Fedor Michajlovic Dostoevskij

L'idiota

La trama del romanzo

Il romanzo fu scritto in aspra lotta contro il tempo, secondo un ritmo asfissiante, imposto dalle incombenti scadenze del "Messaggero Russo" che attendeva a Mosca puntualmente i fogli tipografici, spediti da Dostoevskij mentre vagava tra la Svizzera e l'Italia; la conclusione del romanzo verrà completata vicino a piazza Pitti a Firenze nel 1869. La stesura aveva richiesto circa due anni.

Che Dostoevskij abbia sempre avuto difficoltà nel completare le sue opere, perché sempre oppresso da scadenze impossibili legate al suo disastroso bilancio economico non è una novità. La novità dell'Idiota sta, invece, nel fatto che è un romanzo che si sviluppa già in corso d'opera: Dostoevskij inizia a scriverlo con un'idea ingegnosa e brillante, ma sempre vaga, per dare una sostanza alla materia durante la stesura del romanzo.

Il protagonista è il principe Lev Nikolaevic Myskin, che rientra a Pietroburgo dopo un lungo soggiorno all'estero per motivi di salute.

Myskin non è "buono" nel senso corrente del termin. È vero che egli non rifiuta mai di prestare aiuto, anzi è generoso in maniera eccessiva per le convenzioni della società del tempo. Ma, se la bontà dovrebbe fare in modo di alleviare le altrui sofferenze, allora, l'"idiota" non può annoverarla fra le sue virtù. In ogni occasione Myskin, incurante del disagio di chi gli sta di fronte, punta semmai a mettere a nudo il dolore dei suoi interlocutori, e in questo modo, travolge le difese che costoro si sono spesso faticosamente eretti per proteggersi dal contatto diretto con il pulsare del loro dolore interno. Per questo motivo, al suo pieno "splendore" non può che contrapporsi che il completo dolore, quello che l'uomo non sa sopportare e che allevia facendo ricorso alla bontà del prossimo.

Egli sovverte costantemente i ragionamenti altrui, mettendo a nudo l'incosistenza dei correnti criteri di giudizio. Non importa amare o odiare, fare il bene o il male, se ciò conduce inesorabilmente a commettere l'unico vero peccato, che è quello di distrarsi dal prossimo perché travolti dalla propria passione. Non passione ci vuole, ma compassione, capacità di estrarre dall'altro l'essenza del dolore e di appropriarsene senza esitazione. Myskin annuncia con trasporto, appunto, la legge della compassione. La sua attuazione si ha solo quando si incontrano due forze primigenie: il dolore radicale dell'uno e la disponibilità immediata dell'altro ad assumerlo.

L'idiozia del principe spinge gli altri a spogliarsi di tutto ciò che copre il dolore, il quale, una volta messo a nudo, rientra in un momento originario, fuori dal Tempo e dalla Legge. Lo stesso ùMyskin vive al di fuori del mondo. Egli è privo di un passato (sottrattogli dalla malattia curata nella provincia svizzera), ma non ha neanche una collocazione nella società russa che lo circonda (tanto che giunto a Pietroburgo, si meraviglia per primo di saper parlare in russo).

La Russia che appare nell'Idiota appartiene completamente al mondo delle tenebre. Il giovane Kolja Ivolgin la riduce a un terreno di scorribanda di usurai e avventurieri, trovando conferma al suo pensiero nelle notizie di cronaca nera e negli episodi di sfrenata bramosia di ricchezza che spesso vengono inseriti nella narrazione. Dostoevskij descrive l'etereo mondo alla moda di Pietroburgo, il mondo dei salotti incantati dove si leggono con curiosità e falsa indignazione le notizie aberranti del mondo esterno. Il principe non è, nè si sente, investito da alcuna missione redentrice. Ma la sua figura e le sue caratteristiche sono talmente forti da lasciare comunque il segno in un ambiente stantio e privo di valori. La sua immagine si colloca, per questo, volontariamente fuori dalla storia, ma anche dal mito.

Prima che l'epilessia, da cui Myskin è affetto, travolga la coscienza, si vive l'esperienza di un istante che si dilata all'infinito e consente di vedere il tutto nella sua completezza.

La stessa vita è fatta di attimi inafferrabili, come quello del condannato a morte che vede l'istante prima dell'esecuzione, la vita nella sua misteriosa e assoluta completezza.

La pienezza dello splendore dell'idiota è compassione, ma a suo modo anche conoscenza. L'istante diventa infinito e non si può vivere, una volta terminata questa rivelazione, nel consumare la vera pienezza del tempo, nonostante i propositi che la rivelazione comporta.

L'idiota è un romanzo che induce molto all'incomprensione. Myskin può essere accettato, ma certamente non capito. Solo i bambini hanno punti di contatto con il pricipe grazie alla loro ingenuità, ma la loro innocenza non tarda a trasformarsi in colpa perché condannata all'impotenza. I più infantili fra gli adulti (come Aglaja Epancina o Lizaveta Prokofevna) riescono a provare per l'"idiota" un profondo affetto, ma per autodifesa sono costretti a trasformarlo in un affetto costrittivo che tenta di trascinare Myskin all'interno delle comuni convenienze in cui essi si trovano.

Nastasja Filippovna è l'unica che riconosce immediatamente lo splendore del principe, per il semplice motivo che è la sola che porta dentro di sé la potenza dello stesso splendore. Una potenza resa impraticabile dalla vita, ma pur sempre presente.

Nastasja sa benissimo che l'"idiota" può soltanto condurla, per la sua salvezza, attraverso l'esperienza estrema del dolore. E questo dolore rifiuta con tutte le sue forze, preferendo la sofferenza, assai più umana e quindi più tollerabile, che le riserva il rozzo legame con il passionale mercante Rogozin, fino a restarne uccisa.

Dostoevskij stesso ammise il fallimento del suo principe: notò che in realtà tutti i personaggi finivano con l'essere soltanto sfiorati dall'"idiota", un tocco che rimaneva però crudelmente impotente. Non è escluso che questa sia la ragione della scontentezza dello scrittore di fronte al romanzo compiuto e dell'ammissione che l'idea originale era in realtà abortita, considerato che la narrazione non esprimeva che la decima parte di quel che si proponeva di dire.

L'azione è, a ben vedere, ridotta al minimo, soprattutto se raffrontata alla mole del romanzo. Eppure la bellezza dell'Idiota consiste proprio nella sua fissità.

Malgrado la sua insoddisfazione Dostoevskij non rinnegò il suo scritto, ma ammise, al momento dell'uscita del libro verso la metà degli anni Settanta, che in quelle pagine vi era "tutto". L'Idiota è il culmine dello sforzo, un culmine artistico e un culmine teorico. Con il principe Myskin il suo autore fissò il punto estremo della propria riflessione. Nulla di quanto scritto da Dostoevskij dal 1869 in poi è comprensibile senza aver piena consapevolezza del territorio che egli si era conquistato, territorio illuminato dallo splendore del principe Myskin.