Le recensioni  

 

 

L'hammam

di Tahar Ben Jelloun

Einaudi

2002

Pagine: 52

Costo: 7.50 Euro


È l'ossessione che porta la follia o la follia che porta all'ossessione? Questa è la domanda che mi sono posto dopo aver cominciato a leggere questo piccolo romanzo di Tahar Ben Jelloun. Infatti, il protagonista, un pianista marocchino baciato dal successo, ha un'ossessione, quella di essere sporco e di emanare un puzzo orribile. Egli si lava, una doccia al mattino ed un bagno rilassante alla sera, ma quell'odore non lo abbandona mai. La sua compagna ed il suo medico gli spiegano che, in realtà, non ha nessun cattivo odore, ma questo non basta a farlo star meglio. Lui sa che quell'odore c'è ed è dovuto ad una malattia, una Malattia Amichevolmente Trasmissibile, una malattia che ha contratto stringendo una mano, o abbracciando una persona malata e contagiosa. 

Il rimedio per questa malattia che lo fa sentire così lordo non è qualcosa di convenzionale. Non è una doccia con un detergente speciale e neanche una crema dermatologica o un profumo. Egli sa che per perdere quell'odore il rimedio e una visita all'hammam, ed in particolare a quell'hammam di Fez dove si trova Bilal il massaggiatore nero. 

Così il nostro protagonista che da anni risiede in Francia, lascia tutto e da solo va a Fez per poter ritrovare l'antica usanza dell'abluzione presso l'hammam e poter giovare del massaggio purificatore di Bilal. 

La prosa di Tahar Ben Jelloun scorre fluida ed il libro si legge in un paio d'ore. Ma nonostante la sua brevità i contenuti di questo romanzo sono interessanti. La dedica dell'autore di per sé è già una sferzata che ci arriva  prima di iniziare l'attacco  dell'incipit: "Ai traditori che si riconosceranno". Poi, leggendo oltre, si arriva inevitabilmente a chiedersi quanto ci sia di autobiografico in quella cinquantina di pagine. Pagine che descrivono il mondo dell'artista affermato che si trova attorniato da personaggi mascherati da amici sinceri che troppo spesso sono solo  invidiosi e interessati. E da questi "traditori-untori" che il protagonista fugge arrivando a Fez dove trova finalmente le risposte alle sue domande.  

Nella Fez descritta ne "L'hammam" gli anziani si lamentano di come ciò che era la loro città non esista più; ben poco è rimasto come prima. La città non ha più l'identità di una volta e solo qualche pazzo è convinto ancora di poter salvare ciò che era e oramai non è più. Lo stesso protagonista trova che la sua casa natale, posta nella città vecchia, è oramai diventata un'abitazione popolare in un sobborgo.  Questo cambiamento della città si  rispecchia in un più generale cambiamento della società, in cui oggi le cose buone sono oramai andate perdute e i "malvagi" hanno la meglio. Oggi "le persone conoscono la paura, ma non il rispetto" dice un anziano al nostro protagonista; non ci sono più ideali e i "traditori", coloro che urlano e schiamazzano, coloro che vivono di invidia e sotterfugi, hanno vita facile.  Da questi personaggi bisogna stare lontani. Evitare di frequentarli, non farli entrare nella propria vita e, se ciò fosse malauguratamente già successo, allontanarli e dimenticarli. Dimenticarli per guarire. 

La lettura di questo libro di poche pagine ci lascia molto. Ancora una volta Tahar Ben Jelloun ci dimostra le sue qualità di grande narratore e in più ci mostra come si possa  esprimere tanto in un testo così breve. 

 

L'incipit:

"È da molto che sogno di andare all'hammam. Faccio la doccia ogni mattina, ho una cura quasi ossessiva della mia igiene personale, eppure mi sento sporco. Mi manca l'hammam. Più che nostalgia dell'infanzia, anni avvolti nel vapore e intrisi di immagini sfocate, un tempo in cui l'innocenza ci permetteva di accompagnare le nostre madri in quei luoghi di ambigua intimità, il bagno moresco o bagno turco, come lo chiamano gli orientalisti, è uno spazio privilegiato, una specie di segreto che ogni bambino marocchino custodisce gelosamente nella propria memoria. Un bambino non è mai del tutto innocente, ma chiude gli occhi e fa come se nulla di veramente grave potesse accadere nella luce velata che da' ai corpi delle donne forme stravaganti e traboccanti di desiderio. con il passare degli anni quelle immagini ingrandiscono e assumono proporzioni inquietanti. Certe scompaiono, altre riemergono in sogni perplessi. Per alcuni, tutte le donne che si lavano in quella semioscurità sono delle orchesse, per altri esiste solo la propria madre e non vedono che lei."  

Una citazione dal testo:

"L'invidia è lo specchio della bruttezza. Riflette i nostri sentimenti bassi e meschini, ci riempie di veleno, corrompe l'anima e ci spinge ad agire come se fossimo capaci di azioni fuori dal comune, come uccidere una persona la cui semplice esistenza suscita invidia, questo desiderio esasperato e malsano che può condurre al crimine. L'invidioso è uno zoppo che vorrebbe essere una stella della danza. Mente a se stesso e agli altri e finisce per credere che la propria incompetenza sia il rovescio di qualità che lui pensa di possedere, ma che l'altro ostacolerebbe impedendone l'espressione. L'invidioso assomiglia a certi carri armati pesanti e stanchi, che cadono in rovina sferzati dal vento. La ruggine che lo corrode e lo sgretola è soltanto il desiderio mai placato di possedere ciò che l'altro ha naturalmente e talora senza sforzi. L'invidioso si piega sotto il peso delle sue inclinazioni malsane e può rimanerne schiacciato. È la malattia più labirintica che ci sia. Attraversa il corpo facendo molte deviazioni, circonvoluzioni irrazionali. Intacca il fegato, bistratta il cuore, inietta negli occhi un liquido giallastro e dà strane allucinazioni." 

Nota tecnica:

Per coloro che sono interessati alla tecnica di scrittura, nel romanzo di Tahar Ben Jelloun troviamo un interessante esempio dello uso del "cambiamento del punto di vista della narrazione". Il protagonista della storia è anche il narratore ed usa la prima persona per raccontare la sua vicenda ("È da molto che sogno di andare all'hammam."), ma, nelle pagine in cui ci sono passaggi introspettivi, la persona passa alla seconda singolare per evidenziare questi tratti in cui il discorso è  interiore. Ad esempio a pagina 15 troviamo: "È sempre una questione di fiducia. Esistono due categorie di persone: quelle che diffidano sistematicamente di chiunque e quelle che danno credito a tutti. Tu appartieni alla seconda categoria. Sei dotato di notevole intuito, ma la cosa non ti è di grande aiuto." In questo modo nel romanzo, le parti della narrazione che trattano della direttamente della vicenda e quelle invece introspettive vengono differenziate in maniera inequivocabile. 



Claudio Palmieri, Dicembre 2002

Dello stesso autore ho recensito: "Creatura di sabbia".


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