L’educazione nella Roma antica

 

W. H. Harris, Letura e istruzione nel mondo antico

 

Laterza 1991

 

Marrou

 

376 “.. Cicerone, certamente per influenza del filosofo stoico Filone di Larissa, aveva fatto un grande sforzo per allontanare la gioventù romana da questa concezione ingenuamente utilitaria degli studi retorici, e per allargare l’ideale dell’oratore, ritrovando così nella sua nobile semplicità l’ideale primtivo d’Isocrate. Voleva basare la formazione dell’oratore su una vastissima cultura, insistendo, più che non l’avesse fatto Isocarte, particolarmente sulla necessità d’una solida preparazione filosofica, a cui, da buon Romano, univa la conoscenza del diritto, e quella della storia, vero arricchimento dell’esperienza umana, così ricca di lezioni per l’uomo di Stato. Ma Cicerone non riuscì a persuadere né i suoi giovani contemporanei, né le generazioni successive. Quintiliano, il quale, un secolo dopo, riprese praticamente la stessa dottrina – il suo classicismo invoca espressamente l’autorità di Cicerone – non fu maggiormente ascoltato. ..”

 

380 “.. A considerare le cose in generale, si può dire che l’insegnamneto della retorica in realtà era proprio orientato verso la vita pratica; normalmente preparava gli alunni alla carriera dell’avvocatura. Apriamo Quintiliano, la cui opera, che è del 90 circa, ci fornisce un buon posto di osservazione nel centro dell’epoca imperiale; è chiaro che l’oratore che egli cerca di formare è destinato prima di tutto a fare l’avvocato, professione ben accreditata, se si pensa allo sviluppo del sistema giuridico dell’Impero Romano. Senza dubbio, tale preparazione ci sembra molto poco tecnica; Quintiliano che dopo Cicerone cerca di persuadere il suo discepolo sulla necessità di studiare a fondo il diritto, ci è sembrato che reagisse a una tendenza profonda del tempo suo. Bisogna riconoscere che lo stesso sviluppo della tecnica giuridica  romana aveva fatto del diritto una specialità; nella pratica s’era stabilita come una divisione del lavoro fra giurista e avvocato. [..] Il lavoro dell’avvocato consisteva nel farli valere, nell’amplificarli passando dal diritto all’equità, nel presentarli con voce persuasiva e commovente, era un lavoro, insomma, più letterario che propriamente giuridico. …”