"Restero' in politica, perche' oggi non ritengo di essere fungibile come leader che tiene unito il centrodestra". Lo ha detto Berlusconi, conversando con i cronisti alla Camera.
"Se dovessi fare i miei interessi personali dovrei andarmene e lasciare la politica". Tuttavia, ha proseguito, "non posso appendere le scarpe al chiodo perche' perderei la stima, e direi anche l'affetto, del 50% degli italiani" che hanno votato per la Cdl. Per questo, ha concluso, "restero' in politica perche' oggi non ritengo di essere fungibile come leader che tiene unita la coalizione di centrodestra".
"La verita' - ha detto Berlusconi- e' che il Medio Oriente e' una ferita che infetta tutto il mondo, che continua a provocare infezioni".
Votare il si' al rifinanziamento dell'Afghanistan non vuol dire votare si' anche al ritiro dall'Iraq? "Questo - replica Berlusconi ai giornalisti - non e' vero". "Ritengo - dice a proposito del ritiro - che si esponga il paese ad una perdita di credibilita' internazionale per un periodo che e' risibile perche' anticipare di tre mesi vuol dire solo esporsi ad una figuraccia ".
"Non e' vero, non vanno a casa. State tranquilli: sono incollati alle poltrone del potere". Berlusconi risponde cosi' ai giornalisti che gli chiedono se il governo sara' costretto a dimettersi qualora la maggioranza non fosse autosufficiente sul rifinanziamento della missione in Iraq.
"Non parlo solo del Milan che, in piu' e' stato vittima del sistema, ma di tutti i tifosi della Juventus, della Fiorentina, del Lazio che mi scrivono. Noi tutti non accetteremmo sanzioni ai tifosi, alle squadre, quando da punire sono i singoli che hanno sbagliato". Berlusconi torna sulle inchieste di Calciopoli e sottolinea come non si possa comminare sanzioni sulla base del principio della "responsabilita' oggettiva". "Ora bisogna risentire tutte le telefonate, rivedere i testi, le accuse e le difese. Verificare se ci sono fatti concreti e non arrivare a sentenze dopo processi troppo veloci. Sarebbero danneggiati tutti, da tutti i tifosi compresi quelli delle altre squadre, a chi lavora sulle Tv".
No a processi lampo per 'calciopoli'. Per arrivare alle sentenze ci vuole tempo, bisogna verificare bene "se ci sono fatti concreti", riserntire le telefonate, i testimoni... Berlusconi boccia su tutta la linea il processo al sistema che avrebbe condizionato il mondo del calcio e chiede tempo. Ma bisogna stabilire il calendario del prossimo campionato, gli fanno notare i giornalisti. E lui propone una sorta di "moratoria". "Ora, in attesa di chiarimenti definitivi potremmo far partire il prossimo campionato cosi' com'e e poi vedere l'esito dei processi".
"Guardi, io con Prodi non sono d'accordo su niente, come si dice 'a prescindere'...". E' la battuta scherzosa con cui Berlusconi, lasciando la Camera dei Deputati, risponde ai giornalisti che gli chiedono se sia d'accordo con chi, tra cui Romano Prodi, crede che la vittoria degli azzurri in Germania possa portare alcuni benefici economici.
"E' un danno enorme per il Paese: sul piano internazionale, l'Italia e' un Paese che ha perso credibilita' per gli investitori stranieri perche' se arriva un governo e stravolge completamente l'ordinamento e cio' che ha fatto il governo precedente ed inserisce la retroattivita' delle imposte, lo Stato perde ogni credibilita"'. Cosi' Berlusconi ha commentato il decreto sulla competitivita' varato dal ministro Bersani.
Per Silvio Berlusconi l'ipotesi di un governo delle larghe intese non e' al momento praticabile poiche' non vi sono "le condizioni" per farlo. Uscendo da un palazzo di Piazza Farnese, il leader della Cdl risponde cosi' all'Ansa che gli chiede se sia ancora possibile un governo delle larghe intese nell'attuale situazione politica: "Non mi sembra proprio il momento - dice il Cavaliere - Io la mia offerta l'avevo fatta poco dopo le elezioni e loro mi hanno chiuso la porta in faccia. Non sta a me ora riaprirla e comunque ora non mi sembra proprio che vi siano le condizioni per le larghe intese".
Per il segretario dell'Udc Lorenzo Cesa la CdL non esiste più, esistono i singoli partiti che di volta in volta si ritrovano sui singoli argomenti. E, dunque, Berlusconi è il leader di Forza Italia, non di tutto il centrodestra, anche perché il tema della leadership e delle alleanze non si pone ora, visto che le elezioni sono lontane.
Depurata da una certa dose di acrimonia, il ragionamento di Cesa non fa una grinza e offre, paradossalmente, a Berlusconi alcune opportunità.
La situazione odierna del centrodestra, per certi aspetti, non è molto diversa da quella del 1996. Anche in quel caso le elezioni furono perse di misura e il Polo delle Libertà si ritrovò, per così dire, in libera uscita. Anche allora il Ccd si mostrava inquieto, An teorizzava con Tatarella che occorreva andare "oltre il Polo" (ma non era chiaro dove fosse questo oltre), e la gran parte dei commentatori politici considerava chiusa la carriera politica di Berlusconi. Inoltre la Lega Nord, che aveva ottenuto il più elevato risultato della sua storia (oltre il 10% nazionale) stava intraprendendo la via secessionistica, preclusiva di qualsiasi ipotesi di alleanza.
Berlusconi non si diede per vinto e intuì l'opportunità di dispiegare una strategia politica solida, in grado di riportarlo al successo elettorale. Avviò quindi un iniziativa su tre fronti: sviluppo del progetto di trasformazione liberale del Paese che nel 1994 era stato enunciato, organizzazione del suo partito e recupero del rapporto con la Lega Nord. Attraverso alcuni passaggi fondamentali, tra i quali il I° Congresso di Forza Italia e le giornate tematiche (Tax day, Security Day, etc.) mise a punto un programma di governo che ancora oggi resta il più strutturato, approfondito, convincente programma di governo mai presentato agli italiani.
Nonostante i tentativi degli alleati di competere per la leadership, l'iniziativa di Berlusconi fu l'unica efficace per costruire un centrodestra credibile. Fini, infatti, tentò l'operazione "neocentrista" dell'elefantino alle elezioni europee e fu per lui una Caporetto, il Ccd tentò di aggregare pezzi dell'ex Dc e portò a casa solo il microgruppo di Democrazia Europea, la Lega Nord fu costretta ad abbandonare l'impossibile via secessionista, mentre Berlusconi portò Forza Italia dal 20% al 30%, dandogli un robusto programma di trasformazione dell'Italia.
Come sia finita nel 2001 è cosa nota. Come è noto il fatto che quella mirabile costruzione sia stata in parte demolita dagli stessi alleati nel periodo di governo.
Oggi la situazione è molto migliore. Alle elezioni il successo è stato sfiorato, il rapporto con la Lega Nord è solido e può puntare a una più stretta federazione FI-Lega, Forza Italia ha più voti di allora, Berlusconi resta ancora l'unico leader popolare in grado di conquistare il consenso della maggioranza degli italiani.
In questo quadro cedere agli alleati per tenerli insieme è nocivo, forse vale la pena di raccogliere, silenziosamente, la pretenziosa "sfida" impossibile di Casini e Fini, due che hanno goduto di un successo più che immeritato e che non possono andare oltre. E dedicarsi a costruire nuovamente un nuovo programma di governo alternativo alla sinistra, che riporti Berlusconi al centro della iniziativa.
Berlusconi raduni nuovamente le intelligenze di cui il suo partito dispone, riorganizzi il partito come "testa pensante" di un futuro partito delle libertà.
Così facendo gli altri, ancora una volta, saranno costretti a seguire, perché da soli non vanno da nessuna parte. Nella peggiore delle ipotesi ci ritroviamo tra cinque anni. Che sembrano tanti, ma in politica volano.
Il progetto politico avviato da Berlusconi nel '94 non è ancora completato anche se ha già fatto tanta strada e raggiunto obiettivi importanti, animato dalla volontà di ammodernare il Paese, di uscire da un conservatorismo che portava l'Italia ad essere - non solo geograficamente - il codino dell'Europa.
Con la discesa in campo del Cavaliere il sistema politico istituzionale inaugurò il bipolarismo: due coalizioni con due programmi per una scelta elettorale più consapevole. Per l'affermazione del principio dell'alternanza democratica.
Un primo passo, per avvicinarsi alle moderne democrazie, il cui traguardo finale deve essere il bipartitismo: America, Inghilterra, Francia, Spagna sono gli esempi più citati della modernità istituzionale e da loro la proposta politica si divide tra repubblicani e democratici, tra conservatori e laburisti, tra un partito di destra e uno di sinistra.
Un partito unico di centrodestra con un unico leader: è questa la scommessa alla quale Berlusconi non rinuncia, nonostante i distinguo e le prese di distanze di alcuni.
Anzi, se alcuni autorevoli esponenti del centrodestra prendono le distanze e - per convenienza più che per convinzione - dichiarano si spostarsi al "centro", l'ex premier fa di "necessità virtù" e rilancia la federazione o confederazione della CdL, una tappa obbligata dagli eventi prima di arrivare al partito unico.
Progetto unitario che il Cavaliere non abbandona per senso di responsabilità e realismo, anche perché sostenuto fortemente da una spinta della base, giovanile soprattutto, di Forza Italia ma anche degli altri partiti di cui non si può non tener conto.
Una federazione o confederazione della CdL è forse la formula che permette di salvaguardare l'identità dei singoli partiti, ma è soprattutto un trampolino di lancio verso il partito unico, il progetto più ambizioso e più moderno. Ed è davvero strano che a sostenerlo con convinzione sia proprio chi tra i leader del centrodestra risulta anagraficamente meno giovane.
"Esprimere la solidarieta' allo Stato di Israele, che sta difendendo il proprio diritto all'esistenza e l'incolumita' dei propri cittadini; richiedere l'immediato rilascio dei militari israeliani rapiti; ribadire il diritto di Israele ad esistere, confermando la condanna delle posizioni ripetutamente espresse a tal riguardo dal presidente iraniano". E' questo l'impegno che, con una mozione presentata oggi alla Camera, Forza Italia chiede al governo.
Forza Italia chiede di sostenere "le coraggiose iniziative intraprese, anche di recente, dal governo israeliano e dalla parte piu' aperta delle forze politiche palestinesi per la realizzazione dell'obiettivo 'due popoli, due stati, di favorire una iniziativa dell Unione Europea e di adoperarsi perche' le Nazioni Unite condannino senza indugio il Libano e promuovano un immediato cessate il fuoco accompagnato dall'arrivo di forze multinazionali nel Sud del Libano". Nella mozione si ricostruiscono gli ultimi avvenimenti che hanno infiammato il Medio Oriente, sottolineando che "la milizia libanese filoiraniana degli Hezbollah ha violato i confini dello Stato di Israele per sostenere la causa di Hamas, uccidendo otto militari israeliani e rapendone due e che la Siria e l Iran, che da lungo tempo sostengono gli Hezbollah, hanno giustificato l attacco a Israele, mentre il portavoce del governo palestinese ha affermato che l'atto terroristico dei filoiraniani libanesi contro Israele e' un 'gesto di solidarieta' verso i palestinesi"'.
"Da tempo il presidente dell'Iran Ahmadinejad sostiene la necessita' che 'Israele deve essere cancellato dalla carta geografica' e lo stesso presidente Ahmadinejad ha recentemente confermato la propria posizione ostile sulla questione nucleare nei confronti della comunita' internazionale, minacciando di rivedere la cooperazione del proprio governo sul nucleare, dopo l'annuncio del rinvio del dossier iraniano al Consiglio di sicurezza dell'Onu".
"In questo scenario - conclude la mozione - lo Stato di Israele ha legittimamente reagito all'attacco alla propria sovranita' nazionale e ai propri militari, intraprendendo un azione militare nel sud del Libano".
Queste le parole esattamente pronunziate ieri da Giorgio Napolitano: "'Nel voto sulle missioni militari, è chiaro che la scelta della CdL di votare a favore è una scelta che ho apprezzato. Ciò non toglie che ci sia una prova di compattezza che deve dare il centrosinistra. Se non la desse, si potrebbero aprire problemi politici abbastanza delicati. A me tocca solo aspettare e vedere".
Forza Italia dà una lettura positiva dell'intervento, come riconoscimento alla linea scelta da Berlusconi e come rimprovero all'Unione.
An (La Russa) è più riservata in quanto vede nell'intervento del Capo dello Stato uno rischioso avvicinamento all'ingerenza.
Non è quindi esatto ciò che dice Massimo Franco sul Corriere della Sera, secondo il quale "il centrodestra non ha accolto l'esternazione con entusiasmo": non c'è infatti una reazione univoca del centrodestra.
Lo stesso Massimo Franco parla di intervento "al limite dell'irritualità". La Repubblica parla di "frusta di Napolitano sulla maggioranza di governo" e riferisce che gli ambienti del Quirinale negano qualsiasi interferenza.
Riferisce inoltre il plauso di Giordano, Rifondazione, il quale interpreta le parole del Presidente come conferma e sostegno al principio dell'autosufficienza dell'Unione.
Insoddisfatti i "dissidenti" che vedono nelle parole di Napolitano una limitazione al diritto di discussione.
La Stampa inquadra l'intervento nella coerenza della linea di un "presidente politico" che mira a creare larghi consensi su questioni di interesse nazionale, pur escludendo qualsiasi riferimento a ipotesi di "grande coalizione", ma registra che a destra e a sinistra qualcuno ha parlato di "invasione di campo".
Il Sole 24 Ore interpreta le parole del Presidente come una spinta che ha favorito il raggiungimento di un'intesa in seno all'Unione.
Il giornale di Confindustria (Stefano Folli), afferma che "dal punto di vista dell'opposizione, la scelta di Berlusconi si dimostra l'unica possibile" e se ha esitato a lungo, "alla fine ha prevalso il senso dell'interesse nazionale".
Per cui il problema adesso non è la leadership ma "il modo di stare in Parlamento. E la prima risposta deve darla proprio Berlusconi", lasciando così intendere che non è in discussione la sua leadership ed anzi si fa affidamento sulla sua forza.
Anche Alemanno corre verso il centro: presentando l'appuntamento annuale di Orvieto ha infatti chiarito subito che stavolta non sarà un evento targato Destra sociale, ma anzi un'occasione di confronto fra tutte le forze del centrodestra per ripensare la coalizione. L'ex ministro prende così vistosamente le distanze dal suo vecchio sodale Storace e chiede formalmente che An sia protagonista di "una svolta che non si riduca a semplice riverniciatura". Dunque, anche una parte della destra ha come unica direttrice di marcia l'approdo all'ammucchiata centrista. Che, di questo passo, diventerà un conglomerato indistinto di aree, posizioni e istanze che alla fine dovrebbero ricostruire un soggetto politico modellato sulla vecchia Dc. Più che un rinnovamento politico sulle macerie della Cdl, sembra di assistere a una corsa del gambero che vorrebbe riportare indietro l'orologio della storia italiana. La Dc, infatti, non potrà mai rinascere, e l'ipotesi di convergenze tra Udc e spezzoni di An, da saldare poi al centro del centrosinistra, appare come l'ennesima operazione trasformistica destinata a risolversi in un nulla di fatto. Ma questo movimentismo, che tende a bypassare disinvoltamente il fatto che il centro è già occupato da Forza Italia, cioè dal più grande partito italiano, finisce purtroppo per portare acqua al mulino di Prodi. Per contrastare questa pericolosa deriva è necessaria, da subito, una forte iniziativa politica di Forza Italia e del suo leader. La Cdl va rifondata su basi diverse: non prenderne atto sarebbe un grave errore, e in questo senso il dibattito sulla leadership appare sterile e improduttivo. Accantonato il progetto del partito unico dei moderati, l'unico lavoro serio che resta è quello di rafforzare Forza Italia. Quindi ha ragione Confalonieri: "Rafforza Italia".
Un provvedimento scritto da incompetenti, con profili di illegittimità, che ha provocato un terremoto in Borsa, che ha destabilizzato il settore immobiliare, che ha ridicolizzato l'Italia agli occhi della comunità finanziaria internazionale. Un viceministro dell'Economia che si presenta mogio mogio davanti ai senatori della commissione Finanze, ammette l'errore (bontà sua) e dice che vi porrà rimedio.
Tutto bene quel che finisce bene? Per il giornalismo economico di punta, impegnato a prolungare la luna di miele del governo, pare proprio di sì. Neppure una parola, una critica, un appunto nei confronti di Visco. L'uomo che per cinque anni ha dichiarato che il precedente ministro dell'Economia non pensava ai numeri, ma li dava.
Pensiamo all'irridenza e agli insulti che avrebbero coperto il governo Berlusconi, nel momento in cui avesse sbagliato i conti in dimensioni così stratosferiche: un provvedimento per recuperare 600 milioni di euro e un impatto reale e accertato di 30 miliardi. Un rapporto di uno a cinquanta.
Il "giacobinismo" ha ancora una volta giocato un brutto scherzo all'uomo di punta della politica fiscale dei ds e del governo. Ci saremmo aspettati una spiegazione pubblica (le cronache dicono che, davanti ai senatori, è stato "abbottonatissimo") e un'autocritica. Abbiamo così scoperto che l'uomo Visco è peggiore del ministro (che dovrebbe dare una ripassata alle "tabelline"): ha infatti scaricato tutta la colpa dell'errore "sulla struttura trovata al ministero". Non male per uno che si considera un grande tecnico delle Finanze. Ecco in quali mani siamo.
A Francesco Cossiga, senatore a vita e Presidente emerito della Repubblica, non manca certo il coraggio; il coraggio delle proprie azioni, delle proprie idee, dei propri convincimenti. E in un Paese, come l'Italia, dove all'improvviso si scopre (!) che il mondo dello spettacolo è fatto anche di ricatti sessuali, che il mondo dello sport è fatto anche di sporcizia e che il mondo delle barbe finte opera al limite della legalità, dinnanzi a un Cossiga che si mette di traverso, attacca i giudici e difende i nostri 007 da una campagna mediatica e giudiziaria che assomiglia tanto a una gogna pubblica, non resta che togliersi il cappello.
Cossiga, nella sua lettera-denuncia indirizzata al magistrato milanese Spataro che indaga sulle "malefatte" dei Servizi Segreti e pubblicata questa mattina, con grande rilievo, su Libero dice quello che esattamente la gente di buon senso, non offuscata da ideologie e falsi pregiudizi, pensa dell'Intelligence: un corpo segreto dello Stato che per funzionare e per portare a casa buoni risultati deve operare lontano da una magistratura sempre più politicizzata e usare mezzi e strumenti che spesso possono collidere con le leggi stesse.
E Cossiga, proprio per difendere fino in fondo gli agenti accusati di deviazionismo nella sparizione dell'imam di Milano, cita una serie di episodi in cui, messi a repentaglio gli interessi dell'Italia, lui, Moro e altri presidenti del Consiglio autorizzarono missioni al limite della legalità. Da buon picconatore, Cossiga cita gli episodi senza fare nomi, ma con l'avvertenza rivolta al dottor Spataro "di non indagare, perchè sarebbe completamente inutile".
Dietro la lettera-denuncia si legge, tuttavia, un messaggio chiaro al mondo politico: alla maggioranza di oggi e alla maggioranza di ieri.
Giù le mani dai Servizi, dice in sostanza Cossiga. Perchè solo i Servizi che devono agire in piena sintonia con le altre Intelligence di qua e di là dell'Atlantico possono garantire all'Italia - anche a quella dei girotondi alla quale il dottor Spataro appartiene - pace e libertà. Pace e libertà messe in discussione dai terroristi che, secondo il dottor Spataro, sono i nuovi resistenti globali.
Se una centesima parte di quello che ha scritto questa mattina Cossiga l'avesse scritta un qualsiasi comune mortale la magistratura avrebbe già ordinato perquisizioni ed emesso ordini di cattura, ma Cossiga non si tocca.
C'è un Casini del pallone. È il proprietario del Bologna Calcio Giuseppe Gazzoni Frascara che, in un intervista al Corriere della Sera, attacca Berlusconi e la sua proposta far partire il campionato di A così com'è.
«Da eterno elettore della Cdl, a malincuore gli rispondo così: sono convinto che senza cambio di governo la cosiddetta Calciopoli non sarebbe mai venuta fuori. L'avrebbero diluita, smussata» sostiene Mister Idrolitina.
Che a riprova della sua illazione cita un aneddoto: «Nel 1997, quando mi proposi come presidente di Lega, chiamai Pier Ferdinando Casini del quale mi onoro di essere amico.
Volevo sapere se secondo lui c'erano le condizioni per portare avanti la mia candidatura. Casini mi disse: stai buono e lascia perdere, è una cosa che gestisce direttamente "lui".
C'era una spartizione miliardaria in corso sui diritti televisivi. Dunque, se Berlusconi fosse ancora al governo, non saremmo qui a parlare di questo processo».
Il teorema che Borrelli non ha ancora esplicitato è proposto dall'amico di Casini. Che, purtroppo per lui, invece dell'Idrolitina si è bevuto la memoria. Perché nel 1997 al governo c'era, indovina chi? Prodi....