-=] CAP 5 - Scarlet, uno strano incontro [=-
A quel punto
Legolas capì che doveva fare qualcosa ed anche velocemente. Estrasse
un astuccio dalle bisacce del suo cavallo e ne prese una freccia trasparente...
iridescente...
La guardai estasiata: piccoli ricami d'oro ricoprivano la sua superfice delicata.
Era di cristallo. Completamente, punta e piuma. Mi chiesi come potesse essere
scoccata. Ma partì come avrebbe fatto qualsiasi altra freccia.
E la mira di Legolas fu fondamentale: la colpì in piena testa; la freccia
affondò nelle sue carni come fossero burro e la fenice stramazzò
al suolo lanciando il suo ultimo grido.
Mi avvicinai per osservare la creatura polverizzarsi sotto ai miei occhi;
poi mi ricordai che in breve tempo sarebbe risorta dalle sue ceneri e mi allontanai.
Ma vidi che la freccia stava lentamente dissolvendosi... non sciogliendosi
col calore.. ma lentamente divenne evanescente fino a non esistere più.
Restai a bocca aperta in compagnia dei borbottii di Rufus.
Legolas si chinò a sfiorare con la mano l'ultima immagine di quella
freccia, prima che di lei non restasse alcuna traccia. Il vento spazzò
via i resti della fenice.
Legolas pronunciò sommessamente alcune parole in elfico, ma non le
capii; vidi però una lacrima scendere dai suoi occhi e cadere dove
prima c'era la fenice. Si rialzò deciso, ma continuò a fissare
quel punto. Mi avvicinai in silenzio alle sue spalle e delicatamente gli poggiai
una mano sulla spalla, stringendogliela con affetto.
"Cosa... cosa era?"
Legolas si voltò a guardami negli occhi: nei suoi potevo leggere una
tristezza profonda.
"Non risorgerà... non col suo potere naturale... Quella freccia...
ha bloccato la sua rinascita per sempre. - sospirò - E' una freccia
particolare... è fatta di cristallo purissimo e di sangue di drago
d'oro. Erano quei disegni... se l'avessi toccata avresti sentito il potere
in quelle venature. E' un oggetto rarissimo e prezioso che mi fu donato prima
che la mia gente morisse in quell'attacco di elfi scuri. Era l'unica cosa
che mi era rimasta della mia famiglia..."
Sentendo quelle parole così cariche di dolore, provai una stretta al
cuore: come me, aveva perso un ricordo.
Lo abbracciai dolcemente sperando di alleviare un po' la tristezza, ma così
come continuavo ed avrei continuato a soffrire io, pensai che anche a lui
non avrebbe giovato.
Stavamo rimontando
a cavallo quando udimmo una risata agghiacciante nell'aria.
"E così... il nostro bel gruppetto di nani ed elfi - la voce disse
la parola "elfi" con tono sprezzante - è riuscito a sconfiggere
il mio servitore di fuoco... ma bene... AHAHAHAHHAAHAHAHHAAHHAAH... sciocchi....
vediamo come ve la caverete con le mie orde di non morti!" e rise ancora.
Non avrei mai più dimenticato quella voce... anche perchè sarebbe
tornata più volte a farmi visita, anche nei momenti di solitudine.
E nel sonno.
La risata riecheggiò per alcuni interminabili momenti prima che mani
scheletriche ricoperte di brandelli di carne putrefatta cominciassero ad affiorare
dal terreno tutto intorno a noi.
Qualcosa cercò di afferrare una zampa del mio cavallo, che si impennò
impazzito dalla paura.
"Legolas via di qua!" urlai in preda al terrore.
Spronammo i cavalli e ci allontanammo di qualche centinaio di metri, poi ci
voltammo pronti ad affrontare quell'esercito, con la forza della disperazione.
Alle spalle avevamo il mare, davanti una distesa di corpi marcescenti che
inesorabilmente avanzavano verso di noi.
"Milady... - Legolas mi prese la mano baciandola dolcemente, la paura
malcelata nella voce e negli occhi - è stato un vero piacere conoscervi...
non vi dimenticherò mai..."
Lo guardai impotente, conscia che stava dicendo il vero. Cercai mio malgrado
di sorridergli, e lui ricambiò. Era un addio quello e lo sapevamo entrambi.
L'unico che non sembrava intimorito dalla situzione era Rufus, che agitava
l'ascia in aria bestemmiando ogni sorta di divinità del male e imprecando
contro quella voce che avevamo sentito nell'aria.
Poi decisi di
tentare il tutto per tutto. guardai Legolas con complicità e lui cominciò
ad abbattere i non morti più vicini a noi.
Cominciai a recitare le parole di un altro potente incantesimo da poco trascritto
nel mio libro, un'incantesimo che avrebbe dimezzato le mie energie, ma che
sicuramente ci avrebbe dato tempo di agire e sperare. Sudai nel pronunciare
quelle parole arcane: difficile era la loro composizione, e lungo l'incantesimo...
ma alla fine riuscii nel mio intento.
Alte colonne di fuoco si eressero a qualche decina di metri davanti a noi,
poco prima della schiera di non morti: un lungo muro di fiamme serpeggianti
ci divideva dall'esercito della morte.
Mi afferrai esausta alla sella di Diamond, ansimando. Era troppo per me...
almeno dopo aver affrontato quella fenice. E così persi conoscenza
per alcuni istanti, e non vidi i prodigi del mio incantesimo.
Ogni non morto che cercava stupidamente di attraversarlo si carbonizzava all'istante,
emettendo lugubri suoni gutturali che gelavano il sangue. Corpi senza anima
e senza cervello che avevano un solo scopo, quello di arrivare a noi. Odore
di morte.
Mi svegliai e vidi Legolas con occhi e bocca spalancati fissare quella scena...
Sorrisi debolmente, soddisfatta del mio operato ed orgogliosa di me stessa,
ripresi controllo sul cavallo che stava scartando nervosamente di lato.
Poco alla volta il murò falciò centinaia di quegli esseri immondi
e dimezzò l'esercito che avevamo di fronte. Ma erano ancora troppi
per noi e l'effetto dei miei poteri stava svanendo con le mie forze ormai
prosciugate. Anche Rufus ora imprecava di meno e con voce sempre meno convinta.
Poi accadde qualcosa che mai avremmo immaginato.
Da dietro l'esercito di non morti vedemmo arrivare un bagliore. Una luce pura
e abbacinante. Poi udimmo un grido di battaglia.
Una voce femminile.
La vedemmo combattere contro i non morti in corpo a corpo, e il mortale tocco
degli spettri nulla poteva sulla sua armatura dorata, splendente nel sole.
Rincuorati ricominciammo a sperare e partimmo alla carica. Impugnai il mio
bastone magico e cominciai a sferrare colpi a qualsiasi cosa si muovesse attorno
a me con le poche forze che mi erano rimaste. Una furia innaturale mi sorreggeva
e quella luce mi dava coraggio.
Rufus spazzò via i non morti che gli si paravano di fronte come fossero
spighe di grano pronte per la mietitura e Legolas aveva ripreso a scoccare
le sue frecce, terminando la vita priva si senso di quei mostri ad ogni colpo
che andava a segno.
La battaglia
fu lunga e difficile, ma alla fine riuscimmo a ad avere la meglio... andammo
incontro a quella guerriera ricoperta d'oro e luminosa come il sole di mezzogiorno.
Eravamo stanchissimi... ferite di ogni tipo ci ricoprivano il corpo, causate
dalle spade arrugginite di qualche guerriero scheletrico che ora riposava
scompostamente sul terreno melmoso.
Solo la guerriera sembra riposata e intonsa.
Intuimmo del suo sorriso da sotto l'elmo, ma potevamo vedere gli occhi brillare
di una insana gioia.
"Complimenti, ragazzi. Avete fatto un ottimo lavoro. E complimenti a
te... Lidivien... Ottimo incantesimo. - si tolse l'elmo, e sorrise compiaciuta
dal fatto che nessuno di noi si fosse accorto che mi aveva appena chiamato
per nome - Mi chiamo Scarlet, molto piacere!" ed alzò una mano
in segno di saluto.
"Chi sei?" chiese senza mezzi termini Rufus.
"Chi sono? Ma come te l'ho appena detto! - rise di gusto - sono solo
una mercenaria, niente di più. Stavo andando in questa cittadina per
prendere un passaggio su una nave che mi riportasse a Lang Tree e mi sono
imbattuta in tutto questo... niente di più..." sorrise in modo
enigmatico guardandomi negli occhi per un po'.
Rufus borbottò qualcosa rigirando un cadavere disfatto con l'ascia.
"Credo di dover andare a bere qualcosa di forte... e dormire! Vado a
dare un'occhiata in città forse è rimasto qualcuno vivo... in
locanda..." e borbottando ancora risalì sul pony, dirigendolo
verso la città semi distrutta.
"Credo che andrò anche io con lui, ho la gola secca - rise in
modo complice guardando Legolas stavolta, poi il suo sguardo tornò
a sondarmi in maniera ipnotica - Piccola elfa tremante, il tuo mantello è
lacero... Prendi il mio!" e così dicedo mi porse il suo mantello
color rosa antico, bordato d'oro, dal cappuccio ricamato.
Lo ammirai estasiata: non avevo mai visto un simile oggetto, così'
delicato e prezioso. Mi chiesi come mai non si fosse rovinato o sporcato nella
battaglia; stavo per rivolgerle quella domanda quando la vidi porgere un'oggetto
scintillante a Legolas.
Era una freccia. Non bella come quella di cristallo, ma altrettanto delicata.
Era in un metallo lucente, chiaro come l'argento ma dai riflessi azzurrati.
O forse era una leggera luminescenza?
"Tieni elfo! Questa l'ho conquistata in battaglia ma non ci faccio nulla...
- e indicò la balestra che aveva con sè, riposta nel suo castono
sulla sella - Preferisco le armi pesanti e meno eleganti: gli archi non fanno
per me." e rise ancora. Una strana risata carica di mistero. Aggrottai
le sopracciglia mettendomi il mantello.
Subito avvertii una strana sensazione... come una mano protrettrice che mi
cingesse le spalle. Scarlet vide la mia espressione e ridacchiò: "E'
un bel mantello. Deve avere qualche potere magico, forse è elfico."
Legolas stava ammirando la freccia che gli era stata donata.
"Mithril..." sussurrò.
"Esatto elfo! Bene vedo che ce ne intendiamo di manufatti antichi! Anche
quella deve essere magica... ogni volta che cercavo di sbarazzarmene me la
ritrovavo sempre in mano... " e gli strizzò l'occhio.
Io e Legolas ci guardammo stupiti di quei doni preziosissimi; quando ci voltammo
per ringraziarla vedemmo che era già lontana, appena visibile tra le
macerie della città.
Legolas mi guardò ancora incredulo. Non sapeva se guardare la freccia
o me. Poi prese l'arco, incoccò la freccia e la tirò verso un
albero sbruciacchiato. La freccia sibilò leggera nell'aria, velocissima,
e fu un attimo tra quando lasciò l'arco e si infilò nel tronco
per ben 20 centimetri.
L'istante dopo era di nuovo in mano a Legolas, pronta ad essere scagliata
nuovamente.