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Conversazione a cinque

Renato Dionisi
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È nato a Rovigno d’Istria 1910. Diplomato in composizione, ha insegnato nei Conservatori di Bolzano, Firenze e Milano.
Musiche da camera, sinfoniche, corali - quasi tutte scritte su invito di esecutori: Solisti Veneti, Orchestra del Nuovo di Milano, Haydn di Bolzano e Trento, Angelicum di Milano, Trio Martinotti-Mereu-Canino (flauto, violoncello e pianoforte), Trio Zagnoni-Bianchi-Cigoli (flauto, fagotto, pianoforte), Duo Riggione- Celeghin (tromba e organo), Trio Calabrese-Bodanza-Benedetti (due trombe e organo), organista Celeghin, Quartetto di Ottoni della Fenice di Venezia (due trombe e due tromboni), Quintetto Italiano, Trio Salvetta (voce, clarinetto, pianoforte), Quintetto di fiati di Bratislava.
Sue composizioni sono state eseguite nei maggiori centri italiani, dall’orchestra della RAI di Roma, dall’orchestra della Radio Svizzera; musica da camera ed organistica è stata registrata dalla Radio tedesca, austriaca, svizzera ed eseguita in Francia, Inghilterra, Svizzera, Cecoslovacchia, Bulgaria, ecc. Alcune registrazioni discografiche. Fra i direttori d’orchestra che hanno diretto sue composizioni: P.L. Urbini, A.Gatto, U.Cattini, R. Lupi, A. Janes, H. Michael, de Bernart, C.M.Giulini.
La Sonatina per pianoforte a quattro mani e orchestra è stata scritta e dedicata al Duo pianistico Marvi e Fulvio Zanoni e all’Orchestra Haydn.
Preferisce organici non comuni (timpani e orchestra, arpa e pianoforte, voce e clarinetto, violino solo, flauto e chitarra, voce e chitarra, voce sola, ecc.). Ha pubblicato, anche in collaborazione con altri musicisti, opere didattiche e tecniche (Studi sul Corale, Studi sulla tecnica del contrappunto del ‘500, sulle forme musicali, ecc.).
La musica attuale
Quanti musicisti della generazione dell’ "immediatezza mistica" e del "rifiuto della storia" sembrano oggi allo sbando! Privi di identità sociale, smarrito ogni messaggio, essi non sanno più identificare alcun destinatario (e viceversa): non sanno più recuperare nemmeno la perduta prassi dell’autoderisione. Qualcuno seguita a sperare assoluzione nelle spericolatezze di ulteriori pionierismi, altri tornano a riesumare le potenzialità residue di sistemi ormai storicizzati (consoni, se non altro, alla ratio della vendibilità); ma i più, esauritesi le fasi dell’astratto matematicismo, del gioco irriverente e innocuo, dell’aleatorietà, vedono davanti a sé il silenzio.
Nato nel 1910 in Istria da genitori tridentini (probabilmente di origine meridionale), Renato Dionisi non rientra di sicuro fra coloro che, auspicando il meglio, hanno nel frattempo desistito dal far bene. La salda tempra fisica e morale della sua generazione (ansiosa, ha detto Benjamin, di lasciare la sua impronta) lo ha ispirato sempre alla coerenza di uno stile rinfrancato - nell’arte e nella vita - dalla libertà. Una libertà peraltro radicata in quella leggendaria probità "mitteleuropea" che non è stata limite, ma forza.
Il tratto distintivo di Dionisi è l’antipathos. Essenzialmente cameristiche, le sue composizioni puntualizzano le tappe di un percorso pluridecennale di raffinamento, di dépoullement, di riduzione. "Ho avuto bisogno di tutte le mie forze per comporre con semplicità!" ha esclamato una volta Hans W.Henze. In Dionisi l’economia della scelta (il vero principio basilare delle arti, l’unico non riducibile alla macchina) si vale della piena padronanza del mestiere. Porsi dei problemi e risolverli con il minimo dei mezzi; estrarre da una serie, da una cellula, un mondo sonoro compiuto. La sua tecnica compositiva configura una sorta di musica astratta liberamente seriale, ravvivata da una incessante mobilità ritmica, sciolta del tutto dalla schiavitù della battuta (e l’abolizione della battuta va forse intesa quale sintomo di sotterranea inquietudine, traccia percettibile d’un residuo ... dionisiaco nell’intimo d’una personalità apollinea).
"Arte per l’arte", dunque, non però dissociazione dalla società o deluso solipsismo. Un maturo scetticismo circa le possibilità di comunicazione induce piuttosto Dionisi al recupero dell’immagine bachiana (poco importa quanto storicamente esatta) come artigianato della precisione, come architettura di sonorità, come riscoperta dl senso prioritario della forma. Ancora un’esigenza di essenzialità, refrattaria a mondane ridondanze, chiarisce la preferenza di Dionisi per i piccoli complessi (spesso formazioni insolite, poco o nulla frequentate dalla tradizione), conformi ad un pubblico possibilmente ben sintonizzato e affine quanto a fisionomia ideologica ed interessi culturali. Non a caso egli ama comporre "ad personam": l’atto generoso di fiducia nel destinatario pareggia la soddisfazione di affidare in buone mani il suo lavoro. Ed è quasi con accanimento che egli esorta a proseguire oltre la dimensione della manualità, per divenire artisti. "L’arte non parla che agli artisti" - ha detto Nietzsche!
Archiviata senza rimpianti l’eredità novecentista - la personale amicizia con Ghedini e la "fiorentina vicinanza" a Dallapiccola avendo probabilmente un ruolo decisivo - Dionisi ha prontamente colto ed interiorizzato il processo di trasformazione del linguaggio musicale manifestatosi in Italia nel corso degli anni Quaranta: il definitivo distacco dalla tonalità, l’adozione non dogmatica degli artifici della tecnica viennese (pur avvertendo bene il non-senso di un sistema che, anche Adorno lo confessa, risolve l’essenza magica della musica in pura razionalità umana), l’interesse nuovo per la forma e la continuità spazio-temporale, la valorizzazione dell’9inventiva ritmica parallela all’affrancamento dalla fissità degli schemi metrici tradizionali, l’uso sistematico dei tempi primi, l’attribuzione al parametro ritmico di quei compiti di differenziazione delle parti già riservati all’armonia tonale.
In sostanza, una inedita versione di quella "prosa musicale" che Schonberg aveva proclamato "lo stile della libertà".
Se è vero che la scelta dei procedimenti linguistici-sintattici è scelta etica e non semplicemente tecnica (poiché - nota Fubini- nel linguaggio della musica la struttura formale prevale a tal punto sul contenuto semantico, da fagocitarlo quasi intieramente), allora la modernità di Dionisi è precisamente il frutto della coerenza morale; una stessa scelta di libertà salda vita e arte.
Come ascoltare Dionisi? Il bello non è che una forma avverte Hanslick, la musica, tutta la musica, poco o nulla esprime oltre se stessa. Sgombrare il campo dalle aspettative errate, restare all’ascolto semplicemente attenti (semplicemente attenti a come l’evento musicale si snoda e si struttura nel tempo e nello spazio): ecco il giusto atteggiamento che ci permette di scoprirne la riposta ma autentica bellezza.
FULVIO ZANONI (1984)
Colonna sonora
Conversazione a cinque
Registrazione dal vivo 1998
esecutori
Marcello Barberi - flauto
Massimo Zenatti - clarinetto
Giuseppe Calliari - Viola
Marvi Zanoni - pianoforte
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