IL POTERE DEI CITTADINI E DEI CONSUMATORI VERSO LE MULTINAZIONALI

di Russeli Mokhiber

Direttore della rivista "Corporate Crime Reporter"

 

 Sono Russelì Mokhiber, di Washington, dove dirigo il "Corporate Crime Reporter", una rivista settimanale di natura giuridica, che si pubblica da una decina di anni. Pubblichiamo anche il "Multinationai Monitor", un mensile per la difesa dei consumatori e lavoriamo anche con un gruppo che conduce ricerche sull'affidabilità delle imprese. Con tutte queste attività cerchiamo di portare avanti la difesa dei consumatori e denunciamo i crimini commessi dalle multinazionali.
Nella mia presentazione spiegherò la natura del potere enorme che hanno le multinazionali negli Stati Uniti e i problemi che ne derivano. Parlerò anche di alcuni casi concreti di resistenza al loro potere.
I cittadini americani sono sopraffatti dal potere delle grandi imprese a cui è molto difficile sfuggire. La televisione è uno degli strumenti più usati per inculcare nelle nostre menti il loro messaggio. L'americano medio guarda la televisione in media 4 ore al giorno, quindi a 65 anni avrà passato 9 anni davanti alla TV. Un bambino vede in un anno 20 mila spot pubblicitari da 30 secondi. Il risultato è che siamo sommersi dai prodotti delle multinazionali e che dipendiamo da esse. La nostra è diventata la società degli spot pubblicitari e c'è pochissimo tempo per altre attività, incluso l'impegno sociale.
Le poche notizie che vengono fornite nei programmi pubblici dedicati all'informazione, raramente si soffermano su queste multinazionali che controllano la nostra economia e le nostre vite. I notiziari si concentrano soprattutto sulla criminalità spicdola e sui reati commessi dai singoli, mentre si occupano assai poco dei crimini e della violenza delle grandi imprese. Come ha scritto un giornalista del "Washington Post", ciò induce la gente a credere che la criminalità è una caratteristica dei poveri, mentre i criminologi affermano che la povertà ha poco a che fare con i crimmi che infliggono alla nostra società i danni più gravi. In realtà i maggiori malfattori della società sono le grandi compagnie.
Noi attivisti statunitensi ci siamo resi conto che è necessario concentrare il dibattito pubblico sui crimini delle multinazionali e da 8 anni sul numero di dicembre di 'Multinational Monitor" pubblichiamo una lista delle dieci multinazionali peggiori dell'anno. A volte chiamiamo la rubrica "La Galleria del Disonore".
Nelle nostre pubblicazioni, per convincere gli scettici, usiamo il criterio monetario e facciamo notare che i ladrocini commessi dai colletti bianchi, dalle persone intelligenti e istruite come i medici, gli avvocati, gli uomini d'affari, i commercialisti ammontano a 200 miliardi di dollari l'anno, mentre i furti di strada e gli scassi non superano i 4,3 miliardi di dollari l'anno. Lo stesso vale per la violenza fisica. I criminologi sono d'accordo nell'ammettere che uccide molte più persone la violenza delle multinazionali che la criminalità di strada.
Negli USA abbiamo cercato di lottare perché la magistratura consideri come omicidi i casi di morte sul lavoro. A Los Angeles, per esempio, ogni volta che qualcuno muore sul lavoro si procede ad un'indagine per incidente, solo raramente per omicidio. Noi insistiamo perché ogni volta ci sia un'indagine per omicidio e per violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro. La lista dei crimini commessi dalle multinazionali è lunga: centinaia di migliaia di americani sono morti per malattie provocate dall'amianto, migliaia di minatori sono morti per silicosi, migliaia di lavoratori tessili per simili malattie polmonari. Ma il caso più grave si è avuto nel 1984 in India, a Bhopal. In una fabbrica della Union Carbide furono uccise circa 5.000 persone e altre 200 mila (di cui 40 mila in modo molto grave), vennero ferite dall'emissione di un gas letale.
Purtroppo le multinazionali continueranno a commettere crimini finché la società non si doterà di meccanismi efficaci per scoprire e rivelare le loro malefatte. Per controllare i crimini delle multinazionali prima di tutto si dovrebbe creare una cultura collettiva che non tollera i loro reati. Inoltre, bisognerebbe imparare a pubblicizzare e a condannare i comportamenti criminali, mentre dovremmo lodare quelli esemplari.
Negli ultimi anni negli Stati Uniti sono nati centinaia di gruppi che si dedicano alla scoperta e alla denuncia dei crimini delle multinazionali. Essi si occupano di una vasta gamma di problemi creati appunto da queste grandi imprese. Fanno manifestazioni, indicono conferenze stampa, pubblicano guide per i consumatori ed esercitano pressioni sui politici.
Tutte le iniziative che puntano a svergognare le multinazionali sono ben documentate negli USA e l'esperienza ci ha insegnato molte cose interessanti. Ne elenco tre:

  1. i dirigenti delle multinazionali odiano l'imprevisto, vogliono una crescita costante, rischi limitati e una buona immagine per la loro società;
  2. non vogliono che si dia pubblicità ai loro misfatti;
  3. si preoccupano solo dell'aumento dei profitti. Le migliori campagne quindi sono quelle dirette contro i dirigenti che hanno commesso il reato e quelle che rivelano i comportamenti negativi delle società nei settori che stanno più a cuore al gruppo di pressione.

All'inizio le multinazionali cercano di scrollarsi di dosso le accuse, ma se la pubblicità negativa continua, esse si rendono conto che devono prenderla sul serio. L'esperienza delle campagne riuscite negli USA ci indica che perfino le multinazionali più forti, con potenti appoggi politici, possono essere indotte a modificare i loro comportamenti.
Per esempio la Disney recentemente ha annullato il suo progetto di costruire in Virginia un parco storico dopo che un coordinamento di cittadini, ben appoggiato politicamente, ha fatto una campagna molto forte contro il progetto. C'è anche il caso ben documentato della campagna contro la Nestlé e quella contro la General Electric.
Dopo un boicottaggio da parte del gruppo denominato INFACT, che chiedeva la sospensione della produzione di ordigni nucleari, la General Electric ha venduto la sua divisione per la produzione di armi nucleari.
C'è anche il caso interessante della MacDonald che è stata costretta a smettere di usare imballaggi di polistirolo dopo una campagna da parte di un gruppo ambientalista che mandava la spazzatura a casa di Ronald MacDonald e al quartier generale della multinazionale, oltre ad organizzare proteste nei ristoranti di tutti gli Stati Uniti.
Vale la pena esaminare in dettaglio alcune campagne per vedere perché alcune hanno avuto successo e altre no.
Nel caso della Disney la società voleva costruire un parco storico vicino a Washington D.C., in una tranquilla zona di campagna della Virginia per attirare turisti e raccontare la storia alla sua maniera. Tuttavia aveva deciso di farlo in una zona i cui abitanti non intendevano rinunciare alla tranquillità della campagna. Essi sostennero che il progetto avrebbe portato una gran quantità di locali, di "fast food", che avrebbe aumentato la piccola criminalità e che avrebbe creato problemi sociali. Gli attivisti incentrarono il dibattito sul fatto che una grande multinazionale intendeva manipolare e trasformare autoritariamente la comunità per il suo esclusivo interesse, mentre i contribuenti dovevano pagare per la costruzione delle infrastrutture necessarie al parco. Misero in evidenza anche il fatto che le multinazionali distruggono l'ambiente naturale e i monumenti veri per sostituirli con le loro copie di plastica. Il luogo scelto dalla Disney, infatti, è ricco di monumenti e resti storici risalenti alla guerra civile. Gli attivisti usarono i mass media in modo massiccio per colpire l'immagine della Disney che fu costretta dalla pressione dell'opinione pubblica ad annullare il progetto.
Questa vittoria è senz'altro molto incoraggiante, ma c'è da domandarsi se una comunità povera ce l'avrebbe fatta a sconfiggere una multinazionale come la Disney.
Una volta, circa 10 anni fa, ho partecipato a Detroit ad una campagna contro la Generai Motors che aveva annunciato di voler costruire un impianto di assembiaggio nel centro della città. Per farlo però doveva distruggere un quartiere chiamato "Pole Town" (città polacca), appunto perché abitato prevalentemente da polacchi. Gli abitanti si mobilitarono subito per impedire la distruzione della loro comunità e iniziarono una campagna molto agguemta tramite i mass media. Spesso andavano a casa del presidente della Generai Motors, Roger Smith, con un bulldozer e minacciavano che se lui avesse distrutto il loro quartiere essi avrebbero distrutto il suo. Questo fatto ebbe larga risonanza a Detroit e in tutto il paese. Fu lanciato anche un boicottaggio contro le automobili della Generai Motors, ma poiché gli attivisti non avevano abbastanza denaro per sostenere a lungo il boicottaggio, non dette risultati. I dimostranti assunsero anche altre iniziative. Ad esempio, organizzarono l'interruzione dell'assemblea annuale degli azionisti e intentarono un'azione legale, ma la Generai Motors rifiutò di cambiare i suoi piani. Dopo una lotta durata due anni tutti gli abitanti furono sfrattati, il quartiere distrutto e la fabbrica edificata.
La differenza fra le due campagne è che la Disney aveva sottovalutato l'importanza che ha il denaro per sostenere la lotta sui mass media e non aveva valutato la determinazione e il sostegno politico di cui godevano gli abitanti del Nord Virginia, i quali temevano una ripercussione negativa sul loro standard di vita. La General Motors invece aveva ben calcolato che la comunità povera di Pole Town non poteva procurarsi il denaro per reggere a lungo, né poteva avere gli appoggi politici necessari per piegare il suo potere. Recentemente è stato chiesto ad uno dei principali attivisti della campagna di Pole Town perché il quartiere fosse stato distrutto ed egli ha risposto: "Dovevamo lottare contro la General Motors, il sindacato dell'auto, la Chiesa cattolica e la città di Detroit, cosa vi aspettavate?".
Anche le battaglie legali sono un buon strumento per opporsi al potere delle multinazionali negli USA. Spesso i vari gruppi si organizzano per far approvare leggi che proibiscano i comportamenti delle multinazionali che arrecano danno alla popolazione. Cercano di attirare su di esse l'interesse delle autorità, dei pretori, degli avvocati e ricorrono in giudizio per assicurare un risarcimento a coloro che hanno subito un danno e per far punire la multinazionale.
È utile sapere che negli USA a volte anche dei procuratori legali conservatori prendono sul serio i crimini delle multinazionali. Per esempio nel 1980 un procuratore repubblicano dell'Indiana accusò di omicidio la Ford per la morte di tre adolescenti. Le ragazze erano morte al ritorno da una partita di palla a volo quando la loro Ford Pinto venne tamponata da un furgoncino. L'urto ruppe il serbatoio della benzina e bloccò le portiere. La benzina penetrata nell'abitacolo provocò un'esplosione che uccise le ragazze. Il procuratore aveva letto che i serbatoi della Ford Pinto erano difettosi e denunciò per omicidio la Ford appellandosi al fatto che l'impresa sapeva che i serbatoi si potevano rompere anche ad un impatto minimo. La Ford naturalmente respinse le accuse e al processo venne assolta dalla giuria, perché il giudice, che era favorevole alla multinazionale, aveva giudicato inanimissibili le prove più importanti presentate dall'accusa.
Molti dei processi celebrati negli USA contro le multinazionali sono stati possibili grazie alle denunce dei gruppi di pressione e alle informazioni fornite dallo stesso personale dipendente delle multinazionali. La vittoria ad un processo contro una multinazionale può avere un notevole impatto e funzionare da deterrente non solo per la società condannata ma anche per le altre imprese.
Charles Nesson, professore di diritto ad Harvard, recentemente si è occupato di una causa contro la Grace e la Beatrice Foods. Al processo egli rappresentava otto famiglie abitanti tutte nello stesso quartiere, i cui bambini erano stati colpiti da leucemia. Al processo l'accusa sostenne, e le fu data ragione, che la terribile malattia era stata provocata dalle infiltrazioni, nella rete idrica locale, dei liquami provenienti dalle fabbriche della Grace e della Beatrice Foods.
Charles Nesson è un professore molto noto negli USA. Spesso dà conferenze per i dirigenti delle multinazionali e le rappresenta nei processi. Egli ci ha detto che l'unico modo per spingere le multinazionali ad un comportamento corretto è di colpirle con richieste di risarcimenti molto alti: "L'unica lingua che capiscono i dirigenti delle multinazionali è quella del denaro, ce l'hanno nel sangue; vendite, profitti, bilanci, solo questo conta per loro", ci ha detto il professore ed ha aggiunto che qualunque multa inferiore al profitto di un anno ha poco effetto a imprese di queste dimensioni. Ma il profitto di un anno è dell'ordine di 500 milioni di dollari e sfortunatamente la causa per i bambini leucemici si è conclusa con una penale di 10 milioni di dollari.
Come ho già detto, le grandi imprese detestano gli imprevisti e nelle nostre azioni, negli USA, cerchiamo di coglierle di sorpresa usando tutti gli strumenti offerti dal sistema giudiziario per denunciarle e chiedere indennizzi per i danni che hanno provocato. Tentiamo di persuadere pretori e procuratori legali ad accusarle di lesioni od omicidio nel caso in cui i cittadini, i consumatori e i lavoratori siano rimasti vittime delle loro malefatte. Ma le lotte legali non possono essere l'unica strategia delle nostre campagne perché la legge è troppo lenta e un po' alla volta l'interesse dell'opinione pubblica si smorza. Del resto queste forme di lotta sono efficaci negli USA e non possono essere estese a quei paesi che non hanno sistemi simili o che hanno un sistema giudiziario debole. Per cui vanno ricercate anche altre forme di pressione.
Un'iniziativa interessante che è stata assunta a livello popolare negli USA è la richiesta di revocare qualsiasi concessione governativa alle imprese che violano ripetutamente la legge. Uno dei gruppi che ha sostenuto di più questa campagna è il "Community Environmental Legal Defense" della Pennsylvania, che ha presentato delle petizioni agli Stati del Delaware e del West Virginia chiedendo al Procuratore Generale dello Stato di revocare la concessione alle multinazionali che erano state riconosciute colpevoli ripetutamente di vari reati.
Negli USA usiamo anche il potere degli azionisti che possono chiedere l'approvazione di risoluzioni tendenti ad ottenere linee di condotta conformi ai loro principi. Di solito queste richieste sono respinte dalla maggioranza degli azionisti che rappresentano le banche, le assicurazioni, ecc., ma sono anche uno strumento utile per attirare l'attenzione dell'opinione pubblica.
Recentemente il "Wall Street Journal" ha scritto: "Il movimento dei lavoratori degli USA sta facendo una cosa sorprendente, sta vincendo". Il giornale ha messo in evidenza l'azione di un gruppo chiamato "Justice for Janitors", una campagna programmata anni fa dal sindacato dei lavoratori dei servizi per migliorare la qualità della vita dei portieri in più di 20 città degli Stati Uniti. La loro tattica è lo scontro: bioccano il traffico, impediscono l'accesso ai ponti, affrontano i dirigenti delle multinazionali direttamente a casa loro, a mezzogiorno in punto chiudono gli edifici che ospitano gli uffici delle multinazionali. Ho tutta la lista delle loro azioni, ma mi limiterò a dirvene una che è molto significativa.
Nel 1987 il movimento "Justice for Janitors" iniziò una campagna contro la "Apple" e contro il suo direttore generale John Sculley che si era fatto la fama di uomo d'affari progressista. Per esempio la "Apple" era stata definita dalla rivista "Working Mother" una delle società più attenta alle esigenze della famiglia. La "Apple" però affidava il servizio di sorveglianza e di pulizia dei suoi edifici ad un'impresa non sindacalizzata che dava bassi salari e non assicurava i lavoratori. Gli attivisti del movimento affrontavano Sculley alle mostre dei computers, lo bloccavano in casa, lo seguivano anche ai concerti. Comprarono poi uno spazio di quattro pagine sul New York Times per mettere a confronto il salario dei portieri e del personale delle pulizie della città di New York (14 dollari l'ora) con quello del personale impiegato dalla "Apple" nella Silicon Valley (5 dollari l'ora). Evidenziarono, inoltre, lo stipendio di Sculley: 16 milioni di dollari l'anno.
Il gruppo presentò denunce, organizzò un boicottaggio nazionale dei computers della "Apple" e alla fine Sculley dovette cedere: il personale fu sindacalizzato e l'esempio fu poi seguito da altre società della Silicon Valley.
Recentemente anche il gruppo INFACT ha concluso con successo una sua campagna: quella contro la Generai Electric a cui ho già accennato. Sia le amministrazioni pubbliche che i consumatori privati vennero invitati a non comprare più i prodotti della Generai Electric e nel complesso si è ottenuto l'esempio di boicottaggio più riuscito che si conosca. Tant'è che alla fine costrinsero la società a vendere la sua unità di produzione di armi nucleri.
Un avvocato della General Electric mi disse che se non si fossero convinte le amministrazioni locali a non comprare elettrodomestici della GeneraI Electric la campagna non avrebbe avuto successo. Anche i medici, nel paese, si erano organizzati e avevano convinto i loro ospedali a non comprare macchinari per radiografie e TAC dalla General Electric. Questa dunque fu una campagna molto ben organizzata con idee nuove e boicottaggi molto efficaci.
Sfortunatamente la maggior parte dei boicottaggi dei consumatori non funziona e molti gruppi negli USA li considerano una tattica votata al fallimento.
Ma Todd Putman, che dirige a Seattle un gruppo chiamato "Istituto per la responsabilità dei consumatori" e che per 10 anni ha pubblicato il "Bollettino Nazionale dei Boicottaggi" afferma che la gente riesce a sentire veramente i problemi della società solo quando se ne assume personalmente la responsabilità. Adesso Putman sta programmando la pubblicazione di "pagelle" delle multinazionali in cui valuterà il loro comportamento rispetto ai diritti umani, alla manodopera e all'ambiente.
Per la verità, già un altro gruppo denominato CEP (Council on Economic Priorities) sta facendo lo stesso tipo di lavoro e ha già pubblicato una guida intitolata "Shopping for a Better World" (Acquisti per un mondo migliore). Ma Putman non è d'accordo con i criteri utilizzati e sta cercando di formulare un suo sistema di valutazione delle multinazionali.
Vi voglio dare solo un altro esempio che a mio parere è molto significativo. Un attivista di Boston, Bruce Marks, quasi da solo organizzò un'associazione in un quartiere della sua città e costrinse una banca molto importante, la "Fleet Financial Group" a creare un fondo di 8 miliardi di dollari per concedere prestiti ai proprietari di case che dispongono di un basso reddito. L'attività di Bruce Marks era iniziata con un'indagine su varie società finanziarie che si facevano pubblicità in televisione offrendo prestiti rapidi in cambio di ipoteche sulle case. Migliaia di persone, pressate dal bisogno di denaro, avevano accettato le allettanti offerte, ma alla fine avevano perso la casa.
Marks scopri che queste finanziarie pirata erano collegate con la "Fleet Financial Group" che apriva linee di credito a favore di queste società. Dunque Marks organizzò una campagna per rendere pubblico quello che aveva scoperto. Si presentò al Congresso con 400 persone, vittime di queste società, con indosso magliette con la scritta "fermate gli strozzini!" e tutti insieme inondarono una sala in cui si teneva un'udienza. Ad Atlanta organizzò un picchetto davanti allo studio legale che rappresentava la Fleet Financial Group, seguì il direttore generale della banca in un club privato a Boston e interruppe il suo discorso distribuendo volantini.


Ritorna all'indice


This page hosted by Get your own Free Home Page