-=] CAP 3 - Le viverne [=-
Viaggiammo per
molti altri giorni prima di arrivare nei pressi di una radura, circondata
da un fitto sottobosco, permeato da uno strano odore quasi nauseante.
"Ci siamo, amici. Tenetevi pronti!" disse piano Tanis. Vidi che
entrambi stavano sistemando delle piccole fiale di un liquido leggermente
argentato in una piccola sacca rigida della sella. Cosa poteva essere? Antidoti
pensai... Qualcosa contro il veleno delle viverne.
"Milady tenetevi forte mi raccomando! Potremmo dover fare una dura cavalcata!"
disse Legolas voltandosi verso di me per accertarsi di essere stato chiaro.
"Certo. - e mi sistemai sulla sella - Ma... come farete a scoccare le
vostre frecce con me seduta dietro?"
"Oh me la caverò benissimo... non potreste mai darmi fastidio!"
disse ridendo. Avvampai come una ragazzina.
"Siete pronti?" chiese Tanis. Legolas lo guardò ed annuì.
"Bene allora seguitemi. Lidivien tenete pronto qualche incantesimo!",
sbiancai in volto ma annuii senza dire una parola.
Tenendo i cavalli
al passo per non fare troppo rumore, ci avvicinammo al margine dela radura,
scrutando attraverso i cespugli e le basse fronde, i movimenti nell'ampio
spazio aperto.
Eccole! Tre.. una più grande dell'altra... I loro immensi corpi da
rettile erano ricoperti da muschio e licheni; ogni tanto, quando protendevano
il loro lungo collo verso il cielo emettendo un sordo sibilo, allargavano
le immense ali, dai bordi frastagliati dalle lotte con i loro nemici.
Insieme, tutte e tre, erano spaventosamente affascinanti. E sapere che il
loro alito poteva avvelenare anche a distanza, che la loro pelle era coriacea
e resistente alle ferite normalmente mortali per un uomo... le rendeva terribilmente
pericolose.
Tanis e
Legolas non persero tempo: incoccarono una freccia per uno e la lasciarono
contro la viverna più grande.
Con sorpresa, notai che la freccia aveva oltrepassato la dura pelle che proteggeva
il suo torace. E allora guardai le frecce. Non erano nè d'argento nè
di legna normale: era un legno lucido, scuro, dai riflessi nerastri ed anche
la punta era dello stesso materiale. Un'unica piuma bianca ornava la freccia.
"Cosa sono?" chiesi a Legolas, mentre spronava il cavallo a cambiare
direzione, andando dalla parte opposta rispetto a Tanis.
"Quercia elfica! Sono armi letali e precise. Possono perforare il metallo
come fosse un bersaglio di paglia!"
"PRESTO
LIDIVIEN! LANCIATE UNO DEI VOSTRI INCANTESIMI!", urlò Tanis da
poco lontano.
Colta dal panico della prima vera battaglia, cominciai a sfogliare il mio
scarno libro, senza trovare nulla di utile.
"Oh Dei! Legolas! Cosa faccio!?", chiesi allarmata, mentre cercavo
di tenere ferme le pagine del libro che nel frattempo si agitavano nel vento,
innervosendomi ancora di più.
"Conoscete la magia che avvelena?"
"Bè si... - guardai le viverne mentre ci inseguivano lungo la
radura - ma non gli farà nulla!"
"Oh si invece! Non temete! Sembrano grandi ma in realtà sono ancora
cuccioli e non hanno sviluppato la resistenza al veleno magico!"
Fui leggermente contrariata da quell'esclamazione. Un elfo che descrive con
tanta leggerezza l'uso di una magia potente e malvagia come il veleno? Mi
chiesi se sarei stata in grado di lanciarla contro quelle creature. Erano
pur sempre animali...
Legolas probabilmente percepì la mia esitazione e mi rassicurò
in qualche modo.
"Milady - disse con tono serio - non sono un selvaggio. Queste creature,
per quanto esseri viventi, non ci penserebbero due volte a distruggere un'intera
città, divorando i suoi abitanti e appestando con i loro veleni la
terra, rendendola sterile e malsana per anni... Pensateci bene..."
E immaginai la scena di una viverna adulta che attaccava la vicina Qualinost.
Mi si gelò il sangue.
Istintivamente cominciai a pronunciare le parole dell'incantesimo, colta da
rinnovato vigore. Non pensai che stavo per lanciare un'incantesimo mortale.
E la viverna gridò di dolore.
Aveva funzionato! Mi tappai le orecchie con le mani, per proteggerle da quel
suono assordante ed ammirai il risultato dei miei studi e delle mie fatiche:
la viverna prese a contorcersi a terra, straziata dal veleno che ormai era
già in circolo, le grandi corna che le ornavano la testa scavavano
profondi solchi nel terreno, mentre si dibatteva in preda alle convulsioni.
Legolas e Tanis cominciarono a tempestarla di frecce.
"NO!!!! Cosa fate!!! Sta già morendo!" gridai tremante.
"Milady - disse Legolas freddamente - solo due cose. Primo, così
morirà più in fretta e soffrirà meno: non mi piace vedere
una preda che si contorce. Secondo: dovreste ben sapere che la vostra magia
non ha un effetto eterno, e queste creature, anche se la subiscono, sono pur
sempre più resistenti: si rialzerebbero appena finito l'effetto!"
Poi si girò a guardarmi col sorriso: "E poi sappiamo ciò
che facciamo, fidatevi di noi..."
La cosa
mi rincuorò un pochino, anche se mi straziava vedere l'animale dibattersi
a terra impotente,semiparalizzato dal veleno e trafitto da decine di frecce.
"Presto
ora sull'altra! Quella!" Legolas mi indicò la media, che stava
inseguendo Tanis.
"Non posso lanciare di nuovo la stessa magia, Legolas, sarebbe troppo
per me... Posso fare qualcos'altro... Per il veleno dovrò aspettare
di essermi ripresa!"
E mi guardai le mani, ancora impregnate della sostanza che dovevo usare come
ingrediente per avvelenare. Un po' avvelenava anche me tutto sommato. Le sfregai
velocemente per togliere i rimasugli del succo della pianta bluastra.
Continuammo a combattere a lungo, tempestando le due viverne con frecce e
alcuni incantesimi, schivando artigliate, saltando le enormi buche che facevano
quando ci mancavano, infilando le unghie nel terreno ed alzando intere zolle
di terra in aria.
Al tramonto
era tutto finito.
Io mi lasciai cadere a terra esausta, la veste completamente ricoperta di
sterpi e fango. Legolas cominciò a recuperare le frecce integre dai
corpi immoti dei rettili alati, mentre Tanis aveva pazientemente cominciato
a scuoiarle. Distolsi lo sguardo: quella era una cosa che non capivo. Legolas
si venne a sedere accanto a me, sbuffando.
"Lo deve proprio fare?" dissi imbronciata guardando un punto a caso
della foresta.
Legolas alzò le spalle guardando Tanis all'opera.
"Lo fa tutte le volte. Passa ore a spellare quei serpenti, per poi rivenderle
a qualche conciatore elfico. Dice che sono ottime per farci delle armature
resistenti, almeno con la parte morbida dell'addome."
Mi guardò. Sorrise allungando una mano e scostandomi un filo d'erba
dai capelli.
"Milady... - soppesò le parole - mi duole annunciarvi che avete
un'aspetto... uhm... davvero orribile." e fece una smorfia divertita.
Lì per lì ci rimasi male, poi lo guardai bene e scoppiai a ridere,
e risi ancora più forte quando mi guardò senza capire.
"Oh Legolas... anche voi non siete da meno... direi impresentabile!"
E rise anche lui con me, mentre sentivamo Tanis borbottare improperi contro
le viverne troppo dure per il suo pugnale.
Ancora ridevo mentre cercavo di togliere pezzi di corteccia, fili d'erba e
strerpaglie dai lunghi capelli biondi di Legolas, e senza accorgermene mi
ritrovai ad accarezzarglieli... Poco a poco smisi di ridere, la gioia tramutata
in un dolce sorriso. Mi prese delicatamente la mano con la quale lo stavo
liberando dall'erba, e la strinse, portadola alle sue labbra e sfiorandola
leggermente.
Non c'erano più
suoni attorno a noi che potevano infastidirci. Non ci sarebbe stata creatura
che avrebbe potuto interromperci.
Nulla. Eravamo soli, in quella radura, immersi nei caldi colori rossastri
del tramonto.
Udivo solo il rumore del mio cuore, troppo forte per non poterlo sentire,
troppo veloce per poterlo fermare.
Ma non
sentii più neanche quello quando mi baciò.
Fu breve, ma durò un'eternità. O forse il contrario, non saprei
dirlo.
"Allora piccioncini! Vogliamo andare?!" rise Tanis da dietro un cumulo di pelli, che nel frattempo aveva accatastato proprio accanto a noi, senza che ce ne accorgessimo.
Entrambi imbarazzati
ci affrettammo ad alzarci, splverandoci i vestiti alla meglio.
"Si pronti.. Certamente... - Legolas si schiarì la voce - Tanis!
Ma come le porteremo tutte quelle pelli? Non abbiamo un carretto!"
"Uh bè in effetti son tante ma ho preparato qualcosa per trainarle
mentre ehm... bè nel frattempo! Qui vicino abita un mio amico. Le lasceremo
lì e ci penserà poi lui a portarle dal conciatore di Qualinost."
Detto questo risalimmo a cavallo e ci avviammo verso la cascina dell'amico
di Tanis. D'impulso
passai un braccio attorno alla vita di Legolas, arrossendo appena mi accorsi
del mio gesto avventato, ma senza ritrarre il braccio.
Poi sentii la sua mano sulla mia e tranquilla appoggiai la testa
sulla sua schiena, chiudendo gli occhi felice.