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Venerdì 20 Aprile, ore
22;30 circa (causa soliti inspiegabili ritardi), centro Francescano secolare,
uno sconsolato Jonny annuncia che a causa di numerose e ingiustificate
defezioni sarà lui l’unico ad andare in “ferie” in Abruzzo con il
gruppo di Genova. Cosa avranno fatto di
male i genovesi per spaventare così tanto i toscani tutti ? Già mi
immaginavo per questo un gruppo di secolari biascicanti anchilosati dal peso
degli anni imbretellati in alta uniforme; come dare torto quindi alle numerose
alternative che si poteva trovare per trascorrere altrove un ponte che, di
certo, non capita tutti i giorni ? Chi sarebbe fuggito in
Francia, chi al mare, chi più semplicemente si è ricordato all’ultimo
minuto che doveva stirare … Alla festa dell’ultimo
dell’anno al palazzetto dello sport di Firenze avevo però avuto modo di
conoscere alcuni ragazzi degli Abruzzi, e mi ero così tanto divertito con
loro che, avendo sentito parlare della possibilità di tornare a fargli
visita, mi ero subito reso disponibile. Così già da quella sera abbiamo
saputo che saremmo stati in due. Questo gesto avrà forse
convinto anche la Silvia a seguirci, per fortuna poi che verso Arezzo abbiamo
raccattato altri due Toscani: Daniele e sua moglie, una abruzzese DOC che
suona la chitarra e sa pure fare da mangiare. Così il contingente Toscano è
risultato composto da cinque elementi. E così sabato 28 aprile,
già dalle prime ore dell’alba, ci siamo ritrovati ad aspettare il pulman
proveniente da Genova, all’uscita della Certosa, sotto il sole cuocente, per
circa una ora e mezza, durante la quale abbiamo avuto modo di assistere
all’arrivo ed alla dipartita di numerosi gruppi, gruppetti e comitive che
come noi partivano per il mitico e sospirato ponte 28/4 a 01/05. Robba, il
pulman, ma quando è arrivato e siamo saliti a bordo ho pensato che avessimo
sbagliato, sembrava di essere nella gita di fine anno di quinta superiore.
Nessun canuto bretellone. E poi c’erano loro, quelle che poi mi hanno detto
essere le Spice Girls! La prima conoscenza
l’abbiamo fatta con Pietro (tu sei Pietro e su questa pietra …) un
simpatico genovese tutto tappezzato UNITALSI, berretto, maglietta, canottiera,
non so se esistono le mutande UNITALSI, ma se esistono sono sicuro che lui le
porta. Quando ci siamo fermati
all’autogrill a raccgliere Daniele e la moglie abbiamo cominciato e
continuato a familiarizzare anche con gli altri: Luca, Marta, Chiara,
Carolina, Daniele e via dicendo. Fra una canzonetta e un discorso con Giacomo,
piuttosto che con Fish o con gli altri, fra i ventitrè genovesi, e scusatemi
se non li nomino tutti, mentre l’autobus veloce sfilava lungo
l’autostrada, abbiamo avuto modo di gustarci la mutevole e variopinta
campagna Abruzzese, fino a scorgere il gran Sasso, tutto innevato. La
locandina pubblicitaria presenta l’Abruzzo come il Canada italiano ma
secondo il paesaggio ricorda molto più la California. Il clima Canadese non
è proprio paragonabile. Come descrivervi la bellezza di quei luoghi ? Posso solo dire
che “intender non la può chi non la prova”, perché il sapore è di una
natura selvaggia, domata solo qua e là, ma pronta a riprendersi la sua
rivincita non appena si sale di quota, la vegetazione si fa più rada ed i
verdi boschi lasciano spazio a montagnuole più brulle su cui svettano paesi
più o meno grandi, che come acquile appolaiate nel loro nido dominano le
valli. Siamo arrivati a Tollo
che il sole sonnacchioso stava coricandosi arrossendo all’orizzonte, sotto
più veli di nuvole stiracchiate. L’edificio che ha ospitato la maggioranza
delle persone (solo 22 letti) è stato ristrutturato dal parroco che è venuto
ad aprirci facendo gli onori di casa ed ha cenato con noi. Paste al pesto alla
genovese, e non sarebbe potuto essere altrimenti. Per noi toscani, tranne
Silvia, e due genovesi, Enrico e Giorgio (Giorgio il Grande) , è stato
necessario però alloggiare
nell’albergo di Tollo, vista mare e vista monti. All’albergo, dopo la
cena e la preghiera di fine serata, ci ha portato il parroco, con la sua punto
special e che da quella sera è stato soprannominato Schumaker visto la
velocità a cui andava e visto che, come lui, non risparmia nemmeno i cordoli
(anche se sono di cemento ed alti venti centimetri). Il grosso problema per me
e Jonny è stato, per dormire, il dover superare la barriera del suono di un
russatore professionista come Daniele. La domenica siamo andati
in un paesino di alta quota con santo patrono San Pietro (tu sei Pietro ….)
e proprio Pietro ha avuto modo di chiarirsi la differenza fra Patrono e
Protettore. Ci è stata fatta una messa speciale ed è stato bello ricevere
quel “bravi” da alcune signore che hanno capito che eravamo forestieri e
ci hanno chiesto che cosa facessimo. Ho avuto modo anche di
scoprire in Daniele una incredibile somiglianza con Fonzy, anche se lui non ci
si vuole proprio mettere a fare “hey” con il pollice alzato ma preferisce
sostenere che il cane ruggisce e la mucca fa miao. Il pranzo, a panini, lo
abbiamo fatto in un camping non proprio affollato, con in sottofondo il gran
premio di formula uno seguito con attenzione da alcuni campeggiatori non
troppo lontani da noi. Ci siamo sdraiati sull’erba fresca, chi al sole e chi
all’ombra e chi sui tavoli. Alcuni si sono tolti le scarpe e si sono fati
digitopressare i piedi dall’esperto Andrea per investigare il loro stato di
salute, altri più semplicemente hanno ammirato ombellichi di leggiadre
pulzelle plasticamente accomodate per cogliere meglio, fra verdi germogli, i
primi raggi di un’estate annunciata. Nel pomeriggio siamo
andati al parco Nazionale d’Abruzzo a vedere l’Orso, la lince ed il museo
con i resti archeologici del primo abruzzese fossile della storia. Poi Carlo
ha voluto fare la sua passeggiata con Luca e con una bella signora francese
imbroccata all’istante e che poi è tornata di corsa per farlo mettere a
sedere. La serata si è conclusa
nella pizzeria di Tony, molti hanno sostenuto che ci avessero rifilato tutte
pizze surgelate, ma io ero seduto fra Marta e Silvia, che per l’occasione
indossava un golfino rosa con i brillantini e l’ultima cosa a cui ho fatto
caso è stata la pizza al salamino piccante che ho mangiato. Tollo, la patria
del vino e in molti hanno osato prendere birre Moretti ! La notte è andata molto
meglio della precedente grazie a Jonny che ha comprato i tappi per gli
orecchi, peccato però che ne ho
perso uno e mi sono svegliato. Il lunedì 30 è stata
un’altra giornata molto intensa, iniziata di buon ora con la visita guidata
delle cantine Tollo, fiore all’occhiello dell’imprenditorialità
abruzzese. Abbiamo avuto modo di assaporare un rosso direttamente da una mega
botte, mentre venivamo accuratamente edotti circa i metodi di lavorazione
impiegati. Da buon chiantigiano DOC devo però confessare che il nostro rosso
ha molto più corpo e carattere … Pensavamo, innocentemente, che alla fine
del tour ci sarebbe stato fatto dono di qualche dozzina di bottiglie a testa
(strategia di puro marketing), e difatti l’amministratore ci stava portando
verso lo spaccio dicendo “e se volete del vino ….”, con noi che già ci
stavamo rimboccando le maniche per sollevare i cartoni di vino, “…. Qui
allo spaccio potete comprarlo”. Così la gita a Tollo è stata, è proprio
il caso di dirlo, un mezzo fiasco. E così, sobri alquanto,
abbiamo fatto rotta verso Lanciano ove ci attendeva il Miracolo Eucaristico.
Tale prodigio avvenne nel secolo VIII nella piccola chiesa di San Legonziano,
per il dubbio di un monaco Basiliano sulla presenza reale di Gesù
nell’Eucaristia. Durante la celebrazione della Santa Messa, fatta la doppia
consacrazione, l’ostia diventò Carne viva e il vino si mutò in Sangue
vivo, raggrumandosi in cinque globuli irregolari e diversi per forma e per
grandezza. L’Ostia-Carne, come oggi si osserva molto bene, è leggermente
bruna e diventa rosea se osservata in trasparenza. Il Sangue è coagulato, di
colore terreo, tendente al giallo ocra. La Carne, dal 1713, è
conservata in un artistico Ostensorio d’argento, finemente cesellato, di
scuola Napoletana. I Frati Minori Conventuali custodiscono il miracolo fin dal
1252. Alle varie ricognizioni
ecclesiastiche, condotte fin dal 1574, seguì, nel 1970-1971 e ripresa in
parte nel 1981, quella scentifica, compiuta dal professore Odoardo Linoli e
dal Prof. Ruggero Bertelli dell’Università di Siena. Le analisi hanno dato
questi risultati: La carne è vera carne ed
il sangue vero sangue, appartengono alla specie umana, la carne è un cuore
completo nella sua struttura essenziale, nella carne sono presenti, in
sezione, il miocardio, l’endocardio, il nervo vago e, per il rilevante
spessore del miocardio, il ventricolo cardico sinistro. La carne ed il sangue
hanno lo stesso gruppo sanguigno: AB. La conservazione della
Carne e del Sangue Miracolosi, lasciati allo stato naturale per ben dodici
secoli, ed esposti all’azione di agenti fisici, atmosferici e biologici,
rimane un Fenomeno Straordinario. Siamo tutti rimasti molto
colpiti da questo miracolo, non molto noto invero, ma capace di attrarre,
nonostante questo, molti credenti. Essendo noi in visita speciale abbiamo
potuto saltare la lunga fila e portarci immediatamente al cospetto
dell’Ostensorio dove siamo rimasti per alcuni minuti in contemplazione ed in
preghiera, incapaci di comprendere fino in fondo come possa, un cuore ed una
manciata di sangue non ridursi in polvere dopo qualcosa come 1200 anni ! All’uscita siamo
ripiombati nei soliti problemi di natura spicciola del tipo Carlo che non
trova più il suo cellulare o dell’improbabile foto a distanza troppo
ravvicinata per racchiudere tutto il gruppo. Il sole picchiava e
abbiamo accellerato il passo lungo le strade di Lanciano per raggiungere il
pulman che ci avrebbe poi portato al mare. Mr Fish, Luca ed alcuni altri al
viaggio di andata si erano fatti ammaliare dai profumi di una pasticceria e vi
si erano accomodati, adesso rientravano con noi, con un improbabile Fabrizio
che ad ogni incrocio bloccava il traffico per farci passare in tutta
tranquillità mentre lui ogni volta rischiava di essere investito. Il viaggio verso il mare
è proseguito come al solito, fra i canti del simpatico trio, soprannominato
delle Spice Girl, composto da una sfavillante Marta, una sensuale Carolina ed
una sempre più incisiva Chiara. Una volta giunti sulla
spiaggia ci siamo rifocillati a dovere grazie ai panini sapientemente riempiti
a mano da Laura e Barbara, innaffiati come al solito dal vino delle cantine di
Tollo. Una volta placata la fame
sono stato il primo a scaraventarmi in spiaggia per toccare con mano l’acqua
del pacifico Adriatico, scoprendo con meraviglia che l’acqua era
splendidamente calda. Purtroppo nessuno ci aveva avvertito di portare il
costume ma già stavo meditando una mutanda-nuotata con doporotolamento sulla
sabbia. Vedendomi calmo e placido
procedere al mio personalissimo strip, paventato più volte ad una sempre più
sconcertata Laura, anche la Silvia, amante del sole e del mare come non pochi,
mi ha subito seguito (nel senso che anche lei si è sdraiata sulla spiaggia,
non che si sia messa a fare lo strip ….). Dopo poco ci siamo ritrovati in
dieci, nelle più svariate posture ed acconciature a condividere i tiepidi
raggi solari, non didegnando neppure di doversi sdraiare senza asciugamano. Eravamo tutti assorti nei
nostri discorsi pseudo contemplativi quando il solito Fabrizio è arrivato di
corsa, ed in perfetto stile acrobatico si è spogliato alla velocità del
fulmine, scoprendo il suo fisico, che, per il colore, forma e consistenza
ricordava tanto una mozzarella gigante un po’ sovrappeso. Dopo pochi minuti
altrettanto di corsa è arrivata Laura a ripescarlo facendoci una partaccia a
tutti per averlo lasciato consumare il folle rito dell’immergersi fin sino
al polpaccio. Intanto però il sole era
stato completamente velato dalle uggiose nuvole dei vacanzieri e si era pure
alzato un po’ di vento, così, invece di continuare a prendere il sole,
raggelandosi, ho deciso che sarebbe stato meglio riscaldare gli animi con una
scultura nella sabbia, donna/uomo, poi finalmente e definitivamente donna
quando Marta si è fatta coraggio ed ha estirpato il tronchetto fra la
commozione generale … La realizzazione del seno
è stata la più controversa, in quanto non c’è stato un pieno accordo
sulle dimensioni e sugli effetti che la gravitazione comporta, aggravata dal
fatto che, nonostante le numerose richieste, non c’è stato verso di avere
una modella dal vivo. Conclusa l’opera era
ormai l’ora di andare a fare una mega sgranata a casa dei genitori della
moglie di Daniele, che penso stessero preparando quella cena dal momento in
cui siamo arrivati in Abruzzo. Abbiamo mangiato il
“sugno” su dei crostini di pane, una frittata con i peperoni che era la
fine del mondo e della carne al forno veramente ottima. Senza parlare delle
varietà di salamini e formaggi e ortaggi e pasta. Una cena che ha
abbondantemente compensato la sequela di panini che abbiamo mangato a più
riprese. Dopo cena c’è stato il
dopo cena danzante, inbracciata la chitarra Andrea si è esibito nei più
moderni ed attuali successi estivi, coinvolgendo tutti in un vortichio di
danze a cui neppure io ho saputo resistere. Ho fatto un ballo molto
appassionato con Laura e poi mi sono equamente diviso a destra ed a manca,
trovando anche il tempo di spiegare anche a Pietro il ballo della pietra
(leggi mattonella). E’ stato tutto così bello che non sembrava neppure di
essere guidati dal tempo scandito dai semplici accordi di una sola chitarra.
L’atmosfera di amicizia e condivisione trasformava quelle semplici cose e le
rendeva meravigliose, trasportando tutti oltre la dimensione di quello che si
aveva di fronte, facendoci capire che eravamo parte di qualcosa che andava
oltre di noi, oltre l’amicizia che si era creata in quei pochi giorni ed
oltre a quello che avremmo mai potuto pensare di poter realizzare. Qualcosa
che solo la comunanza dello spirito, la comunanza della volontà di fare
qualcosa per gli altri, il ritrovare così tante persone giovani che
condividono e comprendono quello che fai e che facciamo insieme, lo scoprire
che non è poi così folle, ritrovarsi carichi di tutto l’impegno che gli
altri mettono con te, con un effetto che davvero ti mette le ali ai piedi. Una
gioia completa e profonda, fatta di valori, e non effimera e vuota come invece
sembra essere proposta dagli slogan che non scavano nel cuore ma solo nel
portafoglio della gente. L’ultima notte è
quindi iniziata, per me, con grande nostalgia. Tutte quelle splendide persone
che uno vorrebbe avere vicine per sempre, non per soli quattro giorni. Ma le
cose vanno così, come in quella novella del Principe e della volpe, del
Principe che voleva un amico ma che poi avrebbe sofferto quando lo avrebbe
perso …. La lunga ultima notte,
nella cameretta dell’albergo, con i tappi negli orecchi, in attesa che il
sole si svegliasse per specchiarsi nel mare e nella fresca neve dei monti. L’ultima notte per
piangere e per sognare, per ricordare, per pensare … Il giorno alla fine poi
è arrivato, il gallo ha cantato, il pulman si è messo in moto, ci siamo
imbarcati, abbiamo fatto l’ultima sosta
al santuario di San Gabriele dove ci siamo assaporati l’ultima serie
di panini della gita, che avevano il sapore dell’addio, e siamo poi
ripartiti alla volta di Firenze. L’esperienza si è
quindi conclusa, nonostante la coda già da Firenze Sud, in perfetto orario,
gli ultimi saluti, baci ed abbracci di rito, il pulman è poi ripartito alla
volta di Genova. Questo è quanto io, con
le mie risorse informatiche, sono riuscito a mettere insieme. Se volete potete
però reinterpretare, aggiungere, riscrivere e richiedere di aggiungere tutto
quello che volete, basta che mi scriviate ed io sarò ben lieto di pubblicare
i vostri interventi completando le inevitabili lacune di questa cronaca. Un saluto a tutti i
ragazzi di Genova che hanno condiviso con me la fantastica avventura in
Abruzzo
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