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Il tema del doppio negli X-Men di Chris Claremont - di Pietro Meroni -
(continua)
Altro giro, altra variazione: la possessione. Gli X-Men incontrano Dracula in UXM 159 e poi nell'Annual n° 6: in entrambe le storie Tempesta varca la soglia del vampirismo.
Questa saga, oltre ad offrire un piacevole Sienkiewicz (già sperimentale in alcune soluzioni), mostra per la prima volta il potenziale di Tempesta come "Dark Lady". Claremont non se lo dimenticherà.
Il terrore del doppio è qui negli occhi di Kitty Pryde, che assiste alla metamorfosi di Tempesta. Lo spiazzamento non è dato dal doppio ma dalla trasformazione; nell'Annual, poi, i ruoli si invertono ed è proprio Kitty ad essere posseduta. Sia lei che Tempesta si ritrovano a recitare per altri, marionette su campi opposti.
La storia immediatamente successiva è uno dei punti più alti di Claremont a livello di costruzione narrativa, e il tema del doppio diventa l'elemento fondamentale.
"Chutes and ladders" (UXM 160), tradotto in italiano "Il gioco dell'oca": il titolo bambinesco non tragga in inganno, è una delle storie più tenebrose che gli X-Men abbiano mai vissuto. Anche se non credo che il demone Belasco sia una creazione di Claremont, l'ispirazione per la storia è lampante: l'universo narrativo di H.P. Lovecraft (il cui racconto "The Outsider" ha fornito, per inciso, il titolo a questo articolo...). Gli elementi più tipici del grande HPL ci sono tutti: dei più antichi della Storia, un'isola (creata da Magneto) sperduta nell'oceano piena di misteriosi labirinti e templi smisurati, un malvagio che trama per riportare gli Antichi in questo mondo. Tutta di Claremont, invece, è la costruzione e il concetto di fondo, che a mio parere arricchisce la saga degli X-Men di un importantissimo tassello.
Trasportati nel Limbo, gli X-Men si ritrovano ad affrontare, molto più concretamente delle altre volte, se stessi. Come spesso ama fare, Claremont pone Kitty Pryde come punto di vista principale del lettore. Spetta a lei il primo shock dell'incontro con un Nightcrawler che non è lui ("Non può essere Kurt!" "Non è reale!"), tocca a lei inciampare in un mucchio d'ossa con degli inconfondibili artigli alle mani. Ma a riconoscere per primo la situazione (e con lui il lettore) è Nightcrawler ("Cos'è tutto questo? Un mio doppio malvagio... Sono finito all'Inferno?").
Parallelamente, Tempesta, l'altro personaggio chiave, inizia a trovarsi avvolta in una misteriosa spirale di deja-vù: una misteriosa trasformazione in un "amalgama" di tutti gli X-Men, vestiti e gioielli che le sembra le appartengano da sempre...
La storia inizia ad allontanarsi dai personaggi, prendendo vita propria, assumendo una prospettiva più ampia. Non sono più gli X-Men i protagonisti della storia, è la storia ad inghiottirli, a farli diventare relativi, a mostrarne tutta la nullità, la mortalità, con la rivelazione che nel Limbo si stanno scontrando gli stessi X-Men di due linee temporali diverse, e che "i nostri" sono i secondi arrivati.
"Venni qui per salvare Illyana. Ho visto i miei amici massacrati. Ero ferito a morte." così parla il Nightcrawler "malvagio". E più avanti, la Tempesta più vecchia: "Io inseguii Belasco. I miei amici seguirono me. Loro morirono. Io fui dannata". L'incontro fra le due Tempesta è il punto più alto della storia, che da lì in poi si risolve in trucchetti scenici già visti.
Ma a questo punto il vero protagonista della storia è diventato il senso di Deja-vù, l'idea che tutto quello che è successo è già avvenuto, il pesante, opprimente senso di disperazione per il destino dei "primi" X-Men, il rimpianto per quello che fu e non potè essere. "Con i miei X-Men uccisi, non avevo nulla a cui ritornare" dirà la Tempesta maga.
Ha scritto Alan Moore nella prefazione al "Dark Knight": "L'elemento senza il quale tutte le vere leggende sono incomplete, e che tuttavia non pare mai essere presente nel normale fumetto, è il tempo. Tutte le nostre più vecchie e più belle leggende ammettono che il tempo passa e la gente invecchia e muore." La morte è la chiave di volta che sigla la leggenda: Moore cita Robin Hood e il Ragnarokk dei canti dell'Edda, ma anche Ulisse in una versione dell'Odissea muore alla fine della storia, e il dio Osiride muore e così moltissimi altri miti. Gli X-Men sono morti due volte: nel futuro e nel passato. Il loro status di leggenda è ormai inattaccabile. Buono a sapersi, alla luce di come li stanno trattando adesso. Ma questa è una storia per un altro giorno.
Dalle mosse di UXM 160 prende il via la splendida mini-serie di Magik, dove il rimpianto per il tempo perduto e l'aria di "leggenda" si intensificano, grazie anche all'introduzione di Cat (la Kitty dannata) e all'ulteriore caratterizzazione di Tempesta. "Magik" è un punto altissimo nella produzione di Claremont: l'uso dei simboli, come la ghianda contrapposta alla spada, è magistrale; alcune situazioni sono veramente da brivido; i continui sbalzi temporali creano un'immensa galleria di specchi e la cornice di disperazione è ottimamente resa, grazie anche a un Tom Palmer che può essere considerato il vero "art-director" della serie con i suoi inchiostri cupi e angoscianti.
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