Home

Chi Siamo

Elezioni

Rappresentanza

Arstud

Iniziative

Gruppi

Link

News

Contatti

 


DDL MORATTI
E
STATO DELLA DOCENZA

 

L’ Italia è ,dopo la Grecia,il paese europeo che meno investe nella ricerca:appena l’1% del PIL.
L’Italia è cenerentola in Europa anche rispetto alla “spesa per ogni studente universitario”.
Nell’anno 2003 l’aumento del FFO- fondo di finanziamento ordinario-si è attestato ad un ridicolo 0,2% ,inadeguato a coprire gli effetti dell’inflazione e dell’incremento complessivo per gli assegni fissi del personale di ruolo dell’università (aumento del 4%).
Sulla base dell’attuale andamento della spesa per il sistema universitario, la CRUI ha realizzato una simulazione che illustra come ,nei prossimi anni,si rischia di raggiungere una situazione esplosiva e non controllabile: Infatti,a fronte dell’aumento del numero di studenti è inimmaginabile ridurre il numero dei docenti,unica strada per contenere i costi degli assegni entro il vincolo del 90% del FFO,fissato per legge.
In altri termini è criminale l’approccio politico alle dinamiche universitarie privo di una reale disponibilità all’investimento economico.

Prima che di riforme l’università ha bisogno di finanziamenti.E’ ora di iniziare a dirlo con forza,nelle sedi istituzionali come nelle piazze.

Il Senato Accademico dell’Ateneo di Bologna ha ,quindi, il dovere di prendere posizione sui temi dibattuti a livello nazionale in materia di università, a cominciare dalle polemiche suscitate dal “disegno di legge delega sul riordino dello stato giuridico e del reclutamento dei professori universitari”.
Tale proposta di legge altro non è ,infatti, che uno dei tasselli di un più generale mosaico di controriforma del sistema universitario:una controriforma miope, ma soprattutto non coperta dal punto di vista finanziario e quindi irresponsabile.
Come tale deve essere avvertita come priorità di discussione in primo luogo dagli studenti che del sistema universitario sono i protagonisti.

Proviamo a ricostruire alcuni dei punti nodali della riforma:

1)Il DDL articola la docenza universitaria in due fasce, mettendo a esaurimento l’attuale ruolo dei ricercatori,da sostituire con contratti di collaborazione coordinata e continuativa rinnovabili fino ad un massimo di 8 anni,compreso il dottorato.Dichiarato fine della riforma dovrebbe essere: favorire l'accesso dei giovani alla docenza universitaria in modo da garantire qualificato ricambio generazionale ed assicurare la continuità dell'offerta didattica.Nei fatti la sostituzione del ruolo di ricercatore con contratti di Co.Co.Co. si rivelerà un ulteriore iniezione di precariato per una categoria già bistrattata.Tali riforma,che apertamente si propone di equiparare la posizione dei ricercatori italiani a quella dei pari ruolo degli altri paesi europei,non considera la retribuzione media di un ricercatore in un altro paese europeo,doppia rispetto al ricercatore italiano.La riforma non prevede alcun aumento di retribuzione:e d’altronde ,come potrebbe,stante l’attenzione di questo governo all’università e alla ricerca?
E inoltre..come potrebbe risultare più appetibile la “carriera di ricerca” se declinata su una figura contrattuale ,quella del Co.Co.Co. ,che è priva delle basilari garanzie di stabilità e riconoscimento(Vedere per tutte il trattamento pensionistico- Gli anni trascorsi nella posizione di Co.Co.Co. non sono congiungibili ad altra posizione di lavoro dipendente)
Iniezioni di precariato sono previste ,anche per chi è ,ormai da tempo ,proiettato verso un posto di professore associato.Per tali soggetti è prevista la stipula di contratti a tempo determinato per un massimo di 6 anni,con la possibilità,durante tale periodo,di una nomina a ruolo nei limiti della disponibilità del bilancio.Sorge un ovvio interrogativo..Cosa ne sarà di quel dottore di ricerca che dopo 8+6 anni,ovvero 14 anni ,di ricerca e attesa non verrà messo a ruolo per indisponibilità di bilancio dell’università?
E’ forse quella descritta una carriera appetibile?

2)Il legislatore ,al di là dei propositi,è ben consapevole del progressivo inaridimento della ricerca dovuto al disimpegno di tante giovani e brillanti menti al punto da immaginare,già nel tessuto della riforma gli eventuali sostituti:
•ART:2 Lett. G “posti di professore di prima fascia da coprire mediante conferimento di incarichi della durata massima di tre anni, rinnovabili sulla base di una nuova convenzione, a coloro che hanno conseguito l'idoneità per la fascia dei professori ordinari, ovvero a soggetti in possesso di elevata qualificazione scientifica e professionale”;
In altre parole ,sulla base di convenzioni con enti finanziatori, verrebbe conferito incarico di docenza a liberi professionisti scelti dagli stessi enti finanziatori senza alcuna preclusione di compatibilità rispetto alle attività esterne degli stessi professionisti e con un progressivo depauperamento della ricerca,che dovrebbe rappresentare il cuore del sistema universitario.

3)Il DDL prevede,inoltre,l’abolizione della tradizionale distinzione tra tempo pieno e tempo definito.Tutti i docenti dovranno espletare le attività universitarie per 350 ore l’anno,con un trattamento economico costituito da una parte fissa corrispondente al trattamento economico dell’attuale tempo pieno,ed una retribuzione variabile relativa ad ulteriori attività,oggetto di specifico incarico.Anche i liberi professionisti che hanno incarichi di docenza saranno retribuiti con trattamento di “tempo pieno”.
Chi pagherà tale aggravio di spesa?
Ma soprattutto cosa ne sarà della ricerca in un luogo che diventerà presumibilmente una “succursale della conoscenza” dove i liberi professionisti si limiteranno a svolgere le 350 ore previste per contratto,assolte le quali ciascuno si sentirà libero di svolgere all’esterno altre attività?(parole tratte dalla relazione della CRUI -Un anno al servizio del Sistema Universitario-2004).Saranno irresponsabili dispensatori di falsi allarmi anche i membri della CRUI?

4)Infine il DDL introdurrebbe nuove forme di reclutamento dei docenti sulla base di procedure di idoneità scientifica unificate a livello nazionale:un tentativo ,questo, di superamento dell’attuale”localismo accademico” che è ,da tanti stato visto,come fucina di ingiustizie.
Nel complesso ,tuttavia,il nuovo sistema,prevedendo che il numero degli idonei sia legato alle richieste dell’università e alla garanzia delle relative coperture finanziarie,non modificherà le odiose distorsioni presenti nel sistema.Si può ,infatti facilmente prevedere che le sedi non avvieranno procedure di valutazione se non dopo aver verificato le possibilità di successo del candidato in pectore.Si possono già da ora facilmente prevedere accordi tra sede e sede su candidati e possibili commissari.(CRUI -UN ANNO AL SERVIZIO DEL SISTEMA UNIVERSITARIO-2004).
Che dire? L’ennesima riforma-farsa..

Non è inutile concludere ripetendo ,per l’ennesima volta,vista la centralità dell’argomentazione,che la riforma, oltre ad essere deficitaria dal punto di vista della copertura finanziaria, è priva di alcuna connessione con il finanziamento delle università pubbliche,vero tema non rinviabile e centrale.

Per tali motivi gli studenti non possono non percepire la protesta del mondo della ricerca come la loro.Hanno il dovere di sostenerla e il diritto di chiedere che diventi un tassello di una mobilitazione più ampia che coinvolga tutto il mondo universitario e che pensi all’università come ad un sistema complesso e ricco di esigenze e temi riformatori da affrontare.Senza dimenticare che la ricerca, il diritto allo studio,l’accesso diffuso al sapere come antidoto principale alle disuguaglianze sociali, il sistema nel suo complesso,necessitano di investimenti quanto di riforme.

Documento presentato in Senato Accademico il 19/10/2004
dalla Sinistra Universitaria,
dalle altre associazioni studentesche di sinistra
e da Terza Dimensione