Attraverso lo specchio
di Lewis Carroll
  
III
GL'INSETTI DELLO
SPECCHIO
Naturalmente
la prima cosa da fare era di esaminare attentamente il paese
attraverso il quale doveva viaggiare.
´» come studiar la geografia, - pensava Alice,
mentre si levava in punta di piedi con la speranza di vedere
un po' più oltre. - Fiumi principali... non ve ne
sono. Montagne principali... La sola montagna qui son io, ma
credo di non aver nome. Città principali... Ah!... e
che sono quelle bestie che fanno il miele laggiù? Non
possono essere api... le api non si potrebbero vedere alla
distanza di un miglio.
E per qualche tempo rimase silenziosa, guardandone una
che s'aggirava tra i fiori, ficcando la proboscide nei loro
calici. ´Proprio come un'ape , pensava Alice.
Però era tutt'altro che un'ape: infatti, era un
elefante... come Alice scoprì presto, con uno stupore
che le tolse quasi il respiro. ´E che enormi fiori
debbono essere! - si disse poi. - ´Qualche cosa come
dei villini senza tetto e con uno stelo... e che gran
quantità di miele debbono fare! Voglio andar
giù a... No, non voglio andare ancora ,
continuò arrestandosi, dopo aver cominciato a correre
giù per la collina, tentando di trovar qualche scusa
per quel suo improvviso timore. ´Non andrò mai
giù tra quelle bestie senza una pertica per
scacciarle... E che divertimento sarà quando mi si
domanderà se mi è piaciuta la passeggiata! Io
dirò:...Oh, m'è piaciuta tanto... (qui fece la
sua solita scrollatina di testa), soltanto c'era tanta
polvere e tanto caldo, e gli elefanti m'hanno seccato un
poco.
´» meglio andar giù per l'altra via,
disse dopo una pausa: - ´e forse potrò vedere
gli elefanti più tardi. Inoltre così
arriverò nella Terza Casella.
E con questa scusa corse giù per la collina e
saltò oltre il primo dei sei ruscelletti.
* * *
- I biglietti, per favore! - disse la Guardia, cacciando
la testa allo sportello.
In un istante tutti cavarono fuori i biglietti. Erano
biglietti della stessa dimensione delle persone e pareva che
riempissero la vettura.
- Su, il tuo biglietto, bambina, - continuò la
Guardia, guardando severamente Alice.
E molte voci dissero tutte insieme (´come il coro
d'un canto pensava Alice):
- Non lo fare aspettare, bambina, chè il suo tempo
vale mille lire al minuto.
- Mi dispiace di non averlo, - disse Alice tutta
impaurita: - nel luogo dove sono partita, non c'era
l'ufficio del bigliettario.
E di nuovo il coro delle voci continuò:
- Non c'era spazio per l'ufficio nel luogo donde essa
è partita. Il terreno lì vale mille lire il
centimetro.
- Le scuse sono inutili, - disse la Guardia, - dovevi
comprare il biglietto dal macchinista.
E ancora una volta il coro delle voci
continuò:
- L'uomo che conduce la macchina. Ebbene, il fumo solo
vale mille lire lo sbuffo.
Alice diceva fra sè: ´» inutile tentar
di parlare. E siccome non aveva parlato, non sentì
il coro delle voci, ma con sua gran sorpresa s'accorse che
tutti pensavano in coro (io spero che voi comprendiate che
cosa significa pensare in coro... perchè debbo
confessare che io non lo comprendo):
- » meglio non dire nulla. La lingua vale mille lire
la parola.
´Stanotte mi sognerò le mille lire, son certo
che le sognerò , pensava Alice.
In quel momento la Guardia la stava fissando prima con un
telescopio, poi con un microscopio, e poi con un binocolo.
Infine disse:
- Tu viaggi in senso inverso!
E così dicendo, chiuse lo sportello e se ne
andò.
- Una bambina così piccola, - disse il signore che
le sedeva di fronte, vestito di carta bianca, - dovrebbe
sapere in che senso viaggia, anche se essa non sa come si
chiama.
Un Caprone, che sedeva accanto al signore in bianco,
chiuse gli occhi e disse a voce alta:
- Essa doveva sapere la via dell'ufficio dei biglietti,
anche se non sa leggere.
Ma uno Scarabeo che sedeva accanto al Caprone (era una
stranissima vettura tutta piena di passeggeri d'ogni specie)
disse, giacchè pareva che si seguisse la regola di
parlare a turno:
- Essa dovrà essere rimandata di qui come
bagaglio.
Alice non potè vedere quello che aveva parlato
dopo lo Scarabeo, ma poi sentì una voce affannata e
cava:
- Si cambia la macchina!... - disse la voce, che poi fu
come soffocata e costretta a interrompersi.
- Sembra la voce di un cavallo, - diceva Alice fra
sè; e una voce straordinariamente sottile, accanto
all'orecchio di lei, disse:
- Tu dovresti fare un bisticcio su
questo: un bisticcio su cava e cavallo.
Allora una voce gentile in distanza disse:
- Sapete, le bisogna mettere l'etichetta: ´Ragazza,
fragile.
E dopo questa, altre voci continuarono: (´Quanta
gente c'è in questa vettura! pensava Alice):
- Essa deve andare per posta, perchè ha un collo
addosso. Deve essere mandata come un dispaccio per
telegramma... Deve tirare il treno da sè per il resto
del viaggio...
E altre proposte di questo genere.
Ma il signore vestito di carta bianca si chinò un
po' e le bisbigliò all'orecchio:
- Non badare a ciò che si dice, cara, ma prendi un
biglietto di ritorno tutte le volte che il treno si
ferma.
- Veramente non lo farò, - disse Alice con qualche
impazienza, - io non appartengo a questo viaggio di strada
ferrata... Poco fa ero in un bosco... e vorrei poter tornare
indietro.
Disse la piccola voce accanto al suo orecchio:
- Adesso potresti fare un giuoco di
parole: qualche cosa, sai, su volere e potere.
- Non mi seccare, - disse Alice, invano guardandosi per
scoprire donde venisse la voce; - se ti piacciono tanto i
giuochi di parole, perchè non ne fai uno tu?
La piccola voce trasse un profondo sospiro: segno
evidente di grande infelicità, e Alice avrebbe detto
qualche parola di consolazione, ´se il sospiro fosse
stato come tanti altri! ella si diceva. Ma era così
straordinariamente minuscolo, che non si sarebbe
assolutamente sentito, se non le fosse sonato accanto
all'orecchio. Per conseguenza ella avvertiva un forte
solletico all'orecchio che la stornava dal pensiero
dell'infelicità della povera creaturina.
Continuò la piccola voce:
- So che tu sei un'amica una cara amica,
una vecchia amica. Benchè io sia un insetto, tu non
mi farai male.
- Che specie di insetto? - Alice chiese con ansia.
Ciò che voleva veramente sapere era se pungesse o
no, ma pensò che non era una domanda che si potesse
educatamente mettere.
- Che! allora non ti.....
cominciò la vocettina, quando fu soffocata da un
acuto strillo che veniva dalla macchina, e tutti si levarono
impauriti. Alice tra gli altri.
Il Cavallo che aveva messo la testa allo sportello, la
ritrasse tranquillamente dicendo:
- Si tratta di saltare un ruscello.
Tutti parvero soddisfatti di questa spiegazione, ma Alice
si sentiva un po' nervosa all'idea di un treno che doveva
saltare. ´Però, ci porterà alla quarta
Casella, e questa è una consolazione! disse fra
sè.
- L'istante dopo sentì la vettura levarsi dritta
in aria, e nella paura che la invase, Alice s'afferrò
all'oggetto più vicino, che poi era la barba del
Caprone.
* * *
Ma la barba, toccata, parve svanire, e Alice si
trovò tranquillamente seduta sotto un albero, mentre
la Zanzara (che era l'insetto che le aveva parlato) si
equilibrava su un ramoscello che le pendeva sulla testa,
facendosi vento con le ali.
Certo,
era una Zanzara colossale: ´della dimensione di una
gallina, pensò Alice. Pure, non ne ebbe paura, dopo
che avevano conversato tanto tempo insieme.
-...Allora non ti piacciono tutti gli insetti, -
continuò la Zanzara, come se nulla fosse
accaduto.
- Mi piacciono quando sanno parlare, disse Alice. -
Nessuno di essi parla mai, nel paese donde vengo
- E che razza di insetti ti allietano, e donde vieni? -
chiese la Zanzara.
-
Gli insetti non mi allietano affatto, - spiego Alice, -
piuttosto ne ho paura... almeno di quelli grandi. Ma posso
dirti i nomi di alcuni.
- Naturalmente, essi rispondono ai loro nomi? -
osservò con indifferenza la Zanzara.
- Non l'ho mai saputo.
- E che servirebbe aver il nome, e non rispondere?
- Non serve ad essi, - disse Alice; ma serve alle persone
che li nominano, credo. Se no, perchè ogni cosa
avrebbe un nome?
-
Non so, - rispose la Zanzara. - Nel bosco laggiù non
ci sono nomi... Ma continua con la lista degli insetti:
così perdi il tempo.
- Prima, la Mosca cavallina, - cominciò Alice,
contando i nomi sulle dita.
- Oh, bene, - disse la Zanzara, - a mezza strada da quel
cespuglio, vedrai la Mosca dei cavallucci di legno. »
fatta interamente di legno, e va di ramo in ramo
dondolandosi su sè stessa.
- E di che vive? - chiese Alice con grande
curiosità.
- Linfa e segatura, - disse la Zanzara; avanti con la tua
lista.
Alice mirò la Mosca dei cavallucci di legno con
grande interesse, e dicendo fra sè che certo, per
sembrare così lucente e appiccicaticcia, era stata
riverniciata di fresco, continuò:
- E v'è il Moscone della carne.
- Guarda il ramo sulla tua testa, - disse la Zanzara, - e
vedrai il Moscone della carne. Ha il corpo di salsiccia, le
ali di costoletta e la testa di braciola.
- E di che vive? - chiese Alice, come prima.
- Di salame e di pasticcio di sanguinaccio, - rispose la
Zanzara, - e fa il nido in un tegame.
- E poi c'è la Mosca del formaggio, -
continuò Alice, dopo aver guardato ben bene
l'insetto, che aveva la testa nel fuoco, mentre essa diceva:
´Forse questa è la ragione perchè
agl'insetti piace di volare intorno alle candele .
- Puoi veder strisciare ai tuoi piedi, - disse la Zanzara
(Alice ritrasse i piedi impaurita) - una Mosca del pane e
formaggio. Le sue ali sono fette sottili di pane e burro, il
suo corpo è di Gorgonzola, gli occhi di Gruyera.
- E di che vive?
- Di maccheroni e di pere.
Ma in mente di Alice sorse un'obiezione.
- E se non ne trova? - essa disse.
- Morirebbe, è naturale.
- Qui deve accadere molto spesso, - osservò Alice
pensosa.
- Accade sempre, - disse la Zanzara.
E allora, Alice rimase un minuto o due meditabonda. La
Zanzara si divertiva intanto a zirlarle intorno alla testa:
finalmente si adagiò di nuovo, e osservò:
- Io credo che tu non abbi l'intenzione di perdere il
nome.
- Veramente no, - disse Alice con una certa ansia.
- E pure io non so, - continuò la Zanzara con tono
d'indifferenza: - pensa il guadagno che faresti, se lo
perdessi ritornando a casa. Per esempio, se la governante
volesse chiamarti per la lezione, direbbe: ´Vieni
qui... e dovrebbe interrompersi, perchè non avrebbe
un nome con cui chiamarti, e tu allora non dovresti
rispondere.
- Io credo che questo non servirebbe a nulla, - disse
Alice: - la governante mi farebbe scuola lo stesso. Se non
ricordasse il nome, mi chiamerebbe ´signorina come fa
la cameriera.
- Bene, ´signorina vuol dire piccola signora, -
osservò la Zanzara, - e allora... s'ignora la
chiamata. Questo è un bisticcio. Mi piacerebbe che
l'avessi pensato tu.
- Perchè ti piacerebbe che l'avessi pensato io? -
chiese Alice. - » un brutto bisticcio.
Ma la Zanzara non rispose e trasse un profondo sospiro,
mentre due grosse lagrime le solcavano le gote.
- Non dovresti far dei bisticci, - disse Alice, - se ti
addolora tanto.
Poi venne un altro di quei malinconici sospiri, e tosto
la povera Zanzara parve essersi dissolta con esso,
perchè Alice guardò di nuovo da quella parte,
e non vide più nulla sul ramoscello. E allora,
siccome si sentiva intirizzire per esser stata così a
lungo seduta, s'alzò e si mise a camminare.
Arrivò subito a una pianura, con un bosco
dall'altro lato: sembrava molto più oscuro
dell'ultimo bosco, e Alice ebbe paura di entrarci.
Però, ripensandoci meglio, decise di andare innanzi:
´Perchè certamente non ritornerà
più essa si diceva, e quella era l'unica via per
l'Ottava Casella.
- Questo dev'essere il bosco, - disse meditabonda, - dove
le cose non hanno nomi. Chi sa che sarà del mio,
quando c'entrerò! Non mi piacerebbe di perderlo...
perchè dovrebbero darmene un altro, e certo sarebbe
brutto. Sarebbe divertente trovare la creatura che portasse
il mio vecchio nome. Proprio come i manifesti quando la
gente perde i cani: ´Risponde al nome di Menelik: aveva
un collare d'ottone ; figurarsi, chiamare ogni cosa che
s'incontra ´Alice , finchè una risponde. Ma se
fosse savia, non risponderebbe affatto.
Divagava a questo modo, quando raggiunse il bosco, che le
sembrò molto freddo e ombroso. ´Ma ad ogni modo
è un gran conforto, - si diceva entrando sotto gli
alberi, - dopo tanto caldo, entrare nel... nel... che cosa?
ella continuò, piuttosto sorpresa di non poter trovar
la parola. ´Vado sotto il... sotto il... sotto questo,
sai e mise la mano sul tronco dell'albero. ´Chi sa
come si chiama! Credo che non abbia nome... sì,
certo, non l'ha.
Stette silenziosa per un minuto a pensare; e poi
ricominciò: ´E allora è realmente
accaduto, dopo tutto. E ora, qual è il mio nome?
Voglio ricordarlo, se posso. Sono proprio decisa. Ma
l'essere decisa non significava nulla, e tutto ciò
che potè dire, dopo molto scervellarsi, fu: ´Al,
so che comincia per Al.
Proprio in quel punto venne a passare una cerva, che
guardò Alice coi suoi grandi gentili occhi, ma non
sembrò per nulla impaurita.
- Qua, qua! - disse Alice, sporgendo la mano e provando a
carezzarla.
Ma
quella diede un piccolo balzo, e poi la guardò calma
di nuovo.
- Come ti chiami? - disse finalmente la Cerva, con una
soavissima voce.
´Vorrei saperlo , pensava la povera Alice, e rispose
tutta rattristata:
- In questo momento, nulla.
- Pensaci ancora, - disse la Cerva, - così non
può essere.
Alice pensò ancora, ma non venne a capo di
nulla.
- Per favore, e tu non puoi dirmi come ti chiami? - ella
disse timidamente. - Forse m'aiuteresti a ricordare il mio
nome.
- Te lo dirò, se vieni un po' più oltre,
disse la Cerva. - Qui non posso ricordarlo.
Così esse viaggiarono insieme per il bosco, Alice
con le braccia strette affettuosamente intorno al morbido
collo della Cerva, finchè non arrivarono in un'altra
pianura, dove la Cerva balzò improvvisamente in aria
e si liberò dal braccio di Alice.
- Io sono una Cerva, - esclamo con voce di gioia. - E
povera me, tu sei una creatura umana.
Tosto uno sguardo di sgomento apparve nei suoi begli
occhi bruni, e l'istante dopo essa s'era slanciata lontano a
grande velocità.
Alice la seguì con lo sguardo, li lì sul
punto di scoppiare in lagrime per aver perduta così
improvvisamente quella piccola compagna di viaggio.
´Però, so il mio nome ora, - ella si disse: -
questa è una consolazione. Alice... Alice... non lo
dimenticherò più. E ora chi sa quale di queste
due frecce dovrei seguire!
Non era molto difficile rispondere a questa domanda,
perchè nel bosco c'era una strada sola e la freccia
su tutti e due i cartelli aveva la punta rivolta in quella
direzione.
´Lo deciderò, - si disse Alice, - quando la
strada si dividerà e le frecce indicheranno diverse
vie.
Ma la cosa non sembrava probabile. Ella continuò
ad andare, ad andare, per molto tempo, e dovunque la strada
si divideva era sicura di vedere due frecce che indicavano
la stessa via, una col cartello: ´Alla casa di
Tuidledum e l'altra: ´Alla casa di Tuidledì.
- Credo, - disse finalmente Alice, - che essi abitino
nella stessa casa. Non so perchè non ci abbia pensato
prima. Ma non potrò starvi a lungo. C'entrerò
per dire: ´Come state ? e domanderò loro
d'indicarmi la via per uscire dal bosco. Se potessi soltanto
arrivare all'ottava Casella prima di notte!
Così continuò ad andare innanzi, parlando a
sè stessa mentre camminava, perchè, nel
voltare intorno a un angolo acuto, s'imbattè in due
grassi omini, così all'improvviso che non potè
fare a meno di dare un balzo indietro, ma per riaversi
l'istante dopo, già assolutamente certa ch'essi
dovevano essere
 
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