-=] CAP 2 - Legolas [=-

Passò il tempo...
Gelido, arrivò l'inverno ed io mi trovavo ancora a Qualinost, senza aver visto nulla del resto del mondo...
Rimuginando su questo, un giorno presi la mia decisione, anche sotto consiglio del mio maestro, di partire per Solanthus: la rocca dei Cavalieri, così mi avevano detto.
E partii. Senza sapere neanche bene dove andare, oltretutto. E così, lungo il mio viaggio, imparai cosa fosse la rabbia, la desolazione e la miseria: gruppi di banditi appostati ad ogni curva della strada; straccioni un po' stregoni che ti adescavano con false promesse per poi tagliarti la gola; creature infide assetate di sangue...
L'orrore davanti ai miei occhi e mi chiesi come fosse possibile.

Dopo alcuni mesi di viaggio e parecchie strade sbagliate, arrivai finalmente a Solanthus e imparai cosa fosse la diffidenza: guardie armate fino ai denti protette nelle loro scintillanti armature, appostate ad ogni angolo, controllavano ogni movimento dei cittadini e dei pellegrini. Anche io venni perquisita e registrata.
Mi recai intimorita alla più vicina locanda, sperando di trovare ristoro, mentre invece trovai solo qualche cavaliere caduto in disgrazia, qualche vecchio rugoso e qualche bambino sudicio.
E allora mi chiesi: ma dov'è l'impeccabile città che Leaf mi descriveva?
Dove erano i cavalieri nobili e puri, la vita retta e serena?

Ma tutto questo non mi scoraggiò e decisi di rimanere a Solanthus per cercare di porre rimedio a tutto quel decadimento, per quel che mi era possibile... quello sfacelo...
Cominciai a darmi da fare, cercando di comprendere queli fossero le cause di tanta miseria e durante i miei viaggi nella Solamnia conobbi molte persone. Alcune amate... alcune odiate. Altre compatite.

Uno dei primi giorni, mentre tornavo dalla campagna circostante, ai cancelli di Solanthus conobbi Rufus di Munz, un giovane nano che era giunto fin da Thorbardin in quella rocca, forse per lavoro.
Mentre attedevamo il nostro turno di poter passare i cancelli, avemmo modo di chiacchierare a lungo e di trovarci addirittura d'accordo su molte cose.
Non avrei mai pensato una cosa del genere. Eppure stavamo bene insieme. Mi avevano detto che i nani sono molto scorbutici, soprattutto con gli elfi, ma forse lui, abituato ai viaggi e agli altri popoli, aveva imparato a conviverci. Parlammo della situazione della Solamnia ed io gli descrissi accuratamente in quali condizioni fosse. Dapprima il suo interesse era scarso e continuava a guardare davanti a sè tirandosi lunghe ciocche dell'inspida barba rossa; poi poco a poco colpii il suo animo e cominciò a farmi qualche domanda. Era notorio che i nani fossero onorevoli e giusti, e sentire tutte le cose terribili che gli stavo raccontando, probabilmente lo scosse.
Il giorno dopo decidemmo di andare a controllare le zone a est della città, perchè aveva saputo che c'erano capanni di contadini in condizioni misere, affollati da topi grandi come bambini, i invece che da uomini. E così era.
Aiutammo i braccianti a ripulire le loro case, a ridare un minimo di decoro a quelle vite già oberate di lavoro. Rufus scacciò i topi, rivelandosi un esperto nel campo. In seguito mi disse che nelle montagne dove vivono i nani a volte era capitata qualche invasione di ratti che cercavano riparo ed allora i nani si erano dovuti industriare come meglio potevano per tenere sicure le loro case.

Durante quelle giornate di lavoro, capitava spesso di andare a visitare il cimitero poco fuori le porte nord...
Alcune zone erano recintate e la gente non poteva andare a pregare i propri morti perchè ombre e spiriti si erano risvegliati portando morte a chi si avventurava troppo oltre...
Lì conobbi Drill, chierico di Paladine, amico del mio maestro. Darsh mi aveva raccontato molte cose su di lui... Su come fosse dedito al bene e caritatevole con chi ne avesse bisogno. Così come lo era con chiunque si guadagnasse la sua stima. Una sera, mentre io e Rufus lo seguivamo nel suo giro di perlustrazione del cimitero, ci raccontò che aveva in mente di acquistare un edificio ed adibirlo a mensa per i poveri. Era il suo sogno. Ed io mi commossi nel sentire un sogno così semplice, ma che nascondeva così tanta passione. Ed allora convinsi Rufus a dargli una mano per cambiare le cose all'interno di quel cimitero maledetto e dimenticato da Paladine. Ma ancora non sapevo che il lavoro sarebbe stato lungo e difficile... se non impossibile.

Avvenne un giorno, mentre stavo combattendo contro uno spirito, che incontrai Tanis. L'eroe delle Lance. Non potevo credere ai miei occhi!
Leaf mi aveva raccontato grandi cose su di lui e i suoi amici e sulla sua compagna, nostra sorella.
Affascinata pendevo dalle sue labbra mentre mi raccontava delle sue ultime imprese... delle suoi viaggi fantastici in mezzo a creature mitiche.
Rufus ovviamente preferì evitare quella discussione fra elfi.. già io ero sufficiente come dose per lui. Aggiungere un mezz'elfo non gli avrebbe di certo fatto bene: diventava scorbutico quando sentiva troppe voci delicate tutte insieme.

Poi udii una voce chiamare Tanis in modo confidenziale e mi chiesi chi potesse essere, così sbirciai oltre la spalla del mezz'elfo, e vidi colui che poi avrebbe occupato il mio cuore per lunghi anni...
"Salve Legolas! - salutò Tanis gioviale - Vieni... Ecco questa è Lidivien, un'apprendista del Conclave."
Legolas mi guardò negli occhi a lungo, facendo solo un cenno con la testa e credo che quel momento non lo dimenticherò mai. Così come il suo volto ora così lontano da me...
Mi prese delicatamente la mano e la baciò facendo apprezzamenti in elfico, usando parole che stentavo a capire. Parlava diversamente da Leaf e dagli altri elfi che avevo incontrato.

Poi iniziarono a parlare di questioni politiche della zona, non ricordo bene... facevo molta fatica a seguirli nei loro discorsi.. e un po' ero persa a guardare il nuovo venuto, col cuore che batteva veloce.
Mi accorsi di essere rossa in viso e mi allontanai decisa a raffreddarmi i bollenti spiriti combattendo contro qualche non morto, e mi parai di fronte a uno spettro.
Cercai di concentrarmi al meglio per lanciare le mie poche magie a disposizione, ma la mente era ancora lontana, rimasta accanto a quell'elfo.
Il mio maestro mi aveva avvertito che le distrazioni potevano essere fatali, ma non avrei mai pensato che lo potessero essere anche quelle di quel tipo...
Lo spettro stava allungando le sue mani verso di me e non sapevo cosa fare... sapevo che il suo tocco sarebbe stato fatale...
Sapevo che lo avrei dovuto evitare... quando una freccia argentata mi passò accanto alla testa sibilando, andando a colpire in pieno petto lo spettro e facendolo scomparire con un tremendo grido angosciante...
Ripresi fiato e mi voltai a guardare il mio salvatore.
Legolas stava correndo verso di me con aria preoccupata.
"Milady non dovreste stargli così vicino... Sapete che il loro tocco è mortale..." disse in un sussurro, mentre con una mano mi sfiorava il viso. Era così vicino...
Avvampai nuovamente e mi voltai di scatto allontanandomi da quella fonte di distrazioni.
"Si lo so non temete... - dissi asciutta, poi mi voltai e gli sorrisi - Grazie... "
Velocemente, senza neanche guardarlo, voltai l'angolo di una cripta e scappai via, verso la città, con la testa totalmente confusa.
Non avevo neanche pensato che forse non lo avrei più rivisto, e quando questo pensiero mi colpì, venni colta dal panico.
Tornai sui miei passi, per cercare di rimediare... ma era troppo tardi: le ombre della sera erano scese sul cimitero, e la luce era andata via dal luogo dove ci eravamo incontrati, portandolo via con sè.

Mi guardai intorno, tornando rapidamente alla realtà e mi resi conto che non era un bel posto dove aspettare la notte: piccoli gruppi di spiriti infelici stavano lasciando i loro giacigli per infestare con i loro lamenti quelle vie lastricate che separavano le tombe.
Rabbrividii e mi strinsi nelle braccia un momento a cercare calore, poi corsi via, verso il tepore della locanda di Solanthus.

Il giorno dopo, inconsciamente, tornai al cimitero. Volevo rivederlo e la speranza mi fece fare la strada quasi senza accorgermene.
Ero quasi arrivata e potevo già vedere le statue che ornavano i pinacoli delle mura, quando mi dissi: "Sciocca... è il compagno di Tanis... saranno sicuramente in viaggio verso chissà dove..."
Rallentai il passo abbassando la testa, tristemente conscia di quella realtà.
Poi sentii una mano prendere la mia ed il tocco di labbra su di essa.
"Buongiorno Milady... Vedo che frequentate spesso questo luogo colmo di dolore..."
Alzai gli occhi con un tuffo al cuore andandoli ad incrociare con i suoi, e notai con piacere che era visibilmente contento di vedermi.
Restammo fermi così alcuni lunghissimi seppur brevi istanti, a guardarci in silenzio. Non servivano parole.
"Su ragazzi oggi si parte!" la voce di Tanis fu come una botta in testa dopo una sbronza. Sbattei le palpebre più volte prima di voltarmi a guardare il mezz'elfo che nel frattempo stava ridacchiando nascosto dalla barba.
Impacciati, lui mi lasciò la mano in fretta ed io feci il gesto di rimettermi a posto la veste, ma ancora sentivo il calore della sua stretta.
"Dove andiamo Tanis?" chiese Legolas.
"Dalle Viverne..." gli rispose divertito montando a cavallo.
Io spalancai gli occhi. Viverne? Ma erano mostri terribili! Ne avevo letto qualcosa nella biblioteca di Qualinost tempo prima.
Nel frattempo chiusi la bocca che avevo spalancato e guardai i due amici già montati a cavallo.
"Non avete un cavallo Milady?" mi chiese gentilmente Legolas.
Scossi la testa incapace di parlare. E lui mi tese la mano.
"Allora cavalcherete con me! Salite su!" E presi posto sul cavallo insieme a lui.
Cavalcammo a lungo prima di fermarci per la notte. Fu un'esperienza indimenticabile... sentirlo così vicino, sentire la sua voce portata dal vento...
La notte ci accampammo vicino alle rive di un piccolo fiume, nel folto di una foresta. Stavamo tornando verso Qualinost, ne ero sicura.
Ci sedemmo attorno al fuoco, parlando a lungo dei nostri sogni e dei nostri ricordi. Io in realtà avevo ben poco da dire e mi scusai dicendo di essere stanca per la cavalcata, ma che mi sarebbe piaciuto ascoltare le loro storie.
Vederli ridere mentre ricordavano avventure avvenute chissà dove... mi rese un poco invidiosa. Loro avevano molte cose da condividere... io nulla. Neanche con me stessa.
Fortunatamente era notte, e il buio, in contrasto con la vivida luce del fuoco, nascose una lacrima che furtiva, aveva deciso di lasciarmi...
E sorse Solinari, a rischiarare la fredda notte invernale. Alzai lo sguardo verso di lei, chiudendo gli occhi e lasciando che mi accarezzasse la pelle.
Qualcosa di pesante mi coprì le spalle.
"Farà freddo stanotte... meglio stare caldi."
Aprii gli occhi e osservai con felicità immensa Legolas sedersi accanto a me, appoggiando la schiena a un tronco.
"Grazie..." dissi stringendomi la coperta addosso.
Sorrise, ed iniziò ad impennare delle frecce.
"Non dormite?"
Mi guardò, poi indicò Tanis che già dormiva sotto la sua pesante coperta, ma non capii e lo guardai inclinando la testa di lato.
"Turni di guardia... il primo tocca a me." spiegò gentilmente.
Turni di guardia... restare svegli per non subire attacchi nella notte. Ricordai i banditi lungo le strade ed annuii deglutendo.
Mi spostai accanto a lui per stare più sicura, cercando una posizione comoda per dormire. Mi voltai a guardarlo ed incrociai di nuovo il suo sguardo già fisso su di me.
Ci guardammo a lungo... lunghi minuti di silenzio senza che una parola trovasse libero sfogo... ma dopotutto non sarebbero servite parole: nessuna parola poteva sostituire ciò che ci stavamo segretamente dicendo.

Mi addormentai senza accorgermene...

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