Intervista ad Aldo "Iso" Aniasi, ex sindaco di Milano Tutti uguali? «Questo mai» Enrico Penati |
Liberazione 21 aprile 1998
Milano «No, quel giorno, quel 25 aprile non ero a
Milano in festa. Non ancora. Stavo combattendo sulla riva
piemontese del Lago Maggiore, fra Stresa e Arona». Il
signore che parla non è più giovanissimo, né potrebbe
esserlo viste le circostanze alle quali allude. Ma porta
benissimo i suoi anni. Da quando l'ho conosciuto si è
fatto qualche capello bianco, ma la figura è ben ritta,
lo sguardo è limpido, la parlata è sciolta, la memoria
è intatta. Per la Resistenza è il comandante Iso, per
tutti gli altri è Aldo Aniasi, sindaco di Milano degli
anni Sessanta e Settanta, più volte deputato socialista,
mai iscritto fra i cortigiani di Craxi. Perché ancora sulle rive del Lago Maggiore e non a Milano in un tripudio di bandiere rosse e tricolori? Perché - spiega - con la divisione garibaldina che comandava stava attaccando le forze tedesche, Wehrmacht, SS, X mas, che presidiavano il Verbano e il Cusio (il Lago Maggiore e il Lago d'Iseo). I tedeschi con tutto il loro imponente armamento pesante cercavano di passare il Ticino, probabilmente non sapendo che cosa era già successo a Milano. Avanzavano facendosi scudo di un centinaio di partigiani prigionieri, fra i quali Aniasi sapeva esserci suo fratello. I garibaldini attaccarono ugualmente; furono respinti ma riuscirono il 26 aprile a dirottare le colonne tedesche verso Novara dove vennero accerchiate dalle divisioni garibaldine di Cino Moscatelli: era il Monte Rosa che scendeva in pianura. Ma per Iso non era finita, c'era da disarmare gli aviatori tedeschi barricati nella caserma di Lonate Pozzolo e i reparti fascisti di Gallarate. Finalmente a Milano, ed era la sera del 28 aprile. Quale Italia pensavi sarebbe nata da quella vittoria e quale la distanza dall'Italia di oggi? «In tutti quei durissimi diciotto mesi - risponde - mesi di lotta acerrima, siamo sempre stati sostenuti dalla volontà di costruire una Italia libera, democratica, antifascista. Ed anche pacifica in un mondo pacificato. Se la realtà di oggi non corrisponde esattamente a quella che volevamo fosse, non per questo qualcuno sia tentato di dire che allora non ne è valsa la pena. Lo affermo con forza e con piena convinzione: ne valeva la pena. Guarda caso, è proprio il titolo di un mio libro che uscirà nei prossimi giorni». Aldo Aniasi non si nasconde che quel 25 aprile sperava in un Paese diverso, ma ricorda che sempre, o quasi sempre, la realtà è diversa dall'ideale e che non abbiamo avuto bisogno di attendere una sera della primavera del 1994 per renderci conto che in Italia era in corso un processo di restaurazione. «Ce ne siamo accorti subito, quando pochi giorni dopo il 25 aprile, le divisioni partigiane vennero disarmate. Non esiste nella storia antica e recente un precedente del genere, quello di un esercito vittorioso che viene fulmineamente disarmato. E la rivoluzione democratica e pacifica invocata da Maurizio Parri non si attuò. Era già cominciata la restaurazione. Moltissimi partigiani vennero imprigionati e molto spesso condannati per fatti per i quali erano stati, pochi mesi prima, acclamati ed anche decorati. Io stesso ho subito non ricordo quanti processi, anche se sempre assolto perché il fatto non sussisteva o perché il fatto era attribuibile ad atti di guerra. Ma era pur sempre il sintomo di un clima di restaurazione strisciante. E fu il clima del 18 aprile 1948, giornata che anche oggi, ed anche da parte della sinistra, non viene letta attentamente perché non è stata soltanto la sconfitta del Fronte popolare ma è stata la vittoria dell'integralismo democristiano. Ricordiamocelo». Le raccolte dei quotidiani, come sempre, sono molto istruttive. Nella prima pagina del Corriere della sera del 25 aprile 1951 neppure una riga ricorda la ricorrenza. L'anno successivo c'è un titolino a una colonna: "Le celebrazioni". Nel 1953 scompare anche il titolino e così pure nel 1954. La Liberazione? Mai avvenuta. I partigiani? Mai esistiti. E non ci si deve meravigliare se oggi il cavaliere di Arcore si richiama al 18 aprile. È la festa di tutti coloro che odiano il 25 aprile, è la festa del fascismo in servizio permanente effettivo ma soprattutto di quello di complemento, assai più ampio, diramato e pericoloso, è la festa della destra in tutte le sue sfumature e gradazioni In questo panorama è necessario riaffermare senza mezzi termini che in Italia o la democrazia è antifascista o non ci sarà alcune democrazia. «Questo è non solo il tuo parere, che condivido afferma Aniasi questo è un dato di fatto iscritto nella Costituzione, in tutti gli articoli della Costituzione, in tutte le sue parti; la Costituzione afferma principi ed esalta valori, e gli uni e gli altri sono antifascisti. E poi non è vero che il fascismo sia morto mezzo secolo fa come un certo "buonismo" anche istituzionale vorrebbe far credere. È vivo e pericoloso in Italia come in altri Paesi europei ed extraeuropei». Vorrei il tuo parere proprio su questo punto, su questa improvvisata corrente di pensiero che per evitare querele chiamiamo "buonismo" ma che preferiremmo definire in modo drastico e sferzante. Mi pare che tutto sia cominciato il giorno dell'insediamento del nuovo presidente della Camera dopo le ultime elezioni politiche. Non trovò di meglio che invitare l'assemblea, e quindi l'elettorato, e di conseguenza il popolo italiano, a riflettere sui giovani che avevano "sbagliato" i quali, per chi non capisce subito, sono quelli che si erano schierati con i nazisti, quelli della rsi, delle brigate nere, della X mas, i rastrellatori, i torturatori, gli impiccatori. «Questa riflessione - risponde Aniasi - noi l'abbiamo fatta mezzo secolo fa e ci fu una amnistia, che a mio personale parere andò ben oltre alla necessità della riflessione. Vennero amnistiati i delitti commessi dai fascisti, ma anche i delitti efferati con la sola eccezione di quelli "particolarmente efferati". Di conseguenza tutti coloro che si erano "limitati" ad uccidere, torturare, impiccare in modo feroce ma non particolarmente efferato, sono stati liberati. Non oggi, ma mezzo secolo fa. Ed oggi, ad esempio, il tenente Finestra, noto figuro della rsi, fucilatore di partigiani, condannato a morte per fucilazione alla schiena e subito amnistiato, oggi fa il sindaco a Latina. Di questi casi se ne possono elencare a centinaia. Molti di questi personaggi oggi pontificarono dai giornali o dagli schermi televisivi e ci insegnano che cosa sia la libertà e la democrazia». E che cosa ci chiedono oggi, che cosa pretendono? Che sia cancellata la memoria, che sia riscritta la storia, che siamo tutti uguali, quelli che hanno combattuto per la libertà e quelli che hanno servito la tirannia. «No, questo no grida Aldo Aniasi, il comandano Iso questo mai». |
Revisionismo e istituzioni, un nodo da sciogliere di Aldo Aniasi Più che il revisionismo che falsificando la storia si propone di giustificare i crimini commessi dai fascisti ci preoccupano i messaggi che vengono da autorevoli rappresentanti delle Istituzioni che si prestano ad ambigue interpretazioni. Alcune affermazioni del Presidente della Camera on.Violante, nel discorso di insediamento e nel più recente incontro a Trieste con l'on. Fini, accolte con entusiasmo dall'estrema destra ne sono una dimostrazione. In quell'incontro è stata lasciata senza risposta l'affermazione di Fini: «la storia riscriviamola con il riconoscimento di errori e crimini da addebitare equamente a fascisti e antifascisti». |