La Grotta di Luppa nei Carseolani
di Giorgio Pasquini
estratto da:
Rassegna Speleologica Italiana, anno XV,
fascicoli 1-2, Luglio 1963, pag. 5-8,
(con rilievo).
Principali dati catastali: 32 A, Inghiottitoio di Luppa, Sante Marie, L'Aquila, 33 T UG 65044771, qm 892, Lm 1150, Pm 170, p. int. 6, 9, 20, 5, 8, 5, 6, 8, 8, 45.
1. Introduzione.
Prende il nome di Monti Carseolani un complesso di dorsali di elevazione media di poco superiore ai 1000 m, esteso per una trentina di chilometri che, dipartendosi con andamento appenninico dai Monti Simbruini a N dei Colli di Monte Bove e del corso dell'Imele, è limitato dalle valli del Salto e del Turano e dalla conca di Rieti.
Nella parte meridionale di tale complesso, l'allineamento M. Piano - M. S. Angelo - abitato di Pietrasecca - M. Guardia d'Orlando, sbarra lo scorrimento superficiale delle acque assorbite dall'altopiano molassico a SW di Val di Varri verso l'alto bacino del Turano, presentandosi come una anticlinale calcarea a nucleo cretaceo immergente debolmente a NW.
La serie di bacini chiusi che si allineano sul fianco nord orientale di detta anticlinale prosegue a SW del bacino di Pietrasecca con la Valle di Luppa. Questa ha una superficie di circa Kmq 9,4 e ripete gli stessi lineamenti geologici (2) del bacino viciniore, mentre la parte impostata nella formazione marnoso-arenacea mostra una differenza nell'orientamento generale del tracciato idrografico dovuta al passare del motivo tettonico da blanda anticlinale, ad anticlinale fagliata longitudinalmente. I corsi d'acqua presentano andamento NS, scorrendo anaclinalmente sulle molasse, e vengono raccolti da un collettore ortoclinale a direzione EW che versa le acque in prossimità del Casale di Luppa nell'omonima grotta a quota 892.
2. Le esplorazioni dal 1929 al 1959.
La valle e la grotta di Luppa sono citate per la prima volta da Gavini e Voltan (8) e dall'Abbate (1) con la strana aferesi di "Valle Uppa"; successivamente il Crema (7) dà un primo inquadramento geologico della regione a bacini chiusi, ma solo nel 1929 veniva condotta dal Circolo Speleologico Romano (4) una campagna esplorativa volta a riconoscere la relativa grotta di attraversamento.
La prima esplorazione dell'inghiottitoio guidata da C. Franchetti, (4) (5) durò trenta ore complessive distribuite in tre giorni, percorrendo un tratto di poco più di 400 m. Gli esploratoti furono sorpresi da una piena dovuta al rapido saturarsi del bacino molassico e uscirono appena in tempo dopo aver corso grave rischio. Tale fatto dette origine alla fama di pericolosità eccezionale della grotta stessa che frenò i successivi tentativi. Così nel 1942 il Segre (10) (11) (12) si limitò ad esplorare di un braccio laterale dipartentesi dall'androne d'ingresso.
Nel 1946 la Società Svizzera di Speleologia, sotto la guida scientifica del Carozzi (3) e tecnica di A. Güller (9), in collaborazione con lo stesso Segre (13) (14) (15) (16) (17) e con il Circolo Speleologico Romano, svolgeva una campagna di ricerca a Luppa e negli inghiottitoi circonvicini, ricognendo, con una permanenza in grotta di 28 ore, soltanto i primi 350 metri del ramo principale.
Le esplorazioni furono riprese da giovani speleologi romani nel 1955, con il superamento del punto massimo raggiunto dal Franchetti nel 1929 (*). Nel 1957 una serie di tentativi di armamento (6) portava a superare il salto di 20 m malgrado la cascata, a volte violenta, che vi si versa. Nel novembre dello stesso anno gli esploratori si fermarono, causa uno stretto sifone, alle soglie di quello che è l'ambiente più vasto della cavità. Nel 1958 veniva raggiunto l'orlo di un salto che doveva essere quello terminale.
Nel settembre del 1959 lo Speleo Club Roma organizzava una spedizione più pesante, appoggiata dall'Esercito, che con armamento in più giorni di tratti successivi portava al riconoscimento dell'intera cavità, già rilevata per la parte nota nella primavera dello stesso anno.
3. Descrizione della cavità.
La grotta prende, fin dall'inizio, la direzione NE-SW, direzione verso cui avanzerà nel suo complesso, pur procedendo con un percorso molto tortuoso impostatosi nelle solite direzioni di frattura NE-SW e NW-SE, eccetto due brevi tratti a direzione E-W e N-S.
Dopo l'ampio androne di ingresso dal quale sulla sinistra vi diparte un defluente che segue un livello più basso e molto più angusto, il vano si restringe e la galleria discende rapidamente per mezzo di alcuni gradini provocati per lo più da massi di crollo incastrati tra le pareti che al livello dell'acqua sono piuttosto ravvicinate. Segue una strettoia più marcata che segna l'ingresso di un altro vano nel quale l'acqua discende rimbalzando per una serie di tre marmitte con un dislivello totale di 9 m; un piccolo affluente da N (destra della cavità) ha causato vaschette incrostanti tra la parete e un massiccio pilastro centrale, al fianco del quale un modesto lago convoglia le acque al ciglio di una cascata di m 8,5.
Un ambiente ampio ed alto ospita un lago sotto il salto; dalla volta a sinistra pendono alcune stalattiti a cortina, Le pareti si accostano venendo a formare un canyon, stretto nella sezione minima m 0,80 e ove l'acqua profonda m 1,70 a fondo melmoso. In alto alcune linee testimoniano vecchi livelli delle acque evidenziati nella galleria successiva da brecce cementate pensili (4 livelli differenti a m 0,50; 1,20; 1,50; 1,65) residui di vecchi riempimenti successivamente asportati. Interessane in alto un fascio di stalattiti che pende dalla parete di destra (le "canne d'organo"). Dopo un altro canyon appare una colata di mammelloni incrostanti su base fangosa alimentata da un affluente pure da destra.
Il corso d'acqua volge bruscamente a sinistra in direzione NW-SE, sottopassa due ponti di roccia da parete a parete con resti di brecce a cemento calcareo (a circa 4 m dal livello del pavimento) e sfocia in un lago profondo m 1,40 con fondo melmoso sotto una volta distante dal pelo dell'acqua da 1 metro a 10 centimetri, che in periodi di piena eccezionale potrebbe risultare occluso dalla copia delle acque a mo' di sifone (segnato come sifone difficile nel rilievo pubblicato dal Segre) (10).
La cavità riprende l'andamento NE-SW in prolungamento di un affluente che riceve, questa volta da sinistra, e che, data la cospicua portata e i regime delle acque, presumibilmente è lo sbocco del cunicolo nel quale si perdono parte delle acque dell'androne iniziale (v, sopra).
Un seguito di laghi a fondo roccioso di cui uno profondo m 2,20 (BN) e uno m 2,70 (BQ) e intervallati da gradini di uno, due metri e da spiaggette a ciottoli arrotondati (qui si è arrestata la spedizione Franchetti del 1929) portano il corso d'acqua all'orlo della più grande cascata della grotta, alta m 20. In questo tratto, al punto dove l'andamento della galleria assume la direzione E-W, si cominciano a notare palesemente le prime ippuriti, segno che si è passati dalla precedente formazione Miocenica (Elveziano) a quella Cretacea (è la stessa serie geologica riscontrata nella Grotta di Pietrasecca) (2).
Sotto la grande cascata si ha un vasto lago non sondato, ma sicuramente più profondo di m 1,50, dato che, essendo stato attraversato a nuoto, come del resto gli altri da questo punto in poi, non si è mai raggiunto il fondo con i piedi. Una stretta spaccatura porta da questo ambiente domiforme ad una larga galleria che discende tra blocchi di crollo tra cui è disagiato il procedere, a tratti strozzata da soglie rocciose sopra piccoli salti. Sul lato destro una colata calcitica lascia intravedere in alto l'allargarsi della sezione.
E' evidente un progressivo aumento nell'ampiezza della meandrificazione passando da monte a valle, a mano a mano cioè che la grotta si approfondisce nel nucleo cretaceo dell'anticlinale.
In questa grotta, a differenza di quello che si osserva nella vicina Pietrasecca (2), sono visibili alcune faglie ricche di breccie di frizione, e in corrispondenza delle quali si hanno ambienti più vasti (come nel tratto CC-CI), che dopo la larga curva riconduce la direzione della grotta a quella NW-SE, non ben rilevabili in carta in quanto la pianta è costruita al livello di circa m 2 dal suolo, tralasciando le parti superiori ben più ampie (**).
Da dove è palese la faglia, la cavità prosegue a tratti presso a poco uguali lungo le due direzioni preferenziali: la grande galleria si è ristretta ed ha assunto l'aspetto di un canyon a marmitte sfondate, alcune larghe circa 1 metro, e aggruppate senza alcun ordine sul pavimento e altre che occupano la intera cavità formando laghi in cui si discende con salti da 2 a 6 metri.
Lungo quasi tutto il tragitto si notano verso le volte profili erosi da antichi percorsi dell'acqua, ma mentre nel primo tratto se ne apprezza chiaramente uno solo, in quest'ultimo se ne distinguono chiaramente due.
In un grande blocco caduto dalla volta (punto DB) si vedono bellissimi coralli; lì presso, frequenti e di grandi dimensioni, le ippuriti.
Dopo un ultimo salto di m 8, una galleria ingombra di massi e di ciottoli conduce ad una saletta circolare occupata da un lago. Le acque defluiscono dalla parete nord-orientale per un sifone profondo circa m 1,50 e lungo 1 metro circa (***).
Oltre il sifone ci sono due piccole salette con volta alta circa 2-3 metri lunghe in complesso una quindicina di metri, che immettono ad un grandioso salone che si è voluto intitolare alla memoria di Carlo Franchetti, primo esploratore della grotta. Il salone, lungo quasi 100 m, è parzialmente alluvionato da depositi fangosi e sabbiosi riescavati dal corso d'acqua che però ha una portata molto ridotta rispetto a quella che aveva all'ingresso del sifone, probabilmente perché buona parte di essa filtra sotto i sedimenti.
Tale vasto ambiente si mantiene in leggera costante discesa e dà adito a due prosecuzioni.
La prima, sulla destra, conduce, con una lunga salita franosa per crostoni che hanno cementato ciottoli arrotondati, ad una galleria fossile con limpidissime vaschette incrostate, che si affaccia su di un salto di 8 m, oltre il quale un lago di stillicidio dà adito all'orlo di un pozzo di 45 m (intitolato all'entomologo Saverio Patrizi) terminante in un profondo lago senza prosecuzioni (****).
La seconda prosecuzione, a sinistra, raccoglie le acque in una stretta galleria a pareti cupulate e interrotta da un lago a cui si accede con un salto di un paio di metri, ricco di materiale fluitato e che smaltisce le acque per meati totalmente in carico; sulla parete opposta, un foro del diametro di circa m 1,50 rappresenta una modesta prosecuzione (esplorata per esteso dal Circolo Speleologico Romano nel settembre 1959) lungo una condotta di sopra pieno, fino ad un secondo lago a pareti chiuse.
Al momento, dato che la geologia della cavità non è ancora considerata nel suo dettaglio, non è possibile a questo riguardo che dare notizie sommarie, e cioè che la trasgressione tra i calcari dell'Elveziano e i sottostanti calcari cretacei si trova nel primo tratto della grotta tra le progressive AV e BQ, ma non è escluso che piccole faglie riportino più volte il detto contatto al livello del piano di calpestio della grotta.
Dalla quota d'ingresso (m 892) al lago terminale si discende di circa 170 m, raggiungendo così la quota di m 722, dopo aver percorso una lunghezza, lungo l'asse mediano, di circa m 1150, pari ad una distanza in linea d'aria di circa m 700 in direzione SW. La superficie del terreno si trova 500 m al di sopra della parte terminale.
Alcune sorgenti a S del Monte Guardia d'Orlando, dal Segre (17) indicate come risorgenze della grotta di Luppa, si trovano a quota superiore a quella raggiunta e cartografata nel corso della esplorazione.
Poiché ho avuto la soddisfazione di dirigere la maggior parte dei tentativi condotti per quattro anni nell'inghiottitoio di Luppa, fino alla spedizione conclusiva del settembre 1959, intendo ringraziare tutti coloro che hanno cooperato alle esplorazioni, e in particolare A. Angelucci, I. Bertolani, B. Camponeschi, M. Chimenti, G. C. Costa, L. Laureti e F. Volpini a cui la grotta di Luppa mi ha legato di una viva amicizia.
Bibliografia
(*) Primo tentativo effettuato da Bertolani e Pasquini nel luglio del 1955 in dodici ore, raggiungendo il salto di 20 m. Attualmente tale tratto viene coperto in poco meno di un'ora. La cavità ha visto la evoluzione dei mezzi tecnici della speleologia romana, fino all'impiego di corde di lilion, mute da sommozzatore, ancoraggi su chiodi, ecc.
(**) Il lavoro di rilievo in questa grotta di attraversamento, eseguito nel periodo di maggiore attività come quello invernale e primaverile, ha comportato gravose permanenze in acqua a temperature inferiori a 6°: basti sapere che per rilevare i 390 m successivi alla cascata di 20 m, sono state necessarie 18 ore consecutive di cui 12 di rilievo effettivo.
(***) Il sifone è stato forzato da Camponeschi dello Speleo Club Roma nel settembre 1959. Precedentemente gli esploratori avevano usato per quasi due anni uno stretto foro scoperto da Dolci del Circolo Speleologico Romano il I° novembre 1957.
(****) Il lago, raggiunto dallo scrivente il 18 settembre 1959, non è stato finora mai più ricognito.
Rassegna Speleologica Italiana, anno XV, fascicoli 1-2, Luglio 1963, pag. 5-8, (con rilievo).