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PRIME IMPRESSIONI DOPO L'ASCOLTO DI "JOHN MELLENCAMP" Abbiamo ritrovato Mellencamp. E forse Mellencamp ha ritrovato se stesso. "John Mellencamp", il suo nuovo album, primo per la Columbia-Sony, infatti, è sano, ben riuscito, calibrato, e il nostro riesce nuovamente a dare corpo alla sua arte, senza disperderla in mille rivoli. Se "Mr Happy Go Lucky", è stato l'album della rottura con il passato di eterno rocker, "J.M." ha l'essenziale pregio di non rinnegare mai le proprie radici, senza rinunciare a guardare al futuro ed ad altre forme musicale per esprimersi. Dall'iniziale "Fruit Trader", fino alla conclusiva "Days Of Farewell", si respira un'aria di compiutezza e pienezza di mezzi, come se il nostro avesse definitivamente accettato il proprio "io", e deciso di concedergli ampio spazio. Non ci sono le gabbie che intrappolavano le canzoni (e le emozioni) di "Mr Happy ", tanto meno l'urgenza espressiva (e la fretta) di "Dance Naked". C'è piuttosto un bel suono, ricco di riferimenti alle radici, ma anche attento a quella che è l'evoluzione più genuina del rock fin de siècle, una manciata di grandi canzoni (su tutte la splendida "Positively Crazy") e una convinzione di fondo che senza dubbio ci fa credere che Mellencamp abbia (ri)imboccato la strada giusta. Oddio, c'è da dire che qualche solerte critico musicale ha voluto paragonare questo nuovo disco ai lavori della triade d'oro di Mellencamp, ossia "Scarecrow", "The Lonesome Jubilee" e "Big Daddy". A parte l'antipatia di voler sempre paragonare un artista ai suoi lavori più riusciti, invece di cercare di comprenderne l'evoluzione, non ci sembra per niente che "J.M." possa in qualche misura essere rapportato ai suddetti tre dischi. Ma non perché non n'è all'altezza. Piuttosto perché allora Mellencamp stava definendo uno standard di suono e di canzoni che successivamente ha sviluppato. In questo senso "J.M." è, casomai, il naturale proseguimento di "Human Wheels", perché riporta nella musica del coguaro la giusta dose di rock (e grandi canzoni) che era mancata ad altri album. Naturale che ascoltando quest'ultimo disco venga da paragonarlo ai capolavori degli anni ottanta. "J.M.", però, non ha niente del Mellencamp di quel periodo che, a mio avviso, dev'essere considerato sepolto dalle tonnellate di chitarre di "Whenever We Want". Insomma, oggi il coguaro ha raggiunto un proprio standard compositivo, difficilmente uguagliabile, che ha scelto di gestire in modo intelligente, giostrandosi con grazia e rabbia tra vari generi musicali. Ed è per questo "J.M." dev'essere apprezzato, oltreché per le grandi canzoni che contiene. Perché ci restituisce un Mellencamp nuovamente conscio dei propri mezzi e delle proprie capacità. In definitiva, qualcosa di più del "bel disco" che molti di noi attendevano: un punto fermo nell'irrequieta carriera del coguaro. Nell'attesa della prossima mossa, non resta altro che aprire un'ampia discussione sul "J.M.". Francesco Meucci This page hosted by |