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Il vestito, ancora bagnato, mi
s'incollava al corpo. Nei corridoi, presi a camminare in fretta,
le braccia incrociate sul petto.
Il freddo mi entrava nella pelle, rabbrividivo. Dietro di me,
vicinissimo, sentivo il respiro dei due spettri che m'inseguivano.
Avevo ancora addosso l'odore di fango e d'amore, dai capelli
colavano goccioloni freddi che mi scorrevano sul collo e lungo la
schiena. Avevo voglia di tornare nel sentiero dove avevo lasciato
l'uomo sdraiato sul ventre, per terra, calzoni alle ginocchia;
avevo voglia di spalmare ancora le sue natiche e le sue palle di
fango, e di cavalcarlo da dietro, come se fossi un uomo, un uomo
intento a prendere un altro uomo. Era stato un momento così
bello, così sublime. Mi ero illusa di aver raggiunto la
perfezione. E tuttavia ero costretta a riconoscere che mi doleva
non aver potuto penetrare realmente quell'uomo e farmi penetrare
da lui.
Continuavo a procedere nel labirinto oscuro, disdegnando le porte
che costeggiavano le pareti. Talora mi sembrava di sentir parlare
gli spettri, ma non riuscivo a dare il minimo senso ai loro
bisbigli.
Ora cominciavo a essere stanca di quel periplo sessuale e amoroso,
avevo voglia di ritrovare l'uomo che ero venuta a cercare lì e di
lasciare quel luogo di erranza. Infatti, se vi trovavo grandi
gioie, mi sentivo anche vinta da una paura sorda, che si
manifestava con la presenza sempre più ossessiva degli spettri.
Di questa paura, ignoravo la causa reale, e quel mistero mi
turbava ancora di più. Sentivo che mi sarebbe capitato qualcosa
di decisivo, che poteva essere il meglio come il peggio.
Mi stesi a terra in un corridoio, contro un muro, e tentai di
dormire. Non appena ebbi chiuso gli occhi, però, gli spettri
presero a volteggiarmi attorno, a far vorticare l'aria in tutti i
sensi come per costringermi, con i loro tormenti, a proseguire.
Tentai di resistere, le mani fra le gambe. E già e di nuovo avevo
voglia di un uomo, di sentire un uomo in me e contro di me, di
abbandonarmi a lui e di dominarlo, di farmi dare e dargli gioia e
piacere, di essere da lui salvata dalla paura, da me stessa e dal
mondo. "Uomini", dissi, "giuro di amarvi e di
esservi fedele per tutta la vita."
E le mie mani affondarono e si rigirarono piano nel mio sesso
bruciante, e cominciai ad ansimare e a gemere, sempre sdraiata
contro il muro, raggomitolata, nel bisbiglio degli spettri,
continuando a dichiarare la mia passione per gli uomini, senza i
quali la morte mi avrebbe già portata via da tempo.
Quando ebbi raggiunto l'orgasmo, mi resi conto che attorno a me
era tornata la quiete. Gli spettri se n'erano andati o,
quantomeno, avevano smesso di ossessionarmi. Mi sentivo un po'
triste, ma appagata, pronta a riprendere la mia ricerca.
Mi alzai, mi rassettai un po' il vestito e i capelli ancora umidi,
e spinsi la porta successiva.
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tratto da:
Alina REYES, DIETRO LE PORTE
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