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Marvi Zanoni

ROVERETO MUSICALE. APPUNTI. (7° puntata)

Antonio Carlini, in Rovereto e le sue tradizioni bandistiche (Ed. Musica Cittadina Riccardo Zandonai), ci spiega che: "Nel corso dell’Ottocento assistiamo al passaggio da un sistema di socialità che al consumo della musica ammette un milieu selezionato (i nobili), ad un ambiente segnato da modi di aggregazione più ampi (la borghesia urbanizzata). Da un rapporto per lo più individuale, casuale, magari subordinato all’arbitrio di un "impresario", si passa ad un modello precisamente formalizzato, ad un’istituzione dove si esprime un ordine superiore al singolo, un ordine dal quale derivano però anche precisi riconoscimenti."

L’osservazione trova riscontro in Musica. Affetto e Bellezza. Cose patrie, articolo pubblicato sul "Messaggiere tirolese" il 22.02.1845, dove don Giuseppe Bertanza tratteggia un quadro vivo e preciso dell’interesse per la musica dei roveretani: "E dove or non è musica? Nelle officine si canta, e i colpi d’incudine o i tratti di seghe battono il tempo; cantasi ne’lavorizi de’ sartori e de’ calzolai; dalle musiche cantilene è rotta la cruda monotonia degli opifici di seta; echeggiano di agresti canzoni le campagne ed una passeggiata vespertina sul mare o sul lago, sarebbe morta senza musica; e poi musiche Bande, e poi musicali trattenimenti nelle case private; musica di giorno, musica di notte (e così non fosse!), musica all’osteria, musica in teatro, musica in chiesa, musica da per tutto, anche dove men si vorrebbe".

I musicisti, professionisti o dilettanti, di Rovereto sembrano all’altezza di questa esuberanza, se diamo retta a quel che scrive un viaggiatore anonimo, amico di Giuseppe Bridi: "Da per tutto può sorgere un Pasqui, un Ferrari, un Fedrigotti, un Bridi; ma non è cosa facile in una cittadella, di forse novemila anime, una unione di dilettanti che suonino (…) a piena orchestra, con tanta esattezza e spirito e sentimento, come se tutta fosse composta di eccellenti professori; cosa che si ha appena il diritto di aspettarsi in una città popolosa e di versatili ingegni, ridondante e di maestri d’ogni maniera. (…)"

Proprio grazie alla forte richiesta di musica, quando il decreto comunale del 18 luglio 1783 scioglie la Cappella musicale di San Marco, gli strumentisti roveretani non restano senza lavoro. L’alternativa più felice ovviamente è offerta dal Teatro Grande (l’attuale Zandonai), con le sue stagioni operistiche. Ma molte altre sono le occasioni che si prospettano loro, soprattutto agli strumentisti a fiato: dalle sfilate delle fanfare militari che sottolineano ogni arrivo di esercito in città, ogni vittoria, ogni trattato (quanto frequenti nel corso dell’800!); alle feste da ballo ad ingresso gratuito; fino alle cerimonie religiose e alle processioni solenni.

Il terreno ormai è pronto. Basta che nel gennaio 1843 sfili a Rovereto la banda di Trento, per risvegliare l’orgoglio dei roveretani e per dare l’impulso determinante alla costituzione del primo complesso bandistico stabile di Rovereto. Promotore dell’iniziativa è Pietro Andreis.

Pietro Andreis (Rovereto 1784-Trento 1879), litografo, maestro di disegno, e flautista dilettante. Era primo flauto dell’orchestra della stagione operistica roveretana, e come flautista si era esibito anche per l’arciduca Francesco Carlo. Del primo complesso bandistico di Rovereto, fu il fondatore e il suo primo presidente.

Per approfondire: Antonio Carlini-Annely Zeni, Rovereto e le sue tradizioni bandistiche, Ed. Musica Cittadina Riccardo Zandonai - Rovereto

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