IL REGNO DI EMANDINI 

IL MOSTRO

 

"A te de l'essere

principio immenso

materia e spirito

ragione e senso

 

Mentre nei calici

il vin scintilla

si come l'anima

nella pupilla

 

Mentre sorridono

la terra e il sole

e si ricambiano

d'amor parole

 

E corre un fremito

d'imene arcano

da monti palpita

fecondo il piano

 

A te disfrenasi

il verso ardito

te invoco, o Satana,

re del convito

 

Via l'aspersorio,

prete, e il tuo metro!

No, prete, Satana

non torna indietro!"

da Inno a Satana di Carducci

 

 

"Chi lotta con i mostri deve badare, così facendo, a non diventare un mostro.

Perché se tu scruterai a lungo dentro un abisso, anche l’abisso scruterà dentro di te."

Nietzsche

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L’ispettore Marlon aprì gli occhi, e si rese conto che era iniziata la discesa. Evidentemente si doveva essere appisolato.

- Siamo quasi arrivati, ispettore- annunciò uno dei due piloti, particolarmente allegro

Il piccolo aereo privato, che poteva contenere al massimo quindici passeggeri, ma che quel giorno ne conteneva soltanto uno, esclusi i comandanti di volo, atterrò sulla pista con la massima naturalezza. La rampa di scalini fu tirata fuori e l’investigatore scese guardandosi intorno. Un uomo alto gli venne incontro calorosamente.

- Benvenuto a New York, ispettore! Sono Dan Fast, comandante della sezione cittadina dell’Fbi.

I due si strinsero la mano.

- Ha fatto molta strada nella sua carriera, Marlon- osservò il poliziotto federale

- Sono stato fortunato- ribatté l’ispettore. Era vero: da quando aveva fermato le scorribande di un diabolico serial killer, il Federal Bureau Investigation aveva fatto di tutto per averlo tra le sue fila. Pur non abbandonando il suo impiego a Scotland Yard, si era guadagnato la nomina di consulente della squadra speciale americana. Il giorno prima era stato convocato d’urgenza, e lui aveva intuito il motivo. Bastava leggere i giornali.

- Immaginerà il motivo della sua chiamata, naturalmente- attaccò il comandante

- Credo di saperlo, anche se nessuno me lo ha detto

- Dobbiamo fermare il Mostro. E abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti gli investigatori disponibili.

- Ho letto la storia sui giornali, ma non sempre quello che dice la stampa corrisponde a verità…

- Lei non sa quanto è vero. I giornalisti a New York sono avvoltoi. Se le notizie non ci sono, le inventano loro. Incredibile.

- Vorrei sentire la storia dalla sua bocca, per verificare alcune situazioni.

- Certamente. L’unica notizia attendibile è che un assassino si aggira per la città. Ieri è stata ritrovata la quinta vittima. Il corpo era nascosto in un cespuglio, in una riserva naturale. Anche le altre vittime sono state rinvenute in zone boschive. Il cadavere presentava, come nei casi precedenti, graffi, mutilazioni, e alcuni segni di morsi.

- Secondo la stampa, l’assassino sarebbe un lupo mannaro…

- Una pura invenzione.

- Ma veramente i delitti si sono verificati duranti le notti di luna piena?

- Questo è vero. Ma abbiamo a che fare con un "normale" psicopatico, che ha scelto le notti di luna piena per uccidere. Colpisce a casaccio, le vittime non hanno alcun legame, tranne che sono tutte donne.

- I vostri psicologi come spiegano la ferocia del serial killer?

- Ci stanno lavorando sopra. La porterò all’obitorio, per verificare con i suoi occhi le condizioni del cadavere. Alle tre la aspettiamo nella sede di Quantico per una riunione speciale.

 

Quando il medico legale tirò fuori il corpo della quinta vittima, il comandante Fast se ne era già andato. Il cadavere aveva un cartellino di riconoscimento all’alluce sinistro. Doveva essere giovane, massimo venticinque anni. I capelli biondi erano intrisi di sangue. Il volto era una massa informe e sanguinolenta, dilaniata dai graffi e dai morsi. Il resto del corpo non era migliore: il seno sinistro era stato asportato completamente, l’osso sporgeva al di fuori della gamba destra. Dalla schiena della ragazza erano stati strappati tutti e sette gli strati di epidermide. L’ispettore Marlon provò un brivido di freddo, alla vista di quella donna sulla barella metallica.

- L’avete identificata?- chiese al dottor Wright.

- Nessuna delle vittime del mostro sono state identificate. Le sfigura sempre, quel bastardo.

Il medico legale odiava l’assassino, chiunque fosse.

- Ha fatto lei l’autopsia?

- Si, stamattina presto. E’ stata usata un’arma da taglio indefinita, come sempre. Il killer si è aiutato con le mani… e con la bocca.

- E’ riuscito ad avere l’impronta della dentatura?

- Si, ma non servirà a niente. Il figlio di puttana ha denti sanissimi, probabilmente non è mai andato dal dentista in vita sua. L’impronta non è registrata da nessuna parte. E lui lo sa.

- Impronte digitali?

- Tante, ma confuse. Come negli altri omicidi, tutti uguali.

- Ma il serial killer è cannibale?

- Non lo sappiamo per certo. Io credo di no, azzanna le vittime solo per sviare le indagini. E’ furbo.

L’investigatore si congedò, con il cervello in tumulto. Era tempestato da mille domande, e non riusciva a levarsi dalla mente le cinque vittime senza nome, destinate a giacere per sempre in una cella frigorifera sfigurate e mutilate. Era l’ora di pranzo; si fermò in un locale vicino alla sede dell’Fbi e chiamò Carrella al cellulare. L’ispettore, oltre che un collega, era un amico, e Marlon aveva bisogno di sentire la sua voce per distrarsi prima della riunione.

- Come vanno le cose a Londra?- chiese, cercando di farsi sentire sereno

La voce di Carrella era squillante

- Oh, il grande ispettore Marlon, consulente dell’Fbi! A cosa devo l’onore della telefonata?

- Volevo soltanto sentire una voce amica…

- Qui è tutto a posto, oggi solo tre omicidi- disse ironico il detective. Poi si fece serio- il sovrintendente farà un’intervista televisiva e parleranno anche di te. E’ entusiasta. Probabilmente non gli era mai capitato che uno dei suoi uomini venisse arruolato nel’Fbi. Come va con il Mostro?

- Ho visto l’ultima vittima. Non sembra neanche un essere umano.

- Sono sicuro che riuscirai a prenderlo. Li hai sempre presi tutti.

Dopo aver riattaccato, l’ispettore pagò il conto ed uscì, non immaginando neanche lontanamente quello che lo aspettava di fuori del locale. Una massa di uomini e donne di tutte le età gli si precipitarono incontro armati di microfoni e telecamere. Evidentemente l’arrivo di un investigatore inglese non era sfuggito alla stampa. Il detective era bloccato, e le voci si accavallavano:

- Lei è l’ispettore Marlon di Scotland Yard, vero?

- E’ stato chiamato perché la nostra polizia si trova in difficoltà?

- Può confermarci che il Mostro è cannibale?

- L’omicidio di ieri è opera dello stesso serial killer?

- Ci sono sospettati?

Il poliziotto londinese non aveva mai affrontato un’esperienza del genere. Cercava di camminare, ma gli intervistatori glielo impedivano. Improvvisamente da dietro comparve una figura avvolta in un impermeabile nero. Marlon riconobbe il comandante Fast e ringraziò il cielo.

- Silenzio, per favore- urlò, e le attenzioni si concentrarono su di lui- lasciate passare l’ispettore!

Di colpo il brusio riprese:

- Allora è vero che…

- Il cadavere del bosco…

- Aspetti un attimo…

- Solo una dichiarazione!

Il poliziotto federale prese per un braccio l’ispettore e lo trascinò via a forza. La sede del Bureau era sull’altra parte della strada. Gli investigatori attraversarono velocemente la strada e scomparvero dietro un grosso portone nero.

A pericolo scampato, Marlon disse, asciugandosi con la manica della camicia il sudore della fronte:

- Sono peggio di avvoltoi…

- L’avevo avvertita. Non si sa come, vengono sempre a conoscenza di tutto. Noi facciamo il possibile…

Attraversato un lungo corridoio con le pareti bianchissime, entrarono in una porta laterale con su scritto "SALA RIUNIONI". Cinque persone erano già seduti al tavolo. L’ispettore strinse la mano a tutte: erano i detective Maurice e Giggs, che coordinavano le indagini, Arlena Land, psicologa, il capitano Hector Paz, della pubblica sicurezza, e Claude Warten, il capo del Federal Bureau.

- Scusate il ritardo- disse Fast- ma quei dannati scribacchini ci hanno bloccato

- Sono un problema non meno del serial killer- disse brusco Warten, un uomo semicalvo di altezza media, che avrebbe dovuto avere tra i cinquantacinque e i sessant’anni.

Quando anche l’ispettore si sedette, la riunione ebbe inizio. A parlare fu il capo:

- Come tutti saprete, abbiamo chiesto ed ottenuto la collaborazione di Scotland Yard, e perciò dell’ispettore Marlon, con lo scopo di frenare le scorribande del serial killer che è stato ribattezzato "Il Mostro". Ieri è stato ritrovato il cadavere di una donna nella riserva naturale di Westmiddle; siamo in grado di asserire con certezza che si tratti dello stesso assassino?

Intervenne il detective Giggs, che era un giovane dall’aria sveglia:

- E’ praticamente accertato. Il modus operandi del maniaco è lo stesso. Secondo il referto del dottor Wright la vittima presenta graffi, mutilazioni e morsi in diverse parti del corpo. Inoltre è stata ritrovata in una zona boschiva come è avvenuto negli altri casi, e si tratta di una donna compresa in una fascia d’età tra i venti e i quarant’anni, cioè quelle che il Mostro preferisce.

- Gli eventuali testimoni sono stati tutti interrogati?- chiese ancora Warten

Questa volta a rispondere fu Maurice:

- Ieri la riserva era aperta al pubblico, è possibile entrare con la macchina a fare dei picnic, e la gente era circa un migliaio. I custodi non hanno detto niente di interessante, probabilmente l’omicida si è mescolato ai villeggianti solamente che, invece di fermarsi, ha scaricato il cadavere di quella povera donna che teneva nel bagagliaio e se ne è andato. Il corpo è stato ritrovato durante l’ispezione serale.

La parola passò successivamente a Paz:

- Questa storia non può continuare. In città si è diffusa la psicosi del serial killer, la gente ha paura. I volontari per il Servizio di Sicurezza scarseggiano, siamo a corto di uomini. Per non parlare delle segnalazioni dei mitomani. Vedono l’assassino dappertutto; stamani addirittura una signora anziana ha chiamato il Servizio dicendo di aver visto il suo vicino di casa ammazzare l’ultima vittima dal balcone comunicante. Sono andato a controllare, ed ho scoperto che era un direttore di banca, e che in quel momento non stava sgozzando una donna, bensì un coniglio, per il compleanno di sua figlia. Cose da non credere.

Fast, seduto vicino a Marlon, riuscì a soffocare a stento una risata.

La psicologa, che fino a quel momento era restata in silenzio, consultò la pila dei fogli che aveva davanti e prese la parola:

- Ho tracciato un profilo del serial killer. Con una probabilità di errore del 15% è un maschio bianco di età media. Probabilmente il motivo per cui uccide è da ricercare nella sua vita. Forse ha avuto un’infanzia difficile, o è successo qualche avvenimento in particolare che l’ha portato ad odiare le donne fino ad ucciderle. Questo è appunto l’unico criterio con cui sceglie le vittime.

L’ispettore Marlon intervenne per la prima volta, parlando lentamente:

- Dottoressa Land, si è fatta un’idea sulla tendenza dell’assassino ad infierire sulle vittime?

- Probabilmente il suo odio per le donne è così profondo che lo spinge a deturpare i cadaveri dopo gli omicidi. Inoltre ogni volta porta via delle parti del corpo come ricordo delle sue "opere".

Nella mente del poliziotto ritornò l’orrida immagine del seno amputato nell’ultimo delitto.

Una voce lo riportò alla realtà: stava parlando Dan Fast:

- E’ possibile che negli omicidi ci sia anche una componente sessuale?

- Lo escludo a priori- disse sicura la psicologa- a un individuo del genere interessa solo uccidere.

Warten si schiarì la voce e parlò con aria decisa:

- Occorre una tabella di marcia. Tutti devono essere impegnati. Il Mostro potrebbe uccidere ancora da un momento all’altro.

Il detective Maurice disse:

- Sparse per New York ci sono decine di poliziotte e volontarie a fare da esca. Ci teniamo in contatto con loro giorno e notte. Finora l’assassino non ha abboccato.

- Continuate- disse il capo dell’Fbi- se dovesse caderci lo avremo in pugno

L’ispettore Marlon espresse la sua opinione:

- Secondo me l’identificazione dell’ultima vittima sarebbe un passo avanti decisivo. Io lavorerò in questo senso.

- Mi sembra una buona idea- ribatté Warton- ma non si devono commettere errori. Da parte di nessuno. E non parlate assolutamente con i giornalisti.

La riunione fu sciolta, e gli uomini della carta stampata avevano atteso davanti al portone. Ma la sede del Bureau aveva un’uscita secondaria.

 

L’ispettore Marlon si sdraiò sul letto della sua camera del Madison Hotel. La sua mente aveva bisogno di riposo dopo quel susseguirsi di avvenimenti. Ma dormire era impossibile: non riusciva a scacciare l’immagine del cadavere deturpato della ragazza che lui si era ripromesso di identificare. Chi era in realtà l’assassino? Perché uccideva soltanto nelle notti di luna piena? Nella riunione non se ne era parlato; era davvero un tentativo di sviare le indagini o poteva essere considerato un fenomeno di licantropia?

Verso le sette di sera si alzò e si mise al lavoro. Sapeva che quella notte non avrebbe dormito. Aveva l’autorizzazione a consultare gli archivi computerizzati del Bureau per la sua ricerca. Quando mezz’ora dopo, nella sede dell’Fbi, accese il Pentium che aveva davanti, la sua mente era occupata da mille pensieri: fino a che punto avrebbe dovuto estendere la sua ricerca? Bastava New York, o il New Jersey, o addirittura tutti gli USA? Sul computer erano registrate le impronte digitali dell’ultima vittima, che erano state fornite dalla Squadra Scientifica dell’Fbi. Avrebbe dovuto confrontarle con quelle di tutti gli scomparsi dell’ultimo mese. Solo nella Grande Mela in media sparivano, per vari motivi, quattro persone al giorno. Sarebbe stato un duro lavoro.

Dopo circa un’ora di lavoro risultò che nel New Jersey erano scomparse nell’ultimo mese 237 persone, una cifra sbalorditiva. Fortunatamente solo 94 erano donne, e questo ridusse notevolmente i tempi della ricerca. La vittima senza nome aveva gli occhi azzurri e i capelli biondi, e non poteva avere più di trent’anni. Ma ben 11 donne corrispondevano a queste caratteristiche. L’ispettore cominciò a sfogliare le descrizioni, e dopo alcuni minuti si bloccò di scatto. Uno dei testi diceva:

" Nome: Amanda Winter

Età: ventiquattro anni e tre mesi

Residente: New York

Capelli: biondi

Occhi: azzurri

Altezza: 1,76 m

Segni particolari: un tatuaggio raffigurante un unicorno per tutta la lunghezza della schiena."

Marlon stampò la pagina, intuendo subito di aver trovato quello che cercava.

 

L’investigatore si era messo al lavoro alle otto ed aveva concluso la sua ricerca a mezzanotte e venti; più di quattro ore di lavoro, ma ne era valsa la pena. Verso l’una di notte arrivò all’obitorio. Il guardiano notturno si convinse solo dopo aver visto la tessera di Scotland Yard e quella dell’Fbi a far entrare quello sconosciuto londinese. Il dottor Wright aveva smontato da diverse ore, e la notte lo sostituiva un giovanotto che non doveva avere più di ventidue anni. L’ispettore Marlon lo trovò assopito su una poltrona della sala d’aspetto. Doveva essere dura lavorare di notte. Il resto dell’edificio era completamente deserto. Il detective non aveva tempo da perdere; si schiarì energicamente la voce facendo sobbalzare sulla poltrona il giovane medico. Il ragazzo stava recitando un rosario di scuse, ma l’ispettore tagliò corto:

- Sono Marlon di Scotland Yard. Sto collaborando alle indagini sul serial killer. Mi servirebbero delle foto di tutte e cinque le vittime, e ho pensato di rivolgermi a lei.

- Deve essere una cosa importante se un investigatore inglese è ancora in piedi a quest’ora…

- E’ fondamentale.

L’obitorio di Salsbury Street aveva naturalmente un suo schedario fotografico. Dopo circa tre quarti d’ora il giovanotto tornò con un involucro voluminoso. L’ispettore stava aspettando in piedi nella sala d’aspetto, con la mente in fibrillazione.

- Ecco, ispettore. Sono tutte le foto che abbiamo scattato. E vorrei chiederle un favore personale…

- Non si preoccupi- rispose il detective prima ancora di aver ascoltato la domanda- non dirò niente a nessuno riguardo le sue… abitudini notturne.

E uscì dall’edificio con l’ombra di un sorriso disegnato sul volto.

 

Marlon trascorse il resto della notte a esaminare quelle immagini di efferatezza e perversità nella sua camera del Madison Hotel. Il vento fuori soffiava minaccioso, dando vita ad uno straziante concerto di cornamuse. Gli occhi sbarrati delle vittime lo fissavano con espressione di supplica, tutte sfigurate, tutte mutilate. Tutte senza un nome. Il poliziotto verso le cinque decise che aveva visto abbastanza; la mattina dopo avrebbe espresso i suoi sospetti a Dan Fast. Si infilò sotto le coperte pervaso da rabbia e stanchezza.

Fu svegliato alle nove e venticinque dal tambureggiare dei chicchi di grandine che si abbattevano contro la sua finestra. Rimase diversi secondi seduto sul letto completamente disorientato, poi si ricordò tutto del giorno precedente: l’arrivo a New York, la vista del cadavere mutilato, la riunione a Quantico, la ricerca al computer, quelle foto di donne che parevano avere incontrato un’entità mefistofelica…

Si alzò stancamente dal letto, andò al bagno, e ripose le immagini sparse sul tavolo in un cofanetto. Poi consultò per diversi minuti lo stradario che l’albergo forniva a tutti i clienti, si vestì e si diresse a piedi alla stazione di noleggio automobilistico distante soltanto un paio di isolati. Prese in dotazione una BMW scura e ai mise in viaggio verso l’abitazione dei coniugi Winter. Era dall’altra parte di New York e a metà strada si fermò per telefonare da una cabina. Chiamò il comandante della sezione locale del Boreau e fissò con lui un appuntamento nel pomeriggio. Poi riprese il viaggio. La fattoria che stava cercando risultò distante di circa un’ora e mezzo dal Madison Hotel. Arrivò che erano le undici inoltrate. Due cavalli muscolosi si cibavano di fieno ai margini di un prato recintato. Una ventina di pecore belanti brucava l’erba controllate dalla minacciosa presenza di un cane pastore. Mescolati agli animali dal candido manto l’ispettore Marlon contò anche tre conigli e un montone. Scese dalla macchina e si diresse verso una figura stesa su una branda con la testa coperta da un cappello di paglia. Non aveva le scarpe.

- Deve essere difficile addomesticare un montone- disse pacatamente l’investigatore.

L’uomo si alzò di scatto e gli lanciò un’occhiata incuriosita. Poi sbottò:

- Questa è proprietà privata.

- Sono un poliziotto, signor Winter- ribatté Marlon, mostrando il tesserino

- Scotland Yard?- lesse incredulo l’uomo- lei non sarà mica quello che si occupa del serial killer…

Sul momento il detective non sapeva come rispondere; non avrebbe voluto scoprirsi, ma era stato smascherato in partenza. Intanto quel volto rozzo, con pochi capelli, ed una vena che pulsava all’impazzata sulla tempia sinistra continuava a fissarlo.

- Offro la mia collaborazione al Federal Bureau Investigation- disse infine

La massiccia figura si lasciò ricadere sulla branda. Rimase in silenzio per una manciata di secondi, poi parlò rabbiosamente:

- E’ Amanda il cadavere nel bosco. E’ questo che siete venuto a dirmi, vero?

L’ispettore era sorpreso e confuso.

- Mi dispiace, signor Winter- disse stancamente.

- Non si finga dispiaciuto, vada al diavolo. A lei non gliene frega niente, sta lavorando e basta. Gli sbirri sono tutti dei dannati ipocriti.

- Il nostro è il più brutto mestiere del mondo. Mi creda, signor Winter- disse Marlon, e in quell’istante lo pensava davvero.

- Come lo ha scoperto?

- Sua figlia ha un tatuaggio raffigurante un unicorno sulla schiena…

- Quello stramaledetto tatuaggio- disse burbero il padre di Amanda- quanto abbiamo litigato quella volta che lo fece. E’ stato due anni fa. Ma stava dicendo…

- L’assassino ha raschiato via la pelle dalla schiena di Amanda. Nei precedenti omicidi non era mai successo. Vedendo il tatuaggio il cadavere sarebbe stato facilmente identificato. E lui non vuole che siano identificati.

Il signor Winter restò qualche secondo in silenzio, poi disse, con voce incerta:

- Avete…delle fotografie?

- Si, ma…

- Se la identifico qui non dovrò venire all’obitorio?

- E’ esatto, signor Winter, ma forse non è il caso…

- Voglio vederle. Non verrò mai a guardare mia figlia morta su una barella metallica. Non gli darò questa soddisfazione al bastardo che l’ha uccisa…

L’ispettore rimase qualche secondo in preda all’indecisione, poi si frugò in tasca. Da un mazzo di istantanee ne tirò fuori quattro. Poi chiese:

- E’ sicuro…

- Avanti, me le dia.

Frank Winter guardò le foto del corpo martoriato. Se le rigirò tra le mani quattro o cinque volte, poi si lasciò cadere sulla brandina portandosi una mano alla faccia. Dopo alcuni secondi si rizzò in piedi; era profondamente turbato ma non piangeva.

- Tenga le sue foto- disse all’ispettore

- Allora?- chiese il poliziotto con la massima calma possibile

- Avevate ragione. E’ Amanda. L’ho riconosciuta dagli occhi. Quelle sfumature azzurre sono uniche… quel maledetto figlio di puttana le ha tagliato il seno!

Improvvisamente Marlon sentì una fitta allo stomaco. Dovette sforzarsi per trattenere le lacrime. Una cosa del genere non gli era mai successa.

- Entriamo ad avvertire mia moglie Victoria. Vi avverto da adesso che dovete essere molto delicato con lei… il perché lo capirete da solo…

Quando varcò la soglia della casa in mattoni color cremisi l’ispettore si era tranquillizzato. Victoria Winter stava lavorando a maglia. Era una donna anziana con due occhiali enormi.

- Oh, Frank! Abbiamo un ospite! Chi è questo bel giovanotto? Un amico di Amanda?

- E’ un investigatore della polizia, Victoria. Viene a portarci notizie su Amanda…

- Le preparo un tè, si accomodi…

- Victoria, devi ascoltarmi un attimo- disse Frank con aria grave. Marlon restava in disparte.

- Cosa c’è caro?

- Nostra figlia è stata uccisa. E’ stato ritrovato il suo cadavere.

La donna depose i ferri, e disse:

- Lo vuole con un pizzico di miele, il tè? Sa, viene favoloso…

L’investigatore la fissava incapace di parlare, mentre la tristezza gli gonfiava il cuore.

- Victoria, hai capito quello che ti ho detto?- insisté il marito

- Certo, Frank; mi hai appena detto che il signore è un amico di Amanda. A proposito, come si chiama…

- Mi chiamo Jhon Marlon, e sono un ispettore di polizia, signora…

- Jhon! Che bel nome! Anche mio nonno si chiamava Jhon! Ce ne fossero ancora, di uomini come lui… i giovani adesso sono la rovina del mondo… si vestono con quelle ridicole catene… e poi ha visto che pettinature! Amanda invece no…le ho sempre proibito di vestirsi in quel modo… eh, ci vuole un po’ di severità oggi, se no chissà dove andremo a finire…

Frank Winter pose fine a quel penoso monologo:

- Victoria, perché non vai un po’ a riposarti? Penserò io al pranzo…

- Ma il signor Jhon vuole una tazza di tè col miele…

- L’ispettore sta per andarsene, Victoria. Vai di sopra.- ribatté dolcemente il marito

La madre di Amanda raccolse i ferri e salì in silenzio la scala a chiocciola.

- Usciamo.- disse perentorio Frank

L’ispettore Marlon oltrepassò l’uscio invaso da un miscuglio di sentimenti che non sapeva definire. Il nodo allo stomaco era tornato.

- Lei…- azzardò

- Mia moglie ha capito- disse il signor Winter- solamente… non riesce a rendersi conto…

- Lo prenderemo, Frank- disse con voce ferma l’investigatore. Era la prima volta che lo chiamava per nome- Prenderemo l’assassino. Glielo prometto.

 

Davanti alla sede del Boreau il responsabile della sezione locale Dan Fast stava aspettando già da dieci minuti, quando l’ispettore Marlon lo caricò nella BMW scura noleggiata quella mattina. Il detective di Scotland Yard aveva la mente occupata da un solo pensiero. Dopo quello che aveva visto in mattinata tutto sembrava superficiale e insensato.

- Buongiorno- lo salutò il comandante. Era allegro, e questo contribuì ad aumentare il disagio dell’investigatore londinese.

- Ho scoperto l’identità dell’ultima vittima- disse senza preamboli

- Ottimo.

- Si chiama, anzi si chiamava Amanda Winter. Viveva nella fattoria dei suoi genitori alla periferia di New York. Aveva un tatuaggio raffigurante un unicorno esteso per tutta la lunghezza della schiena. E, guarda caso, il serial killer le ha raschiato probabilmente con un rastrello tutti e sette gli strati di epidermide. Mi sono fatto dare le foto all’obitorio: questa procedura non è mai stata applicata negli altri omicidi.

- Con il tatuaggio l’avremmo identificata in breve tempo. E’ furbo.

- E’ un bastardo- ribatté rabbiosamente l’ispettore

Seguirono alcuni secondi di silenzio, poi il detective continuò:

- Sono andato dal padre e la madre. Il cadavere è stato riconosciuto dalle foto.

- Dovranno andare all’obitorio per l’identificazione. Il regolamento prevede che…

- Al diavolo il regolamento!- ora Marlon era su tutte le furie- una ragazza è stata uccisa e fatta a pezzi da un maledetto psicopatico, e lei va a pensare al regolamento! Non capisce che riconoscendo il corpo all’obitorio si darà soltanto soddisfazione all’assassino?

- Purtroppo è indispensabile.

Il poliziotto inglese rimase in silenzio guidando senza meta per diversi minuti poi, dopo essersi ricomposto, riprese la parola:

- Come stanno andando le indagini?

- Decine di nostri agenti sotto le sembianze di prostitute e di travestiti sono sparpagliati per tutto il territorio di New York. Tutti hanno una ricetrasmittente e una pistola. Si attendono risultati.

- Lui non uccide le prostitute- disse polemico Marlon

- Non si sa. Solo una delle cinque vittime è stata identificata. Vale la pena di tentare.

- Cosa stanno facendo Maurice e Giggs?

- Sono a Westmiddle insieme a cinquanta agenti. Stanno perquisendo tutto palmo a palmo. Domani Warten andrà in tivù insieme a Hector Paz per tranquillizzare la città. Ma non è un’impresa facile.

Improvvisamente un cigolio interruppe la conversazione. Il cercapersone di Dan stava suonando all’impazzata.

- Comandante Fast- rispose l’uomo. L’ispettore non riuscì a udire la risposta. Poi l’investigatore americano disse, rivolto al collega:
- Una delle nostre agenti ce l’ha in pugno. 14 di Downing Road.

 

Una quindicina di agenti avevano circondato l’edificio. Se davvero il Mostro era lì dentro, non avrebbe avuto scampo. L’ispettore Marlon e il comandante Fast si fecero largo nella calca con le pistole in pugno. L’appartamento in cui il maniaco aveva deciso di consumare la serata si trovava al pianterreno.

- Entriamo noi- disse Fast rivolto agli altri uomini in divisa.

Senza esitazioni il comandante assestò un calcio deciso alla porta, che si sfondò come una pera matura. Gli agenti si fecero largo nell’appartamento. Trovarono quello per cui si erano mobilitati in camera da letto. L’agente Milena Fowler, incatenata al letto, aveva un’espressione di terrore allo stato puro disegnato sul volto gonfio di percosse. Il Mostro, con uno stiletto in mano, sorrideva con aria divertita.

 

La sala delle conferenze era stracolma. Claude Warten, vestito con giacca e cravatta, non avrebbe mai pensato che la serata avrebbe potuto prendere quella piega. Seduti al tavolo accanto a lui c’erano tutte le persone che avevano preso parte all’indagine: il comandante Fast, l’ispettore Marlon, i detective Maurice e Giggs, la dottoressa Land e il capitano Paz. Le telecamere erano tutte fissate su quell’uomo anziano dall’aria soddisfatta.

- Signori e signori- cominciò il capo- è stata indetta questa conferenza stampa per chiudere definitivamente un caso che ha colpito tutti gli abitanti della Grande Mela molto da vicino. In qualità di responsabile del Federal Boreau of Investigation dichiaro archiviata la vicenda del serial killer che è stato ricercato dalla polizia fino a questo pomeriggio, quando il colpevole è stato individuato e messo agli arresti. Il nome dell’assassino è Edward Damer, ventisei anni, già schedato in precedenza per aggressione e furto. Gli inquirenti sono arrivati a questa soluzione grazie all’esca che è stata tesa con la collaborazione dei nostri migliori agenti e che è perfettamente riuscita. Ci sono domande?

Una ventina di voci si sovrapposero una sopra l’altra. I giornalisti americani mantenevano sempre le loro abitudini.

- Non crede che le vittime abbiano diritto ad una sepoltura decente e che vadano identificate?

- In quale misura il contributo dell’ispettore Marlon ha determinato la cattura dell’assassino?

- Sono stati trovati gli organi amputati delle vittime?

- L’assassino agisce spinto da una connotazione religiosa?

- Quando si terrà il processo?

- Chi accetterà di difendere un assassino così spietato?

Ogni domanda, questa volta, riceveva però un’educata risposta. La vittoria aveva cambiato l’atteggiamento di Warten nei confronti dei giornalisti. La stampa fu informata dunque che gli investigatori avrebbero interrogato il colpevole nella speranza di dare un nome alle donne assassinate, che l’ispettore Marlon aveva identificato l’ultima vittima e che si era rivelato molto efficace, che le parti dei cadaveri amputate non erano state rinvenute, che i delitti di Damer non avevano niente a che vedere con la religione, che il processo si sarebbe tenuto tra un paio di mesi, e che probabilmente a Damer sarebbe stato assegnato un avvocato d’ufficio.

 

Il carcere municipale era un luogo squallido, come squallida era la cella d’isolamento in cui stazionava Edward Damer. L’ispettore Marlon mostrò il permesso speciale che gli era stato concesso e fu condotto da un guardiano in quello stanzino buio con le sbarre alle finestre. Il Mostro era sempre ammanettato, e l’investigatore chiese e ottenne di essere lasciato solo.

Il feroce assassino, che aveva ucciso e mutilato cinque persone, sedeva mestamente sulla branda. I capelli arruffati, era poco più di uno stecchino. A colpire il detective fu soprattutto l’aria profondamente stanca del presunto maniaco.

- Lo sai chi sono io?- esordì il detective

- Si. C’eri anche tu quando mi hanno arrestato.

- Tu sei colpevole, Edward?

- No. Non ho fatto niente.

- Però quando ti hanno trovato stavi per uccidere quella donna.

- Io non ho fatto niente- ripeté l’uomo

- Devi raccontarmi come è andata con quella donna.

- A cosa serve, ormai? Andrò sulla sedia elettrica.

- E’ indispensabile che io sappia cosa è successo.

- Io… volevo… divertirmi un po’…. quella poliziotta vestita da puttana mi ha detto che era disposta a tutto in cambio di quaranta dollari…

- E tu ci sei andato.

- Si. Le ho chiesto se potevo incatenarla al letto; lei ha risposto di si… e io mi sono lasciato tirare la mano…

- Quella donna aveva il volto pieno di graffi.

- E’ vero, ero come impazzito, uscito di senno… ma giuro sulla mia vita che io non sono un serial killer… ammesso che la mia vita valga ancora qualcosa….

- Guardami negli occhi- disse l’ispettore Marlon- e dimmi la verità: ti sei "scaldato" soltanto con l’agente Fowler o hai ucciso altre cinque donne?

- Ripeto che non ho ucciso nessuno.

Improvvisamente nella mente dell’ispettore balenò un’idea. Un’idea pazzesca. Ma tanto valeva tentare

- Apri la bocca, Edward.

- Come?

- Spalanca la bocca. E’ di un’importanza vitale.

L’uomo, sbigottito, seguì le istruzioni dell’ispettore. Dopo alcuni secondi di silenzio Marlon disse:

- Sei innocente. Ti tirerò fuori da qui il più presto possibile.- e uscì, senza aggiungere altro.

 

Questa volta nella fattoria degli Winter non c’era nessun animale al pascolo. La casa pareva disabitata, se non fosse stato per le tendine tipicamente inglesi che permettevano di intravedere l’interno della costruzione in mattoni. L’ispettore Marlon suonò il campanello. Frank aprì la porta. Era sconvolto e aveva le lacrime agli occhi.

- Buongiorno- disse l’ispettore titubante

- Victoria è morta. Si è ammazzata.

Quella notizia colpì l’investigatore come un pugno allo stomaco. Cercò di parlare, ma le corde vocali non producevano alcun suono. Finalmente chiese:

- Come è accaduto?

- Ci ha telefonato il comandante Dan Fast dicendo che era indispensabile riconoscere il cadavere all’obitorio. Ha detto che lei aveva insistito per escluderci da questo compito, ma che il regolamento era inflessibile. Siamo andati. Dopo aver visto il corpo di Amanda… Virginia si è buttata dalla finestra del palazzo. La mia famiglia si è frantumata.

Marlon non riusciva a trovare le parole. Dopo alcuni secondi disse:

- E’ sicuro che è stato Fast a telefonarle?

- Si.

- Sarebbe pronto a giurarlo in tribunale?

- Se devo farlo si, ma non capisco…

L’investigatore era già risalito sulla BMW e stava sgommando sull’asfalto fumante.

 

Dan Fast aveva accettato di ricevere in casa sua l’ispettore, che gli aveva promesso degli sviluppi inattesi nelle indagini. Quando suonò il campanello, il comandante venne ad aprire invaso da una certa curiosità. Il poliziotto di Londra sembrava travagliato.

- Buongiorno, ispettore. Si accomodi, prego.

I due si sedettero in salotto. Il poliziotto federale parlò per primo.

- Mi ha detto al telefono che aveva delle novità…

- Esatto. Ho parlato con Edward Damer.

- Ha confessato i delitti e ha detto i nomi delle vittime?

- No. In compenso ho appurato che non è lui il serial killer.

Il comandante pareva sinceramente sorpreso.

- Non mi dica che si è fatto convincere!? La credevo astuto…

- Quell’uomo non ha ucciso nessuno, comandante. Il suo arresto è stato un tragico errore.

- E su quali elementi si basa questa convinzione?

- Il dottor Wright, quando sono andato da lui, mi ha fornito delle informazioni molto interessanti, che sul momento non ho considerato nella loro giusta ottica. Mi disse che era stata rilevata l’impronta della dentatura dell’assassino, ma che, essendo i denti particolarmente sani, non era registrata nello schedario di nessun dentista.

- Interessante, ma non vedo come…

- Edward Damer ha tre carie otturate.

- Mi scusi un attimo, vado in bagno… se vuole si prenda una birra dal frigo…

Il comandante si allontanò e l’ispettore si accorse di avere sete. Si diresse verso il frigo, e aprì lo sportello superiore. Si accorse solo dopo che era quello del congelatore. Ma ciò che vide lo fece barcollare. Per restare in piedi dovette appoggiarsi alla poltrona. Cercò di mantenere la calma. Intanto Fast era tornato nella sala.

- Dentro il freezer…- tentò di dire Marlon. Il comandante sbiancò di colpo.

- Maledizione!- borbottò. Aprì un cassetto del tavolo da pranzo e tirò fuori un enorme coltello da macellaio.

- Perché le hai uccise?- disse il detective, cercando vanamente di mantenere la voce pacata

L’assassino non rispose.

- Il regolamento non prevede necessariamente che i parenti di una vittima riconoscano il cadavere all’obitorio.- continuò l’inglese- ma tu volevi che i genitori di Amanda vedessero la figlia morta. Volevi prenderti questa soddisfazione. Bastardo.

Il coltello fluttuava nell’aria, ma il comandante continuava a rimanere immobile e in silenzio.

- Insieme all’agente Fowler avete organizzato la messinscena per incastrare Damer. E scommetto che l’impronta dei morsi sui cadaveri corrisponde a quella della tua dentatura.

Il Mostro si avvicinava a piccoli passi, mentre l’ispettore stava indietreggiando ma continuava a parlare:

- Hai ucciso sei donne, contando anche Victoria Winter. Vedendo il corpo della figlia si è suicidata. Ma la testimonianza del marito ti incastrerà. Andrai sulla sedia elettrica. Scommetto che hai avuto una madre ossessiva, che abusava sessualmente di te, vero? Ma niente può giustificare quello che hai fatto… le tue vittime per te non sono degne neanche di essere ricordate, non hanno neanche un nome… forse erano prostitute, o forse vivevano da sole; le studiavi bene prima di ammazzarle, sceglievi quelli che non avevano nessuno che le potesse riconoscere…e conservavi i loro resti nel freezer, il tuo obitorio personale… ma con Amanda è stato diverso: l’impulso è stato improvviso, l’hai uccisa anche se viveva con i genitori…

Il maniaco disse lentamente:

- Ora sono costretto ad ammazzare un uomo. Mi dispiace.

Il coltello stava per colpire la vittima predestinata, quando un tonfo sordo richiamò l’attenzione del comandante Fast. In pochi secondi si ritrovò circondato da poliziotti, e distinse chiaramente lo scatto metallico delle manette strette ai suoi polsi.

Dan Fast morì sedici mesi dopo, per esecuzione capitale. Per la prima volta nella storia, un uomo resistette tredici minuti e quarantacinque secondi alle scosse della sedia elettrica prima di perdere la vita.

 

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