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RIFORMA DELLO STATO GIURIDICO
DEI DOCENTI UNIVERSITARI
di Carmine CASELLA

 


Buon pomeriggio a tutti, ringrazio il Magnifico Rettore e tutti i presenti per aver dato agli studenti la possibilità di intervenire a questa assemblea.

Il tema all’ordine del giorno è il DDL Moratti, ma i problemi per l’Università italiana sono iniziati con l’applicazione della Riforma Zecchino: infatti, l’attuale sistema del 3 + 2 ha già evidenziato gravi carenze.

Nell’Università di oggi a fronte del proliferare di decine di nuovi corsi di laurea triennale, sono, invece, insufficienti e male organizzati i pochi corsi di laurea specialistica.

La stessa laurea triennale si trova a fronteggiare più di un problema: la compressione dei moduli didattici e il restringimento dei tempi per le lezioni portano inesorabilmente ad un depauperamento dell’attività di formazione, la quale dovrebbe, invece, essere il fulcro dell’attività scientifica dell’Università.
I corsi di laurea di primo livello risultano per lo più molto concentrati dal punto di vista del numero degli insegnamenti previsti nei singoli anni, questo causa una consistente compressione dell’attività di insegnamento, nonché un’esposizione tendenzialmente sommaria delle materie.
Ulteriore piaga del sistema delle lauree di primo livello è sicuramente il problema del riconoscimento che viene dato nel mondo del lavoro alle suddette lauree: infatti, in alcune facoltà (come ad esempio Giurisprudenza) non è assolutamente chiaro quale sia la qualifica professionale corrispondente al titolo conseguito dopo i primi tre anni di studio.

Inevitabile conseguenza di questa incertezza è la tendenza degli studenti a prendere poco in considerazione l’alternativa “fermarsi o non fermarsi”, convinti, come è ovvio che sia, che per trovare un lavoro qualificato sia necessario conseguire un titolo di studio realmente spendibile nel mercato del lavoro: in questo caso si tratta della laurea di secondo livello.

Tuttavia il proseguimento quasi consequenziale degli studi causa il fallimento dell’impianto della riforma, la quale, come è noto, si basa su una diversificazione qualitativa e quantitativa tra il triennio di base e il biennio specializzante.
Neanche l’esame sullo stato delle lauree specialistiche risulta, però, soddisfacente: infatti, anche qui troviamo diverse problematiche che variano dall’organizzazione didattica, con corsi che sembrano la ripetizione di corsi triennali, all’organizzazione qualitativa, con molti docenti costretti a scegliere fra il triennio di base e il biennio specialistico.

Venendo all’analisi di quanto accaduto nell’Ateneo di Bologna, dobbiamo denunciare che in diverse facoltà, a fronte di una domanda di accesso alle lauree di secondo livello, superiore alle aspettative, si sono verificate situazioni che hanno posto gli studenti in condizione di seria difficoltà, a causa dell’articolazione di test di ammissione di natura selettiva introdotti solo negli ultimi mesi.

In particolare sono da segnalare situazioni peculiari verificatesi alla Facoltà di Scienze Politiche e alla Facoltà di Lettere, in cui il numero degli studenti non ammessi ad iscriversi ai corsi specialistici è risultato estremamente elevato, con la conseguente incertezza sulla possibilità e sulle modalità di prosecuzione degli studi.

In questa già precaria situazione si intravede oggi la possibilità di una nuova riforma dei cicli universitari.

Sottolineando la pregiudiziale metodologica, che ci vede contrari all’opportunità di emanare una nuova riforma quando ancora non sono chiare le modalità e le prospettive di applicazione della normativa vigente, ci auguriamo che l’Università di Bologna sappia dare una risposta capace di garantire gli studenti e le loro prospettive future.

In merito alla nuova riforma è molto poco chiaro quale sarà il futuro dello studente universitario: si parla, ormai da mesi di un c.d. “percorso a Y” ma nessun progetto o quantomeno una bozza di progetto è stata resa nota. Così gli studenti si vedono costretti a cercare notizie sparse e non soddisfacenti, quando, invece, avrebbero il diritto di conoscere la situazione che per loro si prospetta.

L’unico passaggio già noto della riforma, il DDL Moratti, sul riordino dello stato giuridico della docenza, ci vede profondamente insoddisfatti. Si tratta, infatti, di un progetto non finanziato, che penalizza complessivamente l’Università ed in particolare la ricerca, quando, invece, dovrebbe conformarsi a standard minimi europei di investimento.

In conclusione, evidenziando l’importanza della ricerca per l’Ateneo di Bologna e per tutta l’Università, rinnovo l’invito a mantenere alta e costante l’attenzione su questi temi, ricordando che modificare il sistema universitario, non significa certo sperimentare volta per volta sugli studenti pseudo – riforme, che non ottengono risultati concreti.


Carmine Casella
Senatore Accademico per
Sinistra Universitaria