- La scomparsa di Tatò - Arnoldo Mondadori Editore - Milano - Lit. 28.000 - 255 pp
Un evento mirabile e misterioso si è verificato in Vigàta il 21 marzo 1890, Venerdì Santo, durante la sacra rappresentazione della Passione di Cristo secondo il cavalier D'Orioles, popolarmente detto il "Mortorio": il ragioniere Antonio Patò, direttore della locale sede della "Banca di Trinacria", funzionario irreprensibile, marito integerrimo e padre amoroso di due vivacissimi bambini, oltre che apprezzato Giuda nella predetta rappresentazione, come da copione è precipitato, al termine di questa, nella botola approntata per aprirsi, con meravigliosa verosimiglianza, sotto i piedi del traditore di Cristo, ma non è più riemerso per ricevere l'applauso del pubblico e poi rientrare nei consueti suoi panni di cittadino modello. Scomparso nel nulla, volatizzato. Ma unni sinni ì Patò? Ma dove se ne è andato Patò? "Murì Patò o s'ammucciò?" si interroga una scritta comparsa su un muro di Vigàta la mattina del 23 marzo, Domenica di Pasqua: "Patò è morto o si è nascosto?" E'quello che vogliono sapere la cittadinanza tutta, la derelitta, sconvolta moglie signora Mangiafico Elisabetta in Patò, il cognato Capitano del Regio Esercito Arnaldo Mangiafico, di stanza a Caltanisetta, e soprattutto S.E. il senatore Pecoraro Grande Ufficiale Artidoro, Sottosegretario di Stato al Ministero dell'Interno, nonchè altolocato parente dell'involato ragioniere. La Delegazione di Pubblica Sicurezza di Vigàta e la locale Stazione dei Reali Carabinieri sono allertate; i giornali "l'Araldo di Montelusa" e addirittura l'insidiosissima antigovernativa "Gazzetta dell'Isola" sono in fermento, bisogna fare luce nel mistero prima che sia troppo tardi, prima che lo scandalo si estenda dall'isola a tutto il regno. Può essere successo di tutto: forse un pazzo ossessionato da smanie religiose ha confuso l'attore con Giuda in persona e ha voluto colpire nell'ignaro ragioniere il traditore di Nostro Signore? Qualche pasticcio della Banca di Trinacria di cui il Patò poteva essere a conoscenza? Una perdita di memoria in seguito alla caduta? Una fuga alla Mattia Pascal? L'ombra della mafia? O sono da prendere in seria considerazione le ipotesi di due eccentrici sudditi di Sua Maestà Brittanica? Il Reale Astronomo di Corte Alistair O'Rodd è pronto a scommettere che una frattura nel continuum spazio-temporale abbia inghiottito il ragioniere in un vorace interstizio, mentre l'Archeologo di Corte Michael Christopher Enscher giura sull'a tutti occulto (ma non a lui) potere della "scala di Penrose". Scritto in forma di esilarante dossier, prodigioso repertorio di tradizioni sicule, di abitudini italiche, di costumi e malcostumi ottocenteschi e contemporanei, innarrivabile campionatura di linguaggio burocratico, borghese e popolare, raffinato inventario delle forme del giallo enigmistico e degli equivoci della commedia di costume, minuzioso catalogo delle manifestazioni del potere e del candore, del sussiego e dell'idiozia degli uomini, "La scomparsa di Tatò" è una delle (tante) vette dell'arte di uno scrittore che più sembra leggero più scava nel profondo del nostro passato, del nostro presente.- La gita a Tindari - Sellerio Editore - Palermo - Lit. 15.000 - 291 pp
"Autocontrollo? Mancanza di sensibilità. No, certamente la ragione era più semplice: la differenza di età. Lui era un cinquantino e Mimì un trentino. Augello era già pronto per il 2000 mentre lui non lo sarebbe mai stato. Tutto qua. Augello sapeva che stava naturalmente trasendo in un'epoca di delitti spietati, fatti da anonimi, che avevano un sito, un indirizzo su Internet o quello che sarebbe stato, e mai una faccia, un paro d'occhi, un'espressione. No, troppo vecchio oramà" Sta invecchiando il commissario Montalbano? No, non è questo. E' l'amarezza per un caso dai retroscena sconcertanti e orrendi. E' il saluto del nuovo secolo a questo Maigret siculo, più colto, più teso e irregolare (più "nirbùso e squieto" direbbe Camilleri, nella sua lingua giocosamente protesa alla ricerca della musica più antica dell'italiano). Egli indaga tra l'immaginaria Vigata e Tindari, il promomntorio a picco sul mare "col piccolo, misterioso teatro greco e la spiaggia a forma di una mano con le dita rosa". Un triplice omicidio è avvenuto - un giovane dongiovanni che viveva al di sopra dei suoi mezzi apparenti, due anziani pensionati seppellitiin casa che improvvisamente decidono una gita a Tindari. Li collega, sembra, solo un condominio. Ma Montalbano ha una maledizione, sa leggere i segni che provengono dall'antichissimo che vive nel modernissimo continente Sicilia: lo aiutano un vecchio ulivo contorto, la sua squadra, la svedese Ingrid, un libro di Conrand e un Innominato senza pentimento. "La gita a Tindari", assai più di un semplice giallo, ha la felicità e la facilità della commedia. Come se il processo ideativo e fantastico iniziasse dall'occhio, dalla vista. Si apre una quinta e spunta un personaggio con una scansione perfetta dei tempi, e ciascuno ha un carattere che lo fa uscire, vivido e completo, dal fondale: e non solo i personaggi principali, ma anche la vicina che compare una volta sola, i vecchietti della gita, i picciotti di guardia al boss, gli avventori del ristorante. E al di là del fascino della lingua, della consonanza con l'universo metaforico siciliano, della suggestione dell'intreccio, ogni pagina offre un momento di divertimento letterario.- Gli arancini di Montalbano - Arnoldo Mondadori Editore - Milano - Lit. 28.000 - 339 pp
"Quando Montalbano incornava su una cosa, non c'erano santi". Il narratore che da anni ci racconta le storie del commissario di Vigata, immaginarie e vere come la provincia siciliana in cui si svolgono, lo sa bene. Una parola stonata, un gesto incontrollato, un dettaglio incongruo, isolati con percezione sovracuta nella catena di assurdità del vivere quotidiano, bastano a mettere in moto la macchina delle indagini. E Montalbano indaga non tanto sulla colpa quanto sulla nostra armata, e disarmante, umanità. Anche se è una mattina di pioggia, non ha ancora preso il caffè ed è di umore nivuro come l'inchiostro; o se a mezzanotte, piegato dalla stanchezza, guida verso la sua casa di Marinella pregustando un'ora di fresca solitudine sulla verandina in riva al mare; o persino se sul suo tavola alla trattoria San calogero hanno appena servito un piatto cucinato come Dio comanda. Così, da una impercettibile crepa nella normalità, prendono avvio o trovano soluzione anche queste nuove storie, dove Montalbano si imbatte nei crimini e nei criminali più eterogenei e strani: vecchie coppie di attori che recitano, nel segreto della camera da letto, un funereo copione; insospettabili presidi in pensione che raggirano generose prostitute; incolpevoli padri di mafiosi trasformati in implacabili giustizieri; mogli astutamente fedeli che ordiscono crudeli vendette ai danni dei loro tronfi mariti; meticolosi raccoglitori di immondizia che costudiscono il mistero di traffici di droga; contadini abbruttiti e violenti con cellulari che finiscono per tradirli; giudici in ritiro angosciati dal pensiero di non avre agito secondo verità. Seguendo il suo commissario con ironia amara e solidale, tra Vigata, Roma, Genova e New York si trova anche costretto, lungo il percorso, ad un lapidario colloquio telefonico con il suo personaggio. Naturalmente, la lingua della loro comunicazione è quell'impasto sapido e corposo di italiano e siciliano che li accomuna e che ha contribuito a farne il caso letterario più importante degli ultimi anni. Poche battute, e subito l'incidente si trasforma in un piccolo divertimento alle spalle di... Non togliamo gusto al gioco. Lasceremo Montalbano a Capodanno, colpito da una grande botta di malinconia dopo l'ennesima "azzuffatina" con Livia, l'eterna fidanzata Genovese, che per punirlo del suo carattere scorbutico è andata a Viareggio con alcuni suoi colleghi d'ufficio. Unica luce in quella giornata scura, gli arancini della "camarera" Adelina, celestiale bontà. Montalbano farà di tutto, escogitando scorciatoie nella soluzionedi una rapina, per non perdersi quella festa. La stessa che è per noi, in ogni pagina, leggerlo.- La mossa del cavallo - Rizzoli Editore - Milano - Lit. 25.000 - 248 pp
La vicenda narrata da Andrea Camilleri in questo romanzo prende liberamente spunto dagli appunti di Leopoldo Franchetti per la sua inchiesta sulle condizioni socio-economiche della Sicilia del secolo scorso. Giovanni Bovara, ispettore capo ai mulini di Montelusa, "un siciliano che parla genovese", è testimone dell'uccisione di un prete. Poche ore dopo avere reso la sua deposizione, viene arrestato e accusato proprio dell'omicidio denunciato. Questo drammatico rovesciamento dei ruoli costringe il protagonista ad una mossa imprevista che spiazza l'avversario ed infine gli salva la vita. Giovanni Bovara è cresciuto a Genova dove ha imparato l'italiano ed il dialetto locale, quel genovese, lingua "materna" e dunque lingua dell'infanzia, che "a macchie" viene fuori nei momenti di maggiore intensità emotiva del suo parlare. Accusato di un crimine non commesso, Giovanni dovrà combattere per affermare la propria innocenza e ci riuscirà solo recuperando il suo dialetto, il siciliano, e con esso il modo di pensare dei suoi padri. Questa è la mossa che gli darà la vittoria. Romanzo storico ambientato nella Vigàta, "il centro più inventato della Sicilia più tipica", di fine Ottocento dove l'intreccio a sfondo poliziesco si scioglie grazie all'uso del dialetto siciliano, "La mossa del cavallo" ci consegna in forma di narrazione una straordinaria dichiarazione poetica "in atto" e allo stesso tempo una sconcertante e paradossale storia di sopraffazioni antiche ed attualissime, di manipolazioni continue della realtà che rendono difficile l'accertamento di verità individuali e collettive.- Un mese con Montalbano - Mondadori Editore - Milano - Lit. 28.000 - 416 pp
Perchè questo libro si intitola "Un mese con Montalbano"?. Perchè a trascorrere trenta gioni in compagnia del nostro commissario saranno i lettori: trenta infatti sono i racconti compresi nel volume. Non tutti si svolgono a Vigata, il paese siciliano dove il commissario vive ed opera. Alcuni narrano vicende accadute quando Montalbano muoveva i primi passi nella sua carriera. Si tratta, allora, di trenta indagini, alcune veramente sui generis, ma, date le caratteristiche del personaggio, come poteva essere diversamente? Il campionario di delitti, pemeditati o preterinzionali, inscenati, minacciati o semplicemente simulati, è quanto mai vario. E a volte Montalbano arriva in tempo, a volte arriva troppo tardi. A volte la giustizia degli uomini cala razionale e tempestiva, a volte sono più veloci la vendetta o il rimorso. A volte, come nella vita, non c'è intelligenza., ragione che basti a spiegare il mistero dei delitti e, più in generale, delle azioni umane. Ogni caso risolto provoca soddisfazione o amarezza, perchè si danno anche storie in cui forse sarebbe stato meglio lasciare le cose come stavano, non sciogliere l'intrigo. La casistica è ampia. Sono delitti d'amore, d'interessse, mafiosi, o d'ambizione, di esaltazione, di esplosivo furore o di logorante quotidianità. Li commettono vecchi e giovani, uomini e donne, belli e brutti, lascivi e moralisti, ignoranti e colti. Perchè nel delitto c'è un'equanimità assoluta. L'unico denominatore comune in tanta varia umanità è forse solo l'atteggiamento umano di un Salvo Montalbano che alla ferocia della vita oppone, con ilsuo personalissimo tratto stilistico impastato di lingua e dialetto, con la sua morale fatalista ma non rassegnata, le logore eppure sempre acuminate armi dell'uomo: l'intelligenza , l'ironia, la pietà.- La forma dell'acqua - Sellerio Editore - Palermo - Lit. 15.000 - 173 pp
Il primo omicidio letterario in terra di mafia della seconda repubblica - un omicidio eccelente seguito da un altro, secondo il decorso cui hanno abituato le cronache della criminalità organizzata - ha la forma dell'acqua ( "Che fai?" gli domandai. E lui, a sua volta, mi fece una domanda. "Qual'è la forma dell'acqua?". "Ma l'acqua non ha forma!" dissi ridendo: "Piglia la forma che gli viene data" ). Prende la forma del recipiente che la contiene. E la morte dell'ingegnere Luparello si spande tra gli alambicchi ritorti e i vasi inopinatamente comunicanti del comitato affaristico politico-mafioso che domina la cittadina di Vigata, anche dopo il crollo apparente del vecchio ceto dirigente. Questa è la sua forma. Ma la sua sostanza ( il colpevole, il movente, le circostanze dell'assassinio ) è più antica, più resistente, forse di maggior pessimismo: più appassionante per un perfetto racconto poliziesco. L'autore del quale, Andrea Camilleri, è uno scrittore e uno sceneggiatore che pratica il giallo e l'intreccio con una facilità ed una felicità d'inventiva, un'ironia e un'intelligenza di scrittura che - oltre il divertimento severo del genere giallo - appartengono all'arte del raccontare. Cioè all'ingegno paradossale di far vedere all'occhio del lettore ciò che si racconta, e contemporaneamente di stringere con la sua mente la rete delle sottili intese.- Il ladro di merendine - Sellerio Editore - Palermo - Lit. 15.000 - 247 pp
Dopo "La forma dell'acqua" e "Il cane di terracotta" questo è il terzo giallo di Andrea Camilleri ad avere come protagonista Salvo Montalbano, il commissario di stanza a Vigàta, "il centro più inventato della Sicilia più tipica". Questa volta Montalbano - preoccupato peraltro di evitare la promozione a vicequestore, che significherebbe compromissione burocratica e rinuncia ai propri capricci investigativi - sospetta l'esistenza di un collegamentotra due morti violente: quella di un tunisino imbarcato su di un motopeschereccio di Mazzara del Vallo e quella di un commerciante di Vigàta accoltellato dentro un ascensore. Per Camilleri la Sicilia di oggi è fonte continua di ispirazione e di scoperta, di intrecci di romanzo poliziesco e di osservazioni su di un costume magari inquietante ma certamente non statico; soprattutto gli suggerisce un linguaggio, una parlata mai banale nè risaputa. Tutto il contrario delle metafore viete ed irritanti adoperate dagli uomini dei servizi segreti con i quali Montalbano si trova a scontrarsi duramente: figure retoriche sempre più incapaci di reggere il discorso della "ragion di stato" quando ormai, come osserva il nostro commissario, "praticamente serviamo due stati diversi".- La concessione del telefono - Sellerio Editore - Palermo - Lit. 15.000 - 270 pp
Nell'estate del 1995 trovai, tra vecchie carte di casa, un decreto ministeriale (che riproduco nel romanzo) per la concessione di una linea telefonica privata. Il documento presupponeva una così fitta rete di più o meno deliranti adempimenti burocratico-amministrativi da farmi venire subito voglia di scriverci sopra una storia di fantasia che ho terminato nel marzo del 1997. La concessione risale al 1892, cioè ad una quindicina d'anni dopo i fatti che ho raccontato nel "Birraio di Preston" e perciò qualcuno potrebbe domandarmi perchè mi ostino a ripistiare sempre nello stesso mortaio, tirando in ballo, quasi in fotocopia, i soliti prefetti, i soliti questori, ecc. Prevedendo l'osservazione, ho messo le mani avanti. La citazione ad apertura del libro è tratta da "I vecchi e i giovani" di Pirandello e mi pare dica tutto. Nei limiti del possibile, essendo questa storia esattamente datata, ho fedelmente citato ministri, alti funzionari dello Stato e rivoluzionari col loro vero nome (e anche gli avvenimenti di cui furono protagonisti sono autentici). Tutti gli altri nomi e gli altri fatti sono invece inventati di sana pianta.- Il cane di terracotta - Sellerio Editore - Palermo - Lit. 15.000 - 275 pp
Il solito delitto di mafia, misterioso ed intricato, a Vigata, cittadina fantastica e metaforica in terra di Sicilia, dove Camilleri ambienta il suo romanzo giallo, con protagonista il commissario Montalbano. Occhio e intelletto di giustizia, Montalbano risolve le sue inchieste, si direbbe, per affinità ambientale: è così perfettamente siciliano che ogni indizio per lui si trasforma in univoco messaggio di un codice sconosciuto, da decrittare simbolo per simbolo, come una lingua arcaica che continua a parlare in forme nuove. Ma stavolta, in coda al delitto di mafia, se ne trova un altro, più conturbante e rituale: due cadaveri di giovani amanti abbracciati, nel doppio fondo di una grotta, sorvegliati da un enorme cane di terracotta.Un omicidio di cinquant'anni prima. E Montalbano indaga, con l'aiuto di una compagnia volenterosa di vecchietti: "un'indagine in pantofole, in case d'altri tempi, davanti a una tazza di caffè". La Sicilia è terra che da sempre si presta al genere giallo e poliziesco, cui fornisce il suo teatro di contrasti e di arcaismi. Camilleri, però, del giallo siciliano è, in senso proprio, un innovatore, una lingua che si modula senza sforzo e fastidi sul dialettto, una potenza di comicità, ma soprattutto vi aggiunge l'intuizione completa dei nuovi scenari, quel miscuglio di culture millenarie con ciò che i sociologi denominano "modernizzazione senza sviluppo".- La voce del violino - Sellerio Editore - Palermo - Lit. 15.000 - 209 pp
"Il commissario invece era di Catania, di nome faceva Salvo Montalbano, e quando voleva capire una cosa, la capiva". Questo "capire" di Montalbano, essendo fondmentalmente una immersione ambientale, un annusare, un soppesare a occhio, è distante dallo "spiegare" deduttivo dei segugi di impostazione scientifica. Ma non collima neppure col simpatetico "comprendere" dei detectives più filantropi: anzi per il commissario di Vigàta - celebre per il laconico sarcasmo - identificare la molla che fa scattare l'assassinio costituisce "la parte peggiore" della ricostruzione poliziesca. "La considero la parte peggiore perchè devo abbandonare i fatti concreti ed inoltrarmi nella mente di un uomo, in quello che pensa. Un romanziere avrebbe la strada facilitata, ma io sono semplicemente un lettore di quelli che credo buoni libri". E di comprensione per chi ammazza non se ne parla nemmeno. "La voce del violino" è la storia di una giovane donna assassinata, di un grande artista che vive da eremita e d'altro ancora. Soprattutto, è una storia di scambi: e Montalbano dovrà decidere se scambiare la propria esistenza per una nuova.- Il birraio di Preston - Sellerio Editore - Palermo - Lit. 15.000 - 239 pp
Si capisce, leggendo Camilleri, che il suo piacere letterario maggiore, raccontando vicende della provincia siciliana (fatti veri su cui trama e ordisce la finzione, e quindi in sè semplici se non fossero intricate dall'essere appunto siciliane), è quello di riportare il dialogo vivo. E' un piacere che si comunica immediatamente al lettore, per la particolare forza comica dell'arte di Camilleri; ma assieme al piacere, poichè il linguaggio è la casa dell'essere, e con la stessa forza e immediatezza, si comunica una specie di nucleo di verità dell'essere siciliano. L'iperbole ed il paradosso della battuta, cui corrispondono l'amara coscienza dell'assurdo in cui siamo ed il dolore sordo per l'immutabilità di questa condizione. Camilleri inventa poco delle vicende che trasforma sulla pagina in vorticosi caroselli di persone e fatti. Qui il fatto vero, conosciuto dalla celebre "Inchiesta sulle condizioni della Sicilia" del 1875-76, è il susseguirsi di intrighi, delitti e tumulti seguiti alla incomprensibile determinazione del prefetto di Caltanisetta, il toscano Bortuzzi, di inaugurare il teatro di Caltanisetta con una sconosciuta opera lirica, "Il birraio di Preston". E' anche in questo attenersi al fondo di verità storica c'è probabilmente un senso preciso: in Sicilia non serve attendere che la storia si ripeta per avere la farsa. La storia, per i delitti siciliani, si presenta subito, al suo primo apparire, con la smorfia violenta ed assurda della farsa.
- Il corso delle cose - Sellerio Editore - Palermo - Lit. 15.000 - 145 pp
Il titolo del romanzo prende lo spunto da una frase di Merleau-Ponty, "il corso delle cose è sinuoso". Frase che si attaglia perfettamente a certa realtà siciliana che abbiamo imparato a conoscere da Capuana a Pirandello, da Brancati a Sciascia. Questa realtà sembra sfuggire tra le mani dell'osservatore, tutta intessuta com'è di moventi umani elementari ma oscuri, di gesti cerimoniali che alludono ad una seconda natura, ad una ipotesi dell'uomo non misurabile secondo i parametri della logica. La prima virtù del romanzo è la costruzione: Camilleri sa intrecciare le fila di un "mistero" con rara abilità, conducendo il lettore sulle vie pericolose e stregate dell'ipotesi mentale, della domanda continua. Ma reso omaggio a questa abilità, che la pratica drammaturgica può avere favorito, bisogna sottolineare la densità dell'atmosfera siciliana evocata e, più ancora, le sottili qualità della scrittura. Certe ore, certe figure appaiono in piena evidenza grazie ad un uso morbido e sornione della parola che forma una sua musica molto riconoscibile.
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