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il Quaderno del 9 febbraio

Coppie/Un "disegno" inutile ma pericoloso

E' tutto quel che ci si poteva aspettare da un governo che non è un governo, perché espressione di una maggioranza che non è una maggioranza. Costretto a concepire ircocervi legislativi, mostruosi incroci tra intenzioni politiche di specie incompatibili. Il dramma di Romano Prodi, giù per la china dei compromessi sempre più stravaganti, ricorda la maledizione degli Asburgo, secondo l'Arciduca Matteo: "A metà strada, e agendo a mezzo / con mezzi strumenti procedere indugiando".

Questo stile di governo ha prodotto in politica estera gli strani casi di una presenza militare in Libano tanto forte quanto irrilevante, e di una partecipazione sul campo alla guerra dell'Onu e della Nato contro il terrorismo vincolata a evitare i combattimenti. Applicato alla questione della tutela giuridica delle coppie di fatto, non poteva far altro che produrre un provvedimento come quello denominato "Diritti e doveri delle persone conviventi" (Dico). Una povera, miserabile cosa che, per far tutti contenti, finisce per essere considerata una presa in giro dai conviventi di qualunque sesso, e una provocazione dai vescovi.

Il senso del disegno di legge del governo è stato colto acutamente dall'on. Vladimir Luxuria: "E' meglio avere il terreno senza casa che non avere nemmeno il terreno". Come dire che proprio l'insignificanza dei contenuti del Dico dà un senso alla novità di una regolazione legislativa delle convivenze. Sarà l'esistenza di una legge a legittimare le successive spinte per ammobiliarla di norme tali da coronare l'aspirazione a normalizzare i rapporti omosessuali, e a istituzionalizzarli in un rapporto matrimoniale di coppia. Dopodichè la nozione costituzionale di famiglia, fondata sul progetto di vita di un uomo e di una donna, passerebbe nell'antiquariato sociale.

Con il Dico, il governo Prodi imbocca col passo del gambero la strada di Zapatero. Un provvedimento inutile per le coppie di fatto, che possono disporre nel codice civile di tutte le garanzie richieste, grottesco nelle modalità di applicazione, truffaldino nella concezione. Per il voto contrario dell'opposizione, è sufficiente che il governo abbia preteso di assumere l'iniziativa, invece di rimettersi all'iniziativa parlamentare. Ma prevale su ogni considerazione di merito, l'esigenza di trasparenza democratica. La discussione in Parlamento, se e quando si svolgerà, dovrà servire a togliere la maschera al Dico, per fare chiarezza sul futuro della famiglia in Italia. Si dice: "Conoscere per deliberare". Ma se prima non si smaschera il marchingegno di Prodi, nessuna delle opinioni in campo potrà esprimersi nel merito.

Coppie/Dalla parte della libertà. Di coscienza

Il capolavoro politico di Berlusconi è stato quello di fondare nel 1994 Forza Italia, riempiendo un vuoto che si era determinato al centro del sistema politico italiano, anzi addirittura fra il centro e la sinistra moderata e riformista, con la distruzione per via mediatico-giudiziaria dei cinque partiti dell'originario centro-sinistra (Dc, Psi, Psdi, Pri, Pli).

In seguito all'intuizione di Berlusconi, in Forza Italia confluirono sia persone che non avevano mai fatto politica, tenute lontane da esse dal rifiuto per la partitocrazia, sia persone provenienti dal mondo cattolico, come da quello liberale e socialista riformista.

Così, per la prima volta nella storia della politica italiana, cattolici e laici si sono ritrovati nello stesso partito. Questo partito ha valori comuni, in primo luogo la difesa della libertà in tutti i suoi aspetti, il garantismo, l'economia sociale di mercato, la sussidiarietà, la difesa della persona e della famiglia.

Sul terreno della bioetica, anche partendo da valori comuni, possono emergere differenze non solo tra laici e cattolici, ma anche all'interno del mondo cattolico e dell'area laica. Allora su questi nodi il punto di partenza, in coerenza con la qualità liberale del partito, è costituito appunto dalla libertà di coscienza, che sdrammatizza le differenze e rispetta le scelte di valore di ognuno.

Evidentemente, avendo questa rete di garanzia, è auspicabile che si lavori sempre per arrivare anche sui temi più controversi a comuni punti di approdo, e comunque la libertà di coscienza, che evidentemente riguarda solo a questioni attinenti a valori di fondo, non è un punto di debolezza ma un punto di forza.

In sostanza, Forza Italia non è un partito di destra, ma un partito di centro, interclassista e pluriculturale. Forza Italia, in coerenza con l'originale intuizione di Berlusconi, è un partito che copre uno spazio politico, sociale e culturale assai vasto. Del resto un partito del 30% è tale solo se la sua piattaforma programmatica, i suoi comportamenti, i suoi punti di riferimento sono quelli tipici di un grande partito moderato e riformista.

Coppie/Dalla parte della famiglia

I parlamentari della Margherita che ieri hanno firmato la dichiarazione dei 60 in favore di una legge sulle unioni di fatto hanno messo in primo piano le ragioni dell'unità del governo rispetto alla fedeltà ai valori della Chiesa. E' così i cattolici alleati con la sinistra comunista rivendicano un laicismo inteso come autonomia dal magistero della Chiesa e come adesione ad una cultura fondata sull'individualismo libertario.

La dichiarazione dei popolari della Margherita ha aperto la via al raggiungimento di un compromesso sui Pacs, ora denominati Dico, che di fatto aprono la strada al riconoscimento delle unioni di fatto come un istituto parafamiliare, con tanto di diritti e di doveri.

Il testo approvato dal Consiglio dei Ministri è così farraginoso e ambiguo che ha suscitato addirittura la contrarietà di alcuni settori della sinistra e del movimento omosessuale. Disastroso è poi il pronunciamento di alcuni laici di Forza Italia che addirittura definiscono l'accordo raggiunto un passo indietro rispetto alla necessità del riconoscimento delle unioni di fatto.

Forza Italia ha seguito fin dall'inizio e continuerà a seguire nel corso del dibattito parlamentare una posizione che sia frutto dell'intesa tra laici e cattolici.

Forza Italia, infatti, ha scelto di riferirsi in modo non confessionale ai valori cristiani e vive nella sua coscienza il principio che la famiglia è il luogo in cui nasce la moralità dell'uomo sperimentata nella verità del padre e della madre. Qui sono in gioco le radici del sentimento morale che si ripercuote in tutta la vita sociale.

In questo senso Forza Italia non ritiene opportuno un regolamento pubblico delle convivenze di fatto, pur lasciando ogni libertà alle persone nella forma del diritto privato l'organizzazione dei propri rapporti economici, evitando di dare a ciò una forma pubblica. La famiglia è l'ultimo aggancio che lega ancora la tradizione politica occidentale al Cristianesimo: ed è importante che non sia spezzata. Lascia liberi i parlamentari di Forza Italia di sostenere forme di diritto privato che non abbiano altra fonte giuridica che la capacità dei cittadini di stipulare contratti o ogni altra forma di atto.

Coppie/Dalla parte dei cattolici

Ieri sera a Porta a Porta la Pollastrini sembrava essere la segretaria della Bindi, o meglio ancora la Bindi, visto che siamo in tema, sembrava l'uomo della coppia ministeriale, quella che, per intenderci, prende le decisioni e prende la parola relegando il partner a mera spalla.

Infatti è stata proprio lei a gestire il contraddittorio durante tutta la puntata, scelta d'immagine migliore non poteva essere fatta visto che trattasi di una col "Fisique du role" per difendere il parto del Governo che aggredisce l'istituto del matrimonio. Lei, cattolica nubile e di tradizione democristiana, incarna la sintesi tra la posizione di uno stato laico e allo stesso tempo di tradizione cristiana, lei che è complice di una battaglia che ha insinuato un cuneo all'interno dell'istituto della famiglia tradizionale realizzando il primo passo di quella che sarà una marcia sempre più destabilizzante della nostra società verso modelli di famiglia alternativi.

Già dalla conferenza stampa successiva al Consiglio dei Ministri di ieri il duo Bindi/Pollastrini chiariva che avevano dato vita a un qualcosa "...senza equiparare alla famiglia, senza fare un matrimonio di serie B, senza fare un micro Pacs" cioè sin da subito le due hanno esordito in una definizione che qualificava qualcosa più per quello che non era piuttosto per quello che in realtà è nel disperato tentativo di usare verbi ed aggettivi che non infastidissero la componente cattolica e tantomeno deludessero i già delusi no-Vat (gli antivaticanisti) dell'Unione.

La vicenda in realtà si presenta in tutta la sua complessità ovvero troppo seria per non essere presa sul serio e troppo di compromesso per essere gradita agli estremisti laicisti e anticlericali che si dichiarano insoddisfatti di un provvedimento del genere.

Dal suo esordio il disegno di legge svela il vero obiettivo del governo, ovvero non quello di regolamentare le convivenze civili (che ricordiamo ammontare all'insignificante cifra del 3,8%) bensì di aprire con prepotenza e forza di legge un varco per l'introduzione nel nostro ordinamento delle nozze gay (art. 1 la legge si applica a "due persone maggiorenni e capaci, anche se dello stesso sesso, uniti da reciproco vincolo di affettività").

Tale iniziativa di fatto ha posto le basi affinchè da oggi qualunque vincolo di carattere affettivo o sentimentale, anche tra omosessuali, non debba più necessariamente essere incanalato nell'istituto del matrimonio, ma possa nascere davanti ad un comune impiegato dell'anagrafe rendendo una dichiarazione congiunta contestuale (ma anche separatamente...).

Coppie/L'arduo iter parlamentare

Hanno cambiato nome ai Pacs - ora li chiamano Dico - ma il risultato è lo stesso, pieno di ambiguità e di "qui lo Dico e qui lo nego", secondo il canovaccio usurato dei compromessi al ribasso a cui ci ha abituati questa maggioranza di centrosinistra. Eppure il quotidiano della Margherita - cioè del partito più lacerato dalla vicenda delle coppie di fatto - ha avuto il coraggio di accreditare il pasticcio di ieri come un "risultato firmato Partito democratico".

Prodi, secondo questa ottimistica versione, sarebbe riuscito a rimuovere questo macigno dal percorso del governo, facendo una legge che non soddisferà pienamente i "laicisti", ma che non è certo conciliante con la Chiesa. E "il bistrattato centrosinistra è in realtà oggi l'unico luogo della politica all'interno del quale si possono raggiungere certi compromessi su temi difficili e trasversali". Insomma, "solo il Partito democratico consente di ottenere risultati", e dunque "il Partito democratico funzionerà" come ha funzionato l'accordo tra Bindi e Pollastrini. Peccato che questa rappresentazione idilliaca si scontri con la realtà di un Rutelli che, stando alle cronache del consiglio dei ministri di ieri, ha tentato fino all'ultimo di eliminare il riferimento "anche a persone dello stesso sesso".

Percorso minato

Il disegno di legge sulle coppie di fatto arriverà in Aula non subito, e questo ha consentito a Prodi di partire per l'India più tranquillo del solito. Ma è chiaro fin da adesso che i "Dico" troveranno in Parlamento un percorso minato. Il Guardasigilli Clemente Mastella non ha partecipato al consiglio dei ministri ribadendo la sua contrarietà a un impianto legislativo nel quale resta intatta la ricerca di forme e tutele imitative di quelle del matrimonio. Il leader dell'Udeur non vede alcun margine di mediazione, e di conseguenza la legge sui "Diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi" rischia di arenarsi nelle prime secche parlamentari, visto che l'iter inizierà al Senato dove la maggioranza, senza il concorso dei tre parlamentari che fanno riferimento a Mastella, non ha alcuna speranza di farcela.

I laicisti del centrodestra, infatti, hanno già fatto sapere che non ci saranno stampelle per il governo. Ma nella stessa maggioranza i distinguo non si sono fatti aspettare: se i Teodem hanno reagito con prudenza, prendendo tempo e affermando di voler leggere il testo integrale del provvedimento, la sinistra radicale ha bollato il ddl come una soluzione "pasticciata" e insoddisfacente, promettendo "battaglia in Parlamento".

Il risultato sarà il riproporsi dei veti incrociati che in queste settimane hanno bloccato a lungo il provvedimento. E anche se il governo non porrà la fiducia, se il Senato bocciasse le coppie di fatto Prodi non potrebbe che trarne le conseguenze.

Prodi, cattolico fai-da-te

Il timore dei favorevoli a una legge chiara sulle unioni di fatto è che il faticoso lavoro di mediazione abbia prodotto un testo che è il massimo ottenibile, e che – se modificato anche solo in una piccolissima parte – potrebbe far crollare l'accordo, e portare a un nuovo nulla di fatto. Sul merito del provvedimento, poi, la truffa è evidente. Il problema della legge sulle coppie di fatto non è certo quello della dichiarazione 'congiunta', 'disgiunta' o 'contestuale', come sostengono Rosi Bindi e la Pollastrini. La via italiana ai Pacs, in realtà, si differenzia dalla dottrina Zapatero solo per la facciata, per la forma, e non per la sostanza. E Prodi, che ieri in consiglio dei ministri ha difeso il sì alle coppie gay, è diventato il capofila del cattolicesimo fai-da-te, sganciato dal magistero e dalla dottrina sociale della Chiesa e ritagliato a misura delle poltrone e del potere.

Per i cattolici "adulti" come lui, in sostanza, non esistono principi non negoziabili, tutto si può svendere per mantenere in piedi gli equilibri politici, le maggioranze e i governi. Ma difendere la famiglia non è un dogma confessional-clericale. E' un dovere laico, civile e costituzionale.

Coppie/Dico o non Dico, cosa dire

Bonaiuti: la "Gentiloni" è contra personam

"Questa non e' una riforma, ma una legge contra personam, una forma di ritorsione contro il nemico politico". E' questo il giudizio di Paolo Bonaiuti, portavoce del presidente di Forza Italia Silvio Berlusconi, sulla legge Gentiloni per la riforma del sistema televisivo.

"Perfino i responsabili delle authority - aggiunge il deputato azzurro in un'intervista alla trasmissione 'Occhio per occhio' in onda su 'Canale Italia' - che sono stati chiamati a testimoniare davanti alle commissioni competenti del Parlamento, hanno espresso mille dubbi e critiche all'idea di porre questo tetto che non e' solo alla crescita, ma e' uno schiacciamento forzato dello share della parte che ha ognuna delle televisioni".

Bonaiuti ha anche criticato "la nuova legge che stanno preparando sul conflitto d'interesse che, se dovesse passare, e non credo ci sia questa cattiva coscienza in tutta l'opposizione" avrebbe come conseguenza quella che "Berlusconi sarebbe ingabbiato e non potrebbe piu' fare politica come oggi".

"Addirittura - prosegue Bonaiuti - non potrebbe neanche continuare ad entrare in Parlamento perche' anche questo gli viene proibito. Sono strumenti di pressione sul leader dell'opposizione che nonostante cio' va avanti dritto senza perdersi dietro a questi attacchi".

"Noi non abbiamo mai dubitato che l'Udc non voglia far parte dell'opposizione. Anche con l'Udc - ha sottolineato il deputato azzurro - sulle decisioni importanti e concrete noi vediamo che c'e' sempre una concordia di voto".

"Quando all'interno di una maggioranza, il 25-30% e' formato dall'estrema sinistra radicale, che ha sempre peccato di antiamericanismo, e' difficile pensare che possa reggere".

Cosi' come, aggiunge il portavoce di Berlusconi, e' difficile pensare che "un governo che al SeNato non riesce neanche ad avere la maggioranza possa fare qualcosa che contraddice totalmente i valori della sinistra estrema".

"Da questa contraddizione - conclude Bonaiuti - della maggioranza deriva il problema di fondo del Governo sulla politica estera".

Governo/Italia-Usa, nessuna "pace fatta"

La sinistra, in politica estera come in economia, "se la canta e se la suona". Giovedì, il ministro degli Esteri, Massimo D'Alema, si è incontrato con l'ambasciatore degli Stati Uniti, Ronald Spogli, per fare chiarezza sullo stato dei rapporti tra i due Paesi.

Sul tappeto, cinque questioni principali:

Nel comunicato congiunto emesso al termine dell'incontro, si legge che, sulla vicenda della lettera dei sei ambasciatori (di Usa, Gran Bretagna, Canada, Australia, Olanda e Romania) che chiedevano che l'Italia non venisse meno al suo impegno in Afghanistan, "il caso è da considerarsi definitivamente chiuso".

Ora questo è molto discutibile perché da parte americana non è stato negato il giudizio espresso "lodevole" dal Dipartimento di Stato su quella lettera, che pertanto rimane un'iniziativa clamorosa di scavalcamento del governo italiano, il quale ha dovuto confermare l'impegno a "restare in Afghanistan".

Sebbene da parte italiana si consideri "chiuso" il caso, in realtà si tratta di un'operazione auto-tranquillizzante ma del tutto immaginaria. E' sorta subito la questione, posta dalla Nato, sul mandato operativo in Afghanistan (su deliberazione dell'Onu), di un impegno concreto, ed eventualmente di un aumento, delle truppe italiane, che non possono restare sistematicamente nelle retrovie, cioè lontane da dove eventualmente si combatte.

E' vero che il governo ha ribadito la sua approvazione sull'ampliamento della base di Vicenza, ma la manifestazione contro del 17 febbraio vedrà in prima linea esponenti della maggioranza, che non considerano chiuso il caso, ma forse sperano in un aumento della tensione che possa spingere gli Stati Uniti a rinunziare al loro intento ed eventualmente a chiudere anche le altre basi. Buona parte della sinistra è ferma allo slogan "Fuori l'Italia dalla Nato, fuori la Nato dall'Italia".

Ne segue che l'impegno del governo su Vicenza è aleatorio: Prodi attende gli sviluppi della situazione e gli Stati uniti lo sanno.

Sui rapporti italo-americani è caduta poi la decisione della Magistratura italiana di perseguire il caporale Lozano per l'uccisione di Calipari mentre da parte del Pentagono il caso è considerato "chiuso". Definire l'uccisione di Calipari "un delitto oggettivamente politico" mette in gioco il rapporto politico tra Italia e Stati Uniti, e conta poco che il governo italiano si trinceri dietro l'autonomia della Magistratura.

Infine il caso dell'imam Abu Omar sequestrato a Milano. Da un lato si vuole inquisire il Sismi dell'ex direttore Nicolò Pollari, ma soprattutto si vogliono processare gli agenti della Cia, cosa che gli Usa non vogliono.

Certo, Prodi per sopravvivere deve fare concessioni all'estrema sinistra, che rappresenta un buon terzo della maggioranza che lo sostiene, ma in questo modo sta distruggendo un rapporto di fiducia e collaborazione tra Italia e Stati Uniti che dura da mezzo secolo.

Come poi questo governo possa affermare di avere ridato prestigio internazionale all'Italia resta un mistero.

In realtà a questo governo interessa solo sopravvivere e conservare il potere il più a lungo possibile: lo fa prendendo decisioni che sono compromessi al ribasso, demagogici e di breve periodo, come avviene nel campo delle liberalizzazioni, cercando di creare un blocco finanziario-fiscale-sindacale fondato sui privilegi e sulle rendite delle categorie protette. Grazie, paradossalmente, ai buoni conti pubblici lasciatigli in eredità del governo precedente.

Dossier politica estera/Kabul e Washington

Il vertice della maggioranza sulla politica estera non ha fatto chiarezza e non ha composto i contrasti. Si è trattato di un accordo di facciata all'insegna del "restiamo uniti, in caso contrario tutti a casa e ritorna Berlusconi". Resta da vedere quanto reggerà anche perché al Senato ci sarebbero ancora, il condizionale è d'obbligo, una decina di irriducibili della sinistra antagonista che non vogliono dare il loro assenso alla missione in Afghanistan. E la presenza di esponenti del Prc dei comunisti e dei verdi, anche con tre sottosegretari, alla manifestazione antiamericana di Vicenza del 17 prossimo, conferma come la politica estera resta il prioritario campo minato del governo Prodi.

Nel valutare la tenuta della coalizione di centro sinistra bisogna però fare attenzione a non dare alla sinistra radicale più capacità e volontà di lotta di quanto non le si attribuisce. In realtà le classi dirigenti di Rifondazione, dei comunisti e dei verdi sono già guadagnate al compromesso. Si rendono conto che se spinte nuovamente all'opposizione sono condannate ad un esilio politico. E, fatto non secondario, i vantaggi e le comodità del potere sono tanti e non li vogliono perdere. Il problema non sta, quindi, in Diliberto, Giordano e Pecoraro Scanio, ma nelle loro basi elettorali di riferimento. La verbosità oltranzista dei dirigenti nasce più che da una convinzione ideologica, stemperata nell'opportunismo, nel fatto che i militanti di sinistra li costringono ad un'intransigenza anche se a ben vedere, di facciata ma che crea scompiglio nella coalizione di governo.

Questo significa che per non perdere il contatto ed il consenso delle loro basi, i partiti della sinistra radicale sono costretti a manifestare un'intransigenza superiore alla volontà delle loro classi dirigenti. Ma quando si passa alla politica estera, la questione dei Pacs si colloca in un altro contesto, finiscono col trovarsi su un campo minato, che limita i loro spazi di manovra. La crisi nei rapporti con gli Stati Uniti lo conferma.

Gli ossi che i centristi del governo buttano tra i denti degli estremisti di sinistra servono ai loro capi per salvare la faccia. Vediamo il caso dell'Afghanistan. Dal conclave di Prodi non è uscita alcuna novità.

Si enfatizza il ruolo civile della missione su quello militare. Ma con un bla bla che va dall'oppio alle opere di ricostruzione .

Si parla di una svolta politica attraverso una chimerica conferenza internazionale, alla quale nessuno crede.

Si ribadisce che l'Italia resterà in Afghanistan, ma anche se non figura nel comunicato, Prodi ha detto "per ora," autorizzando ogni dubbio ed interrogativo.

Si congela lo status quo militare. Vale a dire i nostri soldati non si spostano da Kabul e dalla regione di Nord Ovest del paese. Non riceveranno rinforzi, né' il sostegno di aerei e di elicotteri. A questo proposto Parisi è caduto nella trappola tesagli da Cossiga.

Restiamo sì in Afghanistan, e non possono o fare altrimenti, ma all'insegna dell'equivoco e dell'immobilismo. Con ragione un esponente della sinistra radicale commentava: "ormai è chiarissimo che in primavera si andrà a un grande attacco dei Talebani. E gli italiani cosa faranno? Mentre gli altri combattono saranno a Kabul in vacanza?". Va aggiunto che per il sistema di rotazione può nuovamente toccare ad un nostro generale, l'ha già svolto Mauro Del Vecchio, di assumere il comando Isaf ed allora che succede? Che tutti combattono ed i suoi soldati no?

E' chiaro che siamo alla presenza di un compromesso politico assurdo quanto screditante per l'Italia, che si scontra con una serie di realtà. Già i militari hanno fatto sapere di trovarsi in difficoltà psicologiche ed operative. Lo stesso capo di Stato Maggiore della Difesa, l'ammiraglio Di Paola, riservatamente, ha insistito nel chiedere l'invio di aerei ed elicotteri.

Gli alibi europei dietro i quali il governo Prodi si è nascosto sono ormai caduti. Decidendo l'invio dei Tornado, la Germania, aldilà del peso miliare della scelta, ha inviato un segnale distensivo Bush dopo le polemiche per l'Iraq ed ha rotto l'asse franco tedesco. Ma anche a proposito della Francia è bene ricordare alle sinistre che:

Inutile agganciarsi alla Francia, perché il governo di Parigi persegue una politica unilaterale di ispirazione nazionalista. Ricorre al multilaterale, come nel Libano, solo quando i suoi interessi possono essere favoriti da un contesto plurimo.

La Francia non è certo un paese pacifista. I suoi soldati sono attivamente impegnati in Africa, dalla Costa d'Avorio al Ciad. E combattono non per conto o sotto le insegne dell'Onu.

La Francia dispone di una forza atomica che ha adeguato per armi e dottrine al mutare degli scenari strategici.

Chirac alla conferenza di Riga, ha dato una disponibilità per l'invio di aerei ed elicotteri e flessibilità per l'impiego dei soldati francesi secondo le necessità della Nato.

La contrapposizione, calcolata, agli Stati Uniti, di origine gollista, va inquadrata nella difesa di un ruolo internazionale, di un'identità e di un'influenza culturale minacciate dal prepotere delle nazioni anglosassoni.

Conclusione, che c'entriamo noi con la Francia? Se dovessimo seguire il suo esempio dovremmo dotarci di strumenti politici e militari , che non abbiamo, ma comunque sono antitetici alle concezioni stesse della sinistra moderata ed estrema, ma anche di molti centristi.

L'intervento dei sei ambasciatori (Stati Uniti, Gran Bretagna, Olanda, Australia, Canada e Romania) ha confermato l'isolamento nel quale ci stiamo spingendo a smentita clamorosa di quanto D'Alema va proclamando, riguardo alle sue dichiarazioni in Corea ed in Giappone, circa il nuovo ruolo e la nuova, presunta, considerazione internazionale dell'Italia.

E' vero che sono sei i paesi che hanno manifestato preoccupazione su un totale di 37 impegnati nell'Isaf, nella stragrande maggioranza con forze simboliche o poco più. Ma questi sei paesi sono quelli che hanno impegnato duramente i loro soldati a combattere contro i Talebani.

Il punto sul quale bisogna, una volta per tutte fare chiarezza respingendo il pretestuoso ed improprio richiamo all'articolo 11 della Costituzione è il seguente:

In Afghanistan è in atto una guerra tra la comunità internazionale, quindi l'Onu, contro il terrorismo islamico che ha per attori i Talebani ed i seguaci di Bin Laden. Una guerra. E' vero, che l'Isaf era nata come missione di pace,ma anche di stabilizzazione, a Kabul contro i Talebani ed Al Qaida cacciati dal potere. Tuttavia l'evoluzione della situazione è stata tale da imporre sul piano militare un mutamento di strategia. L'Isaf , in coerenza con la sua ragione stessa di esistenza, è ora impegnata direttamente nella lotta, sostituendo progressivamente l'Enduring Freedom a comando anglo-americano. Così l'Onu, che ne conserva la legittimità ha affidato alla Nato il comando ed il compito di condurre questa guerra.

Parlare di conferenze di pace, sino a quando in Talebani ed i loro alleati di Al Qaida non saranno definitivamente sconfitti e di impegno civile (scontato) e di varie amenità, significa, voler sottrarsi alla realtà.

Quel che gli Stati Uniti, determinando il passo diplomatico degli ambasciatori hanno voluto sottolineare è :

Che le motivazioni per il ritiro dall'Iraq non possono essere invocate per l'Afghanistan;

Che l'Italia deve prendere atto di una guerra contro il terrorismo che impone chiarezza nelle scelte ed assunzione di responsabilità militari adeguate alle necessità ed all'evoluzione della situazione sul terreno.

Appare evidente che nel momento in cui a queste precisazioni, implicite e no, il governo risponde nel modo che conosciamo, invocando la difesa della dignità nazionale,assente quando si trattava di enfatizzare gli attacchi stranieri contro Berlusconi ed il suo governo, le relazioni con l'America precipitano in una crisi di fiducia. Aggravata dal solito intervento della magistratura sul caso Callipari che non tiene in alcun conto la dinamica e le circostanze che hanno portato i soldati americani a sparare contro l'auto in cui si trovava la Sgrena che dovrebbe avere il pudore di fare silenzio. Perché la vera responsabilità di quel tragico evento è proprio la giornalista del Manifesto.

Una crisi, quella tra Roma e Washington, che nonostante l'ovvio sforzo a contenerla nei limiti del protocollo diplomatico e della convenienza politica, resta aperta e si accentuerà ancor di più.

E' significativa la perdita di credibilità a Washington di D'Alema che inizialmente sembrava il referente privilegiato, in questo governo, del Dipartimento di Stato. L'ex ambasciatore americano Peter Secchia, argutamente, ma anche pesantemente, notava a proposito delle dichiarazioni del Ministro degli Esteri che "se lo avessimo ascoltato negli anni in cui io fui ambasciatore a Roma, forse ci sarebbe ancora l'Urss.

Idea-giovani/Salvare le pensioni di domani

Nella guerra ideologica tutta di sinistra sulla riforma del sistema previdenziale, i sicuri sconfitti saranno i giovani. Non c'è soluzione prospettata in questi giorni che abbia come prospettiva la possibilità che le pensioni delle future generazioni rimangano dignitose, salvaguardando al tempo stesso i diritti acquisiti di chi è gia pensionato o di chi lo diventerà a breve. O meglio, una soluzione ci sarebbe: non toccare niente, lasciare tutto come il governo Berlusconi aveva riformato.

La maggioranza ha tardivamente capito che sulle pensioni del futuro si sta giocando il voto giovanile delle prossime amministrative, e tenta in tutti i modi di lanciare messaggi di speranza e di incoraggiamento verso i futuri contribuenti.

Dopo gli appelli di Fassino, Prodi, e di tutta quella sinistra a cui "sta a cuore" il futuro dei giovani, anche Padoa Schioppa ha voluto fare la sua parte. Ha infatti recentemente incontrato i rappresentanti del Forum Giovani e del Consiglio Nazionale degli Universitari, dicendosi preoccupato per la questione generazionale che sta montando nel nostro Paese, e di essere interessato alle proposte che i due organismi vorranno fare, nella speranza che non sfocino in proteste.

I giovani di Forza Italia sanno però bene che TPS non ha nessuna possibilità di poter assecondare le necessità dei futuri pensionati. Perché, come tutta la maggioranza, è schiavo del patto scellerato che Prodi ha fatto con la sinistra massimalista e con i sindacati più ideologizzati. Una parte politica e sociale che ormai dimostra di essere l'unico vero baluardo del conservatorismo in Italia.

Pertanto, una sola richiesta può arrivare al Ministro: se vuole pensare ai giovani, lasci stare le pensioni.

Porta a Porta sui Dico, Raiuno

(Ore 23,10-24,45) Dico (Diritti dei Conviventi)

Ospiti:Barbara Pollastrini (Ministro Diritti e Pari Opportunità); Rosi Bindi (Ministro Politiche per la Famiglia), Gianni Alemanno (AN), Rocco Buttiglione (Presidente UdC), Ritanna Armeni (giornalista Liberazione) Franco Bechis (direttore Italia Oggi)

La trasmissione illustra il disegno di legge approvato oggi dal Consiglio dei Ministri. Da notare – non positivamente - la composizione del parterre dei partecipanti: solo donne favorevoli, solo uomini contrari. La scelta di due esponenti del centro destra fortemente caratterizzati in senso cattolico accentua l'idea di una posizione contraria di tipo solo confessionale.

Pollastrini: ha un modo di porgere accattivante, forse un po' troppo salottiero. Tenta di presentare la legge come "saggia e umana", e di caricarla di valori positivi anche per quanto riguarda i suoi aspetti simbolici. A suo modo coerente, attenta a non polemizzare e a smussare gli angoli.

Bindi: più combattiva, come nella sua indole, difende la legge tentando da un lato di limitarne la portata, dall'altro di giustificarne la necessità con l'esigenza di regolare situazioni di fatto. La legge a suo giudizio non indebolisce la famiglia. Talora si fa cogliere in contraddizione da Vespa.

Alemanno: puntuale nell'argomentare, dà tuttavia una spiacevole impressione di un approccio freddo, legalistico, in una trasmissione molto basata sulle emozioni. Fa una gaffe (voluta) nel finale quando a una provocazione della Bindi ("invece di ridurre le tasse aiutiamo la famiglia") si dice "perfettamente d'accordo".

Buttiglione: ha argomenti di più ampio respiro rispetto ad Alemanno. Purtroppo li declina in un linguaggio e con un atteggiamento come sempre lenti, macchinosi e poco persuasivi.

Armeni e Bechis: entrambi, su posizioni opposte, poco incisivi e poco rilevanti.

Vespa: abilissimo e tutto sommato apertamente schierato, riesce a evidenziare con domande ed esempi mirati tutte le contraddizioni e gli aspetti paradossali di questi disegno di legge, e soprattutto a mettere in difficoltà la Bindi.

Trasmissione che non fa cambiare idea a nessuno. C'è stata una lieve prevalenza comunicativa della sinistra, compensata dall'abilità del conduttore. Inspiegabile l'assenso di tutti sul fatto che con questa legge non è in gioco il destino del governo.

   

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