DIARIO DELLA MIA PRIGIONIA (appunti per un diario)

2nd instalment

Giovanni Notte


Anno 1943

12 - 13 novembre.

Scrivo mentre i miei nuovi compagni stanno cantando. E' sabato e non so perche' in tale giorni tutti sono piu' felici e si canta. Lo stesso succedeva a Salisburgo. Il canzoniere e' quanto mai vario e canzoni nostalgiche si succedono alle ritmiche e alle comiche: un fritto misto fenomenale. Meno male che a noi italiani non manca il buon umore e l'ugola d'agento: dappertutto siamo allegri, anche in prigionia.

Ho accennato prima a nuovi camerati. Ci mettiamo in fila per la conta e poi si va a lavorare (nevica e un brivido mi scorre lungo la schiena al pensiero di dover stare per cinque ore con un pennello in mano su una scala a pioli. Penso intanto che a casa a quell'ora starei ancora dormendo e al risveglio, aprendo le imposte, e vedendo la neve, mi sarei rimesso al letto con un ghigno di soddsfazione), quando mi sento chiamare con Jovine e Di Tullio e con un altro. Grande nostro stupore. Dove si va? Forse a lavorare in fabbrica. In fretta facciamo il nostro bagaglio, il quale, pero' dopo tante visite e' ben misero, ho appena una valigia ed uno zainetto.
Poi intanto prendo nella baracca il pane. Mi gonfio benche' questo pane abbia il difetto di non gonfiarti mai mentre lo mangi. Consegno le due coperte. Domando ai Tedeschi dove andremo e ci dicono a Hallein.
Nel frattempo con un certo Bordin di Milano e con un sergente di Bologna si parla delle condizioni in cui troveremo l'Italia e di tante altre cose. Bordin accenna al distacco da sua madre. Io penso al mio, piango. Piango ma non mi vergogno di confessarlo.
In cucina ci danno un p• di pane con margarina, salame e formaggio. Poi si parte.
Intanto noi non possiamo camminare sul marciapiede. Ripenso al racconto di un ingenuo contadino prigioniero in Austria nella prima guerra mondiale. Allora ridevo; ora no purtroppo.
Arrivo ad Hollein. Il soldato che ci accompagna non sa dove dobbiamo andare. Finalmente arriviamo ad un Lager. Non c'e' nessuno. Ci sistemiamo in attesa degli altri. Questi arrivano alle dodici e ci presentiamo. Sono tutti soldati e ci sembrano corretti. Ritrovo anche due soldati che erano con noi a Mark-Pongau. E' un gran ben rivedere tra tanta gente due visi conosciuti. Mi informo sul vitto ed i pareri sono piuttosto discordi. Il giorno si mangia male, non cosi' pero' la sera. In tredici vanno a lavorare sotto abbondante pioggia.
Dopo un poco noi quattro andiamo in fabbrica per essere presentati al direttore. Dopo aver fatto anticamera entriamo uno alla volta. Quando sa che io sono un Professore, dice: perche' ti hanno preso? Mah, rispondo - me lo domando anche io.
Dopo andiamo da un ufficio all'altro e finalmente si va all'aperto. Cosa ci aspetta? Un po' di pioggia ed un bel badile. Il badile sara' la mia ossessione.
Il pomeriggio, contrariamente a Salisburgo, si lavora. Scarichiamo del populot ed un carro di mattoni. La pioggia non mi fa piu' impressione.
Il Lager e' molto bene attrezzato, c'e' acqua calda e ci sono anche le docce. Finalmente un bel bagno. La minestra e' bella calda. La sera si mangia poco. Il sabato infatti, la cucina non lavora.

14 - 15 - 16 novembre.

Cosa debbo dire di questi giorni? L'inverno e' ormai vicino, anzi qua e' gia' giunto. Infatti la neve e' ormai caduta. Ho talvolta l'impressione che sia Natale e la pastorale mi viene sulle labbra. Quanta nostalgia! Quanto desiderio di rivedere i miei o di sapere almeno loro notizie.

Sabato e domenica, contrariamente a Salisburgo, si lavora. Dicono che bisogna finire la fabbrica. Io la mattina ho scaricato mattoni ed il giorno ho lavorato con la pala.
Gli assistenti erano semplicemente schifosi. Mi sono permesso di dire ad uno di essi che si mangia poco e lui mi ha risposto che e' stato anni prigioniero in Italia e degli Italiani lo hanno fustigato. Un altro mi ha fatto prendere il numero-stavo per dire il nome - di un soldato perche' era andato al gabinetto e vi era rimasto troppo.
La sera il caporale mi ha chiamato, ma io gli ho spiegato tutto e l'ho passata liscia. La prigionia mi sta facendo abituare a tutto, anche a non temere la pioggia e la neve.
Lunedi' mattina ho scaricato populit, lavorando quasi al coperto. Martedi' invece ho lavorato sempre al coperto in un rifugio.
Ho imparato anche a fregare le patate. C'era alla stazione un carro di patate e sono andato anch'io col mio sacchetto a fare la buona provvista. Chi ha tempo non aspetti tempo. Perche' io avrei dovuto essere il fesso. Nel ricovero il lavoro e' molto buono e per di piu' si e' al coperto.
Circolano intanto varie voci: un discorso di Graziano, la morte di Reatta, il bombardamento di Bolzano, i Russi al confine rumeno. Io credo ancora che per Natale finira'.

17 - 18 - 19 novembre.

Niente di strano e di nuovo. Mercoledi' si e' mangiato molto bene: brodo, patate (queste non mancano mai) con crauti, dolce, frutta e caffe'. E' un pranzo da signori e non da prigionieri. Mangiamo cosi' perche' il trattamento e' unico per tutti, per gli operai e per noi. Pero' la quantita' non e' eccessiva: forse temono che a pancia piena non si possa lavorare. Infatti il lavoro va sempre piu' a rilento, molto a rilento.

Ogni tanto cambio mestiere; fino a quando trovero' quello definitivo. Quale? Dopo aver fatto pala e picco, pittore, poi pala e picco, sto facendo lo scalpellino.
Il lavoro non e' massacrante, perche' il padrone e' buono ed ogni tanto si va vicino al fuoco, che si accende la mattina per scaldarci. Siamo ben visti da tutti e specialmente dai francesi.
Io parlo e ringrazio ora mio padre, la signorina Dei che me lo hanno fatto studiare per bene.
Finalmente ho potuto scrivere a casa- una semplice cartolina. Avevo tanto da scrivere, alla fine non ho saputo cosa mettere. Una cartolina concisa e quasi inconcludente. Quando arrivera'? Ad ogni modo ho mandato gli auguri per Natale. Natale di pace o di sangue? Sono sicuro che sara' di pace.

20 - 21 - 22 novembre.

Il tempo passa e tutto e' normale. Il mangiare dipende dall'umore della cuoca, ma in genere e' buono. Non sempre e' pero' sufficiente. Abbiamo provato anche la pasta asciutta.

Credevo a Pongau di dover dimenticare chi lo sa quante cose, invece no. Ho provato il caffe', il dolce, la pastasciutta, la carne. Ci vorrebbe del pollo, dell'ollo, ma mi dimentico che sono un prigioniero. Pur tuttavia non sempre si e' contenti ed infatti ogni tanto paragono Hallein a Salisburgo. E con cio' basta.

23 - 24 novembre.

Sempre la solita storia, non del pastore ma del prigioniero. Il lavoro su per giu' e' sempre il solito. Dopo aver aiutato gli operai a fare il cemento, sono ritornato ad essere scalpellino in un ricovero antiaereo.

Qui il lavoro non e' pesante, perche' si e' poco sorvegliati e si puo' parlare con i francesi. Questi, in genere, sono una gran brava gente. Ce n'e' uno, un certo Rodriguez che e' un filibustiero al cento per cento ma e' molto simpatico. A lui ho fatto vendere da Di Tullio il pantalone della Marina per un pantalone dell'esercito francese, sette chili di pane e trecento grammi di carne. Io ho venduto il tabacco per pane e zucchero.
In Germania non si vuole che tabacco e cioccolato. Mi dice un francese che con una tavoletta di cioccolato si puo' baciare una donna. Un quarto di cioccolato si paga anche trentacinque marchi.
Gli Inglesi non lavorano perche' ogni settimana hanno un pacco. Credevo che in Germania la borsa nera non esistesse. Invece no: esiste ed e' anche bene organizzata.
Corre voce di un grande bombardamento a Berlino con cinquantamila morti. Gli Austriaci sono contentissimi perche' vedono nella fine della Germania l'inizio di una nuova era: quella della liberazione. E'' sempre cosi': dalla morte nasce la vita.

25 - 28 novembre.

Scritto a casa il 26. Quattro giorni! Perche' trascuro cosi' il mio diario? Mancanza di avvenimenti e pigrizia. Si', pigrizia del corpo e della mente, infatti non ho piu' voglia di pensare e siccome "memoria minuitur nisi eam exerceas" io mi impensierisco. Infatti per il mio mestiere o meglio professione; la memoria e' necessaria.

Adesso sto vedendo come il lavoro materiale sia preferibile a quello mentale, e se non fosse il pensiero dei miei lontani, starei benissimo. La liberta'? Ma da venti anni l'abbiamo persa, E poi cosa facevo a Frosolone e a Roma se non rinchiudermi e studiare?
Qui invece il giorno esco per lavorare "questo verbo sulle mie labbra e' una profanazione" e la sera torno in baracca, pregando che la cuoca ci mandi le marmitte piene.
Il mangiare e' buono, tranne le patate, che non mancano mai: sono il cibo nazionale, specie in tempo di guerra. Il cibo e' vario e ci fanno provare ogni tanto il dolce, la pastasciutta, l'arrosto, lo stufatino. Non sembra proprio di essere prigionieri.
Pur maledicendo Hitler, lo debbo ringraziare perche' ha organizzato cosi' bene la Germania da nutrire tanti cosi' bene.
Il popolo austriaco non puo' pero' digerirlo. Pensa alla sua liberta' di una volta ed attende, attende cosi' come attendiamo noi e tante migliaia, anzi milioni di disgraziati.
Con me lavora un Polacco che e' la raffigurazione vivente del suo sventurato popolo. E' mingherlino, di misera statura, quasi divenuto scemo e per di piu' vestito miseramente. Pover' uomo! E' stato preso in casa mentre stava dormendo e portato in Germania e qui il poveraccio deve lavorare. Quanta compassione ho per lui!
Ieri 27 il pomeriggio sono andato con altri quattro a buttare la spazzatura nel fiume Galzac. Siccome il padrone ha visto me e Di Tullio fiacconi, voleva farci restare a scaricare il carbone, mentre gli altri andavano via. In un primo tempo ci siamo rifiutati, poi abbiamo lavorato un po' fino alle cinque. Al ritorno andiamo sul marciapiedi e lui ci ha costretti a camminare in mezzo alla strada. Povera vendetta di uno spirito imbecille!
Vicino al cancello Di Tullio ha detto: dovra' finire e quanti calci nel culo...Addio, e' scoppiato il finimondo. Il padrone ha capito "vaffanculo" e lo ha detto al soldato che lo avevano insultato. Il giorno dopo 28, c'e' stato una specie di interrogatorio ed io ho cercato di convincere il caporale dicendo una versione a noi favorevole.
Il 28 ci hanno dato un'altra cartolina da scrivere a casa. Chi lo sa se ci crederanno a quanti ho scritto e se la cartolina arrivera'. E' uno dei tanti casi in cui la verita' non sara' creduta! Crederanno che io soffra la fame e invece mi debbo sbottonare i pantaloni o sdraiarmi sul letto...

29 - 30 novenbre - 1 - 2 - 3 dicembre.

Parlando di quel tizio che voleva farci lavorare ho detto: piccola vendetta di uno spirito imbecille! La vendetta e' andata oltre. Infatti Di Tullio e' stato cacciato dall'officina. Lavora allo scoperto. C'e' la neve, la pioggia: qui si lavora sempre.

Io penso specie quando nevica, alla mia casa, al focolare e soprattutto che starci alle setta ancora a letto.
Io e Jovine siamo speciali nel lavorare. Se tutti lavorassero come noi la Germania avrebbe perso da tempo la guerra.
Intanto il mesi di dicembre e' entrato e Natale si avvicina. Natale, Natale! Come lo far•? Come lo faranno i miei?
Stasera 3 dicembre ho letto della conferenza di Teheran. Che gli Inglesi si decidano all'attacco finale? Speriamo di si'.

4 - 5 - 6 dicembre.

Giorni veramente insignificanti. La prima cosa e' una gran fede nei promessi bombardamenti. Che ci voglia il fragore delle bombe ad aprire la testa ai Tedeschi? Si dice che l'ultimatum termini a Natale e se non viene accolto, 50 citta' saranno rase al suolo. Tutti godono, dico godono nel sentire simili notizie.

Un soldato ci ha detto anche che i Russi stanno in Germania. Cio' e' falso. Radio campo qui ad Hallein non funziona bene perche' i Francesi mi danno quasi ogni sera il giornale e quindi posso leggere il comunicato, benche' a questo non si possa prestare molta fede.
Il freddo non ancora comincia a sentirsi. Dove lavoro c'e' una signora, padrona di un ristorante, che ogni tanto ci da' un po' di caffe'-latte sia pure dietro pagamento. Non ancora insomma si sta male.

7 - 8 dicembre.

Ho visto il 7, verso le undici, un certo numero di persone, incolonnate nel cortile della fabbrica. Sono in massima parte civili francesi, vi sono italiani e alcuni polacchi. Vi sono anche i poliziotti tedeschi e alcuni rappresentanti della famosa Gestapo. Ce n'e' uno, vestito di nero, dal volto truce, del tutto simile ai commissari del popolo dei films di propaganda. Penso che non deve essere molto bello trovarsi nelle sue grinfie.

Cosa e' successo? Hanno reclamato per il mangiare e per protesta non sono andati a lavorare. Il capolager ha telefonato alla Polizia e in conclusione venti persone sono andate a finire in prigione.
Il giorno sono andato a Puck col camion a caricare sassi. Il mio lavoro e' su per giu' sempre lo stesso: picco, pala, carretta, sassi, scalpello. Parlo con Jovine dei pacchi, perche' tra giorni ci daranno i moduli per ricevere pacchi da casa. Si dice anche che la popolazione di Hallein offrira' a Natale pacchi ai prigionieri. Cosa pero' difficile se nemmeno lei puo' sfamarsi!
La sera ci hanno anche pagato. Io in diciassette giorni ho guadagnato ben 24 marchi, cioe' qualche cosa come 10 lire. In Italia ne guadagnavo 1600!!
Il caporale ci ha avvertito di non prendere piu' patate. Adesso incominciano le dolenti note! Uno ha ricevuto posta da casa. Quando penso al giro che deve fare la mia cartolina, mi si drizzano i capelli.
Il giorno 8 niente di nuovo, tranne un po' di pane datomi da una donna. Ancora c'e' qualche anima pietosa al mondo!
Che differenza tra l'anno scorso e quest'anno! Allora con un magnifico paio di pantaloni e di scarpe e colla famosa giacca a quadri ero andato a messa e poi a fare un'ora di scuola. Il giorno poi avevo mangiato bene. Qui invece con una pala in mano, mentre la neve cade ed il pensiero vola alla casa lontana, ai miei, alla vita passata. Solo ora posso apprezzare la bonta' della mia casa e il gusto squisito della cucina di mia madre.
Con Jovine progetto il pranzo che dovremo fare noi due soli e che sara' tutto a base di patate
.
Sono ormai avvezzo a sopportare acqua, neve, vento e fortunatamente il raffrddore non ancora arriva e si gusta di piu' cosi', la sera, il caldo della baracca. Se si potesse stare sempre in baracca!

9 - 10 - 11 dicembre (11- pacco).

I Francesi, nostri vicini di baracca, ogni giorno ci portano delle patate o altre cose, insomma una parte del loro rancio. Per ringraziamento noi abbiamo comperato quattro casse di birra e le abbiamo date loro. Io sono stato scelto come interprete per convincerli ad accettare.

Il lavoro e' andato sempre a rilento. Non potro' mai dire di aver lavorato molto in Germania. Il capo stesso, che e' cosi' buono, si e' lagnato tramite il nostro capo squadra, un sergente maggiore di nome Pavesi. Questo tizio e' un ignorante, messo comunale di professione, superbo e ancora una volta ignorante. Non capisce una parola di tedesco e vuole spiegare cio' che dice il capo, non lavora e spinge gli altri a lavorare; il capo dice: langsim e lui vuole che si lavori in fretta. E' insomma un vero disastro. Il povero messo comunale non se lo crede di poter comandare e lasciamolo comandare.
Io mi fo intanto una scorpacciata di birra. In Italia ne avevo tanto desiderio e qui posso appagarlo. Veramente ne avrei fatto volentieri a meno. Il giorno Il ci hanno dato i moduli per i pacchi da casa e le sigarette.

12 - 13 - 14 Dicembre.

Nulla di notevole da segnalare. Il lavoro e' sempre quello: pala, carretti o scaricare qualche vagone alla stazione. Il pensiero e' sempre a casa e l'allegria non manca. Il morale e' alto, perche' un segreto presentimento mi dice che la fine della guerra non e' lontano. Radio campo ha detto che gli inglesi starebbero a Milano, che la flotta italiana sarebbe stata mandata a combattere contro i giapponesi.

15 - 16 dicembre.

Il tempo e' bello, ma la temperatura e' sempre bassa. Il termometro la mattina segna gia' sei o sette gradi sotto zero, ed il sole anche a mezzogiorno non riesce a riscaldarci. E' il sole nordico, incolore ed incalore.

La mattina e' un po' doloroso alzarsi alle sei ed allora penso a casa, vedo il calendario con su scritto "dolce casa" e solo ora riesco a comprendere la bellezza della mia casa.
Il lavoro e' sempre vario: fare la malta, o sbadilare o portare rotaie.
Radio Campo ha anunziato lo sbarco in Francia (questo non e' sicuro) e il bombardamento di Insbruck.

17 - 18 dicembre (pacco).

Niente di nuovo; E' un po' pero' anche la pigrizia. Ci hanno passato un' altra rivista ma senza prenderci niente, anzi ho avuto una camicia di flanella e una mutanda, che tra parentesi ha le uova di pidocchi.

Inoltre ho avuto il modulo per il pacco e la cartolina. Potranno da casa inviarmi quanto chiedo?. Spero di si'; perche' credo che la guerra non li abbia toccati.[La cartolina non arrivo' mai a casa. Invece due cartoline arrivarono a Genova, dove io ero stato militare ed all'armistizio avevo lasciato tutti I miei effetti presso la padrona di casa che si premuro' di mandare quasi tutto. I due pacchi gli pervennero,come pure le risposte.]
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