PROTOCOL #85 - Too late
Neo era giunto, sguardo fiero ed animo di fuoco ardente. Stava avanzato lentamente tra i cloni di Smith, silenziosi ed iracondi. La sua espressione non lasciava trasparire nessun sentimento, se non la piena decisione, l’orgoglio di un eroe.
L’Eletto era completo, non più uno schiavo ignaro, non più un ribelle spaurito e tremante, non più un guerriero che ancora doveva mettere alla prova le sue capacità per convincersi d’essere il prescelto. Oramai era un semidio, nobile e severo avanzava sotto gli occhi delle miriadi di copie... e sotto le iridi glaciali di Lucyfer.
Pena: la morte. Doveva fermare Smith.
Trinity aveva dato la vita, milioni di altri combattenti innocenti erano periti solo per aver desiderato la fine di un massacro. Aveva visto i propri compagni cadere, finché dell’equipaggio della Nabuchadnezzar non era rimasto che Morpheus. Ed ora il suo Capitano lo attendeva a Zion, dove sarebbe tornato vincitore.
L’ex-Agente, dinnanzi a lui, lo fissava muto e rabbioso come il resto dei suoi cloni. Non attendeva altro che battersi, le mani gli fremevano, il cuore gli palpitava incessantemente nel petto a pressione talmente elevata da poterlo sentire quasi svincolarsi dalle arterie.
La battaglia per il controllo di Matrix era persa in partenza e lo sapeva bene. Non valeva nulla, ecco cosa Lucyfer gli aveva fatto capire. Poiché era la realtà che doveva conquistare, non un mondo artefatto.
Aveva pensato di poter controllare il mondo in cui erano prigionieri, rendendolo il proprio universo. Aveva pensato di governarlo, anziché di evadere.
Aveva pensato alla soluzione più semplice. E tutto perché in realtà aveva paura di uscirne.
Ne era terrorizzato.
Perdere tutto il suo potere, il controllo di ogni cosa, se fosse fuggito.
E Lucyfer lo sapeva. Lo sapeva e aveva voluto che se ne rendesse conto anche lui. Tutt’un tratto il discorso di poco prima gli tornò alla mente come una pugnalata, una devastante e terribile pugnalata alla tempia. Solo ora che l’Eletto stava dinnanzi a lui, tremendo, minaccioso e assolutamente risoluto a morire, piuttosto che lasciare vincere lui, il suo eterno rivale, capì che la strada che aveva scelto era la più impervia, la più provante, la più sciocca. Ed ancora più sciocco era lui stesso, avendo creduto fino ad allora che quella via fosse l’unica dignitosa da seguire.
Scontrarsi non sarebbe servito a nulla, avrebbe dovuto arrivarci da solo. O meglio, avrebbe potuto evitarlo, ma era troppo accecato dalla rabbia e dall’orgoglio per rimandare, per evitare, per sopravvivere.
Le cose erano state già scritte. Ogni singolo pensiero, ogni singola azione era già stata solennemente impressa nelle pagine di un libro invisibile, ma che tutti conoscevano come il dogma più saldo della più antica religione rivelata.
Non c’erano vie d’uscita, quella battaglia avrebbe segnato il termine d’ogni guerra.
Ed ecco. Smith comprese.
Ma troppo tardi.