5 ANNI DI GUERRA (1941-1945)

Ricordi di Michele Notte


A casa.

Andai allora a visitare il mio parente (molto piu' anziano di me), che era solo perche' aveva la famiglia sfollata al mio paese, anzi proprio a casa mia. Discutemmo sul da farsi. Io ero propenso a rimanere a Genova perche' sarebbe stata liberata presto dallo sbarco alleato. Egli mi disse:"Non credere a sogni. Vai a casa, dove i tuoi genitori saranno in apprensione per te. Anzi, andiamo a Frosolone, perche' anche i miei si staranno domandando cosa succede qui". Cosi', facemmo in fretta un paio di valigie, e prendemmo il treno. Trovammo posto in una carrozza di terza classe, e ci considerammo fortunati perche' la ressa era tanta.
Alla stazione di Reggio Emilia, si senti' un gran trambusto e vociare. Soldati tedeschi arrestarono tutti gli occupanti del vagone avanti, uomini,donne e bambini. Pare che avessero trovato delle bombe a mano nel lavatoio. Il treno riparti', ed io suggerii al parente di cambiare carrozza ed andare in un vagone merci (parecchi erano attrezzati con banchi di legno, per i passeggeri, ma non avevano lavatoi), proprio perche' non c'erano nascondigli dove mettere armi.
Alla stazione successiva facemmo il trasloco. Dopo un po' un soldato tedesco sali' nel vagone, domando' e si accerto' che non ci fosse alcun soldato in divisa; non ce n'erano. Allora staccarono tutti i vagoni passeggeri, riattaccarono la locomotiva ai vagoni merci ed il treno riparti', ridotto alla meta' circa!
Durante il percorso spesso il treno si fermava in una stazione e riprendeva la corsa solo dopo una estesa fermata. Lungo la costa adriatica tutti dicevano la loro: "Ecco, qui il treno si ferma per davvero", "Gli Alleati sono gia' arrivati a Foggia" ecc. Nessuno sapeva niente, ma tutti credevano di sapere e si affrettavano a ....disinformare il prossimo.
Ad Ortona ci fu una fermata di ore. Vidi la gente in fila come formiche andare e venire. Avevano svaligiato un treno e portavano a casa la refurtiva, come meglio e quanto piu' potevano. Non c'era piu' polizia in servizio. Che cosa ironica fu quella, dato che solo qualche mese piu' tardi la citta' di Ortona (parte della cosidetta Linea Gotica) fu distrutta da lunghi e duri combattimenti durati tutto l'inverno. Quella gente perdette tutto, e in molti anche la vita.
Alla stazione di S. Vito Chietino venne l'ordine di scendere. Era la fine di quella corsa!
Cosa fare ora, cosi' distanti da casa?
Scoprimmo di essere anche quella volta fortunati. A S. Vito nasce un trenino, la Sangritana, che porta a Pescolanciano e Pietrabbondante, paesi non molto lontani da Frosolone. E' un trenino a scartamento ridotto, che per noi fu manna caduta dal cielo.
A Pescolanciano (o Pietrabbondante, non ricordo bene) affittammo un mulo (col conducente) su cui caricammo le valige ed a piedi, attraverso la montagna, arrivammo finalmente a Frosolone, accolti festosamente dalle rispettive famiglie.
Di mio fratello ancora nessuna notizia. Gente che scappava al Nord per raggiungere le famiglie diceva che gli allievi dell'Accademia Navale erano a Brindisi. Quale Accademia, quella di Livorno o quella di Brioni (dov'era mio fratello)? Non c'era altro da fare che aspettare!
Nel frattempo i soldati tedeschi erano arrivati a Frosolone, con conseguente spostamento di tutti noi giovani nelle campagne o nel bosco. Ogni tanto i Tedeschi (le tristamente famose SS) facevano razzie di bestiame nelle campagne. Coloro che erano nascosi in quella zona venivano opportunamente avvertiti da "Radio Fante" e si spostavano altrove. Cosi' dovevo fare anch'io; mia sorella mi accompagnava, per quanto non si era mai saputo che i tedeschi dessero fastidio alle donne.
Un giorno mi affacciai all'orlo della cima di Monte Marchetta (il punto piu' alto del bosco) e vidi che una pattuglia tedesca ne stava scendendo. Non si accorsero di me, perche' mi muovevo sempre con fare circospetto, e silenziosamente.
Nel bosco fui raggiunto da un capitano inglese che era stato lasciato libero da un campo di concentramento nell'Italia centrale. Spartimmo amichevolmente quanto c'era da mangiare nel mio zaino. Egli voleva il mio nome, ma rifiutai di darglielo, spiegando che era per proteggere la mia famiglia rimasta al paese, nel caso che egli fosse ripreso prigioniero dai tedeschi. Percio' non volli neppure il suo nome. La sera ci avvolgemmo nella mia unica coperta, dato che a quell'altitudine la notte faceva fresco.
Durante la notte ci svegliammo di soprassalto, sentendo un fruscio di foglie. Fortunatamente era solo una lepre. Non so chi fosse piu' spaurito, se io o la lepre.
La mattina mi svegliai, solo. L'inglese se l'era svignata all'alba, probabilmente per passare piu' facilmente le linee. Spero che se la sia cavata. Il mio consiglio era stato di rimanere con me, perche' era chiaro che i Tedeschi avrebbero dovuto sgomberare la zona ben presto, ma l'ansia di raggiungere le sue truppe era stata piu' forte!
Dall'alto di Monte Marchetta vidi pure il bombardamento di Frosolone da parte di un aereo americano. Si tratto' di un'incursione fatta con poche, piccole bombe , ma una scheggia colpi' una donna che stava lavando i panni "alla fonte grossa", e l'ammazzo'.
Ci fu un altro morto a Frosolone in quei giorni. Ogni tanto i tedeschi erano eccitati per motivi a noi incomprensibili ed allora guai a chi si trovasse per la strada. Un contadino rientrava alla stalla con le pecore e fu ammazzato. Un giovane vicino di casa fu ferito, abbastanza gravemente. Quando mio padre si affaccio' al portone di casa al sentire le urla del ferito, un soldato tedesco col fucile spianato gli ordino' di caricarsi il ferito addosso e portarlo a casa (non c'era in paese un'infermeria). Mio padre era mingherlino, sofferente di asma e malato di cuore. Cosi' poco manco' che non ci rimettesse anch'egli la pelle.
La retroguardia tedesca (le famigerate SS) aveva minato tutti i ponti di Frosolone, nell'autunno del 1943. I Tedeschi sapevano bene che dovevano sgombrare la zona perche' era una posizione per loro militarmente insostenibile. Infatti a Frosolone c'era allora una sola strada, che da Isernia passava per Cantalupo, Macchiagodena e poi proseguiva per Torella e Campobasso. C'era anche una mulattiera che portava in montagna, ma tanto mal ridotta che nemmeno i carri armati italiani poterono usarla nelle loro manovre del 1935.
Per impedire una facile avanzata delle forze alleate i Tedeschi decisero di far saltare i due ponti piu' grandi, rispettivamente a sud ed a nord del paese.
Una squadra di partigiani locali, capeggiata da Mimi' Scacciavillani, rimosse di notte l'esplosivo, col grave pericolo personale che tutti sappiamo. I Tedeschi per rappresaglia fecero una retata di giovani, e li allinearono davanti al Monumento ai Caduti della Ima Guerra Mondiale, per fucilarli.
Il Dr. Peppino Trillo, che conosceva bene il tedesco, intervenne con coraggioso intervento personale perche' la pena di morte venisse commutata. Cosi' quei giovani vennero deportati invece, ma fortunatamente riuscirono a fuggire un paio di giorni dopo (qualcuno disse che un Austriaco li aveva fatti scappare). I Tedeschi, metodici come sempre, trovarono pero' il tempo (anche perche' gli Alleati avanzavano lentamente, con infinite cautele) di rimpiazzare l'esplosivo e far saltare i due ponti, che scavalcavano fossi molto profondi.
Al prossimo capitolo: Arrivano gli Alleati.