-=] CAP 4 - La fenice [=-
Passarono alcuni
anni... forse 3 o forse 4 non ricordo più... Erano giornate talmente
intense da non lasciare il tempo di registrarle nella mente. Perchè
c'era lui che le riempiva totalmente, Legolas.
Perchè ogni volta che mi prendeva la mano, il mio cuore sussultava;
perchè ogni volta che mi guardava mi perdevo nel grigio senza tempo
dei suoi occhi; perchè ogni volta che mi baciava perdevo il senso del
tempo e della vita, dimenticando ogni cosa che mi circondava...
Mai avevo provato simili emozioni... mai le avrei scordate.
Le nostre
giornate erano sempre colme di avvenimenti, e lo spirito libero di Legolas
conquistò anche quello scontroso di Rufus.
Ed iniziammo a viaggiare tutti insieme e come compagni avevamo Rantolas, detto
Ranis; Reals, fratello della bella e dolce Vioan, la più famosa costruttrice
d'archi di Qualinost.
In uno dei nostri viaggi facemmo anche la conoscenza di un altro nano... un
folle che si faceva chiamare SGRUNT ma che poi scoprimmo chiamarsi Kaduk.
Non era una persona propriamente normale, ogni tanto usciva di senno cominciando
ad urlare frasi sconnesse e compiendo gesti inconsulti, specialmente di fronte
a qualche nemico... ma tutto sommato era sopportabile. Quasi.
E così,
quella compagnia formata da nani, elfi e mezz'efli cominciò a ripulire
tutta la zona attorno a Solanthus, eliminando creature immonde, rinnegati
e predoni d'ogni genere. E più di una volta il mio cuore scoppiava
di gioia quando udivo alcune precise parole: "Milady, attenta!"
ed una freccia argentata mi vibrava accanto, infallibile nella sua traiettoria.
Sapevo che accanto a lui nulla avrebbe potuto farmi del male. Avrei voluto
passare tutta la mia vita al suo fianco; quando mi voltavo a ringraziarlo
e lo vedevo sorridere mi ritrovavo a chiedermi come avrei mai fatto senza
di lui. Quando
eravamo insieme dimenticavo ogni mio dolore, ogni mia preoccupazione; ed anche
il mio passato senza ricordi non pesava più come un macigno sul mio
cuore, troppo felice per farsi schiacciare.
Poi un giorno
decidemmo di viaggiare verso est, alla volta di qualche nuova città.
E Rufus decise di mostrarci la via per Thorbardin.
Partimmo all'alba io, lui e Legolas, carichi di ogni tipo di scorta che ci
sarebbe stata necessaria, e pieni di vita in quel giorno di sole.
Era estate e il calore di quella stagione aveva già iniziato a farsi
sentire con le prime luci: sarebbe stata una giornata calda ed afosa, ed io
e Legolas ci guardammo preoccupati guardando il nano che già ansimava
sul suo piccolo pony.
"Bah! Sentite che caldo! Insopportabile! Mai una cosa del genere accadrebbe
nelle fresche grotte di Thorbardin! Ma come fate a sopportarlo?" grugnì
più volte dietro di noi, e non potemmo fare a meno di sorridere alle
parole di quel nano brontolone.
Ora anche io
avevo un cavallo: uno splendido destriero bianco regalatomi da Legolas, che
chiamai Diamond, perchè era puro come la pietra preziosa, e il suo
manto brillava come argento sotto la luce del sole. E della mia Solinari.
Era un cavallo elfico.. speciale... avrebbe visto più lune di un normale
cavallo e sapevo che mi avrebbe accompagnato in centinaia di avventure, proprio
come avrebbe fatto Legolas. Un po' mi dispiaceva di non poter cavalcare con
lui, ma anche stargli al fianco era fonte di gioia, e sorridevo ugualmente.
Arrivammo
nei pressi di una cittadina marittima e pensammo di aver sbagliato leggermente
strada. Volevamo fermarci a chiedere informazioni e ci avvicinammo alla porta
di una casupola di legno ai margini della città, dall'aspetto un po'
malandato.
Sangue.
Ovunque c'era
sangue: una viscida e rossa coltre copriva ogni cosa, e si respirava morte
ovunque. Sentivo che le forze mi stavano abbandonando e che sarei svenuta,
quando avvertii la mano di Legolas dietro alla mia schiena. Mi guardò
preoccupato ma io stavo già meglio. Stavo sempre meglio quando l'avevo
vicino.
Mi liberai dalla sua presa e scesi da cavallo, tenendolo per le briglie: era
agitato e sarebbe sicuramente scappato se l'avessi lasciato e gli sussurrai
parole di conforto, poi pensai di lanciare un piccolo incantesimo sulle nostre
cavalcature per rederle ancora più tranquille. Cominciai a guardarmi
intorno, alla ricerca di qualche indizio e imprecai quando l'orlo della veste
cominciò a bagnarsi di sangue; sentivo quel dannato odore dappertutto
e non vedevo l'ora di andarmene da lì, ma prima avrei dovuto scoprire
quela fosse stata la causa di quel macabro spettacolo.
Poi vedemmo un movimento all'interno della casa: cautamente ci avvicinammo,
spalancando la porta per cogliere di sorpresa eventuali nemici. Ma c'era solo
un povero contadino col corpo dilaniato e bruciato che ancora agonizzava a
terra nel suo stesso sangue.
"L.... a... - gogogliò, sputando sangue davanti a sè -
f.. ice..." e lasciò cadere la testa all'indietro, esanime, senza
dire altro.
Ci guardammo terrorizzati: non avevamo capito cosa fosse accaduto, chi avesse
mai potuto fare uno scempio del genere, poi nel silenzo del primo pomeriggio,
udimmo il suo verso. Un suono penetrante, lacerante, argentino ma al tempo
stesso inquietante...
Legolas spalancò gli occhi e le sue pupille si dilatarono nell'oscurità,
io e Rufus lo guardammo spaventati.
"Una... fenice...." le sue parole ci colpirono come pesanti martelli
dietro la schiena.
"Ai cavalli presto! - gridò Legolas - andiamo via di qui!
Uscimmo di corsa e rimontammo a cavallo, riprendendo la strada dalla quale
eravamo venuti, ma ci dovemmo fermare poco dopo: la fenice era lì davanti
a noi: piume di fiamma le adornavano il corpo e le lingue di fuoco che saettavano
lontano da lei la rendevano inavvicinabile, oltre che a bruciare qualsiasi
cosa le si trovasse vicino.
Non era grandissima ma faceva sicuramente lo stesso effetto. La sua lunga
coda infuocata spazzava il terreno, bruciandolo e lasciando cenere dove passava;
i suo occhi violetti brillavano d'oro e di fuoco al riflesso della sua stessa
luce.
Ci fissò
a lungo col becco aperto, muovendosi giusto di qualche centimetro per poter
spargere fiamme accanto a sè, solo per ricordare ai propri nemici il
suo temibile potere e la sua forza.
Sapevamo che era difficile ucciderla..... sapevamo che sarebbe risorta dalle
sue stesse ceneri. Ma non avevamo molta speranza.
Non persi tempo
e decisi di lanciare una magia che avevo da poco appreso dal mio maestro.
"Legolas coprimi, mi serve qualche secondo per pronunciare l'incantesimo!"
neanche lo guardai ma sapevo che alla mia prima parola aveva già impugnato
l'arco. Era da tempo che non avevamo più bisogno di dirci cosa volevamo
fare: eravamo in perfetta sintonia... mi sarebbe bastato alzare le mani al
cielo e cominciare il rituale dell'incantesimo.
E così, un fulmine accecante ed assordante colpì con frastuono
la spaventosa creatura che avevamo davanti a poche decine di metri, mentre
Legolas la distraeva colpendola più volte con delle strane frecce dorate.
Ormai non mi chiedevo più a cosa servissero i vari tipi di frecce che
possedeva: avevano sempre l'effetto desiderato. La fenice sembrò accusare
il colpo, ma anche io: il fulmine era ancora troppo per me, ed era una delle
prime volte che lo evocavo. Mi sarebbe servito tempo per imparare a dominarlo
ed altro tempo per imparare a sopportare il dolore e la fatica della potenza
dell'incantesimo.
Ma non c'era tempo per pensare alla fatica e al dolore. Rufus nel frattempo
aveva sostituito la sua pesante ascia con una balestra imponente ed affiancò
Legolas nel combattimento.
Naturalmente la fenice non restò lì come facile bersaglio, e
spiccò il volo, con una rapidità che ci lasciò senza
parole. Eravamo dei cadaveri che ancora respiravano senza essersi accorti
di essere già morti.
Scese in picchata
verso di noi, ma riuscimmo ad evitare il suo primo attacco sparpagliandoci,
ma riuscì a passarci in mezzo, rilasciando al suo passaggio una gigantesca
scia di fuoco. Il calore era insopportabile e senza neanche entrare in contatto
i nostri abiti ed i nostri capelli si arricciarono per il calore. Le parti
più esposte della nostra pelle ustionava ed ero certa che ci saremmo
ricoperti di veschiche.
Ci voltammo ad affrontare la creatura ma era scomparsa e ne approfittammo
subito per correre al riparo verso il folto del bosco. Velocemente frugai
nelle mie borse e ne estrassi un sacchetto tintinnante.
"Ecco tenete, spalmatevi questo sulla pelle che resta scoperta: eviterà
le ustioni." e diedi ad ognuno di loro un piccolo contenitore di corno,
che conteneva un unguento che Darsh mi aveva insegnato a fare con una piccola
pianta dai fiori bianchi e con dell'aloe. Semplice ma efficace e sorrisi tra
me e me. Dopotutto non ero poi così inesperta...
"Bene andiamo!
O lei... o noi!" urlò Rufus alzando la balestra in segno di sfida
agli dei e come risposta ricevette in testa i barattolini di corno.
"shhhhhh!!!!" facemmo io e Legolas in coro. Tuttosommato riuscimmo
a sorridere.
Cauti uscimmo dal sottobosco, sperando di non trovarcela di fronte... infatti
fu peggio visto che l'avevamo proprio sopra di noi, in alto, in attesa delle
sue vittime.
E cominciò di nuovo la sua rapida discesa.
Ma io fui pronta: lancia un incantesimo che avrebbe rallentato i suoi movimenti
per qualche tempo, dandone a noi.
"Complimenti Milady... ottima mossa" mi sorrise Legolas. Quant'era
più facile affrontare quell'orrore con lui al fianco.
Incitai il cavallo
al galoppo: dovevo allontanarmi se volevo avere il tempo di lanciare un altro
fulmine.
Cominciai a recitare la formula ma c'era qualcosa che non andava: non riuscivo
a ricordare le parole nel modo esatto. Mi fermai prima di creare qualche danno
irreparabile e alzai gli occhi: seppur lentamente la fenice stava volando
verso di me, avendo capito qual'era il bersaglio principale, noncurante delle
frecce di Legolas.
I suoi occhi mi stavano fissando... e capii! Mi stava incantando! Stavo dimenticando
i miei incantesimi! Era un incantesimo complesso e raro, ma dovevo immaginarlo
che una fenice ne fosse dotata!