Fedor Michajlovic Dostoevskij
Il sosia
Lettera a Michail Michajlovic Dostoevskij
Pietroburgo, 8 ottobre 1845
[...]
Jakov Petrovic Goljadkin tiene pienamente fede al suo carattere. È proprio una carogna, e con lui non c'è niente da fare; non vuole assolutamente andare avanti, sostiene che non è ancora pronto e che per adesso lui se ne sta per conto suo, che non vuol saperne niente, che non c'entra minimamente, ma forse, chi lo sa?, se si arrivasse al punto, be' anche lui potrebbe, e perché poi non potrebbe, ma sì, per quale ragione non potrebbe? Lui, del resto, è come tutti gli altri, non è certo nulla di speciale, ma ecco, è proprio come tutti gli altri. Che cosa gli manca? Una carogna, una vera carogna! Prima della metà di novembre non vuole saperne di concludere la sua carriera. Intanto ha già parlato con Sua Eccellenza e a quanto pare (e del resto, perché no?) è pronto e disposto a dare le dimissioni. E quanto a me, che sono il suo creatore, mi mette in una situazione quanto mai spiacevole.
[...]
Goljadkin è il protagonista de "Il sosia", che Dostoevskij stava scrivendo in quel periodo. Nelle frasi esitanti e spezzettate con cui ne scrive al fratello, Dostoevskij imita scherzosamente il modo di esprimersi incerto e contorto tipico del suo personaggio.
Lettera a Michail Michajlovic Dostoevskij
(Febbraio 1846 - pochi giorni dopo la pubblicazione)
[...]
Goljadkin è dieci volte superiore a Povera gente. I nostri dicono che dopo Anime morte in Russia non c'è stato niente di simile, che si tratta di un'opera geniale e mi fanno un sacco di complimenti! Con quante speranze mi guardano tutti! Effettivamente Goljadkin mi è riuscito come meglio non si poteva. Ti piacerà persino più di Anime morte.
[...]
Lettera a Michail Michajlovic Dostoevskij
[...]
I nostri, Belinskij e tutti quanti, sono scontenti di me per Goljadkin. La prima impressione era stata di incondizionato entusiasmo, gran parlare, gran chiasso. La seconda è stata la critica: proprio tutti, tutti all'unisono cioè i nostri e tutto il pubblico, trovano che Goliadkin è così noioso, fiacco, prolisso, che leggerlo è impossibile. Ma la cosa più comica è che tutti senza eccezione lo leggono e rileggono d'un sol fiato. Quanto a me, per un istante sono persino caduto nello sconforto. Io ho un terribile difetto: un amor proprio e un'ambizione senza limiti. L'idea di aver ingannato le speranze e di aver rovinato un'opera che avrebbe potuto essere grande, mi uccide. La prima metà è meglio della seconda. Accanto a pagine splendide c'è della porcheria che fa venire la nausea e fa passare la voglia di leggere. Tutto questo mi ha creato un po' un inferno e mi sono ammalato di dolore.
[...]
Lettera a Michail Michajlovic Dostoevskij
Tver', 1° ottobre 1859
[...]
Nel frattempo, verso la metà di dicembre, ti manderò (o te lo porterò di persona) Il sosia corretto. Credi pure, fratello, che questa nuova edizione corretta, arricchita da una prefazione, sarà equivalente ad un nuovo romanzo. Tutti vedranno, finalmente, che cos'è Il sosia! Io spero di destare un interesse anche troppo grande. Per dirla in una parola, io sfido tutti quanti a duello (e del resto se non correggo adesso Il sosia quando lo correggerò? E perché mai dovrei rinunciare ad un'idea straordinaria, a un personaggio colossale per la sua importanza sociale, un carattere che io ho scoperto per primo e di cui sono stato l'annunciatore?).
[...]
Da Diario di uno scrittore (1877)
[...]
Questo romanzo non mi è riuscito affatto, ma la sua idea era piuttosto felice e io non ho mai sviluppato in letteratura niente di più serio di quest'idea. Ma la forma del romanzo non mi riuscì per niente. La corressi notevolmente poi, una quindicina di anni dopo, per la raccolta delle mie opere, ma anche in quella occasione mi convinsi una volta di più che si trattava di un'opera del tutto fallita e che se mi mettessi a trattare quell'idea e a esporla di nuovo, cercherei una forma del tutto diversa; ma nel 1846 quella forma non la trovai e non riuscii a venire a capo del romanzo.
[...]