5 ANNI DI GUERRA (1941-1945)

Ricordi di Michele Notte


Caporale

A Trani rimasi un mese, alla fine del quale venni promosso Caporale! Non fu certo per meriti speciali, perche' tutti noi studenti lo fummo.

Da caporale fui inviato a Popoli, vicino Pescara, dove con altri caporali-studenti formammo una compagnia del genio pontieri. Le nostre esercitazioni consistevano nel lanciare una passerella alla sorgente del fiume Pescara, che aveva (ed ha ancora) acque estremamente limpide ed azzurre. (Ora la birreria Heiniken le usa per il suo prodotto). Quando ci si riposava da cio', facevamo marce non estenuanti nella valle fra i contrafforti della Maiella e ci godevamo l'aria fresca e vivificante. Che bella cosa essere giovani e spensierati.
Come tutte le cose militari italiane, la passerella che usavamo era troppo debole ed esigua per essere di valido impiego. Sul fiume Pescara, una volta che la passerella fu lanciata ed tocco' l'altra sponda, si spezzo' in due. Ci buttamo in acqua (fino alla cintola) per recuperare i pezzi, ed io sentii con le dita qualcosa che doveva essere un bullone. Tiratolo su, vidi che si trattava invece di un grosso gambero. Allora smettemmo di cercare i pezzi del ponte e ci curammo solo di cercare altri...bulloni. Al ritorno in caserma ( le scuole elementari), trovai l'avviso che ero sergente di giornata. Gli amici promisero di portarmi almeno un gambero cotto, ma non lo fecero. Erano troppo buoni (i gamberi, non loro), fu la scusa!
La fame era tanta, nonostante il rancio abbondante e nutriente. In libera uscita si andava in parecchi a mangiare in una trattoria (dopo aver divorato il rancio, s'intende), dove una sera avemmo spaghetti, una bella porzione di agnello al forno con patate, poi un'altra porzione dello stesso e infine....un altro piatto di spaghetti. Mai mangiato cosi' tanto in via mia , ne' prima ne' dopo.
Si dormiva in un'aula scolastica, in una ventina, su pagliericci pieni di poca paglia. La gavetta e la borraccia facevano da cuscino!
La cosa a cui meno si era preparati era dover dividere con gli altri tutte le proprie possessioni: la spazzola e il lucido da scarpe, presi senza chiedere permesso e mai ritornati, e le poche altre misere cose che ci era possibile possedere. Dopo un po' pero' ci affiatammo e tutto cio' sembro' normale. Anche i pacchi di vettovaglie da casa venivano allora condivisi con piacere.
A Popoli venimmo addestrati all'uso degli esplosivi (tritolo). Bisognava fare fori nella roccia con mazza e scalpello, oppure col martello perforatore. Tutti amavano usare la mazza, ma nessuno voleva reggere lo scalpello, perche' la mazza colpiva lo scalpello meno della meta' delle volte. Ciononostante non ci furono ferite serie! Era interessante e divertente anche preparare la miccia, inserirla nella capsula, mettere la capsula nella stecca gelatinosa di tritolo, infilare il tutto nel foro, accendere la miccia e....scappare a distanza di sicurezza.
Tale esperienza mi servi' varie volte in seguito, come raccontero'.
Un giorno l'ufficiale si lagno' che col martello perforatore impiegavamo troppo tempo per fare i fori nella roccia. Cosi' ci mostro' come fare, lavorando come un forsennato per cinque minuti, dopo di che era spossato. Gli dissi: "Tenente, continui per altri cinque minuti, se ce la fa". Mi diede un'occhiataccia, ma non continuo' perche' era davvero sfinito e ci lascio' continuare alla nostra rata. Spesso piu' tardi mi sono messo nei guai per questa mia riluttanza a farmi mettere i piedi sul collo: sara' colpa dei miei cromosomi sanniti!
Passate al quarto capitolo: Sergente!