LE COMPAGNIE
di Bruno Costa

Premessa
Da questo confronto tra la compagnia di S. Sebastiano e la chiesa canonica, fatto da posizioni sufficientemente autonome (perlomeno nei primi due secoli di storia della compagnia) si avvertono in alcuni documenti delle tensioni derivanti da incomprensioni o sovrapposizioni operative. Non è scopo di questo lavoro sostenere le ragioni dell'una o dell'altra istituzione; anzi è bene dire che il materiale consultato non permette un giudizio definitivo in questo merito, essendo pervenuti a noi molti dei documenti riferiti alle varie riforme vescovili imposte alla compagnia, o le leggi di soppressione granducali e non altrettanti quelli che riguardano direttamente la gestione della compagnia. L'interesse maggiore in questa ricerca è stato rivolto alla valorizzazione del volontariato sociale, di cui la storia della compagnia è ricca; al fine di sensibilizzare coloro che attualmente nella nostra società si possono considerare i "continuatori" dell'opera iniziata da questi nostri lontani compaesani.

Cosa sono le compagnie
La compagnia è un'associazione laica di uomini e donne, retta da un regolamento ispirato dalla filosofia cristiana e approvato dal vescovo. Tra i suoi compiti: la carità verso il prossimo bisognoso, la preghiera, la solidarietà tra i fratelli uniti da una logica di mutuo soccorso. I fratelli "visitatori d'infermi", gli addetti a seppellire i morti, coloro che assistevano le famiglie particolarmente miserabili sono da considerare la prima espressione del volontariato laico organizzato in associazione. La nascita delle prime compagnie del '400 avviene sulla spinta del fervore cristiano tipica degli ordini mendicanti che si richiamavano all'essenzialità evangelica del paleo-cristianesimo, dimostrando a volte insofferenza verso i dogmi della chiesa canonica e rivendicando sempre la possibilità, di operare in autonomia da essa.

LA COMPAGNIA DI S. SEBASTIANO A VIEGLIA

Uno dei motivi di interesse di chi ha fatto questa ricerca e crediamo di coloro che si sentono radicati in questo territorio, è senza dubbio la "secolarità" della compagnia di S. Sebastiano.
Nei documenti consultati per questo lavoro non è stato possibile risalire esattamente all'anno di fondazione. Tuttavia dalla compilazione dei capitoli originali del suo statuto, approvati dal vescovo di Fiesole Roberto Folchi, in carica (1481-1504) è ragionevole supporre la fondazione entro la fine del quindicesimo secolo. Nel comune di Fiesole è di gran lunga la più antica associazione laica di solidarietà tra fratelli e sorelle uniti da un sentimento cristiano di carità. Il secondo esempio nel nostro circondario, avviene oltre un secolo dopo: S. Maria a Ontignano (1616). Il terzo, a Pratolino, due secoli più tardi con la compagnia di S. Niccolò di Bari al tabernacolo (1698).
Prendendo a riferimento l'intera diocesi fiesolana, risultano antecedenti a S. Sebastiano le sole compagnie di S. Godenzo (1415), Pian di Scò ( 1469 ) e S. Maria Annunziata a Gaville (1476). Mentre le è di poco posteriore, la compagnia della Madonna del Sasso (1515). Per quanto riguarda il contesto organizzativo del territorio, in cui è nata la compagnia di S. Sebastiano, rileviamo che dal 1364 la parrocchia di S. Martino fu soppressa e il suo popolo riunito con quello vicino di S. Andrea a Vieglia. Da allora S. Martino svolse il ruolo di cappella cimiteriale per tutta la parrocchia ed è naturale che la sede di S. Sebastiano le fosse prossima. Dal 1638 S . Andrea venne dichiarata prioria. Tra i compiti del priore, oltre alla gestione della parrocchia, vi era spesso quello di "correttore" della nuova compagnia, quando i fratelli ritenevano di sceglierlo per tale compito.
Inoltre doveva portare conforto spirituale al vicino spedale di infermi (6 posti letto) e gettatelli (figli illegittimi, di genitori sconosciuti o semplicemente miserabili) di S. Maria della neve alla Querciola. Da un giornale rionale (libro contabile con l’aggiunta di ricordi e obblighi) della prioria di S. Andrea, anni 1544-1639, possiamo risalire, tra le altre cose, al patrimonio amministrato:
- chiesa di S. Andrea, con casa per il priore.
- chiesa di S. Martino, con podere e casaa da lavoratore.
- altri terreni, ulivati e boscati, tenutti a livello da Giannozzo da Cepperello.
- diritto di decima su 21 poderi, facentii parte della prioria con rendita pagata in grano, vino, olio.

Nel 1544, risulta patrono (maggior benefattore) della chiesa di S. Andrea, Giovanni di Nigi Neroni; priore Mariotto di Giovanni, cappellano Pietro Epifani.
Un’ultima informazione utile, prima di addentrarci nella ricostruzione storica della compagnia, riguarda l'obbligo descritto sullo stesso giornale in data 1639:
Francesca Neroni Altoviti, devolve lire 35 di indulgenza per l'anima dei suoi defunti, a favore della chiesa di S. Andrea.
Il figlio di lei, Luigi Altoviti, rinnova l'obbligo per sé e gli eredi suoi in avvenire. Quindi, dal '400, nel patronato di S. Andrea c'è ereditarietà tra i Neroni e gli Altoviti imparentatisi tra loro. Vedremo in seguito, come questa famiglia molto generosa con la chiesa di S. Andrea, resterà sempre molto marginale nella storia secolare della compagnia.

LO SPIRITO CRISTIANO DEI FONDATORI NEL PROEMIO AI CAPITOLI DEL '400

Invocando sempre il nome dell'onnipotente Iddio, del glorioso padre nostro avvocato e protettore messere Santo Sebastiano martire e a onore di tutta la celestiale corte del paradiso.
Preghiamo Iddio che ci conceda grazia di ben fare per fondarci in santa pace, con salute delle nostre anime, per esaltazione della santa fede cristiana a dissipazione di ogni errore e peccato.
Affermare in prima i 12 comandamenti della legge et i nostri e vivere in tranquillità acciocché alla nostra fine l'onnipotente Iddio, abbia misericordia delle nostre anime.
Essendo così ispirati questi fratelli dall'onnipotente Iddio e da messere santo Sebastiano di ridursi a penitenza, ordiniamo che l'abito di detta compagnia sia così che i fratelli si vestano di cappa bianca lunga fino ai piedi e tutti cinti di corda grossa bianca e per segno portino in testa dipinto il nostro padre messere Santo Sebastiano, e in mano portino una disciplina di corda. In prima ordiniamo che nessuno dei nostri fratelli faccia giuramenti di osservanza ai capitoli ma si limitino a dire sì, senza altra promissione. Vogliamo che qualunque dei nostri fratelli che per malizia, ignoranza o fragilità non osservasse i nostri capitoli accusandosi umilmente peccatore possa essere assolto dalle pene tassate dal nostro governatore
(padre secolare della compagnia a cui i fratelli devono confessare le loro mancanze e di conseguenza essere ammoniti,puniti o assolti). E per dare effetto al nostro principio ordineremo di capitolo in capitolo il modo e ordine di vivere e così il tempo reale come lo spirituale.

1530: CADE LA REPUBBLICA FIORENTINA; SOFFIA IL VENTO DELLA RESTAURAZIONE...

La prima riforma dei capitoli della compagnia, avviene pochi decenni dopo la sua fondazione.
Naturalmente non è una esigenza degli iscritti ma un'imposizione vescovile per mano del vicario di Fiesole Mariano dei Tucci (anno 1538). La riforma ricalca il clima politico del momento: caduta della repubblica fiorentina e conseguente ritorno dei Medici a Firenze con l'imposizione del principato. A giustificazione di tale riforma, il vicario premette in sintesi: è giunta a noi voce di qualche consuetudine non spirituale e accresciuto disordine, tale che facilmente si dubita che presto verrà a mancare l'apporto benefico della compagnia. Poiché agli orecchi nostri è pervenuta questa notizia, per abbuiare un tale inconveniente innanzi che il male divenga maggiore ci è parsa necessaria la presente riforma:
- confermiamo i soliti capitoli eccetto qquel tanto che la presente riforma vorrà mutare;
— le tornate della compagnia dovranno avvenire dopo desinare, affinchè possiate udire messa nelle vostre cure;
— vogliamo che si aggiungano agli attuali ufficiali, due procuratori che controllino il camarlingo e i sacrestani, e quando avanzasse denari, decidano insieme al governatore, i consiglieri e il correttore come stanziarli a favore della compagnia, nonostante il divieto dei capitoli;
— tale partito
(detto delle 5 fave nere) comprendente il governatore, due consiglieri e due procuratori, può essere imposto anche per gli altri uffici e regole;
— i visitatori d'infermi non si sorteggino per tratta ma vengano scelti uomini di provata carità i quali usino frequentare il luogo;
— la festa di S. Sebastiano, si faccia come ordina il capitolo, ma la spesa per dare il cartoccio di pepe agli ufficiali e il desinare per tutti i fratelli non si può fare con l'entrata ordinaria della compagnia o delle elemosine. " Concediamo solo a quei fratelli che abitano distanti dal luogo, di non tornare a casa digiuni e si possa fare per loro una colazione di pane, vino, cacio, mele, o simile frutta".
— il correttore non sarà più scelto e eletto dalla compagnia, ma riconfermato ogni anno dal vescovo attraverso il suo vicario;
— e perché possiate aiutare meglio gli infermi, vi concediamo di poter raccogliere elemosina in tutto il vescovado; e ad ogni persona che ve la donerà, gli concediamo 40 giorni di indulgenza; tale perdono si protrarrà fino a che noi lo riterremo necessario;
Per notoriom nostrum e nostri soliti sigilli facimus impressione comminiri datu florentia in episcopali curia nostra fesulana die 12 marzo 1538.
THOMAS BERNIUS NOTARIUS.


Riflessione sulla riforma:
Nella sostanza si impone alla compagnia un esecutivo ristretto di 5 persone, che all'occorrenza possa "saltare" la decisionalità del corpo di compagnia. Inoltre, togliendo la facoltà alla compagnia di scegliersi il correttore e imponendolo dal vescovado, si toglie molto dello spirito laico dei capitoli originali. Non è possibile dare un giudizio, con le sole nostre notizie, per quanto riguarda gli accennati problemi di moralità nella premessa del vicario Mariano dei Tucci.

OBBLIGHI E OFFERTE PER INDULGENZE

Nella seconda parte del secolo sedicesimo, anche in relazione allo scisma seguito alla riforma luterana, si acutizza il fenomeno delle indulgenze, particolarmente quelle a favore delle anime di persone care considerate in purgatorio. Le compagnie traggono risorse notevoli da questa pratica ampiamente diffusasi nella società, nessun ceto escluso. La compagnia di S. Sebastiano, pur essendo inserita ai margini delle attività cittadine e non certo nelle migliori condizioni di essere gratificata in tal senso, potè contare tuttavia su introiti economici derivanti da obblighi; eccone due esempi:
Nel libro delle entrate della compagnia risulta i che il regio ospedale di S. Maria Nuova (proprietario all'epoca della fattoria dell'Olmo e di terre confinanti col popolo di S. Andrea a Sveglia) per rispettare il testamento di Andrea Fornaciai del 16.9.1587, rogato da Michelangelo Grifoni, paga lire 7 ogni sei mesi con l'obbligo da parte della compagnia di 5 uffizi l'anno alla memoria di Taddeo Fornaciai e 4 uffizi l'anno per la di lui moglie Mena Fiore. Un altro obbligo dell'anno 1748: Francesco Tofanai e sua moglie con contratto del Monte della città di Firenze, emette una cambiale che assegna alla compagnia di S. Sebastiano 100 ducati, di lire 7 per ducato di moneta fiorentina, con frutti di 14 lire a favore della compagnia per ogni anno a decorrere dal 10 aprile 1748 in avvenire.

DELLE DOTI ALLE FANCIULLE "GETTATELLE" O DI FAMIGLIE PARTICOLARMENTE POVERE

Fra le carità più diffuse ufficializzate nei capitoli delle compagnie, vi era quella di aiutare le fanciulle bisognose, fornendole di una dote in prospettiva di matrimonio. Pertanto ogni compagnia devolveva parte delle entrate derivate dalle indulgenze a questo scopo. Nel giorno di S. Sebastiano dell'anno 1583, i 46 fratelli riuniti in tornata e vincendosi in tratta deliberarono con 45 fave nere e una bianca quanto segue:
in avvenire e in perpetuo, ogni anno faremo una elemosina a due fanciulle povere e vergini, di anni non inferiore a 16 e non superiore a 24 di due gamurre (sottane) di braccia 7 di Perpignano Pagonazzo, che doneremo loro:
- una durante la festa di S. Sebastiano nel nostro luogo;
- una nella solita festa "dell'offerta" ddi maggio, quando noi partecipiamo al S.S. Sacramento alla Madonna del Sasso. Per assegnare le gamurre faremo nel seguente modo:
ogni fratello che non si trovi a specchio, può nominare una fanciulla che non sia di lui figlia ne nipote.
Raccolti tutti i nomi proposti, saranno rimborsati il giorno della festa di purificazione di "nostra donna" dopo desinare e saranno estratto due borse, con i nomi delle fanciulle che avranno le gamurre.

Questa donazione detta "doti alle fanciulle", diviene il 35°capitolo della compagnia, approvato dal vescovo di Fiesole Baccio Gherardini sotto dì 29 dicembre 1616.

LA COMPAGNIA NEL DICIASSETTESIMO SECOLO

E’ questo un secolo dove il volontariato laico ha una notevole espansione sul nostro territorio.
Nel 1616, nasce la compagnia di S. Maria a Ontignano, segue nel 1698 quella di S. Niccolò di Bari al tabernacolo di Pratolino. Insieme alla Madonna del Sasso, queste località diventano la meta annuale della compagnia di S. Sebastiano nelle processioni in onore del S. S. Sacramento, dove i fratelli partecipavano con le proprie insegne, il crocifisso coperto dal baldacchino, 4 fratelli ai lati dello stesso con i lanternoni e il correttore. Lo svolgimento annuale delle processioni era il seguente:
- prima metà di marzo: Ontignano;
- prima metà di maggio: Madonna del Sassoo;
- seconda metà di maggio: Pratolino;
- seconda metà di giugno: pieve di Monterreggi (Corpus Domini), dove la compagnia offriva il tradizionale panellino. A queste manifestazioni annuali se ne aggiungevano altre in modo saltuario come: Cercina, Castello, Badia fiesolana, S. Marco Vecchio, Fontelucente. Dal libro delle uscite, dove tali iniziative sono registrate, si rileva che hanno un costo per la compagnia di lire 3 e soldi 4, per offrire la colazione dei fratelli al seguito e per la cavalcatura offerta al correttore. Una curiosità legata alle sopra dette processioni è che la Compagnia doveva pagare spesso da tre a nove lire, con la motivazione di essere "rimasti indietro". Probabilmente si tratta di ritardi dei fratelli e non si capisce bene a chi il camarlingo dovesse pagare; se alla compagnia ospitante, oppure come "appuntatura" di cattivo comportamento andavano nella cassetta dei poveri della compagnia.

LA DISTRIBUZIONE DEL PEPE

Un'altra cerimonia della compagnia, appena eletti i suoi ufficiali la prima domenica dopo ferragosto (festa di nostra Signora), era la consegna del cartoccio di pepe agli eletti.
Non è ben chiaro lo scopo; quel che è certo è che tale pratica è durata incessantemente fino a trovare la voce "costo per pepe" sulle uscite della compagnia del primo '900.
E da supporre non fosse esente una vena di superstizione e che questo pepe simbolico dovesse tenere lontano il "maligno" dal fratello nella pratica del suo ufficio. Tuttavia, questa è solo un ipotesi e potrebbero esserci altri significati.

LA CERCA DEL GRANO

Sbrigata la nomina degli ufficiali, la prima iniziativa da fare a fine agosto era la "cerca del grano".
Alcuni fratelli addetti, si impegnavano a raccogliere le offerte di grano a iniziare dai 21 poderi del popolo di S. Andrea, ma non era escluso si potesse andare anche oltre, essendo la compagnia teoricamente aperta a tutti. Col grano raccolto, oltre a produrre i panellini nell'occasione del Corpus Domini e per le altre colazioni nel calendario della compagnia, si facevano offerte; beneficiate erano le famiglie particolarmente povere. Quando il grano raccolto non era sufficiente per coprire il fabbisogno annuo veniva richiesta un’ulteriore offerta ai fratelli.

LE VISITE PASTORALI DEI VESCOVI NEL '600

Si tratta di visite formali, molto brevi in cui di solito il Vescovo inizia la mattina da S. Maria a Buiano, pieve di Montereggi, S. M. a Saletta, per finire alla prioria di S. Andrea a Sveglia.
Nel 1635 giunge a S. Andrea il Vescovo Lorenzo della Robbia il quale, a motivo della sua visita, concede 40 giorni di indulgenza a tutti i 120 fratelli. Considerando questo ultimo dato, 120 fratelli, e confrontandolo con la votazione fatta per le doti alle fanciulle alla quale parteciparono 46 fratelli (anno 1583), è da supporre un notevole aumento delle adesioni alla compagnia.

ORDINI E AMMONIMENTI VESCOVILI, NELLA SECONDA METÀ DEL '600

Un primo duro ammonimento del vescovo Roberto Strozzi è del 1665 e sostanzialmente dice:
Avendo avuto noi notizia di controversie e abusi in seno alla vostra compagnia, e vostra non osservanza dei capitoli espressamente comandiamo:
- che non si mandino elemosine a infermi,, se non vi è la fede del vostro correttore che sono detti infermi, confessati e comunicati;
- che dopo l'annuale cerca del grano, lo scrivano della compagnia verbalizzi le staia di grano raccolte;
- che i provveditori e i sacrestani tengaano i denari nelle cassette apposite come prescrivono i capitoli;
- che i procuratori e i revisori della coompagnia siano tratti regolarmente a partito, e non considerati inamovibili; e andati regolarmente a partito si impone che abbiano età non inferiore a 25 anni e che sappiano leggere e scrivere;
- che si faccia un nuovo libro con l'inveentario di tutte le proprietà della compagnia.
- che si faccia un nuovo libro delle entrrate e delle uscite e che i fratelli si facciano insegnare dal correttore il modo in cui lo debbono tenere, per debito, credito e accatti
.
Il secondo ammonimento è del 17 luglio 1700,da parte del vescovo Filippo Neri Altoviti. La motivazione questa volta prende avvio da un reclamo fatto dagli stessi fratelli, al vescovo di Fiesole.
Nella supplica, i fratelli denunciano al vescovo la non regolarità dell'ultima tratta avvenuta in compagnia per il rinnovo degli ufficiali; si dice esplicitamente che non si sono voluti rimborsare alcuni nomi di fratelli e per tanto tale tratta non può essere ritenuta valida. Il vescovo risponde alla supplica proveniente da S.Sebastiano, annullando la tratta incriminata, dicendo:
si rifaccia la tratta alla presenza del corpo di compagnia, in casa del correttore e alla presenza di tutti gli ufficiali:
- per l'ufficio di scrivano, provveditoree, consiglieri, camarlingo e revisori, devono essere solo rimborsati quei fratelli che sappiano leggere e scrivere;
- per l'ufficio di governatore possono esssere rimborsati anche alcuni fratelli analfabeti, purché abbiano altre qualità necessarie in tale ufficio
.
Per cercare di risolvere lo spinoso problema, il 6.7.1700, anche il priore di S. Andrea e correttore della compagnia, Cesare Maria Baracchi, manda una supplica al Vescovo.
Il priore chiede umilmente al Vescovo di voler prendere atto che al momento la riforma proposta non è attuabile. La compagnia non dispone di fratelli validi atti a ricoprire l'ufficio di provveditore e camarlingo, motivando che i fratelli sono buoni amministratori ma illetterati o al contrario sanno scrivere ma non dispongono della personalità adatta al ruolo.
Il Vescovo risponde: solo per la presente tratta concediamo di rimborsare qualche fratello analfabeta nei detti uffici; in seguito dovrà valere la recente riforma del 6.8.1700.
Come possiamo ben vedere i due ammonimenti vescovili, pur se a distanza di 35 anni, sono rivolti sostanzialmente alla stessa causa: una certa faciloneria amministrativa all'interno della compagnia, in parte dovuta alla non corretta rotazione semestrale degli ufficiali, in parte allo stato di analfabetismo di molti fratelli che gli precludeva l'accesso alle cariche amministrative della compagnia. Traspare anche un certo fastidio, verso l'autonomia concorrenziale della compagnia, all'interno della prioria, non tanto dai due sopra citati ammonimenti, quanto da fattori secondari come:
- il priore di S. Andrea, scende a dir meessa a S. Martino portandosi dietro i suoi oggetti sacri, pur essendo la compagnia ben fornita in tal senso;
- la gestione dei riti funebri e di indullgenza, dove la compagnia ha una parte rilevante tipica della sua natura, e che rappresenta un notevole aspetto economico;
- la marginalità del ruolo svolto nella ccompagnia dalla famiglia Altoviti, al contrario generosa patrona nella prioria; mentre i marchesi Corsi e i Tosi di Montorsoli, altri grandi proprietari del periodo sul nostro territorio, collaborano con la compagnia nell'esercizio gestionale e con prestiti economici come nel caso del restauro della sede di S. Sebastiano, avvenuto durante il 1753, dove Andrea Tosi anticipa alla compagnia il denaro per i lavori. Altro fatto curioso, utile per capire le relazioni, a volte tese, tra la compagnia e il resto dell'organizzazione religiosa diocesana del territorio, avviene nel 1742: dal 1638 vi era stata una novità organizzativa nella diocesi che aveva dichiarato prioria S. Andrea e l'aveva posta nel piviere di Montereggi. Facendo parte del piviere di Montereggi, i fratelli, nel 1742, si sentirono legittimati a porre sul proprio stendardo i segni della pieve consistenti in una croce rossa (tipica delle chiese dedicate ai martiri) poggiante su un monticello. Lo stendardo, così rinnovato, era formato dal crocifisso sulla cima dell'asta e dai segni di S. Sebastiano e quelli della pieve che avevano sostituito il santo titolare della prioria.
Il fatto suscita la protesta del pievano di Montereggi Bonaiuto Lorini che, supplicando il vescovo Francesco Ginori, scrive: gli ufficiali della compagnia di S. Sebastiano si facevano lecito da qualche tempo in qua, inalberare e servirsi nelle loro processioni dei segni della pieve causando le lamentele del priore di S.Andrea, Faustino del Conte, vedendo lui che questo comportamento crea scandalo e confusione nel suo popolo.
E’ tanto il dispetto del priore che reagisce vietando alla compagnia di esporre il crocifisso sullo stendardo in mancanza dei segni del santo titolare. La vicenda si conclude con l'ammonimento vescovile a ripristinare le vecchie insegne e l'invito al priore a vigilare che la compagnia esegua con obbedienza.

IL FENOMENO DELLE “CENTURIE"

Durante il '700, si intensificano le indulgenze e gli uffizi per vivi e defunti; spesso in seguito alla morte di loro familiari, i fratelli iscrivono il defunto alla compagnia perché esso possa ricevere il rito funebre da loro praticato. Per la famiglia del defunto comporta una spesa di lire 6, tra messa e consumo di cera. Il primo di giugno 1744 il Vescovo Ginori ,in visita pastorale alla compagnia, prende atto che dal 10 10.1739, è nata una centuria di 100 fratelli e di 100 sorelle, sotto il nome del S.S.Nome di Maria in S. Sebastiano; alla centuria partecipano due sacerdoti. Scopo della centuria è quello di farsi una buona morte; a questo scopo ogni fratello ha diritto ad un uffizio, dove esso parteciperà ardendo una candela. Il bilancio annuo della centuria è di 86 lire in pareggio tra entrate e uscite. Le entrate sono formate dalle quote di iscrizione annuali, le uscite per spese di cera e il pranzo annuale nella festa della centuria.
La centuria dispone di un camarlingo, due probiviri e ha per revisore il parroco di Saletta Giuseppe Rossi.
A iniziare dal 1749,e fino al 1772, è verbalizzata una seconda centuria, intitolata a S. Giuseppe in S. Sebastiano.
Sono 100 fratelli associati per la buona morte, accumulando in vita indulgenza necessaria alla propria anima quando essa resterà in purgatorio. Non sono registrati ufficiali di centuria, né feste annuali; solo spese per cartocci di pepe e per ceri usati nelle veglie di agonizzanti o di defunti. A differenza della centuria del S.S. Nome di Maria, formatasi nel popolo della prioria, questa di S. Giuseppe rimane avvolta nel mistero. I pochi nomi registrati dei suoi componenti: A. Alberzini, G. Giacomini, A.Becattini, Orlandini, Galantini, Morandini, Mini, non figurano in nessuno altro documento della compagnia.
Anche dallo stato delle anime della prioria di S. Andrea, anno 1786 (curato da Osvaldo Del Mela), non si rileva nessuno di loro. Una ulteriore riprova dell'estraneità di questi signori dalla prioria, si può vedere dal libro dei cresimati della parrocchia, anni 1787-1901, dove tali cognomi non sono mai citati.
Tuttavia, una traccia appare proprio dallo stato delle anime sopra citato dove si scrive che il podere del Poggio è una proprietà Becattini, pur essendoci residenti Balestrieri e Omolini.
Inoltre nel Catasto Lorenese (1776) Donato Becattini risulta il proprietario dell'osteria della Querciola e di altre case nello stesso luogo.
Concludendo, potrebbe essere stato il Becattini a formare la centuria di S. Giuseppe, inserendoci amici suoi fiorentini, estranei al luogo. Troveremo ancora (1821) un Gaetano Becattini protagonista di un'indulgenza plenaria in favore della prioria.

LA SOPPRESSIONE DELLE COMPAGNIE

II 22 marzo 1785 gli eventi precipitano; il granduca di Toscana, Pietro Leopoldo, emana la legge di soppressione di tutte le compagnie, congregazioni, congreghe, centurie, terzi ordini su tutto il territorio toscano. Non è possibile in questa sede analizzare le motivazioni di tale decisione: molti probabilmente furono i fattori.
Il secolo dell'illuminismo aveva accresciuto le tensioni nella società europea, che culmineranno di lì a poco nella rivoluzione francese (1789). Le spinte liberali dei popoli, avevano posto il potere, laico e ecclesiastico, in posizione di chiusura conservativa considerate le esigenze che tali tempi richiedevano. Tornando alle compagnie, probabilmente alcune di esse non furono immuni da focolai di fronda cospirativa verso il detto potere costituito, temporale e spirituale. Viene però subito da pensare che molte pagarono per problemi molto più grandi di loro; in special modo quelle, come la compagnia di S. Sebastiano, che svolgevano tra le altre cose un servizio di volontariato caritatevole e di pura supplenza ai doveri dello stato.
In ogni modo la legge fu dura e ingrata verso i servizi svolti in passato dalle compagnie nella società.
Pietro Leopoldo tolse loro ogni autonomia, relegando le successive compagnie di carità, nate in conseguenza della soppressione e imposte dalla legge, a pure "propaggini" di sacrestia, svilendo ogni valore della loro tradizione secolare. Vediamo, riassumendole, le motivazioni della soppressione. Abbiamo rilevato che molte compagnie, congreghe, terzi ordini, sono nate per permettere ai fedeli di osservare i precetti cristiani in epoca di tumulti e di civili discordie, quando era mal sicuro soddisfarli nelle pubbliche chiese (il riferimento è al periodo della repubblica fiorentina). Altre furono introdotte negli anni seguenti dalle religioni mendicanti, forse per garantirne la loro sussistenza. Altre ancora furono istituite con l'ottimo fine di accompagnare il S. S. Sacramento, seppellire i morti, fare buone opere di misericordia. Il numero eccessivo raggiunto dalle compagnie, l'inutilità di esse in alcuni casi, ci spingono a tale provvedimento.
La pubblica tranquillità delle chiese e la libertà attualmente goduta da esse, garantisce il normale svolgimento della pratica religiosa. L'attività delle compagnie nelle campagne, volta allo stesso scopo, crea solo confusione e divisione nel popolo, ostacolando l'istruzione del buon cristiano. Le buone intenzioni iniziali che hanno dato vita alle compagnie, sono a distanza di secoli, spesso tradite dagli interessi, diventando spesso motivo di scandalo, liti, maneggi, in aperta concorrenza con i curati delle parrocchie. Denunziamo ancora i pranzi senza senso, l'indecenza in cui spesso le loro chiese sono officiate. Per tali ragioni comandiamo la soppressione in tutto il Granducato, siano esse secolari o ecclesiasriche:
- che siano vietate da subito tutte le addunanze;
- gli amministratori di patrimoni ecclesiiastici dovranno prendere immediatamente possesso delle chiese, arredi sacri e profani, beni economici delle medesime: e in attesa delle nuove compagnie di carità, provvederanno alle sepolture e alle opere di misericordia svolte precedentemente dalle istituzioni soppresse;
- eventuali debiti esistenti nelle compaggnie, verranno assolti con vendita di mobili o arredi delle stesse.
- tutti gli arredi che i vescovi riterrannno inutili ai fini dell'attività religiosa delle diocesi, siano profanati e venduti;
- gli arredi sacri, saranno inventariati e distribuiti alle chiese che ne risultassero sprovviste;
- i benefici da obblighi testamentari a ffavore delle compagnie, saranno distribuiti dai vescovi alle chiese e cure di appartenenza.


LE NUOVE COMPAGNIE DI CARITÀ

L'imposizione leopoldina prosegue indicando le norme di ricostituzione: vogliamo che dal prossimo 1 maggio 1785, tanto in città come in campagna, ogni curia formi una compagnia in tutto dipendente dal curato, il quale sarà in continuità anche con il correttore:
- saranno iscritti solo i popolani superiiori di anni 18 che spontaneamente lo richiederanno;
- le compagnie non possono avere cappellee o oratori propri ma svolgeranno i loro riti nelle curie di appartenenza.
- le compagnie non avranno più patrimoni privati da amministrare, ricorrenze, adunate, festività proprie, riconoscendosi in tutto al calendario canonico della curia;
- i fratelli dovranno vestirsi di cappa bbianca, senza altro segno di distinzione;
- sarà compito della compagnia, assisteree alle funzioni parrocchiali nelle feste, assistere i malati, portarli all'ospedale, sotterrare i morti, accompagnare il S.S.Sacramento, procurare e distribuire il sussidio ai poveri della cura.
- non dovranno più esserci uffizi individduali per i defunti, ma ogni prima domenica del mese dopo il vespro, si dirà solennemente l'officio dei morti, per tutti i morti della cura.
- per le opere dette di misericordia, sonno istituiti i 4 Buoni Uomini, dividendo la cura in 4 parti geografiche; ne verrà affidata una per ogni Buon Uomo della compagnia
.
Il "buon uomo" appoggiandosi alle famiglie benestanti della zona di sua competenza, dovrà assistere i poveri nei suoi bisogni, visitando le loro famiglie, assicurandosi che non vi siano promiscuità di letto amorali, ne lussi eccessivi, né vendita di oggetti avuti in carità. Il buon uomo deve:
- seguire il problema della disoccupazione, alleviandolo con sussidi quando lo ritenesse opportuno:
- seguire le famiglie e i ragazzi particoolarmente colpiti da disgrazie con sussidi, ricovero in ospedale o luogo pio;
- non deve dare sussidi a popolani fuori della zona di sua competenza, tantomeno a forestieri, pellegrini, vagabondi, ecc.;
- per quanto riguarda le doti alle fanciuulle povere, non dovrà più esserci obbligo per le stesse, di portare la "veste"
(l'abito che le distingueva come fanciulle povere) nelle processioni, ma dovranno pregare solo privatamente per l'anima dei loro benefattori.
La legge conclude dicendo: non mancheranno persone oneste che accettando i nuovi capitoli, dimostreranno di non aver avuto parte e interesse agli abusi delle vecchie compagnie.
È semplice rilevare come, da questo nuovo statuto imposto alle compagnie, il legislatore abbia voluto colpire ogni volontà di iniziativa autonoma. Pertanto, se da un lato le compagnie diventano totalmente sottomesse alla curia di appartenenza, dall'altro si svuotano di iniziativa e orgoglio propri. Nelle nuove regole traspare anche una volontà di ridimensionare l'aspetto superstizioso radicatosi nelle vecchie compagnie con l'eccessivo culto delle indulgenze. Infine, vi è un indirizzo positivo di stimolo verso l'assistenza sociale del popolo più bisognoso, anche se si tratta di pure dichiarazioni di intenti lasciate completamente alla libera iniziativa del volontariato senza nessun impegno diretto del legislatore.
Di sicuro possiamo dire che questa introduzione forzata delle compagnie di carità, non fu accolta con favore dai fratelli di S. Sebastiano. Lo possiamo rilevare da un documento del 18 agosto 1785, nel quale Faustino del Conte, priore di S. Andrea, dichiara di aver ricevuto 12 cappe dal sacrestano del vescovo di Fiesole Mancini per vestire i fratelli della nuova compagnia di carità. Come vediamo, nonostante le premesse sulla bontà della legge fatte da Pietro Leopoldo e accolte benevolmente anche dalla chiesa diocesana, le adesione che seguirono non furono molte.
Questa tiepidezza non fu una caratteristica della prioria di S. Andrea. L'iniziativa leopoldina risultò un fallimento su tutto il territorio granducale. Rallentò definitivamente il volontariato più laico e bisognoso di libertà, scontentando nello stesso tempo anche coloro che erano più inclini alla chiesa canonica ma che rinunciavano malvolentieri alla tradizionale autonomia.

Inventario degli arredi, antecedente la soppressione della Venerabile Compagnia di S. Sebastiano
1 altare con sua mensa e colonne di pietra;6 torce;1 tovaglia per Crocifisso;1 pianeta per i paramenti;1 tenda per l'altare;2 ampolle per la messa;4 mazze per i sacrestani;2 bossoli per i voti;1 leggio e sua coperta;1 borsa per portare il crocifisso in processione;9 libri di compagnia;4 vesti per i sacrestani;2 cassette per l'elemosina;1 cassetta per le borse;1 inventario degli utensili di cucina;1 seggiola per la compagnia;6 seggiole per la compagnia;2 inginocchiatoi;2 bacinelle di ottone;6 panche per la chiesa;4 tavolette per i ricordi;1 tabella per il giovedì santo;1 tavolino per il giovedì santo;1 catinella e mesciroba per il detto giorno;2 finestre con inferriata e invetriata;1 usciale per la compagnia;1 bara, coltre e pianciale;2 ampolle di legno inargentare;14 vasi inargentati;6 fiori di seta e panno;ampolle di vetro per fiori;1 asciugatoio per la sacrestia;1 libro per quote fratelli;1 libro per quote sorelle;1 quadernuccio per i defunti;1 quadernuccio per le spese annue;1 quadernuccio per gli uffici dei morti;1 quaderno dei partiti;1 libro per l'entrate e uscite della compagnia;1 quadro nello spogliatoio rappresentanti il cenacolo;1 quadro sopra 1 altare con S. Sebastiano;1 grado di noce di colore marmo;1 baldacchino con suoi tendoni di broccato;5 pianete di più colori;3 camici;1 calice con sua patena;4 veli da calice;2 tovaglie per l'altare; 1 pisside;1 paliotto;2 messali;1 stensorio d'argento;2 croci di ottone;1 croce di legno;1 crocifisso e un velo per il detto;2 lanternoni, con sue coperte;1 reliquario con reliquia di S. Sebastiano;4 padelle di ferro per l'ufficio dei morti;2 libri dei capitoli;2 guanti per il governatore con sfilati d'argento;28 candelieri d'ottone;1 lampada d'ottone;3 viticci d ottone;1 terribile con sua navicella d'ottone;1 baldacchino per il Santissimo;1 stendardo di drappo e scatola per il detto;1 spergie di ottone;1 ciborio di legno turchino e dorato;2 campanelli di bronzo;4 pacie;1 nome di Gesù di legno dorato;10 paramenti di seta lunghi per tutta la compagnia;2 casse per i paramenti;1 quadro che sta sopra la porta della compagnia (altro S. Sebastiano);4 viti di legno;2 grembiuli di seta per la vite;1 muta di cera.
Io Antonio Macarelli scrivano, in fede di mano propria in questo anno 1748.


LE COMPAGNIE DEL S.S. SACRAMENTO

Dopo solo 7 anni di gestione le compagnie di carità furono riformare nell'intento di riconquistare, almeno in parte, il consenso dei fratelli. Nascono così le compagnie del S.S. Sacramento. Nel nuovo statuto sono mantenuti tutti i vincoli all'autonomia imposti in precedenza ma vi è minore rigidezza per quanto riguarda il culto delle indulgenze. La nuova compagnia nella prioria di S. Andrea viene istituita il 14 gennaio 1793. In tale occasione, da un carteggio tra il priore Francesco Covoni e il vescovo di Fiesole Panieri Mancini, apprendiamo un antefatto: nell'autunno precedente, allo scopo di recepire fondi economici per restaurare il campanile di S. Andrea e parte dell'adiacente casa del priore, la diocesi fiesolana aveva emesso un decreto.
Con questo documento si invitava il priore di S. Andrea a cedere la tettoia e un quadro della vecchia compagnia di S. Sebastiano alla chiesa di S. Domenico di Fiesole, onde procurare i denari necessari al restauro della prioria. Francesco Covoni, nell'inviare la supplica alla diocesi nella quale chiede di ripristinare la compagnia di S. Sebastiano (10.10.1792) prende occasione per chiedere di annullare il decreto diocesano emesso a favore della sua prioria. Tra le altre cose scrive accorato:
dopo un maturo esame, fu da me conosciuto che lo avere dato esecuzione al suddetto decreto e in conseguenza aver ridotto quel luogo a una speloncola e orribile spettacolo, avrebbe servito a disturbare la pace e la quiete nel mio popolo. E ancora prosegue:
siccome al contrario considero mio dovere mantenere pace e buon ordine, vorrei concedere alla compagnia nascente la loro vecchia sede, prendendosi i detti fratelli obbligo di voler provvedere loro stessi ai restauri della chiesa e della mia casa. In ultimo chiedo che si voglia concedere a me e a loro, la grazia di esaudire il desiderio di riattivare la compagnia entro il giorno di S. Sebastiano p.v. La risposta della curia vescovile alla supplica è positiva. Risponde allora il priore:
in adempimento degli ordini di sua Signoria Vescovo nostro, non ho mancato di far radunare in questa mattina corrente i fratelli della compagnia di carità di questa mia cura e informare loro di quanto conteneva. I medesimi sono giunti alla conclusione di incorporare la compagnia di carità nella nuova già eretta in questa mia cura sono il titolo di S. S. Sacramento in S. Sebastiano, e fanone in mia presenza il partito, passò a voti pieni. Alla nuova compagnia, presto il mio volontario consenso pieno e passo rispettosamente a confermarmi devoto, obbligato, servitore.
13.1.1793


Ministero dell'educazione nazionale catalogo delle cose d'arte e di antichità d'Italia. A cura di Odoardo. H. Giglioli, anno 1933. Libreria dello stato Roma anno 11° e .f.
L'affresco del martirio di S. Sebastiano è descritto dal Giglioli:
S. Sebastiano è in piedi nudo con le mani legate dietro un tronco di albero. Due angeli scendono a volo, uno è in atto di mettere sulla testa del santo una corona, l'altro di offrirgli la palma del martirio; essi indossano tuniche rosa. A destra e a sinistra, sul primo piano stanno gli arcieri. Appartiene all'oratorio dipendente dalla chiesa di S. Andrea, ha un'altezza di m 1,81 e una larghezza di m 1,73. Stato di conservazione: è in parte ridipinto e vi sono guasti prodotti dall'umido che ha tolto i colori e i lineamenti alle facce degli arcieri.
Durante il diciassettesimo secolo, in seguito ai nuovi gusti barocchi dell'epoca, l'affresco venne sostituito da un quadro su tela, che gli fu sovrapposto, ornandolo poi con una cornice di stucco che non rispetta le dimensioni del precedente affresco, provocando ulteriori danni al dipinto. In seguito alla soppressione della compagnia (1785) si è persa la traccia del quadro su tela, ed è tornato in evidenza l'affresco originale di sicuro valore artistico, se pur dentro una cornice fuori stile e misura e bisognoso di un restauro finalmente competente e positivo.

IL DICIANNOVESIMO SECOLO

Nell'archivio della parrocchia di S. Andrea, sono conservati interessanti documenti che ci permettono di capire le attività della ricostituita compagnia, perlomeno nelle sue manifestazioni più importanti. Vediamo che la festa capitolare veniva celebrata 1'8 di settembre, festa della natività della vergine Maria. La seconda settimana di settembre, veniva svolto un uffizio solenne in suffragio di tutti i fratelli defunti: la cerimonia era resa possibile con gli accatti annuali raccolti durante le tornate della compagnia. La domenica di novembre, dopo la ricorrenza di S. Martino, era la festa annuale della centuria, ricostituitasi a nome di questo patrono. La festa di S. Sebastiano in gennaio e il pellegrinaggio alla Madonna del Sasso in maggio.
Dal registro degli obblighi della centuria: anni 1886-1897, vediamo circa 15 suffragi l'anno celebrati per singoli fratelli; quindi, con una rotazione di circa 7 anni, veniva svolto un suffragio per ogni componente della centuria.

INDULGENZA PLENARIA DI 7 ANNI ALLA PRIORIA DI S. ANDREA A SVEGLIA

Concessa da papa Pio VII, in onore di S. Gaetano (breve del 10.7.1818.) il merito dell'iniziativa fu di un privato benefattore, Gaetano Becattini, probabile discendente di Antonio Becattini, facente parte nel secolo precedente della centuria soppressa di S. Giuseppe in S. Sebastiano.
Per istituire la festa del patriarca S. Gaetano, da effettuarsi la seconda settimana di agosto (l'Assunta), il Becattini si assume un obbligo di 3 scudi annui per i 7 anni a venire.
Inoltre, un amministratore del Becattini doveva anche provvedere a far giungere in prioria le reliquie di S. Gaetano e della vergine Maria per la dovuta adorazione e riconsegnarle a chi di dovere dopo la festa; in più assumersi tutte le spese organizzative della festa.
Nell'aprile del 1821 muore il benefattore e nascono problemi con l'amministratore, sig. Giuntini, per l'assolvimento dell'obbligo, tanto che la festa, dal 1830 al 1834, viene sospesa, ripresa e probabilmente conclusa per volontà di Salvatore Becattini, figlio del defunto.
Altra occasione di festa era quella detta delle S.S. Quarantore; si trattava dell'esposizione del S.S. Sacramento per 3 giorni consecutivi; ai festeggiamenti partecipavano anche altre compagnie della diocesi.
Se è agevole seguire la storia della compagnia negli impegni rituali dell'800, più complesso è per quanto riguarda il volontariato sociale svolto. Non è neppure facile distinguere la specificità della compagnia di S. Sebastiano, essendo nel periodo in tutto dipendente dalla prioria. È al priore, in quanto tale, che si rivolgono gli atti granducali o diocesani in materia assistenziale e solo a lui è concessa ogni decisione nella prioria.

NUOVE MASSIME ISTRUZIONI DEL GOVERNO GRANDUCALE DA OSSERVARSI IN TUTTI GLI OSPEDALI DI GETTATELLI E DI INFERMI

Da queste istruzioni del 1818 si rileva che in Toscana ci sono 5 ospedali regi soltanto: Firenze, Siena, Pistola, Pisa, Livorno, nei quali si ricevono casi di malattie "rare" e di "grandi" operazioni chirurgiche, qualunque sia la provenienza del malato. E solo in questi sono ammessi giovani per fare pratiche prima della loro matricola (oggi laurea).
Nei pochi casi in cui i nostri popolani dovevano essere trasportati al regio ospedale di Firenze il priore di S. Andrea, insieme al gonfaloniere di località, dovevano riempire un modulo di accompagnamento del malato nel quale si attestava in che ordine di letto doveva essere ricoverato il malato, e cioè:
— 1 attestato di miserabilità che dava diritto al ricovero gratuito;
— 1 attestato di povertà che equivaleva a letto a metà paga;
— 1 attestato di solvibilità, per i malati che potevano pagarsi il ricovero.
I pochi malati che non si potevano assistere nella propria casa, non tanto per impossibilità di cura quanto per non avere essi una famiglia propria, venivano ricoverati nei 6 posti letto allo spedaluzzo della Querciola o a quello di S. Bartolomeo a Trespiano, entrambi gestiti dalla compagnia del Bigallo di Firenze. Anche per i gettatelli il riferimento della prioria era lo spedaluzzo di S. Maria della neve alla Querciola. Le nuove istruzioni granducali sui gettatelli (1818) sono articolate in 14 capitoli nei quali sono descritti diritti e doveri dell'assistito.
I più di loro venivano assegnati a balie o tenutari, che diventavano responsabili del loro accrescimento.
In premio, al diciottesimo anno di età per i maschi e al venticinquesimo per le femmine, venivano assegnate 70 lire ai tutori dall'istituto di appartenenza. Alle femmine cresciute con "buona morale" l'istituto offriva una piccola dote di matrimonio.
Nei casi in cui i ragazzi crescevano con problemi di handicap, erano seguiti dall'istituto anche in età più avanzata.
Com'è facile immaginare in questo grande lavoro di assistenza, molto del quale svolto al domicilio degli assistiti, alla compagnia era riservato il compito di coordinamento e di conforto degli infermi, al priore l'aspetto decisionale e il rapporto diretto con l'autorità costituite.

IL NOVECENTO

Con l'inizio del nostro secolo vi è una notevole affermazione della medicina chirurgica con richieste sempre più numerose di ricoveri in ospedale specialistico. Dal verbale della compagnia (1899-1968) notiamo un risveglio delle attività stimolato dalle nuove esigenze:
- È organizzato dal 1911 un servizio di ttrasporto in "carro-lettiga" in sostituzione del vecchio cataletto a mano in uso fino a quel momento.
- E'aggiunto agli ufficiali della compagnnia il "sacrestano del popolo" con il compito di coordinare le richieste del nuovo servizio.
- E’ formata appositamente una squadra dii infermieri (termine nuovo che sostituisce il vecchio, portatori di infermi)
- Una non meglio identificata donna, è cuustode del carro-lettiga e riceve ricompensa dalla compagnia come visitatrice dei "malati di parto".
- Inoltre, sono registrate spese di ricommpensa per il vetturino e per la nettezza della biancheria usata nel carro-lettiga.
Il servizio si protrae fino al 1924, con un trasporto di 10-15 malati l'anno; poi cessa di colpo. Rimangono successivamente registrate solo spese generiche alla voce infermieri. Evidentemente, con l'avvio della motorizzazione, il servizio passa direttamente alla Misericordia di Firenze. Un altro intervento di solidarietà sociale della compagnia all'inizio del secolo avviene in sostegno delle famiglie povere dei richiamati alle armi della prima guerra mondiale: sono registrate lire 39 annue pagate dal 1917 al 1919 a uno specifico comitato della preparazione civile.

CONCLUSIONI

Dal punto di vista storico questa ricerca può dirsi conclusa. Restano da fare alcune riflessioni importanti sul nostro passato più recente. Una compagnia strutturata come quella di S. Sebastiano, oggi non è pensabile; le associazioni del volontariato attuali sono divise per settori specifici e professionali. Dopo gli anni 50, mentre le attività della compagnia si andavano sempre più svuotando, resisteva costante il numero degli iscritti (circa 300 persone) molto probabilmente sensibili al valore della tradizione rappresentato dall'associazione. L'ultimo verbale del bilancio annuo è del 1968. Oggi la sua sede, ancora ricca di opere d'arte, testimonianza del suo passato, è come in balia di se stessa, senza memoria storica; non è abbandonata, fortunatamente vi si riunisce un gruppo di giovani parrocchiani. Peccato che molti di loro forse non sanno nemmeno dove si trovano. Già dal dopo guerra (1946) i cittadini della Valle più sensibili cercarono di risolvere il problema sempre più diffuso del trasporto dei malati in ospedale fondando la "società trasporto ammalati di Caldine". Venne eletto presidente don Mariano Sfogli, parroco a S. Lorenzo a Basciano, il quale già durante il passaggio della guerra si era prodigato nell'assistere la cittadinanza in quei difficili anni.
Tuttavia tale società svolgeva opera di coordinamento nella Valle, delegando il servizio concreto del trasporto degli ammalati alla Venerabile Misericordia di Firenze e in seguito anche alla Fratellanza Militare. Nel febbraio 1964 avvenne un fatto increscioso: una signora abitante nella zona delle "Mulina” e in procinto di partorire aveva necessità di essere ricoverata in ospedale e nessuno nel comprensorio, compresa Firenze, fu in grado di fornire un automezzo adeguato. I familiari furono costretti ad effettuare il ricovero con un carro trainato da buoi. Sulla scia di questo fatto furono convocate assemblee cittadine; in un primo tempo fu deciso di creare un "distaccamento" alle Caldine della Misericordia di Fiesole già esistente; ma anch'essa, nella sua prima fase organizzativa, non potè garantire una sua espansione sul territorio.
Fu allora presa la decisione di fondare un'associazione autonoma, ed avendo riscontrata la disponibilità solidale della confederazione delle pubbliche assistenze, in particolare della Fratellanza Militare di Firenze e della Fratellanza Popolare di Peretola, la nuova nata si chiamò: "Associazione trasporto ammalati".
I soci fondatori di questa associazione, che in seguito si chiamerà "Fratellanza Popolare Valle del Mugnone" in Caldine, furono quasi tutti i consiglieri della compagnia di S. Sebastiano (come abbiamo già visto in via di dismissione) con l'appoggio decisivo del titolare della parrocchia di S. Andrea a Sveglia, padre Lupi, il quale versò anche un'offerta personale di lire 20.000 allora molto consistente.
Il 5 maggio 1965, grazie alle offerte della popolazione, fu acquistata la prima autoambulanza e, in mancanza di una sede propria, questo automezzo trovò una provvisoria collocazione presso il convento della Maddalena fino a quando fu trovata una sede adeguata in via Faentina a Caldine. Per la nuova associazione sarebbe stato naturale pensare a un legame simbolico con i suoi antenati di S. Sebastiano, i quali già dal '400 si richiamarono agli stessi valori di altruismo verso il prossimo. Per incomprensioni politiche ciò non è stato possibile... Oggi a più di 30 anni dalla fondazione, i risultati raggiunti dalla Fratellanza popolare valle del Mugnone sono diventati giusto motivo di orgoglio per la stragrande maggioranza dei cittadini della nostra Valle.
Resta ancora, questo anello spezzato con la nostra tradizione, come se questa grande risorsa di solidarietà umana l'avessimo scoperta quasi per caso, in seguito a un fatto "increscioso" capitatoci negli anni 60...

Cronologia del toponimo Sveglia
XVI secolo: in tutte le citazioni riguardanti S. Martino, S. Andrea, S. Ilario, viene sempre rispettato il toponimo Vieglia. XVII secolo: dopo la visita pastorale del nuovo Vescovo Tommaso Ximenes a S. Andrea, avvenuta nel 1621 il toponimo si evolve in Veglia. XVIII secolo: ancora in seguito a una visita pastorale del Vescovo Maria Francesco Ginori del 1744 nei verbali della quale avviene la trasformazione ancora attuale di Sveglia

BIBLIOGRAFIA:

Archivio Vescovile di Fiesole
Capitoli originali e riforme delle Compagnie (fine '400) Sez. XI. A - N. 5 Sez. XI. A - N. 56
Registro del patrimonio, obblighi e ricordi della priora di S. Andrea a Vieglia anni 1544-1639 sez.XXVI-N.19
Visite patrimoniali dei Vescovi di Fiesole sez. V numeri 12-14-25-17-18-30-34.
Legge sulle soppressioni delle Compagnie 22.3.1785 sez. XXVI -N.549 - N.660.
Compagnie di Carità istituite da P. Leopoldo 1.5.2785 sez. XI N.48 - N.49.
Compagnia del S. S. Sacramento 14.1.1793 sez. XI B. N. 49 - 50 - 52.


Archivio di Stato di Firenze
Inventario degli arredi, libro delle entrate e uscite anni 1710-1784. Fondazione delle Centurie del S. S. Nome di Maria e di S. Giuseppe. - sez. LXV. N. 1873 consistente in 3 pezzi.

Archivio Parrocchiale di S. Andrea
Vacchetta del legato Becattini 1819.
Vacchetta degli obblighi. Anni 1886-1897.
Libro dei cresimati di S. Andrea a Sveglia anni 1787-1901.
Stato delle anime di S. Andrea a Sveglia anni 1786-1938 a cura di Osvaldo Del Mela.
Registro delle Compagnie di S. Sebastiano anni 1899-1968.


...I Capitoli della Compagnia di San Sebastiano