cui si esprime il conflitto sociale. L'incomunicabilità non è tra la città e i giovani dei centri sociali ma è l'incomunicabilità dentro la città.
In questa situazione non possiamo far finta di non vedere. Il nodo politico che abbiamo di fronte è quello della ricostruzione di canali di comunicazione sociali, di modi e luoghi ove sia possibile riannodare i fili di un confronto e di uno scontro che conosca linguaggi diversi dalla autodistruzione e dalla repressione.
Per questo è importante l'appello di Marco Revelli, Luigi Ciotti, Giorgio Cremaschi che sottoscriviamo senza riserve. Un invito che raccogliamo non per schierarci da una parte all'altra del muro ma - a partire dalla denuncia dell'ordine di cose esistente - per lavorare attivamente ad abbattere il muro.
Da questo punto di vista la manifestazione di sabato è una occasione importante e dipende anche da noi che essa rappresenti l'apertura di un percorso, un luogo ove incontrare gli uomini e le donne in carne ed ossa, non le rappresentazioni deformate e ridotto a simbolo.
Affinché Edoardo Massari non muoia un'altra volta. E questa volta saremo stati noi ad ucciderlo.