Letra


Follia 
e nobilt&a
reproduced from "Il Manifesto", February 23, 1997

Spogliato, umiliato, esaltato. Continuamente spiato. Diego Armando Maradona, la gioia del calcio

- DARWIN PASTORIN

Q UANTE COSE, giuste o sbagliate, dettate dall'amore o dal rancore, sono state scritte su Diego Armando Maradona, uno dei più grandi fenomeni non soltanto calcistici, ma anche culturali di questo fine millennio. Mai nessun personaggio pubblico, forse nemmeno la grande, tragica Monroe, è stato così spogliato, umiliato, esaltato, osservato continuamente dal buco di un'ideale, gigantesca e volgare serratura. E' stato eroe e santo, poi traditore e diavolo. Sembra di ritornare ai tempi di Ben Johnson: all'apice della gloria era il vanto del Canada borghese; caduto in disgrazia, per la vicenda di doping, ritornò ad essere un balbuziente giamaicano.

M ARADONA è destinato, sempre e comunque, a fare notizia. Nella buona e nella cattiva sorte. Con i capelli tinti o videovisto da milioni di argentini con il volto stravolto durante una retata della polizia, nell'attimo di sbagliare un rigore con il Boca Juniors o mentre scrive una lettera di stima a Fidel Castro. Ultima notizia: il rifiuto di indossare la maglia del Penarol, popolare formazione uruguaiana. Dieguito non ha gradito l'atteggiamento, eccessivamente ironico nei suoi confronti, del vicepresidente del club Jan Damani: e il sogno di Montevideo è sfumato. Ma attendiamoci, giorno dopo giorno, altri colpi di scena, altre sorprese: la maradoneide è senza fine, un feuilleton in piena regola.

Un personaggio, certo, buono per ogni stagione, per qualsiasi situazione. Una specie di mostro non soltanto da sbattere in prima pagina, ma da utilizzare per fini politici o commerciali. Il presidente defenestrato dell'Equador, Abdalà Bucaràm, detto "El Loco", promise agli elettori di acquistare Maradona per la sua squadra del cuore, il Barcellona di Guayaquil. Grande entusiasmo popolare, bandiera e tifo da stadio: ma di Diego nemmeno l'ombra, se non negli sgualciti manifesti sui muri. Peggio, ma molto peggio, si sono comportati in Albania. Faccendieri senza scrupoli di Lushnja arrivarono alla clamorosa, vergognosa truffa delle finanziarie promettendo, oltre ai facili interessi, l'arrivo di Maradona nella formazione locale. Ma come? Il cocainomane, l'uomo perduto, l'osceno mister Hyde? Tutto dimenticato, sull'altare dell'ipocrisia, degli interessi privati, di una personalissima visione delle cose e del mondo.

M RADONA, sfruttato da sempre, è vittima, più che dei propri vizi, dell'ingordigia altrui. Fin da bambino, è servito ad arricchire gli altri più che se stesso. Non un angelo, ci mancherebbe: ma un uomo. Come noi. Come tutti.

Ripensiamo alle parole di Jorge Amado: "Che bella persona è Pelé, al secolo Edson Arantes do Nascimento, grande brasiliano, uno dei più grandi. Ineguagliabile artista del calcio, non c'è mai stato nessuno come lui, né mai ci sarà. Nato nel Minas Gorais, da bambino suscitava stupore in chi lo vedeva giocare, a diciassette anni vinse la Coppa del Mondo in Svezia, ha fatto per decenni la felicità degli occhi e del cuore della gente, ogni gol era un capolavoro, è un genio del pallone, il simbolo della dignità sportiva. Leggo sui giornali la sua dichiarazione a proposito della tragedia che sta vivendo un altro grande del calcio, Diego Maradona. Nelle nebbie della droga, nelle maglie della mafia, denunciato, accusato, processato, espulso, castigato, messo alla berlina, oggetto di rabbia e disprezzo, piatto pronto per gli sciacalli della stampa, per l'orgasmo degli invidiosi: coloro che, pieni di rancore, non perdonano i grandi e ne chiedono la testa, decretano la fine del povero "pibe" accecato dalla gloria e da essa consumato".

M ARADONA degli eccessi, Maradona della follia, Maradona dei gesti nobili. Maradona senza patria, senza senso, ma dal cuore d'oro. Maradona dai troppi amici, Maradona senza amici. Maradona che canta e Maradona che urla. Maradona che piange e Maradona che ride. Maradona e gli intellettuali del "Te Diegum", Maradona e il figlio di Cristiana Sinagra.

Su Diego è stato, ormai, detto e scritto di tutto. Ma perché non ricordarlo, Maradona, nelle gioie che ha regalato ai suoi tanti tifosi e ammiratori? Nella pratica del suo mestiere? Sì, ritroviamolo al Mundial messicano dell'86: segnare quel favoloso gol contro l'Inghilterra dopo un dribbling infinito partendo da centrocampo. E, sempre contro gli inglesi, quella rete di mano. Maliziosa, diabolica, superba. E ai cronisti di Sua Maestà che si lamentavano, Diego rispose, illuminando il suo sorriso a girasole: "La testa di Maradona, la mano di dio". E per tutti era il giocatore della provvidenza.



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